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a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti

Il toro rappresentato nell'atteggiamento di un quieto bue domestico nel ciclo di affreschi trecenteschi della parete meridionale del Palazzo della Ragione di Padova


Nella visione di Ezechiele e dell’evangelista Giovanni il toro, come 1’aquila, il leone e 1’uomo, è un animale celeste che vediamo rappresentato sia distinto dagli altri sia ad essi unito, quasi saldato, sotto la forma di un unico essere strano e sconcertante che 1’arte sacra ha denominato Tetramorfo. La sacralità di questo animale nella simbologia cristiana non è nata tout-court dalla visione di Ezechiele o dall’Apocalisse di Giovanni. è chiaro che il toro prima di approdare sui lidi cristiani abbia subito un processo di purificazione che lo ha liberato dai lacci di antiche concezioni mitologiche di popoli e paesi diversi.

Nelle pratiche religiose dell’antico Egitto, in quelle assiro-babilonesi o nell’antica Grecia, il toro è stato 1’animale soggetto ai culti più disparati. Adorato come il dio Amon nell’antica Tebe, incarnazione dello stesso dio invocato col nome di toro celeste, personifica la forza divina che perennemente si rinnova nella natura. Ctonio come il cavallo, il toro fu simbolo astrale solare o lunare. In antiche religioni orientali troviamo infatti non soltanto dei lunari dalla forma taurina ben caratterizzata, come Osiride o il gran dio mesopotamico Sin, ma dee lunari taurocefale portano tra le loro corna 1’immagine del sole. La simbologia astrale di questo animale è ravvisabile anche nelle sue corna simili a quelle della falce di luna, e Assur il dio Toro è figlio del sole. Il Toro-Sole era stato incarnato sulla terra da Apis di Memphis; questo culto, che godette di eccezionale favore nel V e IV secolo a.C., subì nell’Egitto ellenizzato e romanizzato una metamorfosi tale che Apis finì per essere assimilato a Zeus e a Giove.

Il toro in uno geroglifico egizio

Universalmente considerato come simbolo della fecondità nei tempi antichi, la testa del toro nell’antico Egitto fu soggetta a trattamenti particolari durante i riti sacrificali proprio per questa assimilazione simbolica fra la disposizione delle corna e la luna crescente che assume la forma di falcetto durante il suo ”quarto”. Attraverso la simbolica teriomorfa, la luna o il sole furono quindi considerati come simbolo del tempo. Nelle complicate mitologie assire e caldee ancora più evidenti risultano le relazioni fra il simbolismo del toro e le influenze celesti. Assurto a divinità, il toro fu rappresentato con volto umano e con grandi ali aquiline rivestite di panneggi gemmati come i sovrani. Mediatore fra la terra e le divinità celesti, questa figura fu contrapposta all’altra dal volto umano ma sprovvista di ali che rappresentava invece il mostro infernale Eabani, una specie di minotauro della mitologia caldea. Nell’antica Grecia il toro fu legato al mito di Poseidone, il dio Nettuno dei Latini, del quale antiche leggende raccontano che i re sacrificavano un toro catturato da uno di essi e bevevano il suo sangue.

Nelle religioni misteriche di Mitra e Orfeo dell’antica Grecia, dell’Asia Minore e dell’Egitto, all’animale immolato furono attribuiti poteri di purificazione e di propiziazione così particolari che questo sacrificio assunse la forma di una liturgia sacra, una specie di battesimo del sangue. Simbolo delle forze psichiche e fisiche in Asia, della fecondità in Egitto e della forza creatrice in Grecia, la trasmigrazione simbolica del toro in Europa si espanse dalla Scandinavia al Baltico subendo modificazioni tali da non compromettere tuttavia il nucleo simbolico originario. In Spagna, in Scozia, in Germania o in Sicilia, ad esempio, esso diviene simbolo della fecondità delle sorgenti fluviali. Legato allo scatenarsi delle potenze meteorologiche e a quelle distruttrici nelle antiche culture orientali, lo si ritrova nei furiosi uragani australiani come, nell’antichità fenicia, nel minaccioso muggito. La trasmigrazione simbolica del toro nel primitivo panorama cristiano avviene senza bruschi salti, senza cesure e aperture improvvise attraverso il graduale innesto di antiche mitologie nella religione ebraica prima e in quella cristiana poi. Vittima di sacrifici espiatori e di propiziazione nell’antico mondo ebraico e nei santuari mitici della gentilità, 1’effusione rituale del sangue taurino fu sostituita nella Cristianità al sacrificio misterioso del Corpo e del Sangue di Cristo sull’altare. L’olocausto delle bestie come 1’agnello, la colomba, il capretto, la vacca, il vitello e soprattutto il toro, è stato accolto a simbolo del Salvatore immolatosi per noi sul Golgota: Vittima Redentrice che assicurerà con 1’effusione del suo sangue la riconciliazione fra 1’uomo e Dio.

Il toro alato (Cattedrale di Bitonto, fiancata meridionale)

Con questo linguaggio concettuale il toro sarà interpretato dagli scrittori medievali, da Rabano Mauro a Brunone d’Asti ad Ivo di Chartres. Per i Padri della Chiesa, la bestia non è solo il capo del gregge, è anche sposo e padre che procura la gioia, 1’amore e, attraverso 1’amore, la vita, assicurando cosi la perpetuazione della specie e la moltiplicazione del gregge: allo stesso modo con cui Cristo dona la vita nella Chiesa e fa crescere il numero dei fedeli e degli eletti. Anche in questa immagine, la trasposizione simbolica del toro fecondante dell’antico Egitto si innesta senza traumi nella teologia cristiana, e lo trasforma nel Tetramorfo in uno dei quattro misteri della salvezza. Questa trasformazione, adattamento, trasposizione di antiche simbologie animali, trovò nei dogmi cristiani saldi punti di raccordo e di contatto, che furono largamente favoriti dalla Chiesa primitiva per combattere e sconfiggere larghe sacche di paganesimo in Oriente e in Occidente.

Gli adattamenti contribuirono in maniera notevole a soddisfare 1’ardente sete che il Cristianesimo ebbe nel voler riconoscere il Cristo nella simbologia animale di origine pagana. Il trionfo, in una dimensione tutta cristiana di antiche teogonie, fu assicurato dai Padri della Chiesa che, nutriti di cultura classica, vissuti in tempi non lontani dal mondo pagano, taluni ancora immersi in un clima di paganesimo imperante, seppero muoversi a loro agio su un terreno impervio, appianato poi dalle analogie scaturite dalla fecondità del loro pensiero.

Già nel II secolo Tertulliano scriveva del toro: «Che cosa è questo animale dalla possente forza. Questo mostro favoloso. Questo toro misterioso è Gesù Cristo, giudice terribile per taluni, redentore pieno di mansuetudine per gli altri». Per Rabano Mauro il toro significava 1’indignazione di Cristo per i peccati del mondo e la potenza della sua collera. Trasferito in un circuito simbolico tutto cristiano, 1’animale subisce delle metamorfosi che, a seconda dei casi, o secondo il modo con cui viene rappresentato, diviene il simbolo di Cristo o di Satana per cui e possibile trovare la stessa figura nel Bestiario dell’uno o dell’altro. Il toro, ad esempio, messo in relazione con scene apocalittiche, è rappresentato in alcune miniature medievali sotto le forme di Satana con ibridi tratti zoomorfi: testa di leone, corna di toro, ali di pipistrello e petto di aquila, o con testa di gallo, una variante del basilisco.

   

Da leggere:

G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari 1972.

F. Zambon (a cura di), Il Fisiologo, Milano 1975.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995 (dal volume è tratta l'ultima immagine di questa pagina).

   

  

©2003 Felice Moretti

    


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