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a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti

Cattedrale di Bitonto: loggiato dell'esaforato, sfingi addossate.


II grifone è l'allegoria del Cristo, e la sua forza consiste nell'indicare qualcosa in modo figurato sotto altre cose. Con la sfinge invece ci troviamo di fronte ad un significato oscuro, dinanzi ad un enigma adombrato da certe immagini che ci trascinano nel regno del mito.

La sfinge fu nell'antico Egitto il simbolo religioso per eccellenza che seppe maestosamente condensare la misteriosa grandezza del genio religioso di quel popolo; non una dea, ma un genio, intermediario fra l'uomo e le potenze superiori.

Nata sulle rive del Nilo, dove lo scalpello dell'uomo ha saputo più che altrove rivestirla di ieratica bellezza, la sfinge ha fatto il giro del bacino del Mediterraneo fino in Asia Minore e da lí in Grecia e poi in Sicilia e, risalendo la penisola, fino in Gallia dopo aver conquistato Cipro, Rodi e Creta. La si trova dappertutto sotto aspetti e posizioni diverse: seduta, coricata, in piedi o in atto di spiccare il volo verso il sole. In Egitto fu conosciuta con busto umano quasi sempre maschile e corpo di leone; in Grecia fu nota con busto di donna. Nell'arte micenea e in quella etrusca la parte bestiale del corpo assume fattezze più esili e più agili di quelle leonine: zampe anteriori simili a quelle di un levriero, parte posteriore simile a quella di toro.

Plinio, Solino e Pomponio Mela parlano della sfinge come di animale bizzarro ma reale che vive sui monti degli Etiopi, patria comune di una fauna mostruosa, coabitatrice di popolazioni mostruose come i Trogloditi. Tutti e tre la descrivono come un animale dal pelo scuro, con mammelle situate all'altezza dello stomaco.

La sfinge alata.

Divinità solare presso gli antichi Egizi, la sfinge fu il simbolo della sovranità, della saggezza, della forza divina e dell'abbondanza, in virtù delle quali, il suo culto fu favorito dallo scettro dei faraoni; dall'Egitto trasmigrò nella Fenicia, a Cipro e Creta dove la strana bestia simboleggiò anche l'Unità, la Verità e l'Assoluto.

Essere mostruoso e raccapricciante, fu considerata dai mitologi parente stretta della dea cipriota Chet. Figlia di Tifone e di Echidna, «vergine dalle unghie uncinate» - come è nominata da Sofocle nell'Edipo re - la sfinge costituisce la sintesi di tutti i simboli sessuali, legata al destino incestuoso di Edipo: «una massa di libido incestuosa» in cui si rivolta assieme alla madre Echidna, essere ibrido, bella fanciulla nella parte superiore, mostruoso serpente nell'inferiore.

Con la ellenizzazione dell'Egitto da parte di Alessandro il Macedone, i Greci stabilitisi ad Alessandria paragonarono la loro sfinge di Tebe in Beozia ai grandi leoni dal viso umano di Memphis. A1 di là delle affinità morfologiche, un solo aspetto le accomunava: la sfinge egiziana, detentrice dei misteri del mondo visibile ed invisibile racchiudeva il segreto della saggezza divina; la sfinge greca custodiva l'enigma, segreto di suprema saggezza per la condotta della vita umana.

Divinità solare nell'antico Egitto, l'essere favoloso ha simboleggiato anche la luce del sole così come Gesú Cristo è luce eterna per i vivi e per i morti.

La trasmigrazione della simbologia solare nei misteri cristiani fu dovuta - secondo Eusebio di Cesarea - all'esistenza ad Alessandria, fin dal III secolo, di una scuola importante per l'istruzione dei catecumeni, che aveva diretto i propri sforzi ad un innesto armonico di principi teologici di antiche religioni nel sistema religioso cristiano: l'antica teoria egiziana del Verbo creatore, quela del Verbo divino, intermediario fra Dio e l'uomo, lo Spirito divino che soffia la vita spirituale alle anime, l'immortalità dell'anima. Gli antichi elementi simbolici che caratterizzavano la sfinge, si prestarono molto bene all'innesto.

Come la sfinge, anche Gesù diventa il "Signore dei due Orizzonti", dell'Oriente e dell'Occidente: la sua nascita e la sua morte. È il Dio della luce: «Io sono la luce che illumina ogni uomo che viene al mondo»; è sovranità, forza e saggezza; è il sole divino e la sorgente stessa della sovrabbondanza. Cristo non è solo l'immagine allegorica dell'Unità, della Verità e dell'Assoluto, ma l'Assoluto stesso nella Unità e nella Verità. Come la sfinge egiziana, ma con saggezza più infinita, Cristo è il detentore e il possessore degli eterni segreti per aver donato agli uomini la perfetta dottrina e la regola della sicura saggezza, necessaria alla salvezza delle loro anime.

Come il grifone e il centauro, anche la sfinge è la sintesi della natura divina e di quella umana, della duplice sovranità sul mondo spirituale e su quello materiale: sovranità che, in uno dei capitelli dell'esaforato della cattedrale bitontina, abbiamo la sensazione di intuire, in virtù di una corona che orna la sua testa mascolina. La mobilità di questa figura barbuta che, in piedi e con ali spiegate, sembra spiccare il volo, è data dalla posizione della testa tesa in avanti. A differenza del centauro e del grifone, la sfinge con testa umana, ali aquiline, busto di leone e posteriore taurino è anche la sintesi della sacralità dei quattro animali nella visione di Ezechiele e in quella di Giovanni, che i mistici cristiani hanno identificato nei quattro Evangelisti; commistione di elementi di ognuno dei quattro animali, è un vero Tetramorfo che, nella simbologia cristiana dei primi secoli, fu uno dei grandi e misteriosi simboli del Salvatore. Tale sintesi nell'unica figura costituì, pertanto, motivo sufficiente a giustificare l'ingresso della sfinge nella fauna sacra cristiana.

Cattedrale di Bitonto: capitello a stampella dell'esaforato con figura di sfinge alata.

II Medioevo preferì ignorare la sua genealogia; la storicizzazione del mito avrebbe tolto alla Chiesa la possibilità di aprire la porta del sacro per le implicazioni libidinose e sessuali legate all'immagine teriomorfa. Il simbolismo cristiano in età medievale non era andato oltre il pensiero dei primi mistici della cristianità: la sfinge non aveva subìto il processo di storicizzazione, anche se nell'arte delle catacombe essa era stata sottoposta ad un processo metaforico che individuava nella figura la Roma idolatra e depravata, il godimento dei sensi, piena di attrattive a prima vista, colma d'amarezza e di tristezza dopo il piacere.

Queste metafore, materializzate non solo nella primitiva arte cristiana, ma anche in rappresentazioni medievali nei diversi contesti, erano scaturite dalla considerazione che la sfinge, miscuglio di elementi umani e animali, possedesse due cuori. Quello situato nel busto umano racchiudeva le funzioni più nobili dello spirito e quelle più elevate dell'anima umana; l'intelligenza, la conoscenza, la volontà, tutte qualità che gli Assiri e gli Egiziani localizzavano nel cuore, non nel cervello. A1 secondo cuore invece era legata la vita fisica dell'uomo e i suoi bassi appetiti, la sua sensualità sfrenata.

      

Da leggere:

E. Mâle, L’art religieux du XII siècle en France, Paris 1947.

F. Zambon (a cura di ), Il Fisiologo, Milano 1975.

Charbonneau-Lassay, Le Bestiaire du Christ, Arché, Milano 1980.

R. Guènon, Simboli della scienza sacra, Milano 1987.

G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari 1972.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘bestiari fantastici’ delle cattedrali, Fasano 1996 (da cui sono tratte la prima e l'ultima immagine di questa pagina).

   

    

©2004 Felice Moretti

    


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