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GLOSSARIO RAGIONATO DELLE OPERE DI FORTIFICAZIONE

a cura di Ester Lorusso, con la collaborazione di Alfredo Magnatta

 

Fig. 1. Il castello costiero di Mola (Bari), voluto da Carlo I d'Angiò (XIII sec.).


Significato

Fortezze ed opere difensive realizzate nell'Italia meridionale ed in parte di quella centrale a partire dal sesto decennio del XIII secolo e finalizzate ad un complesso di funzioni tra le quali il controllo di settori, ceti ed organismi fortemente rappresentativi della società urbana.


Origini ed evoluzione storica

La salita al trono di Carlo I d'Angiò, seguita al breve regno di Federico II e di suo figlio Manfredi, trova il Mezzogiorno d'Italia trasformato in una sorta di fortezza da sfruttare strategicamente per i nuovi fini, come avverrà per i successivi due secoli.

La distribuzione sul territorio delle opere difensive resta, infatti, la stessa voluta dagli Svevi nella prima metà del secolo XIII e viene modificata solo in parte in funzione delle nuove esigenze della Corona. Di conseguenza tutto il preesistente sistema castellare viene revisionato: le fortezze più importanti vengono mantenute in efficienza, quelle riutilizzabili ampliate per divenire dimore feudali da concedere ai potenti baroni franco-provenzali e modificate strutturalmente secondo le nuove esigenze balistiche, mentre quelle ritenute inutili vengono disattivate o demolite.

Nonostante ciò il Regno angioino, che manifesta una notevole difficoltà relazionale tra i castelli (le residenza del re o dei signori) e le singole collettività urbane, viene gradualmente minato sia dall'avanzata degli esponenti del ceto feudale che aspirano a trasformare in propri i feudi ottenuti dal sovrano sia dai pericoli esterni, per cui tende progressivamente ad infeudare i propri territori con la costruzione di nuovi castelli.

In quest'ottica si giustifica anche il ruolo di carcere "statale" comune a gran parte delle rocche e dei castelli regi, reso necessario, sin dai primi anni di dominio, dalle continue minacce avanzate dalla fazione filosveva.

Intorno alla fine del XIII secolo, in occasione della guerra contro gli Aragonesi, il sovrano provvede a controllare ed incrementare le difese di tutte le opere difensive pugliesi e lucane sia con opere in muratura sia con armi e macchine da guerra. Tuttavia la situazione muta e negli stessi anni, a causa degli alti costi di mantenimento di simili complessi fortificati, la Corte ordina di radere al suolo alcuni castelli (specie in Abruzzo), dando origine ad una fase di decastellamento che coinvolge forze politiche anche periferiche.

Debellate tutte le forme di resistenza al potere angioino ciascuna fortezza rimasta in possesso del re viene quindi affidata dalla Regia Curia ad un «castellanus», scelto dal sovrano tra i «militi» o gli «scudieri» provenzali e francesi, sui quali soprintendono i «provisores castrorum», ma molto più numerose sono le fortezze tenute da baroni ed enti ecclesiastici.

Sul finire del XV secolo i profondi mutamenti introdotti nelle costruzioni militari dalle armi da fuoco, ricorrendo a tecnici e uomini d'arme provenienti da altre località e non più legati a precisi programmi politico-costruttivi, determino una rapida differenziazione tra i diversi castelli sottoposti ad adeguamento difensivo e residenziale e, con essa, la sorte delle rispettive città.


Caratteristiche costruttive

Nell'arco di circa due secoli di regno gli Angioini, dopo aver accuratamente selezionato le fortificazioni sveve ancora utili per i propri fini, provvedono ad intensificare la difesa dei territori attraverso sia il potenziamento delle strutture esistenti che l'edificazione di nuove opere munite di diversa natura.

Per prima cosa, quindi, nel 1275 si precisano i termini degli obblighi di riparazione e manutenzione delle strutture castellari ereditate dalla precedente dominazione, quasi sempre ancora a carico delle comunità locali, e si prevede la possibilità di realizzare, negli insediamenti fortificati esistenti, nuove costruzioni, anche queste cofinanziate dai baroni che le hanno in concessione e non solo dalla Corona.

In tal modo il sistema castellare preesistente viene rafforzato ed adeguato alle nuove esigenze dell'arte bellica e della contingente strategia politica attraverso un'accurata opera di ricostruzione, riparazione o munizione inaugurata da Carlo I e resa possibile dall'impiego di architetti e maestranze che sfruttando le idee di magnificenza dei sovrani, le pressanti necessità di difesa del Regno, l'abilità dei costruttori locali e la ricchezza di molte città, sperimentano forme ed idee nuove, lontane dalla concezione unitaria ereditata dagli Svevi. Tra essi i «protomagistri» Pietro d'Angicourt e Givanni di Toul, ai quali si deve la direzione dei principali cantieri pugliesi al fianco di maestranze locali abili nella lavorazione della pietra, come Riccardo da Foggia.

Nonostante ciò da un'analisi storica dei castelli e delle residenze reali munite emerge che durante il primo periodo di governo angioino soltanto pochi manieri sorgono secondo un preciso progetto, a differenza delle costruzioni edificate ex novo, in quanto talmente condizionati dalle preesistenze da trasformarsi spesso in ibridi tra il tipico castello medioevale e la residenza fortificata. A ciò va sommato il fatto che è solo con il tempo che i maestri costruttori cominciano progressivamente ad acquisire perizia tecnica e a costruire non più sulla scorta della sola personale esperienza, ma sulla base di un vero progetto ideato da una sola mente e caratterizzato da elementi innovativi.

è nell'Italia meridionale che l'architettura fortificata degli Angioini assume carattere proprio, differenziandosi definitivamente da quelle normanna prima e sveva poi e sviluppando temi nuovi come: volumi dai quali emergono torri cilindriche con base scarpata, archeggiature sostenute da mensole di pietra sagomata (i beccatelli) con funzione decorativa o di supporto alla realizzazione di caditoie, ingresso sopraelevato. Quando, però, le nuove strutture si sovrappongono e fondono a quelle antiche, spesso il nucleo medievale, arricchito con grandiosi scaloni ed apparati architettonici, svetta al centro del cortile anulare e presenta la cinta muraria bastionata e puntonata agli spigoli ulteriormente difesa con un fossato.

Tuttavia, a causa delle tormentate vicende storiche, l'intero corso della dominazione angioina presenta tratti comuni ad altri tormentati periodi di transizione caratterizzati dalla ricerca di soluzioni orientate al miglioramento della qualità degli ambienti residenziali e, contemporaneamente, dalla necessità di allontanare dai pericolosi mezzi di offesa le parti degli edifici più strettamente connesse con la vita privata. Per tali ragioni si continuano a prediligere, inoltre, luoghi opportunamente individuati sulla sommità di monti o rupi oppure allo sbocco di una valle, in una pianura o sul mare e con prevalente dislocazione lungo le antiche vie romane, che nel Meridione si riducono (come percorribilità) a tre: la Latina, la Salaria ed in parte l'Appia.

Accanto ai lavori voluti dalla Corona per rafforzare presidi militari strategicamente importanti si assiste però, nel corso dei secoli XIII-XV, anche a numerosi esempi di mutamenti di destinazione di interi complessi, specie se affidati a feudatari, nei quali si realizzano porticati all'interno delle corti, scalinate in pietra per accedere ai locali residenziali e volte in luogo dei solai lignei, mentre si sopprimono spesso elementi difensivi come feritoie e caditoie.

Tipicamente angioine (anche se non mancano esempi svevi) sono, ancora, le torri, inizialmente a pianta quadrata o rettangolare, in seguito poligonale o cilindrica. Queste ultime, in particolare, risultano impostate su base tronco-conica, solitamente agli angoli degli edifici muniti, dotate di una cornice in aggetto (il «redondone») nel punto di giunzione con la soprastante porzione verticale di muratura e caratterizzate da un'altezza piuttosto limitata (una «canna», circa 2,65 metri) rispetto alle mura interposte e collegate dal cammino di ronda, per evitare che il crollo della parte sommitale causato dall'artiglieria nemica pregiudichi la stabilità dell'intera struttura, secondo la coeva tecnica diffusa nei castelli francesi consistente nell'inserire sempre, in cortine lunghe, due torri intermedie. Presentano inoltre, basamenti massicci, con feritoie in corrispondenza dei vari piani sovrapposti e non sporgono troppo rispetto al filo della cortina muraria.

Sempre nel corso della dominazione angioina si modificano, infine, gli schemi planimetrici degli edifici muniti medievali si impone l'uso del baluardo e del bastione come mezzo per attuare la difesa radente ed il fiancheggiamento, con prevalenza di fortezze a pianta quadrata con bastioni romboidali o a mandorla ai vertici in luogo di quelle con impianto più regolare e con mura scarpate in luogo di quelle tipologicamente più elementari.


Esempi

Nonostante molti dei castelli sorti o recuperati in età angioina siano andati gradualmente distrutti ed altri presentino sovrapposizioni o - persino - deturpamenti di epoca successiva, numerosi sono gli organismi fortificati di notevole interesse, voluti sia dalla Corona quanto da singoli feudatari, nei quali è ancora possibile individuare le strutture e gli elementi originari, specie nel Sud della Puglia.

Tra essi si distinguono, a loro volta, i castelli localizzati prevalentemente lungo le coste, per ragioni di ripopolamento e controllo del territorio, come quello di Villanova di Ostuni, nel Brindisino, o di espansionismo verso i Balcani, come quelli di Brindisi, Massafra (solo l'impianto originario) in provincia di Taranto (figg. 12-13), Peschici (Foggia), Mola di Bari (completato nel 1281) (fig. 1 e figg. 10-11) in provincia di Bari, Marciano di Leuca, Otranto e Gallipoli in provincia di Lecce.

Nel primo periodo di regno angioino, in virtù del programma di rafforzamento di tutte le costruzioni strategicamente ancora valide vengono muniti con nuove opere anche castelli costieri come quello, nel Barese, di Barletta, mentre viene completamente riedificato, nel 1275, quello di Taranto, in seguito talmente manomesso dagli Aragonesi da non consentirne più l'individuazione degli elementi angioini. Altri castelli ristrutturati sempre per la particolare posizione di controllo del territorio sono, sempre in Puglia, Troia (Foggia), oggi non più esistente, Oria (Brindisi), Bari e, nella sua provincia, Trani e Canosa.

Suggestivi per l'impianto generale sono, invece, i castelli di Lecce (notevolmente ampliato poi da Carlo V) e Copertino (Lecce); insolito è il cosiddetto castello di Bitonto (Bari), in realtà una torre costruita alla fine del XV secolo con pianta circolare e spessore murario variabile fino a 4,90 metri; mentre caratteristico dell'epoca è il castello di Bitritto (Bari), risultato dell'allora tipica tendenza a trasformare un edificio munito in residenza nobiliare.

In provincia di Foggia, infine, particolarmente importanti sono le opere di ricostruzione e ristrutturazione relativi ai castelli di Manfredonia e Lucera, nel primo dei quali si edificano, in corrispondenza di tre angoli del circuito murario, torrioni casamattati cilindrici, mentre nell'altro si lavora alla "Torre della Leonessa", alla cinta muraria poligonale e ai vari corpi residenziali impegnando ingenti somme e maestranze qualificate.

Un interessante potenziamento strutturale riguarda anche l'area del Vulture (apprezzata per la posizione strategica) ed in particolare Acerenza e Melfi, nella quale si realizzano una cortina esterna con torri quadrate e poligonali e la residenza reale.

Sempre per ragioni difensive legate al contesto geografico si edificano o consolidano, in Calabria e Lucania, numerose altre fortezze (destinate a sostenere l'assalto delle truppe siculo-aragonesi in occasione dei Vespri, 1282-1302), tra le quali si distinguono Policastro (figg. 4-6), Santo Niceto (figg. 7-8), Calanna (fig. 9), Sant'Agata, Rocca Cilento, Laurino. Fuorni, presso Salerno, è ritenuta inespugnabile fin dall'epoca longobarda.

Anche la Campania risulta prediletta dalla famiglia reale, come dimostrano a Napoli, nuova capitale del Regno, la residenza di Belvedere (ampliata su indicazioni dello stesso Carlo I), i due castelli dell'Ovo, restaurato, e del Carmine, eretto da Carlo III di Durazzo nel secolo XIV, e, sempre nella stessa città, quelli di Castelnuovo e dello scomparso Belforte (completamente sostituito dalla fortezza cinquecentesca), entrambi realizzati ex novo.

Angioino è anche l'impianto centrale, con torri cilindriche, del castello di Ischia (provincia di Napoli), come pure i castelli di Castelcivita nel Salernitano (figg. 2-3), Lettere (Napoli), antica fortezza degli Amalfitani, dalle cui strutture stratificate nel tempo emerge il mastio angioino, e nel Lazio Gaeta (provincia di Latina).

Infine gli Angioini provvedono, nell'arco di circa due secoli, alla fortificazione di molte città e soprattutto alla protezione, per la prima volta, delle coste del Regno con torri sapientemente concepite e distribuite sul territorio.


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Figg. 2-3. Castelcivita (Salerno).

   

Figg. 4-6. Il castello di Policastro.

   

Figg. 7-9. Ruderi del castello di Santo Niceto (Reggio Calabria); nell'ultima immagine una veduta di Calanna, nella stessa provincia.

     

Figg. 10-13. Nelle prime due immagini il castello di Mola (Bari); nelle ultime due quello di Massafra (Taranto).


Indicazioni bibliografiche

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ACCADEMIA PONTANIANA, I registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, voll. I-XXXI, Napoli 1950-1980.

BACILE DI CASTIGLIONE, Castelli pugliesi, Roma 1927.

GALASSO G., Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese (1266-1494), Torino 1992.

Licinio R., Castelli medievali. Puglia e Basilicata: dai Normanni a Federico II e Carlo I d’Angiò, Bari 1994.

Santoro L., Castelli angioini e aragonese nel Regno di Napoli, Milano 1982. 

     

    

©2003 Ester Lorusso 

   


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