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                                Originale libro dal titolo
                                suggestivo. Sembrerebbe un romanzo storico (è
                                ambientato nel 1600, all’epoca del Sultano
                                Maometto IV) ma è, in realtà, un romanzo di
                                formazione, di un incontro, di un’osmosi…
                                
                                 
                                Si apre con la vicenda di un
                                giovane gentiluomo veneziano che cade
                                prigioniero dei Turchi durante un viaggio per
                                mare e si ritrova così nel Paese della
                                Mezzaluna ad intraprendere una nuova e diversa
                                vita.
                                
                                 
                                Grazie ad una buona dose di
                                astuzia ed alla sua cultura fatta di “arti
                                e scienze”, e dopo un periodo di
                                prigionia, fingendosi medico, riesce a
                                conquistarsi una certa notorietà ed ad arrivare
                                a corte.
                                
                                 
                                Guarisce il Pascià da una “costipazione”,
                                con rimedi naturali, e subisce da lui un inutile
                                assedio per abiurare la sua fede e convertirsi
                                all’ Islam, che gli viene presentato come una
                                religione superiore.
                                
                                 
                                Conosce a palazzo un astrologo
                                turco, un po’ più anziano di lui, che gli
                                assomiglia in “maniera inverosimile”: è il
                                suo sosia.
                                
                                 
                                Riesce ad evitare la
                                conversione, che pur  gli
                                avrebbe consentito di essere affrancato, e il
                                Pascià, in segno di gratitudine, lo dona come
                                schiavo proprio al suo “gemello”.
                                
                                
                                 
                                Incomincia così un percorso che
                                condurrà sia lui, occidentale, che
                                l’astrologo, orientale, ad un lungo sodalizio
                                culturale e spirituale. 
                                
                                 
                                è come se fossero un  ego ed un
                                 alter ego che, dopo essersi incontrati,
                                si osservano,  e“sono
                                costretti” a collaborare, pur nella  reciproca
                                diffidenza.
                                
                                 
                                C’è uno scambio  continuo
                                di esperienza e di conoscenza tra il giovane
                                (l‘occidentale) ed
                                il “Maestro”
                                (l’orientale), ossessionato dal suo amore per
                                l’introspezione e la ricerca della verità:
                                l’arcano, come direbbe il grande Leopardi.
                                
                                 
                                Due culture diverse si
                                affrontano e si confrontano: quella
                                turco-islamica e quella cristiano-occidentale.
                                La metafora dello
                                “specchio”, in cui i protagonisti ad un
                                certo punto si guardano, accompagna questo
                                percorso di riflessione e di crescita
                                .
                                 
                                Il mondo, secondo l’astrologo
                                orientale, chiamato da tutti “
                                Maestro”,  è
                                diviso tra sapienti e stupidi, tra
                                chi riesce a manipolare le menti altrui,
                                utilizzando quel poco che sa, e chi, invece,
                                cerca di andare alla sostanza dell’essere ed
                                è assalito continuamente da una folla di perché.
                                
                                 
                                L’astronomia, la biologia,
                                l’ingegneria, l’invenzione di  fiabe
                                e la scrittura, sono il contesto in cui si
                                muovono ed operano i due personaggi-antagonisti
                                che, pur vivendo insieme, diffidano
                                continuamente l’uno dell’altro, sono gelosi
                                della propria identità, ma nello stesso tempo
                                sono pronti a trasmettersi e ad assorbire
                                reciprocamente qualcosa … 
                                
                                 
                                Sullo sfondo c’è il potere,
                                quello politico, del Pascià, del Padiscià (il
                                Sultano-bambino), del Sultano, del Visir e di  tutta
                                 
                                la Corte
                                ,
                                che fa da committente.
                                
                                 
                                è un potere pragmatico, che gratifica cultura e
                                sapienza, le adopera come instrumentum
                                regni, ma solo fino ad un certo punto.
                                
                                 
                                è un potere che non esita
                                ad eliminare o ad allontanare chi non lo serve
                                o, meglio, non gli serve più; è un potere
                                ambiguo, pieno di luci ed ombre, infido,
                                fatto di macchinazioni (anche familiari), di
                                diffidenza, di promesse dilazionate.
                                
                                 
                                Campeggia, anzi è come un
                                rovello continuo, in questo romanzo, il gusto
                                per l’analisi
                                psicologica, soprattutto da parte dei
                                protagonisti che si ritrovano quasi per caso a
                                condividere un’esistenza di ricerca, di
                                attesa, di speranze, di aspettative e di
                                riconoscimenti al servizio di quel
                                potere vicino, eppur lontano, che
                                alletta, ma anche delude.
                                
                                 
                                Il Maestro, soprattutto, “socrateggia”, si tormenta, scava in se stesso e negli altri, con una specie di “inquisizione” introspettiva, coinvolgendo in questo suo costume un po’ tutti.
                                Anche la scrittura viene utilizzata come strumento di conoscenza. 
                                «Perché IO sono IO?», si  chiedono, ad un certo punto, i due protagonisti, ma la risposta non è semplice.
                                Ci sono remore, resistenze,
                                ostacoli, a svelarsi del tutto.
                                
                                 
                                Tra loro due si alternano
                                momenti di consonanza: «facevo
                                mie le sue amarezze e le sue sconfitte…»
                                (il discepolo), ma anche di
                                dissonanza: allorché il maestro,
                                «attraverso
                                le sue ire improvvise»,
                                definisce i confini tra lui e l’altro se
                                stesso (lo schiavo-discepolo).
                                
                                 
                                Solo quando il maestro
                                proverà a  scendere dal suo
                                piedistallo ed a parlare con il suo
                                “gemello”di progetti comuni (ad esempio, la
                                nuova arma che hanno l’incarico di costruire,
                                da parte del Sultano), riuscirà ad
                                immedesimarsi ed a farlo entrare con lui in una
                                specie di empatia: «…facevo
                                mie le sue
                                amarezze e le sue sconfitte…»,
                                oppure “…mi
                                faceva piacere quel suo riferirsi ai nostri
                                progetti…».
                                
                                 
                                Ci sarà però un momento in cui
                                i due io appaiono scissi. Avverrà quando l’io occidentale
                                mantiene le relazioni con la
                                corte, immergendosi in feste, passatempi e
                                sollazzi vari, mentre
                                l’io orientale si apparta in un ozio studiorum
                                meditativo e lavora su quella «macchia
                                indefinita e scura sulle carte»:
                                la macchina da guerra, che gli aveva
                                commissionato il Sultano.
                                
                                 
                                La sua principale
                                preoccupazione, essendo egli divenuto
                                l’astrologo di corte, è  stabilire
                                rapporti con gli uomini di scienza, liberarsi
                                degli “stupidi”,
                                che quelli educavano, e pretendere per sé
                                quella “missione”. 
                                
                                 
                                In mezzo c’è quel potere, rappresentato ora dal Padiscià, diventato adulto, (potrebbe essere Maometto IV), che
                                arriva ad ammettere e  riconoscere
                                il suo “debito” verso l’Occidente ed il
                                giovane schiavo veneziano  che
                                ha trasfuso tutta la sua cultura nel Maestro.
                                
                                 
                                Alla fine sarà proprio lui a
                                fargli  una
                                domanda retorica, straordinaria ed illuminante:
                                un modo per dimostrare la propria identità, non
                                è forse quello di scambiarla con quella di un
                                altro essere umano, in modo da «occupare
                                l’uno il posto dell’altro?». 
                                è questa, a mio parere, la
                                metafora dello scontro-incontro tra le
                                due culture: quella islamica e quella
                                occidentale.
                                
                                 
                                C’è per tutto il libro il
                                gusto del raccontare, del rivedere,
                                dell’immaginare il passato attraverso l’ «armadio
                                della psiche»
                                e di leggere il futuro attraverso il
                                presagio e l’oroscopo: l’astronomia e
                                l’astrologia .
                                
                                 
                                Lo scrittore sembra chiedersi
                                se una
                                “identificazione” di questi due mondi possa  passare
                                attraverso una
                                via che consista nell’ assumere i panni, le
                                sembianze ed i ricordi l’uno dell’altro,
                                cercando di vivere, attraverso l’altrui vita,
                                la propria; e se possa
                                 esserci
                                una sorta di interscambiabilità
                                “concordata”, un’osmosi perfetta, una
                                “fratellanza indotta” dal caso e dalle
                                circostanze.
                                
                                 
                                Il romanzo cerca una soluzione a
                                questo dilemma e vorrebbe forse indicare una
                                strada.
                                è come se la distanza tra Islam
                                ed “Infedeli” possa riassorbirsi ed i
                                protagonisti si avvicinano a tal punto da
                                con-fondersi e da con/fondere il lettore.
                                
                                 
                                Sullo sfondo un tormento: la
                                ricerca di quella  verità
                                che si placa forse quando i due “gemelli” si
                                separano!
                                
                                 
                                Strano libro, complesso,
                                piacevolmente impegnativo, da interpretare! E alla fine appare la rocca, quella che dà il
                                titolo al romanzo, «bianca candida e bella», quasi “un sogno”, un miraggio contro la nera “testuggine”,
                                l’arma micidiale venuta fuori dall’insolito
                                sodalizio tra Oriente ed Occidente.
                                
                                 
                                C’è qui il presentimento di
                                ciò che avverrà poi: si ha il senso di
                                qualcosa che “impeccabile, silente e puntuale” si stia compiendo…
                                
                                 
                                Lirismo paesaggistico,
                                terminologia lussureggiante, racconti nel
                                racconto, bestiari, immagini di caccia, di
                                guerra, di vita nella corte e di una città
                                orientale: Istanbul.
                                
                                 
                                Grande ed  immensa
                                la cultura e la padronanza del nostro sentire
                                (occidentale) da parte di questo scrittore;
                                frequenti i
                                riferimenti, i rimandi, le citazioni di altri
                                romanzi, come ad esempio, Don Chisciotte.
                                C’è anche l’escamotage
                                del “manoscritto” ritrovato, di manzoniana
                                memoria, e poi la peste che ci fa pensare
                                al Decameron, oltre che ai Promessi
                                Sposi.
                                
                                 
                                è
                                emblematica la presenza
                                dell’Italia nella trama.
                                C’è una profonda ammirazione
                                da parte di questo grande intellettuale turco
                                per il genio italico.
                                La macchina da guerra attorno a
                                cui si dipana  buona
                                parte della trama non è forse la realizzazione
                                di ciò che aveva progettato il nostro Leonardo
                                da Vinci?
                                
                                 
                                Questa “sapiente” lettura
                                lascia intravedere, io credo, l’eterna
                                attualità di due dibattute questioni: 
                                
                                 
                                ·    
                                fino a che punto la classe
                                politica ed il potere siano disposti a
                                seguire la saggezza e  la
                                cultura;
                                
                                 
                                ·     
                                se è mai possibile una convivenza, oppure uno
                                scambio identificativo tra due civiltà
                                contrapposte. 
                                Contrapposizione? Coesistenza?
                                Identificazione? Collaborazione reciproca?
                                Incontro? Scontro?
                                E dire che questo romanzo è
                                stato scritto nel 1992, quasi due lustri prima
                                delle “torri gemelle”!
                                
                                 
                                    
                                Giulia
                                Notarangelo 
                                
                  
                                     
                  
                                    |