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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI AREZZO

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Anghiari (castello di Galbino)

Dal sito www.tuscany-charming.it   Dal sito www.iluoghidelcuore.it

«Posto tra un affluente del Sovara e la strada provinciale della Libbia, Galbino è l'esempio più evidente di un antico castello la cui struttura originaria è stata modificata notevolmente per essere adibita a dimora gentilizia. Residenza feudale dei conti di Montauto fino alla fine del XVIII secolo, si presenta oggi con impianto rettangolare, torretta al centro della copertura e torrioncini cilindrici posti agli angoli. In facciata una loggia con colonne in pietra, chiuse con infissi di legno. Il castello è ben visibile dall'alto della strada che congiunge la frazione di Tavernelle con l'ex Convento di San Niccolò a Gello. L'edificio è di proprietà privata».

http://www.anghiari.it/new/italiano/sistema_museale.asp?pag=castelli3


Anghiari (castello di Sorci)

Dal sito www.castellodisorci.it   Dal sito www.castellodisorci.it

«Antico castello, probabilmente di origine longobarda, che appartenne nel XII sec. ai Barbolani di Galbino. Il toponimo Sorci deriva dal germanico 'sorku', che significa brughiera, scopeto quindi 'luogo delle scope di macchia' che facevano e fanno parte tuttora della vegetazione locale. Nel 1268 esso fu distrutto per mano di alcuni soldati al seguito di Corradino di Svevia: di proprietà della famiglia Tarlati all'inizio del XIV sec., fu sottomesso nel 1385 alla dominazione fiorentina e divenne poi dimora del capitano di ventura Baldaccio Bruni, definito "uomo in guerra eccellentissimo, perché in quei tempi non era alcun in Italia che di virtù di corpo e d'animo lo superasse" (Niccolò Machiavelli). Baldaccio fu ucciso a tradimento e decapitato il 6 settembre 1441, ecco perché si dice che il suo fantasma aleggi ancora nelle sale di questo antico maniero: c'è chi assicura di percepire la sua presenza attraverso rumori di catene trascinate, un'armatura che cambia continuamente di posto e un pianoforte che emette suoni senza che nessuno lo sfiori… All'epoca di Baldaccio il fortilizio contava una trentina di armigeri a sorveglianza di una doppia cinta muraria munita di fossato, poi nel corso dei secoli ha subito innumerevoli ristrutturazioni, fino ad assumere l'aspetto di un palazzo cinquecentesco munito di un' attiva azienda agricola. A partire dagli anni '70 del secolo scorso il Castello di Sorci è tornato alla vita grazie all'impegno dell'attuale proprietario Primetto Barelli e dei figli , cui spetta il merito di aver raccolto il peso di una vicenda secolare trasformando la struttura in uno dei ristoranti più conosciuti d'Italia, frequentato anche da molti personaggi famosi: a tal proposito occorre ricordare che gli attori Roberto Benigni e Massimo Troisi, ospiti di Sorci, hanno tratto ispirazione da questo luogo per la sceneggiatura del film Non ci resta che piangere».

http://www.anghiari.it/new/italiano/sistema_museale.asp?pag=castelli3#Castello_di_Sorci


Anghiari (palazzo Marzocco)

Dal sito www.anghiari.it   Dal sito www.girando.it

«Nel 'Borghetto', attuale piazza Mameli, si affaccia il cinquecentesco palazzo del Marzocco, già Angelieri come ricorda lo stemma frammentario in pietra arenaria presente sulla facciata del palazzo. Palazzo del Marzocco, così come lo vediamo ora, nasce per volontà della famiglia Angelieri che durante il XVI secolo promuove i lavori di aggregazione e ristrutturazione di due case-torri preesistenti, ovvero di due tipici edifici medioevali con andamento verticale. L'appellativo 'Marzocco' non fa quindi riferimento agli antichi proprietari del palazzo bensì al leone in pietra posto sull'angolo superiore destro della facciata di questo edificio. La statua, simbolo della sovranità popolare e, quindi, anche di uno dei principi della Repubblica Fiorentina, fu sistemata originariamente sul muretto della piazza del Mercatale (attuale piazza Baldaccio) dove vi rimase fino al 1526 anno in cui fu collocata sullo spigolo del palazzo da parte di Ilioneo Taglieschi che la ottenne dai priori della Comunità di Anghiari. Nel 1944 la statua cadde dalla facciata del palazzo a causa di eventi bellici così quella attualmente visibile è una copia in terracotta realizzata dal prof. O. Chegai mentre ciò che rimane dell'originale è conservato nelle sale del Museo Statale di Palazzo Taglieschi».

http://www.anghiari.it/new/italiano/sistema_museale.asp?pag=musei3


Anghiari (palazzo Pretorio)

Dal sito http://fendente3.files.wordpress.com/   Dal sito www.fabioecinzia.it/

«La costruzione del palazzo, posto al centro del primo nucleo di Anghiari, fu iniziata dai perugini nel 1339 e presenta un'organizzazione planimetrica ad "L". Sulla facciata si possono rintracciare le testimonianze della sua primitiva struttura come le finestre ad arco a tutto sesto, nonostante le trasformazioni avvenute nei secoli. Sono visibili inoltre molti stemmi in terracotta ed in pietra, appartenuti ai Podestà e ai Vicari di Anghiari, ed un grande affresco purtroppo piuttosto danneggiato posto dentro una nicchia. Il Palazzo fu sede del Vicariato Fiorentino e del tribunale dal 1386, dopo che Arezzo ed il suo contado passò sotto il dominio di Firenze. A partire dal XIX secolo divenne sede municipale. Il piano terra ospitava un tempo le prigioni, ancora oggi visitabili. Sul lato sinistro si trova un affresco di discrete dimensioni che rappresenta la Giustizia: l'opera realizzata intorno al 1460 è forse da attribuire ad Antonio d'Anghiari, primo maestro del grande Piero della Francesca. Sul lato destro è collocata la Cappella dell'Antico Tribunale, recentemente restaurata, ornata da affreschi quattrocenteschi. La Sala del Consiglio, in cima alle scale, custodisce opere donate al comune dal concittadino pittore Fausto Vagnetti (1876-1954), fra cui un quadro raffigurante la Maddalena in adorazione. Da notare anche il Crocifisso ligneo dell'antico tribunale ed i busti del beato Bartolomeo Magi, di Virgilio Magi e di Giuseppe Garibaldi».

http://www.anghiari.it/new/italiano/sistema_museale.asp?pag=edifici


Arezzo (fortezza Medicea)

Dal sito www.visitarezzo.com/   Dal sito www.arezzocitta.com

«Notevole testimonianza dell’architettura militare cinquecentesca, si eleva alla sommità della spianata del Prato, a 305 m. di quota. Massiccia costruzione poligonale, perfettamente inserita nella cintura delle mura, l’attuale fortificazione fu realizzata su direzione di Antonio da Sangallo (il Giovane) e Nanni Unghero tra il 1538 ed il 1560. Eretta sopra l’area dell’antica cittadella medioevale, rasa al suolo per eliminare ogni impedimento al tiro delle bocche da fuoco, inglobò buona parte del Forte a forma trapezoidale progettato da Giuliano e Antonio (il Vecchio) da Sangallo nei primi anni del Cinquecento: della precedente costruzione sono visibili due baluardi del fianco Est (quelli del Ponte di Soccorso e della Chiesa, riconoscibili per la forma a saliente ottuso) e alcuni tratti di cortina. Di nuova impostazione i bastioni del fianco occidentale (del Belvedere, della Spina, della Diacciaia), nonché gli ambienti interni, costituiti da un intricato reticolo di stanze, gallerie, pozzi e prese d’aria, dislocati a diversi livelli ed in gran parte non praticabili. Originariamente dotata di tre porte e circondata da un ampio fossato, la Fortezza rimase in efficienza fino al tardo Settecento. Nell’anno 1800 venne parzialmente smantellata dai militari francesi; sul fianco Ovest è ancora visibile la lesione causata da un potente ordigno esplosivo. Il restauro, avviato a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento, figura tra gli attuali programmi municipali. Ampia e panoramica la veduta che si abbraccia dagli spalti, dominanti sulla città, la piana aretina, la valle dell’Arno, il massiccio del Pratomagno, l’alpe di Catenaia, le vette di Poti e di Lignano».

http://www.arezzocitta.com/arezzo/Turismo/pagine/arcitta/fortezza.htm


Arezzo (palazzo dei Priori)

Dal sito www.visitarezzo.com   Dal sito www.visitarezzo.com

«Il Palazzo dei Priori sorge sulla collina del centro storico, la cosiddetta “zona del potere”, sulla parte occidentale di piazza della Libertà. Costruito nella prima metà del Trecento, l’edificio ha sempre ospitato le massime magistrature di Arezzo: attualmente è sede del Municipio. Qualche traccia della struttura originaria si ritrova sul lato di Via Ricasoli. La facciata e la robusta torre quadrangolare sono state più volte rifatte e restaurate. Con l’ultima ristrutturazione - che risale al 1930 - il Palazzo è stato profondamente modificato all’esterno (merlatura della facciata, coronatura della torre) e all’interno. Notevole il cinquecentesco cortile interno, con porticato sormontato da due loggiati. Al pianterreno si conserva un notevole affresco del 1640 di Salvi Castellucci - la Madonna col Bambino e San Donato - sul cui sfondo appare una bella veduta di Arezzo. Salendo al piano superiore si notano alcuni affreschi a carattere sacro. Nelle varie sale si trovano molti ritratti e busti di illustri cittadini del passato, nonché una bella statua della Madonna con bambino che risale al 1339 e proviene dalla demolita Porta S. Spirito. La cosiddetta Sala dei matrimoni contiene un cinquecentesco camino in pietra, due dipinti del Vasari e vari affreschi di Teofilo Torri (1610), che rappresentano scene della Storia di Arezzo. Nella Sala del Consiglio si conserva il quattrocentesco affresco della Crocifissione di Parri di Spinello, ed il ritratto di Pietro Aretino. L’ultimo piano, oggetto di un recente intervento di restauro, dà accesso all’interno della torre».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/arezzo/palazzo-dei-priori-arezzo


Arezzo (palazzo Pretorio)

Dal sito http://archeonatura.files.wordpress.com   Dal sito www.bibliotecarezzo.it

«Dislocato su un lato di via dei Pileati, che occupa per intero da via degli Albergotti e via dell’Orto, il complesso edilizio di palazzo Pretorio è il risultato della fusione operata tra il Trecento ed il Quattrocento di costruzioni appartenute alle famiglie nobili degli Albergotti, dei Sassoli e dei Lodomeri. All’interno svetta ancora una torre; una seconda è stata abbattuta nel corso degli innumerevoli interventi di sistemazione subiti dall’edificio in sette secoli di storia. Sede del Capitano del Popolo fin dal 1290, ha ospitato numerose magistrature civiche: nella facciata ne resta testimonianza sotto forma di una ricca raccolta di stemmi dei Podestà, dei Capitani e dei Commissari fiorentini succedutisi al governo della città dal XIV al XVIII secolo. A partire dal Quattrocento una parte del palazzo è stata adibita a stabilimento carcerario; un re­stauro eseguito nella prima metà del Novecento, dopo lo smantella mento degli impianti di reclusione, ha restituito all’edificio l’aspetto monumentale definitivamente acquisito attorno al Cinquecento. All’interno del palazzo che conserva ambienti di notevole interesse, come l’atrio di ingresso, l’ex cappella, la sala delle udienze del Commissario ha oggi sede la Biblioteca “Città di Arezzo”, arricchita dall’aggregazione di patrimoni librari pubblici e privati».

http://www.arezzocitta.com/Arezzo/Turismo/pagine/arcitta/palazzi/palazzi09.htm


Arezzo (porte)

Porta Stufi, dal sito www.tuscaning.com   Porta San Lorentino, dal sito www.benvenutiadarezzo.it

«Porta Pozzuolo. Antica apertura nel tratto settentrionale della cinta muraria duecentesca, chiusa nel Cinquecento e riaperta ad uso pedonale alla metà del nostro secolo. Dà accesso sul fianco Est della chiesa di San Domenico e sull'omonima piazza. Il nome della porta fa riferimento ad una antico pozzo (o fonte) e non va confuso con quello, attribuitole erroneamente dopo la riapertura della vicina porta San Biagio. Quest'ultima, cui si accedeva da via di Pietramala, fu chiusa alla metà del Cinquecento; occlusa all'interno del terrapieno del Prato, è visibile dal lato esterno delle mura.
Porta San Clemente (già Porta Sant'Andrea). Porta San Clemente fu aperta nel tratto più settentrionale della cinta muraria medicea, non lontano dall'omonimo baluardo e dalla zona dove in epoca medioevale sorgeva il cassero di S. Clemente (fortificazione militare distrutta a metà del Cinquecento). La Porta è rivolta verso la vallata casentinese, con la quale è collegata dalla statale 71. Originariamente piuttosto angusta, essa fu ampliata e ristrutturata nella prima metà del secolo scorso.
L’antica porta di Sant’Andrea si apriva sull'antico cardo massimo, poco a monte dell'attuale incrocio fra Via dei Pescioni, Via di Colcitrone, da un lato, e piaggia San Lorenzo, Via Fontanella, dall'altro. La porta traeva nome da una vicina chiesa, oggi del tutto scomparsa, costruita (forse in epoca paleocristiana) sul luogo in cui, secondo una radicata tradizione fu martirizzato nel IV secolo un Sant'Andrea aretino con numerosi familiari e compagni, del quale in epoca molto più tarda si ipotizzò l'appartenenza alla famiglia Guasconi. Così come avviene ancor oggi, il quartiere di Sant'Andrea occupava il quadrante sud-orientale ed era grossomodo compreso fra le attuali Piazza Grande, Via Borgunto e Via Pescioni a nord, Corso Italia ad ovest, Via Garibaldi a sud, le mura cittadine ad est. Intorno al 1925 matura l'intenzione di ripristinare i quartieri dell'Arezzo medioevale e se ne disegnano gli stemmi. Ma quando nel 1930 si decide di realizzare i costumi dei valletti comunali e nel 1931 di ripristinare la Giostra del Saracino il comitato rionale di Sant'Andrea non riuscì a giungere in tempo all'appuntamento: il suo stemma fu così assegnato al Rione di Colcitrone. Il quartiere di Porta Sant'Andrea fu inserito a pieno titolo nella giostra con la ristrutturazione operata nel 1932, assumendo lo stemma ed i colori che ha conservato fino ai nostri giorni.
Porta San Lorentino (già Porta del Foro). La Porta del Foro, che ha dato il nome al Quartiere, si apriva molto più a monte, sulla zona del Foro Romano, che presumibilmente si trovava dove adesso è il Prato. La Porta veniva anche detta "la Porta fiorentina delle forche", perché neI Sei-Settecento vi passava la processione che accompagnava al supplizio i condannati a morte. Tra le quattro aperture della cinta muraria medicea, Porta S. Lorentino è quella che conserva meglio, nonostante il rifacimento subito nel 1644 ed i discutibili ritocchi novecenteschi, l'originario aspetto. Eretta allo sbocco occidentale di un lungo tracciato stradale disposto in senso Est-Ovest, mette in comunicazione la città antica con la periferia cresciuta nel corso degli ultimi decenni sui due lati di via Marco Perennio e via Fiorentina, fino a raggiungere senza interruzione l'abitato di San Leo, oltre il quale la statale 69 conduce verso il Valdarno e Firenze. In direzione opposta porta S. Lorentino - erede della più interna porta del Foro, - immette sul rettilineo di via S. Lorentino e piaggia di Murello (antica Ruga Mastra), sormontata al termine di un'erta salita dal monumento al Granduca Ferdinando III di Lorena (1822), opera di Stefano Ricci. A Nord della porta si erge il baluardo omonimo; nella zona, archeologicamente assai interessante, fu rinvenuto nel 1553, durante i lavori di fortificazione, il celebre bronzo etrusco della Chimera, ora custodito nel Museo Archeologico di Firenze. A circa 500 m. di distanza, sul lato Nord di via Marco Perennio, l'antica chiesa intitolata ai protomartiri cristiani Lorentino e Pergentino; il modesto edificio attuale, di impianto medioevale (XIII sec.), costituisce il rifacimento di precedenti strutture risalenti al tardo Impero romano, manomesse nell'alto Medioevo. L' aspetto attuale della porta deriva da una ristrutturazione del 1932.
Porta S. Spirito (già Porta del Borgo). La porta orientata verso sud-ovest della cinta tarlatesca era situata in posizione molto più avanzata rispetto a quella della cinta medicea. Quest'ultima venne ricostruita assai più indietro dopo il 1550. In tale epoca vi venne posta la statua della Madonna col Bambino eseguita al tempo di Guido Tarlati e collocata sulla porta della cinta trecentesca. La porta della cinta medicea, che aveva preso il nome dal vicino monastero delle Clarisse, venne abbattuta nel 1893 per costruire la nuova Barriera. L'abbattimento venne preceduto da lunghe ed aspre polemiche. L'arco interno della porta Santo Spirito verrà smontato ed utilizzato come ingresso del piazzale di Santa Maria delle Grazie. L' intervento della Barriera diverrà il perno di un più vasto progetto di edificazione e viabilità che porterà in pochi anni alla completa trasformazione di tutto il quartiere.
Porta Stufi. Costruita sul versante Nord della cinta fortificata, in posizione intermedia tra porta Pozzuolo e porta San Biagio, fu chiusa assieme a queste nel corso del Cinquecento, in occasione dell'erezione delle mura medicee. Il restauro e la riapertura, portati a termine recentemente, hanno dotato la città di un nuovo, suggestivo ingresso, che attraverso l'area del Prato immette direttamente dal parcheggio turistico di via G. Pietri nel cuore del centro storico.
Porta Trento e Trieste. Aperta nel 1816, contestualmente alla realizzazione di via Anconetana, strada di collegamento con la costa adriatica, è la porta più recente della città. Originariamente chiamata porta Ferdinanda o porta Nuova, assunse l'attuale denominazione in seguito al primo conflitto mondiale. Immediatamente a Sud si eleva il baluardo di San Giusto; oggi destinato a sede scolastica. Poco più a Nord solo un’interruzione del tracciato delle mura segnala ormai il punto dove la medioevale porta di Colcitrone, demolita alla fine del secolo scorso, separava dal sobborgo di S. Croce, all'esterno del quale (lungo via della Fonte Veneziana) sorgeva il complesso ospedaliero di Santa Maria Sopra i Ponti (1925). Verso l'interno della città, si diparte da porta Trento e Trieste il lungo semicerchio di Via Garibaldi - l'antica via Sacra, contornata da chiese, cappelle e monasteri - che segna approssimativamente il perimetro della città del Duecento, raccolta nella parte superiore della collina. A poca distanza dalla porta, all'altezza di piazza San Giusto, l'asse di via Garibaldi è incrociato dal caratteristico rettilineo disegnato da via delle Gagliarde, via di Fontanella, piaggia San Lorenzo e via di Pellicceria, che attraversa in ripida salita la zona della città di più remoto insediamento: si tratta dell'antico cardo massimo di età romana, perfettamente orientato in senso Nord-Sud».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/arezzo/porte-e-quartieri/


Arezzo (ruderi del castello di Pietramala)

Dal sito www.arezzometeo.com   Dal sito http://fulgenzivive.blogspot.it

«Rocca diruta, presso la quale fu una chiesa parrocchiale (S. Pietro) riunita a quella di S. Bartolommeo a Gello, nella Comunità Giurisdizione Diocesi e Compartimento di Arezzo, la qual città trovasi 4 miglia toscana al suo libeccio. I ruderi di cotesta rocca si veggono tuttora sopra il risalto di un poggio situato fra Gello e Pagognano a cavaliere dell'antica strada mulattiera fra Arezzo ed Anghiari. Fu sede dei potenti Tarlati i quali si dissero perciò da Pietramala stati capi della fazione ghibellina in Arezzo, dove signoreggiarono specialmente dopo che per lo valore del vescovo Guido Tarlati quella famiglia andò talmente crescendo in potere che essa sola si era in certo modo impadronita della madre patria, ed in molte altre terre importanti del suo contado con assolato e libero potere dominava. Sennonchè nell'anno 1338 Pier Saccone e Tarlato Tarlati di lui fratello a nome di tutta la consorteria de'Pietramalesi rinunziarono per 10 anni al Comune di Firenze ogn'impero e giurisdizione che in qualunque maniera avevano in Arezzo, nel suo contado e distretto ad eccezione di alcuni loro castelli. Era la rocca di Pietramala abitata e guardata da Marco figliuolo del potente Pier Saccone Tarlati, quando nel 1384 la città di Arezzo ritornò sotto il dominio de'Fiorentini; il quale Marco avendo ricusato di rendere quel castello col fidarsi della fortezza del luogo dove s'era rinchiuso, fu circonvallato dalle armi de'Fiorentini che vi costruirono intorno alcune bastie per abbatterlo; sicché il Tarlati fu costretto il di 16 agosto dello stesso anno di rendersi a patti, fra i quali uno fu questo, che Marco di Pier Saccone con la sua moglie figliuola del prefetto di Roma e tutta la sua famiglia uscissero liberi dalla rocca di Pietramala, la quale doveva consegnarsi al conte Carlo de'Conti Guidi da Battifolle, e da questo ai Fiorentini dopoché Marco ne avesse levato tuttociò che voleva (AMMIR. Stor. Fior. Lib. XV). In conseguenza di ciò il Castello di Pietramala per ordine del Comune di Firenze venne tosto diroccata».

http://www.archeogr.unisi.it/repetti/dbms/skcm.php?id=3238 (Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana di Emanuele Repetti)


AREZZO (ruderi del Palazzo del Popolo)

  Dal sito www.ruderimedievali.altervista.org   Dal sito www.ruderimedievali.altervista.org

«Per trovarsi fra dei suggestivi ruderi medievali, non è sempre necessario andare in posti sperduti, fra boschi o in aperta campagna. A volte, basta rimanere in città, come nel caso dei ruderi del Palazzo del Popolo, siti nel parco del "Praticino", proprio nel centro storico di Arezzo. Ci si arriva da Corso Italia, prima di raggiungere la Cattedrale, di fronte alla Biblioteca Comunale. Era abitato dal Capitano del Popolo. Purtroppo, quello che è rimasto, sono ben poche pietre (usate anche per altri scopi dal diciannovesimo secolo e soprattutto in epoca fascista), le quali non rendono certo l'idea di come doveva presentarsi la costruzione del tredicesimo secolo, nella sua integrità. Per avere un'idea di come doveva presentarsi nel suo periodo di massimo splendore, possiamo avere come riferimento il Palazzo dei Consoli di Gubbio, costruito prendendo spunto proprio dal palazzo del Popolo di Arezzo. Il periodo storico a cui fa riferimento, è quello in cui Guglielmo degli Ubertini era il Vescovo di Arezzo. La distruzione di questa costruzione fu ordinata da Cosimo I dei Medici, per usarne le pietre nella costruzione della fortezza medicea. Molto belle, sono le arcate in pietra, rimaste quasi come "simbolo", all'interno del parco, che si presenta restaurato, con tanto di lampioncini al suolo, che rendono di notte, tutto più suggestivo».

http://www.ruderimedievali.altervista.org/palazzo_del_popolo.html


BATTIFOLLE (castel Pugliese)

  Dal sito www.battifolle.org   Dal sito www.visititaly.it

«Il paese di Battifolle è dominato da un antico Castello (m. 440 s.l.m.). Nel Medio Evo il castello fu uno dei più importanti fortilizi del contado aretino, grazie alla sua posizione dalla quale era possibile esercitare il controllo sia sul Valdarno Aretino sia sulla Val di Chiana. L'insediamento è stato conosciuto nel corso dei secoli con vari nomi: prima Vicione Piccolo, poi Battifolle e Castel Pugliese (dal nome dei proprietari, la famiglia Pugliesi, di origine pratese). L'aspetto attuale del castello ha ancora l'aspetto e la forma, di quadrato irregolare, che gli fu data nel 1381 quando i Fiorentini intrapresero una vasta opera di ampliamento del fortilizio: doppia cinta muraria dotata di merlatura Guelfa [un cortile più piccolo sul lato meridionale e uno più ampio su quello settentrionale, entrambi di forma rettangolare], l'alto cassero posto al vertice occidentale del recinto [rivolto verso Arezzo] direttamente a controllo dell'ingresso principale a sua volta rafforzato da un massiccio rivellino quadrato, detto appunto 'battifolle'. La parte inferiore della cortina muraria esterna è dotata di forte scarpatura. Sul fronte orientale una torre chiude l'angolo dove le mura dei due recinti si uniscono. Tutte le altre torri sono oggi ribassate e integrate nelle successive ristrutturazioni che hanno trasformato il castello da macchina da guerra a residenza signorile. L'interno è impreziosito da un bel cortile rinascimentale mentre i giardini all'Italiana che occupavano l'area ad ovest delle mura sono ormai invasi dalla boscaglia. Nel 1390 Battifolle fu occupato a tradimento dalle truppe del duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, in guerra contro Firenze mentre nel 1431 le milizie di Niccolò Piccinino lo assediarono. Alla fine del 15° secolo fu acquistato dai Pugliesi che lo mantennero fino al 1800 quando divenne proprietà dei principi Borghese. Recentemente, dopo decenni di abbandono, è stato acquistato da una società privata che ne sta curando il lento restauro. Attualmente il castello è visibile solo dall'esterno. Durante alcuni lavori di ristrutturazione nell'anno 1897, nei pressi del Castello furono rinvenute delle ossa fossilizzate di un rinoceronte vissuto quì oltre tre milioni di anni fà quando la Valdichiana era un enorme lago circondato da una estesa e lussureggiante prateria favorita dal clima umido-sub tropicale. Le ossa fossilizzate, fra cui l'imponente mandibola, possono essere oggi ammirate presso il museo Archeologico di Arezzo».

http://www.battifolle.org/storia_11.html


Bibbiena (palazzi)

Dal sito www.tuscany-charming.it   Dal sito http://toscana.localidautore.it

«Palazzo Martellini. Sono due i palazzi appartenuti a questa famiglia: il primo ristrutturato in questo secolo si trova in piazza Roma ed ha ancora visibile l’emblema della famiglia: una coppia di martelli incrociati ed un portale riferibile al primo Quattrocento. L’altro palazzo si trova in via Cappucci. La facciata, modificata nel ‘700, conserva al piano terra un portico quattrocentesco tamponato, nel quale sono armonicamente inseriti sia i portoni che le finestre settecentesche. Sopra il portone è posto lo stemma cinquecentesco dei Martellini, al quale furono aggiunti in epoca successiva quelli dei Biondi e dei Montini. Degno di attenzione è il retro del palazzo, costituito da un cortile lastricato in pietra, e da un giardino all’italiana con vialetti e aiuole delimitati da siepi in bosso. All’interno, nell’androne d’ingresso che porta al giardino, è da notare una pittura murale riferibile al tardo settecento. Sono inoltre da segnalare altre pitture al primo piano, con grisailles, paesaggi classicheggianti ed alcuni soffitti con motivi grotteschi. Palazzo Biondi. Il palazzo si trova in via Cappucci ed è attiguo al palazzo Martellini. Nell’interno si trova un caratteristico chiostro di piccole dimensioni che ci introduce, tramite una scala, all’interno del palazzo dove si possono ammirare vari ambienti tra i quali il bellissimo salone. Palazzo Dovizi. Voluto dal cardinale Bernardo Dovizi detto il Bibbiena, fu costruito nel 1498 e costituisce l’architettura civile più significativa di Bibbiena. L’edificio si sviluppa su tre piani, con un impianto architettonico rinascimentale di ispirazione fiorentina. La facciata, un tempo ricoperta da intonaco, ha un aspetto rustico con inserzioni di pietrame misto a cotto. Il portone e le finestre hanno archi a tutto sesto con le mostreggiature appuntite a bugne piane che creano un insieme notevole culminante in un loggiato spartito con colonne architravate. All’interno un imponente scalone ad una sola rampa immette nel salone di ricevimento, anticamera dell’appartamento del Cardinale, dove si possono ammirare un pregevole soffitto a cassettoni in legno ed un magnifico camino. ... Palazzo Niccolini (sede del Comune). Il palazzo, ora sede del Municipio, si affaccia su via Berni e fu costruito aldilà della cinta muraria medioevale nella prima metà del XVII sec., probabilmente nel 1645. Nel soffitto della scalinata d’ingresso sono affrescati una coppia di putti che trasportano in cielo uno scudo con catene d’argento esempio di pittura del periodo lorenese. Attraverso l’ampio scalone si accede al primo piano dove si trovano un salone che affaccia su via Berni, con caminetto e pareti laterali affrescate, stanze più piccole, anch’esse decorate e una cappella dove si trova un altare dal gusto rocaille».

http://www.turismo.intoscana.it/intoscana2/export/TurismoRT/sito-TurismoRT/Contenuti/Elementi-interesse...


Castel San Niccolò (castello)

a c. di Fernando Giaffreda


Castelnuovo (castello dei Della Fioraia)

Dal sito www.casentino.toscana.it   Dal sito www.prolocosubbiano.it

«Allo sbocco dell'Arno nella pianura che si allarga verso Arezzo, sorge in bella posizione panoramica Castelnuovo di Subbiano, con il castello di massiccia mole con il borgo dominato dall'alta torre che domina in posizione strategica la vallata. Il Castello posto sopra una rupe si vede da lontano incorniciato dai cipressi e per arrivarci occorre lasciare la strada statale 71 umbro-casentinese. Il parco ai piedi del Castello è ricco di piante ed essenze del luogo alle quali si mischiano grandi palme che conferiscono all'insieme un aspetto tipico dei primi decenni del novecento. Un Castello questo un po' anomalo rispetto agli altri esempi casentinesi, molto romantico nell'aspetto esteriore, con forme chiaramente del XV secolo, epoca in cui fu ricostruito. La prima notizia del Castello risale al 1022 quando era conosciuto con il nome di Sesto, nome di origine romana forse indicante il sesto miglio di distanza da Arezzo. Con Caliano, Bibbiano, Subbiano, La Nussa e Montegiovi faceva parte del sistema difensivo longobardo. Il Castello ebbe vicende storiche tormentate che culminarono nel 1130 con la sua distruzione ad opera del governo dei consoli aretini in guerra contro il potere vescovile e l'abate di Santa Fiora. Furono i monaci benedettini a ricostruirlo e gli diedero il nome di Castelnuovo, ma nel 1170 fu distrutto di nuovo e poi ricostruito, finché nel 1400 ceduto dalla Signoria di Firenze a Simone della Fioraia ambasciatore di Firenze come ricompensa per le sue imprese diplomatiche fu trasformato in casa da signore con abbellimenti rinascimentali che si ritrovano sia all'esterno che all'interno. La cappella del Castello è stata stata affrescata nei primi anni del cinquecento da un allievo di don Agnolo di Lorentino, le cui opere sono molto comuni nelle chiese del contado aretino. Molto bella e d'impatto la parte alta della Torre con beccatelli e merli e con le caditoie sotto le arcatelle che sorreggono lo sporto. Oltre alla torre, anch'essa rimaneggiata, la corte interna è l'elemento che più mantiene inalterato il carattere medievale, seppure parzialmente rinnovato in caratteri neogotici, da notare come la scala del cortile interno riprende le forme di quella del cortile del Castello di Poppi. Anche la porta, detta 'Porta Vecchia', è ben conservata e ai suoi lati sono murati gli stemmi di nobili famiglie della zona. A Castelnuovo oggi è presente l'Ecomuseo della Casa Contadina».

http://www.subbiano.toscana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=97&Itemid=44


Castiglion Fiorentino (palazzi)

Palazzo Comunale, dal sito it.wikipedia.org   Palazzo Pretorio, dal sito www.valdichianaretina.com

Le foto degli amici di Castelli medievali

Palazzo Comunale, foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)

«Loggiato cosiddetto Vasariano. La costruzione del Loggiato sul quale intervenne solo posteriormente il Vasari, risale al 1513. Sui lati chiusi del loggiato si possono vedere gli stemmi dei Commissari e dei Podestà, in terracotta robbiana o in pietra arenaria, mentre gli archi aperti mostrano il bel paesaggio della Val di Chio. Palazzo Comunale. Costruito dai Perugini nel 1375-76, fu ristrutturato nel 1489, periodo al quale risale la realizzazione della Sala per il Consiglio Generale, nel 1717 adibita a Teatro. Nel 1512 e nel 1560 viene realizzata in pietra la balaustra della scalinata. L'attuale configurazione corrisponde alla ristrutturazione effettuata nel 1935. Nell'atrio fu collocata, intorno al 1568, una lapide in pietra con le misure lineari in uso nella comunità a cui dovevano uniformarsi le dimensioni dei laterizi da costruzione. Palazzo Pretorio. Il Palazzo Pretorio fu costruito nel 1412, su strutture di origini antiche già modificate in epoca medievale. Vi trovarono posto i locali adibiti all'espletamento delle funzioni di tribunale e le carceri. Attualmente è sede della Biblioteca Comunale e del Museo Archeologico. La Biblioteca Comunale, creata nel 1873, raccoglie in un archivio importanti manoscritti e volumi appartenenti a soppresse corporazioni religiose e lasciti di biblioteche private. Palazzo Dragomanni. Realizzato tra la fine del '500 e gli inizi del '600, è frutto dell'accorpamento di numerose unità edilizie preesistenti. Fu residenza di una delle famiglie più illustri di Castiglion Fiorentino, che ebbe modo di ospitarvi il granduca Cosimo II de' Medici. All'interno anche un piccolo oratorio dedicato a S. Nereo (XVIII sec.). Nelle sale superiori é collocato un ricco e prezioso archivio storico con documenti dal XIV sec.».

http://www.comune.castiglionfiorentino.ar.it/gt_culturali.asp


Castiglion Fiorentino (porte)

Porta Romana, dal sito it.wikipedia.org   Porta Fiorentina, dal sito www.comune.castiglionfiorentino.ar.it

«Porta Fiorentina. L'accesso al centro storico dalla parte nordovest é costituito dalla Porta Aretina, originariamente detta di Santa Maria e oggi più comunemente Porta Fiorentina. Passata l'antiporta con grande portale bugnato troviamo subito la porta interna a tre archi sovrastata da una immagine consunta di San Michele, patrono della città. Da qui ha inizio il Corso che ripercorre l'antico tracciato che scavalca la collina e consente di raggiungere tutti i luoghi più importanti che meritano una sosta. Porta Romana. L'accesso da sud alla città é dato dalla Porta Romana già Porta S. Michele o S. Angelo. Danneggiata in seguito al bombardamento ma soprattutto dallo scoppio di mine (4 luglio 1944), la porta é stata ricostruita cercando di rispettare le forme originarie, ma senza riprodurla con le sue belle caratteristiche medievali. In alto è stata posta in una nicchia una statua in terracotta raffigurante S. Michele Arcangelo, patrono della città, copia dell'originale scultura in legno policromo eseguita nei primi decenni del XIV sec. ed oggi conservata nella Pinacoteca Comunale».

http://www.comune.castiglionfiorentino.ar.it/gt_culturali.asp


Castiglion Fiorentino (torre del Cassero)

Dal sito www.arezzonotizie.it   Dal sito www.icec-cf.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)

«Nell’ambito delle trasformazioni operate dal vescovo Guido Tarlati, verso il 1325 il Cassero venne liberato dalle costruzioni interne per essere destinato solo a fortezza che verrà poi completata dai Perugini; all’epoca della loro dominazione (1345 – 1368) viene infatti attribuita l’apertura della Porta del Soccorso nella parte occidentale delle mura e la costruzione del Muro dell’Ala per congiungere, con un cammina mento, il Cassero alla cerchia esterna. Proprio i Perugini verso il 1350 costruiscono o sopraelevano il Casseretto, una specie di fortilizio minore all’interno di quello più grande e sembra essere di questa epoca anche la Torre che però risulta chiaramente innestata su di uno zoccolo precedente che dovrebbe essere coevo alla parte inferiore del Casseretto stesso. Questo si presenta ancor oggi come una costruzione a pianta quadrata di cui restano i muri perimetrali con portale ad arco a tutto sesto e qui, poco oltre il profondissimo pozzo, è una stretta scala in pietra che termina davanti ad un portale che è l’accesso all’alta Torre. Per una scala di legno, oggi rinnovata, si sale alla sommità potendo via via scoprire i diversi aspetti e i diversi stadi caratterizzanti la costruzione: l’apertura che consentiva l’accesso agli spalti della Porta del Soccorso; i quattro finestroni con arco a tutto sesto terminanti con piccole aperture quadrate; quattro feritoie; il meccanismo del settecentesco orologio a pesi. Nella parte superiore della torre, dove tutt’ora sono visibili gli avanzi delle mensole che sostenevano i ballatoi e la merlatura, si erge un campanile a vela con monofora a tutto sesto nella quale, nel 1804, venne collocata la grossa campana “Calfurnia” che oggi batte le ore tramite un martello elettrico per evitare che le oscillazioni compromettano la stabilità della struttura. Dalla sommità della torre l’occhio può spaziare su un vastissimo panorama che invita alla lettura dei suoi tanti particolari».

http://www.icec-cf.it/torre.htm


CAVRIGLIA (villa Castiglioncello)

  Dal sito www.comune.cavriglia.ar.it   Dal sito www.comune.cavriglia.ar.it

«Maestosa, sulla collina che sovrasta la strada provinciale 408, a dare il benvenuto a Cavriglia, si erge villa “Castiglioncello”. La lunga fila di cipressi che costeggia il viale di accesso alla sontuosa residenza richiama alla memoria i classici paesaggi toscani immortalati da pittori e poeti di ogni epoca. La villa, pregevole edificio del XVIII secolo, è stata scelta come set in ben due film: “Ivo il tardivo” di Alessandro Benvenuti e “Il più lungo giorno” di Roberto Riviello. L’edificio, risalente alla metà del ‘700, è caratterizzato da 40 locali prevalentemente affrescati. Il palazzo è adibito a residenza privata, ma la veduta esterna fornisce già l’idea dell’imponenza di questa costruzione signorile. In passato però, stando ai racconti dei vecchi agricoltori della zona, l’edificio non ha destato solo ammirazione per le sue caratteristiche architettoniche, ma anche timore per la sua fama di luogo popolato da presenze soprannaturali. Il tutto era legato a una leggenda diffusa nell’ambiente rurale che identificava il posto come “Palazzo ai diavoli”. Tutto era iniziato, così vuole la tradizione popolare, dal racconto di alcuni coloni che asserivano di aver visto, nella notte, delle cupe ombre ammantate aggirarsi nei dintorni dell’edificio. In realtà, altro non erano che le sagome di qualcuno che, approfittando dell’oscurità, si recava a qualche incontro galante. Risolto il mistero delle vere ombre ammantate, il fascino di Villa Castiglioncello rimane comunque immutato».

http://www.comune.cavriglia.ar.it/villa-castiglioncello-la-porta-di-cavriglia


Cennina (ruderi del castello)

Dal sito www.fortezze.it   Dal sito www.fortezze.it

«Il castello sorge su un poggio di 477 metri a dominio della Valdambra, nel medioevo importante luogo di transito tra il Valdarno superiore fiorentino e la Valle di Montaperti nel senese e strategica via d‘accesso a Firenze da sud. Sui ruderi svetta il possente cassero a pianta rettangolare con la bella porta d‘accesso al cortile interno con al centro il pozzo, attorno al quale sono sorte diverse case rurali, quasi tutte erette nei secoli scorsi utilizzando i mattoni e le pietre del castello stesso e racchiuse tra i resti di una possente cinte muraria di notevole spessore ed alta in alcuni punti fino a a 15 metri. Le vie interne del borgo confluiscono nella piazzetta centrale, detta “della Cisterna”. Lungo la cinta si apre una porta turrita d’accesso al cortile interno della fortificazione con al centro il pozzo. Sulla destra della bella piazzetta sorgono i resti del Palazzo, residenza del castellano, in parte restaurato e adibito ad abitazione privata. è ancora facilmente riscontrabile quello che era il perimetro delle mura: sul lato di nord-est sono praticamente intatte, a sud-ovest possiamo notare la torre d‘angolo crollata, ora adagiata sul terreno. Dai suoi resti si deduce che era quadrata e aperta sul fronte interno come la torre orientale della vicina rocca di Civitella in Val di Chiana. Tanto le mura del cassero che quelle della cinta sono in bozze di pietra squadrata legate da malta di calce, mentre all’interno e all’esterno delle medesime murature, si hanno non pochi rifacimenti con elementi in cotto e misti, risalenti a ristrutturazioni databili al secolo XIV. Allo stesso periodo risalgono anche le casette che si affacciano sulla piazza della Cisterna. L’edificio è stato sapientemente restaurato ed ha ripreso nuova vita per merito di un gruppo di studiosi, che ha qui creato un centro turistico e culturale, promuovendo rappresentazioni teatrali, conferenze, concerti e esposizioni di notevole livello culturale. ... Nel 1360, dopo alterne vicende, Cennina entra definitivamente a far parte del territorio fiorentino, che stabilì nella valle un proprio avamposto fortificato».

http://www.vacationrentals.tuscany.it/vacanza-toscana/guida-turistica/toscana/arezzo/valdarno/valdambra/bucine/cennina/cennina.htm


CHITIGNANO (castello degli Ubertini, palazzo della Podesteria)

  Il castello nella foto di A. Ferrini, dal sito www.ilbelcasentino.it   Dal sito www.casentino.toscana.it   La podesteria nella foto di LigaDue, dal sito http://commons.wikimedia.org

«A questa nobile casata, tranne che per pochi anni nel corso del XIV secolo in cui fu proprietà dei Tarlati, il castello appartenne fino al 1830 circa quando fu acquistato dalla famiglia degli attuali proprietari. Il Castello degli Ubertini di Chitignano ha una struttura molto ampia e variamente articolata che è cresciuta molto nel corso dei secoli. L’aspetto odierno è quello determinato da una grande ristrutturazione fatta nel corso del XVI secolo. L’ingresso al palazzo avviene tramite un vialetto che ci immette in quella che era la piazza d’armi. Da qui si può ben osservare l’imponenza dell’edifico. Ma la parte sicuramente più interessante e capace di meglio raccontarci la storia e le vicende del castello e sicuramente l’interno: pitture ed affreschi di vario periodo (purtroppo non in ottimo stato di conservazione) si trovano nelle tante sale, grandi e piccole, della struttura. Tra queste particolarmente interessanti e suggestive sono la Sala della Giustizia, una piccola cappella, la sala delle sentenze capitali, una piccola ed angusta prigione. Il palazzo è di proprietà privata ed è visitabile ... A poca distanza dal Castello degli Ubertini, dalla parte opposta della strada, si trova il palazzo dell’antica Podesteria, istituzione costituita dalla Repubblica Fiorentina agli inizi del XV secolo. La struttura, seminascosta da cipressi, appartiene oggi ad un istituto religioso, al suo interno è conservato un interessante affresco datato 1610 e raffigurante l’Annunciazione».

http://www.ilbelcasentino.it/chitignano2.html


Chiusi della Verna (castello Cattani o del conte Orlando o Cassero)

Dal sito www.agriturismocatarsena.it   Foto A.C., dal sito www.comune.chiusi-della-verna.ar.it

  

«Vi si accede dalla SS 71 Umbro-Casentinese, deviando a destra all’altezza di Rassina per Chitignano se provenienti da Arezzo, immettendosi sulla SS208 all'altezza di Bibbiena se provenienti da Firenze. Giunti a Chiusi per salire al castello si prosegue lungo la strada verso La Verna. Su uno sperone roccioso della dorsale appenninica sulla destra del corso del torrente Rassina, là dove il monte della Verna lascia un'apertura fra la valle dell'Arno e quella del Tevere, a dominio dell'abitato di Chiusi della Verna e della valle sottostante sono oggi visibili i suggestivi ruderi del castello detto 'del conte Orlando Cattani'. Il complesso, costruito con grossi blocchi di pietra chiara squadrata (diversa dall'abituale pietra bruna degli altri castelli casentinesi), aveva in origine vaste dimensioni, con la forma di quadrilatero irregolare per meglio adattarsi alla roccia, una torre e il cassero nella parte più elevata. Almeno tre lati del fortilizio sono sufficientemente protetti dall'alto scoglio, del quale sembrano la naturale prosecuzione, a strapiombo sulla vallata. Le mura perimetrali e la porta di accesso con arco a tutto sesto sono ancora in buono stato di conservazione. L'interno, in completo stato di abbandono, aveva un piano terreno adibito a magazzino e stalle, un piano superiore per la famiglia e gli altri abitanti del castello. Vicino sorge l’antica chiesa di San Michele Arcangelo, ad un’unica navata e tetto a capanna; fu fatta costruire dalla contessa Giovanna Tarlati nel 1385. Accanto alla chiesa è ubicata l'antica Podesteria, che ha subito varie trasformazioni nel corso dei secoli. I ruderi del castello sono recintati e l'ingresso può comportare qualche pericolo, soprattutto nell'effettuare il giro delle mura dal lato dello strapiombo. Le prime notizie risalgono al 967 quando Chiusi, al centro del feudo costituito da questo territorio, fu confermato dall'imperatore Ottone I sotto il dominio di Goffredo. Nel 1213 Orlando Cattani, discendente di Goffredo, donò a San Francesco una parte della sua contea con il Sacro Monte della Verna. Nel 1324 il castello fu tolto ai Cattani dal vescovo di Arezzo Guido Tarlati. Nel 1351 risiedeva in Chiusi la contessa Giovanna di S. Fiora, moglie di Tarlato. Pier Saccone da Bibbiena le rubò la rocca ma nel 1360 Chiusi tornò ai Cattani. Nel 1384 la Repubblica Fiorentina riprese tutti i castelli del contado di Arezzo e Chiusi fu concesso ai Conti Guidi di Bagno. Nel 1440 Niccolò Piccinino occupò il castello, in seguito vi fu stabilita la sede della Podesteria Fiorentina, poi ampliata con l'annessione di Caprese. Fu podestà a Chiusi (1474) per la Repubblica Fiorentina Lodovico Buonarroti quando gli nacque il figlio Michelangelo».

http://www.castellitoscani.com/italian/chiusi_verna.htm


Cicognaia (castello)

  Dal sito http://castelliere.blogspot.it   Dal sito www.prolocobadiatedalda.it

«Cicognaia è un'antichissima località fortificata che insieme a S.Sofia Marecchia faceva parte dei territori della Badia Tedalda fin dal XIII secolo, separati però dalla presenza dei Castelli di Bascio e Miratoio, dei Conti di Carpegna. Fin dal '300 si mise sotto la protezione di Firenze; fu poi amministrata dal Capitanato di Giustizia del Sasso di Simone. Fu tra i castelli dei Montedoglio sottomessi a Firenze nel 1489 insieme ad Arsicci, Fresciano, Montebotolino, Montelabeve e Castellacciola. Per ragioni di eredità, fu poi concessa in feudo ai Gonzaga di Novellara, i quali, nel 1558, si posero sotto la protezione di Cosimo Granduca di Toscana. Nel 1607, il Granduca Ferdinando I la concesse a Fabrizio Colloredo Mels e nel 1799 fu definitivamente aggregata a Badia Tedalda. A Cicognaia sorgeva una grande torre con fortilizio. Verso il 1200 fu costruito l'attuale castello recuperando i materiali della torre e di quello precedente. Nell'edificio ci sono elementi del '400 con il giglio fiorentino. La Cappella gentilizia, la più antica del comune di Badia Tedalda, reca dipinti trecenteschi di scuola riminese, un tabernacolo in pietra arenaria del medioevo e paliotti d'altare, rubati da ignoti e poi recuperati dal'allora parroco don Amedeo Potito ed ora situati nella Chiesa di Cà Raffaello. Proseguendo da Cicognaia si arriva ad un piccolo borghetto chiamato Cerreti, composto da case tipicamente caratteristiche ormai abbandonate».

http://www.prolocobadiatedalda.it/cicognaia.html#.VQfUOOFXtzl


Civitella in Val di Chiana (palazzo Pretorio)

Dal sito www.fototoscana.it   Dal sito www.comune.civitella-in-val-di-chiana.ar.it

«Il palazzo venne probabilmente edificato come sede del podestà dopo il 1384, data che segna la sconfitta definitiva di Arezzo, che da quel momento passò alla Signoria di Firenze. Grazie alla sua posizione strategica, Civitella venne scelta come sede del Podestà, il cui controllo arrivava fino ai territori di Ciggiano, Marciano, Oliveto, Tegoleto, Gaenne, Montoto (nei pressi di Pieve a Maiano). L’edificio doveva avere pressapoco l’attuale volumetria; nella facciata verso la via principale doveva aprirsi la loggia pubblica con due arcate, i cui resti si vedono ancora al di sotto del portico. Dopo un breve periodo di dominio senese agli inizi del ‘400, venne intrapresa la costruzione del porticato. Certamente prima del 1422, data più antica riportata dagli stemmi podestarili presenti sull’attuale facciata realizzati in ceramica smaltata, l’opera venne conclusa. La Podesteria di Civitella mantenne la sua importanza fino alla seconda metà del secolo XVIII, nel secolo successivo venne definitivamente soppressa. L’edificio divenne poi sede del palazzo comunale fino al 1917, quando venne trasferito nella sede odierna di Badia al Pino. Internamente, nella Sala dell’Udienza, si trova un affresco rappresentante la Maestà tra due Santi, forse identificati come S. Giovanni e S. Biagio».

http://www.comune.civitella-in-val-di-chiana.ar.it/default.asp?cnt_id=745&cnt_idpadre=737&tipodoc=1


Civitella in Val di Chiana (resti della rocca longobarda)

Dal sito www.fototoscana.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=l5jscO1CcaQ

«I resti della Rocca di Civitella in Val di Chiana si erigono al di sopra del capoluogo, un tempo borgo fortificato. Il castello è posizionato su uno dei più elevati colli posti fra la Val d'Ambra e la Val di Chiana. Rappresenta uno dei meglio conservati tra i fortilizi longobardi sorti nell'area tra il VI ed il VII secolo. Il borgo sottostante, inoltre, preserva gran pare delle antiche mura costruite con lo scopo di proteggere i primi abitati sviluppatisi intorno alla fortezza. La realizzazione dell'imponente struttura si è dilatata nel tempo fino ad assumere una fisionomia definitiva intorno al XIII secolo. Inizialmente lo si conosce come postazione longobarda, originaria dell'Alto medioevo e collocata su di un preesistente insediamento romano. La sua funzione principale è quella di controllare una vasta porzione di territorio sia della Val d'Ambra che della Val di Chiana e le comunicazioni che attraversano le due vallate. Si pensa che il palazzo che someggia la struttura possa essere stato costruito all'incirca nel XII secolo. Nel 1248 la Rocca di Civitella viene prescelta come residenza del vescovo di Arezzo Guglielmino degli Ubertini (vissuto fino all'89), capo della fazione guelfa di Arezzo. Il castello diventa così il fulcro delle operazioni antighibelline nell'aretino, fino all'assalto del 1265, in cui viene distrutto dai guelfi. Il vescovo esce alla fine vincitore del conflitto e, rientrato trionfalmente ad Arezzo, provvede subito ad ordina i lavori di ricostruzione della rocca, nel 1272, che cadrà poi in mano ai Fiorentini nel Trecento. Nel XIV secolo il castello si presenta con un doppio ingresso, uno che dà all'interno del borgo fortificato, l'altro collegato al mastio, il torrione principale, tramite una galleria. Vi è spazio all'interno delle mura anche per la residenza della guarnigione del vescovo e per numerose torri difensive. Purtroppo il complesso, sebbene ancora visibile nella sua strutura, ha subito irreparabili danneggiamenti durante le rappresaglie dei nazifascisti, nel 1944. Piuttosto ben conservata è invece la cinta muraria, l'opera più imponente tra quelle volute dal vescovo Guglielmino di Arezzo durante i lavori di rifortificazione del 1272. Ancora oggi sono distinguibili alcuni dei baluardi, torri quadrate poste a sorveglianza della cinta muraria, che secondo le previsioni avrebbe dovuto difendere la città che era sorta intorno al castello. Una seconda cerchia di mura divide poi la rocca dall'abitato».

http://www.toscanaviva.com/Civitella_in_Val_di_Chiana/rocca_di_civitella.htm


Cortona (borgo medievale)

Palazzo Comunale, dal sito www.cortonaweb.net   Dal sito www.cortonaweb.net

«La visita ha inizio da Piazza della Repubblica e Piazza Signorelli, fino al tredicesimo secolo unico spazio dove sorse il foro della città etrusco-romana, dal quale si dipartivano in senso ortogonale le strade che formavano il cardo e il decumano. Attualmente tale area centrale è divisa in due piazze, Piazza della Repubblica e Piazza Signorelli, inserite tra una cornice di edifici medievali pubblici e privati, con limite meridionale il Palazzo Comunale e limite settentrionale l’area denominata Croce del Travaglio. Domina Piazza della Repubblica il Palazzo Comunale, esistente almeno dal 1236, pur se rimaneggiato a più riprese fino al XVIII secolo. Notevoli alcune finestre in stile gotico sul lato antistante Piazza Signorelli. All’interno è visitabile la Sala del Consiglio con un caminetto di pietra del XVI secolo, attribuito a Cristofanello e decorazioni pittoriche del XIX secolo. Di fronte al Palazzo Comunale si trova il trecentesco Palazzo del Capitano Popolo, che è stato in parte ampliato nel XVI secolo ed adibito a residenza del cardinale Passerini. Nella adiacente Piazza Signorelli si trova Palazzo Casali, altrimenti noto come Palazzo Pretorio. Benché la facciata risalga al XVII secolo, fu costruito nel XIII secolo dai Casali e utilizzato come residenza ufficiale della famiglia durante la signoria di Cortona (1325-1409). A partire dal 1411 fu sede dei capitani e dei commissari fiorentini, come testimoniano numerosi stemmi in pietra sul lato destro. A partire dal 1728 i suoi piani nobili sono divenuti sede dell’Accademia Etrusca con il relativo museo, la biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca, l’Archivio Storico del Comune. I suoi due piani sotterranei, un tempo adibiti a carceri, ospiteranno il museo della città etrusca e romana di Cortona, che sarà unito, con un unico percorso, a partire dal settembre 2005, al Museo dell’Accademia Etrusca, costituendo il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona. ... Di fronte alla cattedrale, nella stessa piazza, all’interno dell’edificio che fu la Chiesa del Gesù (1498-1505), ha sede il Museo Diocesano. Risalendo lungo il Teatro Signorelli in direzione dell’area denominata croce del Travaglio, ha inizio via Dardano, una delle strade più caratteristiche di Cortona, con, a destra e sinistra, facciate di edifici del XIII e del XIV secolo, alcuni dei quali rinnovati nel corso del XVI e XVII secolo e inglobanti anche elementi architettonici più antichi, come Palazzo Mancini, al n. 15.Alla fine di via Dardano, oltrepassando porta Colonia, scendendo attraverso una ripida via si arriva alla chiesa di S. Maria Nuova, iniziata da Cristofanello nel 1550 e completata da Giorgio Vasari, il quale creò un nuovo edificio quadrato con tre lati identici ed un armonioso interno; la chiesa contiene lavori di Alessandro Allori, Empoli, Bernardino Radi e Baccio Ciarpi. Dalla Croce del Travaglio, imboccando via Benedetti, è possibile apprezzare il palazzo Fierli-Petrella con due serie di finestre ad arco mentre, salendo in direzione di Via Maffei, si incontra, poco dopo, la monumentale chiesa di S. Francesco. ...».

http://www.comune.cortona.ar.it/turismo-e-cultura/visitare-cortona/cortona-e-dintorni/#.UaLuDEBShmg


Cortona (fortezza del Girifalco o Medicea)

Foto Leo&Vero, dal sito www.minube.it   Foto Gigliola Bompan, dal sito www.fotografieitalia.it

«Dagli studiosi viene considerata di probabile origine etrusca, indubbiamente fu utilizzata prima dai Goti e poi dai Longobardi, nel periodo delle scorrerie barbariche. Ma si hanno notizie confermate della sua esistenza solo a partire dal 1258, grazie ad un atto di cessione del complesso, che viene acquisito da Arezzo. Nel corso degli anni ha subito numerose modifiche e ristrutturazioni, iniziate in parte nel 1266 e proseguite poi nel XIV per volontà dei Casali, signori di Cortona per tutto il Trecento. Un'ulteriore opera di rafforzamento è stata eseguita dai Senesi all'epoca della loro alleanza con i Cortonesi nella battaglia contro Arezzo ed i guelfi locali. L'opera più imponente, che ha donato al fortilizio la sua attuale fisionomia architettonica, è stata però eseguita dai Fiorentini, proprietari della rocca a partire dal 1411. Nel XV secolo viene realizzato il corpo centrale della fortezza e a metà del Cinquecento interviene su di essa Cosimo I de' Medici. A seguito di una lunga ispezione di tutte le fortificazioni da poco entrate nel dominio di Firenze, il Granduca rimane colpito dalla peculiare posizione di quella di Cortona.  Decide allora di farne uno dei baluardi più imponenti del potere mediceo nell'aretino. Trovano collocazione al suo interno le moderne postazioni per l'artiglieria, la polveriera ed il carcere.  Le mura, inoltre, vengono concepite con progetti di ultima generazione, munite ai loro piedi di terrapieni studiati per attutire i colpi dei cannoni. Quando l'interesse dei Granduchi per le costruzioni militari inizia a sfumare, in favore dei fastosi palazzi residenziali e la rocca inizia progressivamente a perdere di importanza.  La Fortezza del Girifalco diventa così la sede di una piccola guarnigione che ha esclusivi compiti di polizia cittadina. In realtà la lunga pace della quale godette il Granducato di Toscana dopo la guerra di Siena (1554-1556) fece sì che la fortezza restasse per lo più inutilizzata. Nel 1770 venne acquistata dal Comune di Cortona».

http://www.italiadiscovery.it/news/toscana/arezzo/cortona/fortezza_del_girifalco/2357.php (a cura di Francesco Dal Pino)


Cortona (mura, porte)

Dal sito www.andataeritorno.com   Porta Bifora, dal sito www.cortonaweb.net

«Le mura. La cinta muraria, oggi della lunghezza di poco inferiore ai tre chilometri, fu costruita dagli Etruschi verso la fine del V secolo avanti Cristo e resta evidente alla base delle mura attuali. Essa ha forma rettangolare con i due lati maggiori rivolti a nord ed a sud, ed i minori ad est ed ad ovest. Sono molto ben conservati il lato corto ovest, dove è stata di recente riaperta e restaurata l'unica Porta etrusca a due fornici, rimasta nel contesto della perimetrazione etrusca, ed il primo tratto del lato maggiore nord, da Porta Santa Maria sino al di sopra di Porta Colonia, dove, nelle vicinanze della stessa appare lo sbocco di una cloaca dello stesso periodo di costruzione delle mura. Il successivo tratto del lato maggiore nord aveva un andamento spostato rispetto all'attuale ed includeva un territorio superiore, così pure il lato minore est era ulteriormente spostato in questa direzione dove in località Torre Mozza sono evidenti consistenti tracce di questo vecchio perimetro, peraltro ancora da scoprire là dove probabilmente esisteva un tempio od una fortificazione ed una porta di accesso alla città (porta di Montagna o Augurata?). Così pure sono ancora da identificare il numero e la posizione delle porte etrusche. Le porte. Nel III secolo, dopo la conquista romana, le mura furono rifatte nelle parti danneggiate e rialzate nelle altre ed in esse furono localizzate quattro porte sugli sbocchi, all'esterno della città romana, del decumano massimo, Porta Santa Maria e Porta San Domenico (detta anche Peccioverardi) e del cardo, Porta Sant'Agostino e Porta Colonia. Nel medioevo le mura notevolmente danneggiate dal Sacco del 1258, furono ricostruite e ripristinate con l'aiuto dei perugini e soprattutto dei senesi. Fu chiusa la porta bifora etrusca (porta Bacarelli) ed aperte altre porte, Porta Montanina (già chiamata di S. Cristoforo), Porta Berarda e Porta San Giorgio, queste due ultime richiuse probabilmente agli inizi del XVII secolo. Nel 1642, periodo della guerra per il ducato di Castro, le mura subirono un ulteriore rafforzamento, a cura del governo granducale, nella parte ovest, come sappiamo da un'iscrizione in marmo posta sopra gli archi della Porta Bifora. Verso la fine del XIX secolo sulle attuali mura venne infine aperta la Porta Santa Margherita per dare accesso al limitrofo Santuario».

http://www.cortonaweb.net/it/storia/07-mura-porte-fortezza-cortona


Fronzola (ruderi del castello)

Resti delle mura del castello, dal sito www.ruderimedievali.altervista.org   Cisterna esterna del castello, dal sito www.fronzola.it

«A Fronzola, proprio sulla cima del colle era arroccato il castello, con il formidabile cassero ed il grande piazzale. Il castello ripeteva lo schema consolidato di Romena: un cassero con torre ed una cinta muraria con altre torri di difesa ed avvistamento ai quattro punti cardinali. All’esterno un’altra cinta muraria, le opere accessorie, alcuni edifici non ben individuati. Oggi rimangono grandi resti di mura di grande altezza, parte del cassero con i fondamenti della torre, una parte delle mura del piazzale con scala costruita sulla muratura ed i resti delle tre torri che si trovavano a nord, ad oriente e ad occidente, inoltre esiste il varco dell’ingresso che si trovava sul lato sud. All’interno del piazzale si trovano i resti di una torre abbattuta ed una grande cisterna ancora funzionante, quasi intatta. Poco lontano, tra il castello e la chiesa i resti di una seconda cisterna, ormai interrata. Il castello nasce sul colle dove si trovava una curtis e probabilmente edifici molto più antichi. 1065, prima notizia di Fronzola, il castrum appartiene all’abbazia di Capolona (caput o campo leonis). ... 1440. La repubblica fiorentina, scaccia Francesco di Poppi dal castello di Poppi e decreta la distruzione del castello di Fronzola. 1498. Il capitano di ventura Bartolomeo d’Alviano al soldo di Venezia contro Firenze, distrugge Fronzola con altri castelli non essendo riuscito ad espugnare Poppi».

http://www.fronzola.it/notizie3.html


GALATRONA (torre)

Dal sito www.lamiabellatoscana.com   Dal sito www.facebook.com/torre.digalatrona

«La Torre di Galatrona domina dall’alto della sua mole il paesaggio del Valdarno e il crinale dei Monti del Chianti. È quanto resta di uno dei più importanti castelli della Valdambra, disposto in posizione strategica rispetto alla sottostante vallata. Nei pressi di Mercatale transitava infatti un ramo della via consolare Cassia, che congiungeva Roma a Firenze. La cima del colle fu certamente sede di insediamenti più antichi; lo stesso nome Galatrona, anticamente Canastruna, sarebbe di derivazione etrusca, mentre alcuni resti di strutture murarie intorno all’edificio e ritrovamenti ceramici indicano la presenza di uno stanziamento tardoromano. Per tutto il medioevo, e fino alla fine del XIII secolo, le vicende di Galatrona sono legate, come accade per tutta la Valdambra, alle contese fra Firenze e Arezzo prima, e fra Firenze e Siena poi. È solo nel 1335 che i fiorentini occuparono il castello di Galatrona. Dall’atto di sottomissione a Firenze risulta che esistevano, allora, due torri: oltre a quella attualmente visibile – la “nuova” – una “vecchia”, ora scomparsa. Da documenti catastali dei primi anni del XV secolo risulta che il castello di Galatrona ospitava al suo interno un villaggio fortificato, composto da una ventina di piccole abitazioni, occupate quasi esclusivamente da contadini e piccoli proprietari. Nel XVI secolo Galatrona, insieme a tutta la Valdambra, fu coinvolta nella lotta sostenuta dai Medici, alleati di Carlo V, contro Siena e il re di Francia; la vittoria degli imperiali decretò la fine della Repubblica Senese, che vide passare i propri territori sotto il dominio fiorentino. Da allora Galatrona dipese territorialmente da Bucine. La torre di avvistamento, insieme alle tracce della porta di accesso, è tutto ciò che rimane del castello; chiamata “il torrione”, è situata all’estremità di un lungo sperone roccioso digradante da Monteluco del Chianti, all’interno di un’area archeologica con resti di mura di cinta bizantine e abitazioni medioevali. L’edificio, che è stato oggetto di restauro e riqualificazione ambientale, è aperto al pubblico dal 2007 e ospita al suo interno un percorso tematico multimediale sulla storia di Galatrona e del suo castello».

http://www.comune.bucine.ar.it/gli_uffici/cultura_e_gemellaggi/beni_culturali/torre_di_galatrona-129.html


Gargonza (castello

Dal sito www.gargonza.it

a c. di Fernando Giaffreda


Gressa (castello)

Dal sito www.castellodigressa.it   Dal sito www.castellodigressa.it

  

«Il Castello di Gressa fu edificato tra il X secolo e l'inizio dell'XI, per volere del vescovo Elemperto,capo della diocesi aretina dal 986 al 1010. Costui, tra l'altro, fu un prelato in assoluto fra i più importanti dei secoli intorno al Mille: di origine germanica , uomo energico e altamente compreso delle proprie responsabilità, ricostruì la cattedrale di Arezzo, fondò il monastero di Badia Prataglia, guidò con passione religiosa gli oltre sessanta pivieri della diocesi riportando alla disciplina clero e fedeli. Verso il 990 il Castello fu dato in feudum, cioè come beneficio ottenuto dal vero proprietario, in questo caso il vescovo Elemperto, a Tedalascio uomo agiato che possedeva parecchi beni, si può con certezza affermare che faceva parte della classe elitaria del Casentino. Dopo la morte di Tebalascio avvenuta nel 1009, il Castello passo in eredità ai suoi quattro figli, Farolfo, Ranieri, Suppo, Sibilla. ... Gli attuali proprietari del Castello di Gressa sono i conti Pentasuglia di Cuia antica famiglia di origine Ellenica, che ne stanno promovendo il restauro; si deve alla dedizione ed alla passione del Conte Michel Pentasuglia di Cuia se il Castello sta ritrovando lo splendore di un tempo. Gressa dista dal capoluogo di Bibbiena 5 km. Vi si accede attraverso la strada che da Bibbiena porta alla Verna. In località Tripoli, si trova la segnalazione per il Castello di Gressa, che si raggiunge seguendo uno stradello. A 585 metri d’altezza, in posizione dominante sulla vallata del torrente Archiano, si erge il Castello, costituito da una prima cerchia muraria a pianta poligonale irregolare, da una seconda cerchia muraria più ristretta a forma ottagonale irregolare e da un edificio centrale costituito nel punto più elevato. Le mura, realizzate in pietra grezza di arenaria e calcare, seguono l’andamento del rilievo, raggiungendo in alcuni tratti 5 m di altezza e conservano nella cortina esterna un bel portale. Nella parte centrale si erge una robusta torre quadrangolare sviluppata su tre piani, che serviva sia per residenza signorile, che per usi militari. Fra i due ordini di mura sono inserite alcune case, due cisterne intonacate per la raccolta dell’acqua, una chiesetta (San Jacopo) e il vecchio edificio utilizzato come residenza vescovile. All’interno si trova il Cassero, al centro del quale si alza la torre a cui si accede da una piccola porta posta a metà altezza». [NdR: Il nome esatto dell'attuale proprietario del castello è Michel Pentasuglia di Cuia d'Aragona].

http://www.castellodigressa.it/Ita/index.html


Laterina (rocca dei Fiorentini)

Dal sito www.neogeo.unisi.it   Dal sito www.comune.laterina.ar.it

«Il Castello di Laterina vide posare le sue prime pietre nell’undicesimo secolo, quando il terrore dell’anno mille e le invasioni barbariche spinsero le popolazioni stanziate nella pianura vicino all’ Arno a progettare nuove costruzioni nella collina al riparo da dannosi imprevisti. Le torri di avvistamento e la cinta muraria fecero di Laterina un castello di considerevole importanza grazie alla sua posizione geografica quale terra di mezzo tra la vicina Arezzo e la potente Firenze. L’importanza strategica non sfuggì ad Arezzo che a partire dal 1250 strinse sotto il suo controllo il nostro castello per poi deciderne di farne una “terra fortificata” nel 1272 contro l’espansione in Valdarno dei Guelfi fiorentini. Il controllo del Castello venne così esercitato dagli Ubertini, insigne famiglia aretina. Tuttavia pochi anni dopo, il 15 settembre 1288, dopo otto giorni di assedio da parte fiorentina, furono costretti alla resa. Il Capitano del castello Lupo di Farinata degli Uberti fuggi dicendo: “non esser costume dei Lupi rimaner rinchiusi” (Dante, Inferno). Dieci anni dopo la conquista per fortificare e rendere inespugnabile Laterina decisero di costruirvi la Rocca. Tutto questo non bastò e nel 1304 gli Ubertini con l’ausilio dei Pazzi del Valdarno assediarono il castello riconsegnandolo ad Arezzo. Tra il 1326 e il 1336 interessi e intrighi in Arezzo decisero il destino anche di Laterina. Il vescovo di Arezzo Guido Tarlati, rivale degli Ubertini, fece distruggere il paese e si narra che fece disperdere sale sulle macerie col fine simbolico di non permettere la rinascita di alcunché. Il celebre momento resta immortalato nella scultura che ricorda le conquiste del Tarlati presente nel Duomo di Arezzo. Fu poi il suo successore, che era un Ubertini, Buoso degli Uberti a riedificare il borgo cedendolo poi alla Repubblica Fiorentina la quale terminò la ricostruzione con la Rocca. Negli anni successivi si susseguirono i tentativi di sommossa ad opera dei ghibellini e di riconquista da parte dello stesso Tarlati (1347) ma ormai la secolare contesa tra Arezzo e Firenze si avviava verso l'epilogo: il 5 novembre 1384, proprio a Laterina, sconfitta ed occupata militarmente dall’esercito francese alleato dei fiorentini, veniva consegnata Arezzo a Firenze con l’atto ufficiale della sottoscrizione del trattato di sottomissione stipulato proprio nel nostro castello».

http://www.laterinamedievale.it/82/ITA/Il-Castello-di-Laterina


Levane (resti del castello di Leona)

Levane nel sec. XVII (foto Giorgiomonteforte), dal sito it.wikipedia.org   Levane nel sec. XVII (foto Giorgiomonteforte), dal sito it.wikipedia.org

«Il castello medievale, probabilmente longobardo, prese il nome dal precedente insediamento etrusco, poi romano, di "Leunal" sui resti o sulle vicinanze del quale venne edificato. Sorgeva sul poggio di Monteleoni, nel pianoro detto appunto di Castelvecchio, nei pressi del santuario di Santa Maria dove, oltre a quanto rimane della costruzione ovvero laterizi e pietre squadrate, sono stati rinvenuti e si rinvengono ancora, soprattutto tra la chiesa e il "fontino", frammenti di terrecotte a vernice nera propri del periodo tardo-etrusco, e cocci ceramici di epoca romana e alto-medievale. La collinetta di Monteleoni si alza piuttosto ripida tra i torrenti Trigesimo da una parte e Ambra dall'altra, che vanno poi a confluire poco sotto. Protetto a ovest anche da due altri corsi d'acqua che si orientano rispettivamente verso l'uno e l' altro torrente, Monteleoni era all'epoca la posizione più strategica per controllare la valle dell'Arno che, poco prima di Levane, esce dalla Val d' Inferno per entrare nella piana. Il castello di Leona è rammentato nei documenti fino dal secolo XI. Infatti da un testamento risalente all'ottobre del 1098 e redatto nel Castello di Pierle dal marchese Arrigo II, figlio del marchese Ugo II e nipote di Arrigo I della casa dei marchesi Bourbon del Monte Santa Maria, si disponeva, a favore della sua parente contessa Sofia, figlia del conte Berardo e sposata in seconde nozze col conte Alberto, di una porzione di beni che appartenevano al testatore ossia"«il castello di Montevarchi con la sua corte, il castello di Leùna con la sua corte, il castello di Moncione con la sua corte, e con tutto ciò che aveva nel castello e corte del Tasso». Con "corte di Leùna" in particolare ci si riferiva a Levane Alta, il borgo fortificato, che, a differenza degli altri castelli limitrofi, sorgeva su un colle differente rispetto al castrum. Tuttavia nel giugno del 1288 il castello risultava essere in potere del vescovo Guglielmino degli Ubertini quando fu preso dai fiorentini e distrutto con Castiglione Ubertini, le Conie e altre quaranta piazzeforti della Valdambra. Non a caso "fu la più grande e ricca oste che facessono i Fiorentini dappochè i Guelfi tornarono a Firenze". Venne poi ricostruito e lasciato formalmente agli Ubertini ma sempre sotto la Signoria di Firenze che, nel 1368, ordinò che, con le entrate della dogana o diritto di pedaggio che il castello riscuoteva a chi voleva passarne il territorio, si modernizzassero anche i ponti sopra l' Ambra e fu allo stesso tempo ordinata la costruzione della strada che da Leona portava al Ponte a Buriano. Poi nel 1385 Azzo degli Ubertini vendette tutto il feudo di Levane, Leona compresa, a Firenze che nello stesso anno decretò che "è uno castello murato intorno. È da lasciarlo al presente come sta, et a tempo se ne pensi altro. Pare lasciarlo alla podesteria di Montevarchi". Ma con l' annessione di Arezzo, avvenuta l' anno prima, di fortezze in quell' area, un tempo di confine, Firenze non ne aveva più bisogno e il castello di Leona venne piano piano condannato all' abbandono. Le sue rovine, ancora visibili a metà Ottocento, vennero successivamente risucchiate da una serie di frane e smottamenti dovuti ai cedimenti di una vecchia cava nelle vicinanze».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Leona


Levanella (torre longobarda "il Guardingo")

Foto Burzagli, dal sito it.wikipedia.org   Foto Giorgiomonteforte, dal sito it.wikipedia.org

«...Agli inizi del VII secolo, in un periodo che ipoteticamente si potrebbe indicare intorno al 615-620, perlomeno la parte aretina dell'attuale territorio di Montevarchi venne concessa in feudo a un certo Berulfo che volle venisse edificato, nella zona de La Ginestra, una chiesa e un monastero benedettino oppure, secondo altre interpretazioni, una chiesa c'era già e Berulfo la fece ingrandire e la dotò di una congrega di monaci. La scelta dei benedettini, un ordine tutto sommato giovane per i tempi, non era totalmente casuale anzi stava ad indicare che il monastero sarebbe sorto in un' area non troppo isolata dalle principali rotte di traffico ma abbastanza selvaggia da necessitare l' intervento dei monaci, e tutto l'indotto di un monastero, per poter essere più propriamente antropizzata. Difficile dire se Berulfo avesse anche costruito o rinforzato il castello di Leona per tenerlo a protezione del monastero ma sicuramente, in virtù dei loro toponimi, l' area di Levane e di Levanella erano da lui o dai suoi predecessori utilizzate come riserve di caccia. Senza contare che nei pressi di Levanella, la località "il Guardingo" richiama direttamente il termine utilizzato dai Longobardi per contraddistinguere le loro torri di vedetta o di avvistamento. ...».

http://provanuova.myblog.it/archives/tag/montevarchi/index-1.html


LUCIGNANO (cassero Senese o rocca)

  Dal sito www.viaggiareincamper.org   Dal sito www.fototoscana.it

«Il complesso architettonico è posto a cavallo delle mura della cittadina, con il lato esterno rivolto ad ovest, verso la vallata senese, mentre quello interno fa parte di una quinta architettonica della Piazza delle Logge. L'ingresso al teatro Rosini è ricavato nel basamento a scarpa del torrino angolare prospiciente via Rosini. Notizie storiche. Nell'atto stipulato nel 1390 fra i "sindaci del Comune di Lucignano e la Repubblica Senese", tra le varie condizioni registrate, era riportata anche quella che al Comune di Siena fosse "permesso fabbricare una rocca, o cassero, nella terra di Lucignano". Inoltre in un "libro dei rendimenti di conto nell'Arch. Dipl. Senese" era scritto che dopo la suddetta convenzione "in tre anni di lavoro l'operaio senese Bartolo Bartoli vi spese la somma di 6825 fiorini". La Rocca lucignanese si è mantenuta sostanzialmente integrata nei secoli, senza subire grandi manomissioni. Anche la realizzazione del teatro, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, non ha compromesso l'integrità della costruzione. L'unica vera alterazione è stata l'apertura praticata nella scarpa del torrino anteriore per creare l'accesso al teatro, con la sala ricavata coprendo la corte interna del cassero. La struttura, ceduta dal Gran Ducato di Toscana alla comunità fin dal 1650, fu allivellata nel 1782 al privato G. Moracci ed i suoi eredi la acquistarono definitivamente nel 1829. Il Comune si riservò solo uno "stanzone" al primo piano adibito a pubblico granaio. In tale periodo la parte di proprietà privata fu trasformata costruendovi un piccolo teatro di legno, gestito dalla locale Accademia dei Raccolti, che decise di ampliarlo e di costruirne uno in muratura, su progetto dell'accademico ing. Isidoro Picconi. Il nuovo teatro, inaugurato nel 1861, che prese il nome dal professore e letterato Giovanni Rosini, aveva una pianta a "U" con 43 palchi suddivisi in tre ordini, un ampio palcoscenico e vari locali di servizio. L'interno fu completamente modificato durante la ristrutturazione risalente al 1954, quando il locale fu trasformato in cinema-teatro. In questa occasione fu creata una galleria al posto dei palchi e la forma della piantao tornò ad essere rettangolare, furono inoltre rifatti il tetto, le scale e l'ingresso. La volta "incannicciata" fu sostituita da un controsoffitto ligneo e venne rinnovato tutto l'apparato decorativo. Il teatro è stato chiuso nel maggio 1984, perché gli impianti tecnici risultavano fuori norma. Nel 1987 l'immobile è stato acquistato dal Comune di Lucignano che ha commissionato ad un architetto lucignanese il progetto per il restauro architettonico e l'adeguamento del locale alle norme di sicurezza.

Descrizione. Il complesso, in muratura di pietra a filaretto, presenta una planimetria irregolare vagamente rettangolare. La parte rivolta verso la piazzetta delle Logge si presenta con un torrino quadrangolare a scarpa, concluso in alto da arcatelle sestiacute in laterizi, sorrette da mensolette lobate in pietra. L'imponente mastio, a base quadrata, è posto nella parte rivolta all esterno delle mura cittadine, nell'angolo opposto rispetto al suddetto torrino. La torre comprende quattro sale sovrapposte (più uno scantinato), collegate da una rudimentale scala di legno: i primi due vani hanno pavimenti in cotto e sono coperti con volte a botte, la terza ha un soffitto a grosse travi lignee e l'ultima presenta volte a crociera con archi a sesto acuto. La scala continua fino alla terrazza soprastante, munita di parapetto impostato su arcatelle a sesto acuto in laterizi a sporgere, appoggiate su mensolette triangolari in pietra. Il teatro non presenta all'esterno alcun elemento architettonico che denoti la sua funzione. La sala è posta parallelamente alle mura castellane».

http://www.comune.lucignano.ar.it/it/turismo.php?sezione=Guida%20Turistica&id=21&guidaID=6&guida=Rocca...

(da Nicola Meacci, Itinerario di architettura nella Valdichiana aretina, a c. dello Studio Graffiti, s.r.l. Editrice Grafica L Etruria, 1997)


LUCIGNANO (centro storico)

  Dal sito www.ilsosso.it   Porta San Giusto, dal sito www.fototoscana.it

«Lucignano è tra i più caratteristici borghi medievali d'altura della Toscana e sviluppa il suo abitato secondo una planimetria ellittica. Sulla piazza del Tribunale si erge il duecentesco Palazzo Pretorio la cui facciata principale presenta numerosi stemmi e lapidi con i simboli dei vari podestà che si sono succeduti nel tempo. Dal tetto, con copertura "a capanna" emerge un bellissimo campanile a vela con la campana pubblica, che per molti secoli è stata il mezzo di comunicazione dell'autorità civile. Il Palazzo contiene un piano interrato, una volta adibito a prigione, come dimostrano le scritte e i graffiti sui muri. Secondo la cronaca del 1371 di Neri di Donato, risulta che "Le mura di Lucignano in Val di Chiana le fecero i senesi…". Porta San Giusto è una delle tre porte principali di Lucignano, detta anche Porta di Sopra, è esposta a sud-ovest, verso Siena e presenta una pianta rettangolare sormontata da una terrazza di copertura, alla quale si accede da una casa privata, sorretta da una volta a botte intonacata. Il portale è a tutto sesto con un bugnato in pietra arenaria e l'interno, recentemente restaurato. Passeggiando lungo le antiche mura di Lucignano, si incontrano Porta S. Giovanni (detta porta di sotto), Porta Murata, così chiamata dopo la sua chiusura probabilmente nel '500 ed una torre circolare ancora ben conservata. ... Appena fuori l'abitato si trovano i ruderi della cinquecentesca fortezza medicea e il santuario della Madonna delle Querce (I secolo). A sottolineare l'importanza militare del paese, restano a Lucignano la fortezza voluta da Cosimo I de' Medici, progettata dall'architetto Bernardo Puccini, la Rocca, le mura di cui nel paese sono ancora visibili ampi tratti, tre delle porte originarie e due torri con apparato difensivo a sporgere (ballatoio in muratura). Per circa tre secoli, dal 1200 al 1500, Lucignano ha subito continui passaggi di giurisdizione tra Siena, Arezzo, Firenze e Perugia, città dalla quale ebbe in dono la possibilità di fregiarsi nel proprio stemma (tutt'ora adottato) del Grifone Alato, al quale fu aggiunta una stella per indicare che il luogo si trova in collina».

http://www.settemuse.it/viaggi_italia_toscana/arezzo_lucignano.htm


LUCIGNANO (resti della fortezza medicea)

  Dal sito www.comune.lucignano.ar.it   Dal sito www.comune.lucignano.ar.it

«...La sommità del colle, dove sorgeva l'originario castello, fu gradualmente trasformata in centro del potere politico e religioso. Nel 1371 sotto la dominazione dei senesi furono ultimati i lavori di fortificazione con il completamento del perimetro murario, del quale restano ampi tratti e alcune torri, e le tre porte: Porta S. Giusto, Porta S. Giovanni e la così detta Porta Murata, pochi anni dopo fu costruita la Rocca, o Cassero Senese. La Rocca ha forma quadrata e fu costruita da Bartolo Bartoli a cavallo della cinta muraria ad integrazione delle difese cittadine; dalle sue mura fortemente scarpate emerge una poderosa e altissima torre quadrangolare, dotata di apparato difensivo a sporgere, mentre una più piccola, anch'essa con ballatoio in muratura, svetta dall'angolo di nord-est, verso l'interno della città, a controllo della piazza sottostante e della Collegiata. Il complesso è privato ed oggetto di restauro [nel passato ha ospitato anche un cinema] con i lavori in fase avanzata. Nel 1554 Lucignano passò sotto i Medici ed iniziarono grandi interventi urbanistici come la costruzione della Fortezza, voluta da Cosimo I nel 1558 ed attribuita ad Bernardo Puccini, il santuario della Madonna della Querce, attribuito al Vasari e posto fuori dal centro storico (1568) il convento dei padri Cappuccini (1580) le chiese della Misericordia (1582) e della Collegiata (1594). La Fortezza, che sorge isolata [oggi difronte al cimitero nuovo] sul colle opposto a quello dell'insediamento urbano, è formata da due bastioni non uguali rivolti verso Siena ed uniti da una cortina [le torri rotonde che vi sorgono sopra sono aggiunte postume atte a ricavare mulini a vento], il tutto costruito in pietrame sfuso ad eccezione del redondone di separazione fra il basamento a scarpa e il muro a piombo, quest'ultimo di limitata estenzione. La costruzione rimase incompiuta ed oggi risulta in cattivo stato di manutenzione e parzialmente invasa dalla vegetazione».

http://www.castellitoscani.com/italian/lucignano.htm


Mammi in Val di Chiana (ruderi del castello)

Foto di Pigellino74, dal sito www.panoramio.com   Foto di Pigellino74, dal sito it.wikipedia.org

«Mammi o Mammi in val di Chiana è una frazione del comune di Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo. È situata sull'appendice dei colli che chiudono a settentrione la Val di Chio e consta di poche case realizzate con la caratteristica pietra locale, la chiesa ed un piccolo cimitero. Si giunge al paese tramite una stretta e ripida strada che la collega al capoluogo comunale. Mammi è arroccata sulla cima di un colle che domina la Val di Chio a quota 500 m s.l.m., nei pressi del monte Castiglion Maggio. Dal paesino una strada dapprima asfaltata poi sterrata conduce fin sulla cima della montagna, dove passa il sentiero del CAI n. 50 che congiunge il lago Trasimeno al santuario della Verna e da dove si gode un bellissimo panorama che spazia sull'intera val di Chiana. Il paese di Mammi si sviluppò all'interno della cinta muraria di un castello, di cui oggi sono visibili alcune tracce. Il più antico castellano di cui sia pervenuta memoria è un certo Conte di Mammi, governante nel 962, della famiglia dei Lambardi. Egli cedette il titolo a suo figlio Tofano, il quale fu succeduto da Fino (1079), poi da Martino (1115), Fino (1146) e Spinabello (1185). Quest'ultimo ebbe due figli: Lambardo (1220) che fu signore di Mammi e Martino, governatore di Tuori (1237). In seguito, con decreto dell'11 marzo del 1385, il castello si sottomise al dominio della Repubblica Fiorentina. Divenne quindi un comune a sé stante, pur dipendendo dalla vicina Castiglion Fiorentino. Solamente in seguito al decreto leopoldino del 14 novembre del 1774, venne annesso a Castiglion Fiorentino. La parrocchia nel 1833 contava 164 abitanti, che divennero 258 nel 1883, ma che scesero a 44 nel 1951; attualmente il paese è abitato solo da 12 persone. Il Castello di Mammi era sorto, a differenza degli altri circonvicini costruiti ad esclusivo uso militare, per proteggere l'abitato omonimo. Di esso rimangono alcuni resti della cinta muraria e il piano inferiore di quella che fu la torre maggiore. Il fortilizio sorgeva sulla collina a mezza costa, rivolto a tramontana. Vi si accedeva solo da questa direzione, ogni altro lato era reso inespugnabile dalle asperità del terreno. Aveva una pianta circolare e la sua cinta misurava più di 250 metri. Il castello era disposto su tre diversi livelli di quota, detti Borgo di sopra, di mezzo e di sotto, dove erano disposte le varie abitazioni. La torre si ergeva all'interno di un cortile cinto da mura ed antistante ad una piazza vicino all'abitazione del castellano. Di forma quasi quadrata, si sviluppava su tre piani; tramite una scala in legno si accedeva alla vetta dove i soldati potevano controllare tutta la valle sottostante. Intorno alla metà del Cinquecento il castello perse le sue funzioni e presto andò in rovina, ma la villa rimase sempre abitata».

http://it.wikipedia.org/wiki/Mammi_di_Castiglion_Fiorentino


Marciano della Chiana (castello)

Dal sito www.frescodiweb.it   Dal sito www.comune.marcianodellachiana.ar.it

«Il Castello di Marciano è posto nel cuore della Val di Chiana, si sviluppa su una altura che si trova al centro di quattro dorsali poco pronunciati e domina una vasta campagna pianeggiante tra Lucignano, Monte San Savino, Cortona, Foiano della Val di Chiana. è la particolare posizione strategica del colle su cui sorge, posto a confine tra i territori di Arezzo e Siena, uno dei principali motivi dell'importanza che Marciano ha rivestito nel passato a partire dal secolo XIII quando, prima Arezzo e Siena, poi Firenze, se ne contesero il domino. Il Castello fu munito, dalla Repubblica fiorentina, tra la fine del XIII secolo e l'inizio del XIV secolo della Rocca e delle Mura e della Torre. La particolare conformazione rettangolo-trapezoidale, qualifica Marciano come un'architettura militare a differenza degli altri paesi limitrofi che avevano funzione abitativa. Questo è confermato dal fatto che nel 1554 vicino al Castello di Marciano, fu combattuta la battaglia detta di Scannagallo o di Marciano in seguito alla quale i Medici conquistarono l'intera Toscana. Questa battaglia venne raffigurata da Giorgio Vasari in due dipinti che attualmente sono conservati a Firenze presso Palazzo Vecchio nel Salone del Cinquecento. Il Castello ha conservato i caratteri dell'insediamento medioevale: il perimetro murario, ad impianto geometrico rettangolare, è oggi inglobato nelle abitazioni che vi si sono addossate e racchiude il nucleo più antico dell'abitato cui si accede tramite una porta sovrastata da una torre con orologio recentemente restaurata. All'interno del Castello, il piccolo agglomerato urbano è dominato dalla Torre e dalla Rocca insieme alla Chiesa parrocchiale ed al Campanile. Il castello di Marciano, come tutte le costruzioni medievali, è anonimo e frutto della collaborazione di maestri muratori. Nel quadro di valorizzazione del Castello è stato messo a punto un progetto al fine di creare un Piano Guida che consenta la salvaguardia di tutte le sue testimonianze storiche ed artistiche e non solo dei monumenti emergenti: la Chiesa, la Rocca, la Torre e la Porta».

http://www.comune.marcianodellachiana.ar.it/index.php?id=122


MONTANINA (ruderi della rocca)

Dal sito www.arezzometeo.com   Dal sito www.arezzometeo.com

«Rocca Montanina o La Montanina è una frazione del comune di Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo. Posta 5 km a est dal capoluogo comunale, sorge in prossimità dell'omonimo monte che ospitava un castello, di cui attualmente sono visibili solo i resti. È costituita dal villaggio, ora praticamente disabitato, di San Lorenzo alla Montanina. ... Il castello, attestato dal 1117, si trovava presso la vetta del monte denominato Rocca Montanina (672 m s.l.m.), in posizione strategica per il controllo del valico tra la val di Chio e quella del torrente Nestore. Il castello nel 1298 venne conquistato dai fiorentini; nel 1307 vi abitavano sei famiglie. In seguito divenne proprietà dei Tarlati di Pietramala, quindi fece parte di Perugia per tre anni. Tornato ai Tarlati, venne nuovamente ceduto a Firenze nel 1384. Durante il XV secolo fu governato dai Sei di Arezzo. Nel 1425 fu ordita una congiura per consegnarlo ai Visconti di Milano, ma questa non riuscì. L'autore del complotto, tal Michele di Simone di Giovanni, venne scoperto ed arrestato. Processato, fu decapitato davanti alle mura della rocca. Nel 1516, essendo diminuita la sua importanza, il castello fu abbandonato. Nella seconda metà del Cinquecento la torre e le mura erano già in rovina; le costruzioni ospitavano malfattori e briganti che effettuavano le loro scorrerie nella zona. Nella seconda metà dell'Ottocento venne smantellata l'ultima porzione della torre maggiore. Si conservano attualmente solo pochi resti delle mura e una piccola parte della torre. La forma del castello è riportata in un disegno del 1750 eseguito dal pievano di Montecchio don Antonio Vincenzo Meucci, basato su come si presentava il rudere allora (ancora in discreto stato). La cinta muraria aveva una forma ottagonale leggermente schiacciata con quattro torri lungo il perimetro. La più grande di esse ospitava l'ingresso principale, protetto da una robusta saracinesca; in cima a detto torrione vi era probabilmente la campana del castello, che fu venduta nel 1540. All'interno vi erano dieci abitazioni a più piani, attaccate alla cinta muraria ad esclusione della casa del castellano, probabilmente al centro del forte. Inoltre v'erano un forno ed un mulino. I ruderi della rocca si trovano in un luogo attualmente di difficile accesso, raggiungibile comunque con l'automobile. Dalla val di Chio si imbocca la comunale per il paese di Santo Stefano e si prosegue l'antica strada di valico, percorribile agevolmente fino all'ottocentesca casa di Caldesi (chiamata anche Osteria: infatti fino all'anteguerra vi era un negozio di alimentari), dopo di che una strada in terra battuta conduce ai resti del castello».

http://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_Montanina


Montauto (castello)

Dal sito http://mondodascoprire.blogspot.it   Dal sito http://viaggidiunsognatore.blogspot.it

«Costruito tra il 1180 ed il 1190 su le rovine di una preesistente torre longobarda, il castello prese il nome della montagna piuttosto irta: Monte Acuto. Dall'alto di questa vetta, 786 m s.l.m., dominava tutti i territori circostanti risultando praticamente imprendibile, con due lati verso lo strapiombo della valle del torrente Sovara, uno protetto dalle rocce della montagna ed il fronte rivolto all'unica via di accesso. Proprio per ragioni difensive nacque la prima costruzione di torre-fortezza, poi nel corso dei secoli l'architettura del castello ha subito numerose trasformazioni. Nel 1300 era già un fortilizio vero e proprio, in grado di contenere 400 abitanti; nel XVI secolo aveva varie torri ed almeno tre cinte murarie. Fu inizialmente sede della Signoria che amministrava la zona circostante, divenendo in seguito Contea sotto il protettorato del Sacro Romano Impero. Nel XIII secolo il castello ha ospitato più volte Francesco d'Assisi nel suo pellegrinare verso la Verna: la piccola Cappella che ancora esiste era il luogo di preghiera del giovane frate e fino al 1503 ha ospitato la tonaca che egli donò al conte Alberto Barbolani durante il suo ultimo viaggio dalla Verna, dove aveva ricevuto le stigmate, verso Assisi ,dove morirà la notte tra il 3 e 4 di ottobre del 1226. Nel 1503, durante gli scontri tra Arezzo e la Repubblica Fiorentina, il castello fu preso con l'inganno dai fiorentini e la tonaca venne portata a Firenze laddove è rimasta fino a pochi anni fa, quando è stata collocata all'interno della cappella delle reliquie nella Basilica del Santuario della Verna. Distrutto quasi totalmente a seguito di alterne vicende, il castello fu riedificato in epoca rinascimentale : evidenti tracce di questo periodo sono individuabili nella straordinaria torre d'angolo tronco-conica con accentuata scarpatura e doppio cordone rivolta alla via d'accesso, tradizionalmente attribuita all'architetto Francesco di Giorgio Martini. Le bifore in pietra serena e le rifiniture delle logge sono del sec. XVI quando il feudo divenne villa padronale. Nel 1880 il ramo dei Barbolani che possedeva il castello si estinse, perciò la proprietà passò di mano in mano a diversi signori tra i quali i Boncompagni Ludovisi, che modificarono le finestre costruendo le attuali bifore in pietra serena con il loro stemma. Resistendo ad un bombardamento nel 1944, durante la II Guerra Mondiale, il Castello è arrivato in buono stato sino al 1963, anno in cui fu riacquistato dagli attuali proprietari, la famiglia Barbolani di Montauto, discendenti degli stessi che lo edificarono. Nel corso dei secoli, oltre san Francesco, il Castello ha avuto altri ospiti illustri : principi germanici, cardinali, uomini di cultura come alcuni membri della famiglia Medici di Firenze, tra cui il futuro papa Clemente VII. Oltre alla bellezza dell'edificio, notevole è la suggestione che suscita l'eccezionale panorama che abbraccia dall'alto l'intera Valtiberina».

http://www.anghiari.it/new/italiano/sistema_museale.asp?pag=castelli3#Castello_di_Montauto


Monte San Savino (borgo)

Dal sito www.moveaboutitaly.com   Dal sito www.moveaboutitaly.com

«Il Monte è circoscritto da una cinta muraria a scarpa abbastanza ben conservata sulla quale si aprono le quattro porte: Fiorentina, la principale, porta Romana, porta San Giovanni e il porticciolo Guglielmi. Nell'attuale piazza Gamurrini, la principale del paese e la prima che si incontra entrando da porta Fiorentina, sorgono alcuni dei principali edifici del Monte: il caratteristico obelisco del '600 detto la "guglia"; il cassero, cioè l'antica fortezza trecentesca, che, ristrutturata a partire dagli anni '70, ospita attualmente il Museo comunale (ceramiche e varie altre opere d'arte) e funge da sede espositiva cittadina con una sala conferenze. A fianco del Cassero venne costruita nel 1652 la chiesa di Santa Chiara, nella quale si conservano due mirabili opere scultoree del Sansovino. All'inizio del XVI secolo il cardinale Antonio Di Monte fece costruire, da Antonio da Sangallo il Vecchio, il nobile palazzo rinascimentale, attuale sede del comune (in corso Sangallo). Il palazzo Di Monte è in pietra serena a bugnato nel piano terreno e di ordine ionico al primo piano. Il cortile interno con loggiato a tre archi ha due caratteristici pozzi. La sua parte tergale, che si affaccia su un grazioso giardino pensile, è più tarda: fatta costruire da Giovanni Maria Di Monte, è opera dell'architetto Nanni di Baccio Bigio. Di fronte al palazzo Di Monte si trova l'elegante Loggia dei Mercanti, di mirabile armonia, già attribuita al Sansovino e costruita a partire dalla seconda metà del sec. XVI. Sul corso è l'ingresso all'antica pieve romanica intitolata ai santi Egidio e Savino, l'uno titolare l'altro patrono, che conserva, al suo interno, pregevoli opere d'arte (la più importante è il sarcofago di Fabiano Ciocchi Di Monte, 1498). Passati davanti al trecentesco palazzo pretorio (facciata con stemmi dei giusdicenti fiorentini e maestosa torre, visitabile, dalla quale si gode un amplissimo panorama sul paese e la Valdichiana), si giugnge nella piazza Di Monte alla cui sistemazione provvide il Sansovino nel 1511 allorché restaurò la propria casa: su di essa si affacciano due importanti edifici religiosi di Monte San Savino: la chiesa di Sant'Agostino e il battistero di San Giovanni. Fatta costruire nel XIV secolo in stile gotico-umbro dagli agostiniani, la chiesa di Sant'Agostino ha numerose le opere d'arte al suo interno: innanzitutto la bellissima vetrata del rosone istoriata da G. de Marcillat con la figura di Sant'Agostino, quindi, all'altare maggiore, un'Assunta del Vasari, firmata, e vari dipinti di Orazio Porta. Al Sansovino è dovuto anche il progetto del chiostro attiguo alla chiesa, realizzato con estrema perizia dall'artista. Ancora al Sansovino si deve il portale del battistero di San Giovanni, già chiesa della compagnia dei Neri: al suo interno, opere tardomanieristiche dei pittori locali Orazio Porta e Ulisse Giocchi. Un singolare edificio - restaurato più volte nel corso degli anni - è quello dell'ex sinagoga, posto in via Salomon Fiorentino, che testimonia del lungo periodo della presenza di una comunità ebraica in Monte San Savino. Le parti più antiche dell'edificio attuale rimandano a un sostanziale restauro di esso avvenuto negli anni 1729-32. Curiosando fra i borghi e borghiccioli del paese, non è difficile imbattersi in vari ed interessanti elementi di arredo urbano. Fra questi, una bellissima balaustra in bronzo e ferro battuto, realizzata verso la fine del XVIII secolo dal fabbro Vincenzo Silvestri per palazzo Filippi (ex asilo "Ciaperoni"), in via Roma. O ancora, il fregio ceramico post-liberty, proveniente dalla fornace Aretini (Zulimo fu il più importante artista di questa impresa), della palazzina posta sul corso Sangallo vicino alla porta Fiorentina».

http://www.ilsansovino.it/montesansavino2.aspx


Monte San Savino (fortezza del Cassero)

Dal sito www.tuscanypass.com   Dal sito www.valdichianaretina.com

«In piazza Gamurrini (ex piazza Ialta), il Cassero deve il suo aspetto attuale (senese depresso archi e muri a scarpa) per la ricostruzione effettuata dai senesi quando divennero signori di Monte San Savino nel 1383 e ha comprato il Cassero da Deo di Guelfo Tolomei che si era impadronita di esso. Poi, Monte San Savino essere caduto sotto il controllo di Firenze nel 1384, il giglio di Firenze è stato posto sulla parte anteriore della fortezza in cui può ancora essere visto. Un fossato circondava la fortezza ed era attraversato da un ponte levatoio robusto all'ingresso principale. Col passare del tempo, la fortezza perse la sua funzione e ospitava un banco dei pegni (fine del XVI secolo), poi una povera casa fino al 1960. Completamente ristrutturato negli anni Settanta, il Cassero è ora il Museo della Città - la visualizzazione di vasi in ceramica e varie opere d'arte, tra le quali è un senese Crocifisso in legno intagliato e dipinto, risalente al XIV secolo - e Ufficio del Turismo. I locali sono utilizzati anche per mostre temporanee e per conferenze pubbliche. L'evidenza storica, che punto a Monte San Savino come un luogo di antica tradizione ceramica sono sempre più significativo. Monte San Savino è particolarmente specializzata nella produzione di ceramiche d'uso e gusto comune. Nel contesto di questa produzione, che riguarda l'intera area della Valdichiana, la produzione di Monte San Savino si differenzia dagli altri per i suoi modelli originali. Monte San Savino ceramisti riuscirono a proporre creazioni popolari che ricordano più nobile prodotto di ceramica . Il Museo Civico recupera e conserva tradizioni popolari. Questo è stato reso possibile anche grazie agli studi di ricerca svolti in occasione di eventi culturali su ceramica. Il Museo inoltre garanzie e riorganizza ceramica popolare di Valdichiana e documenti e pubblicazioni pertinenti. Il Museo è legata al workshop operativo ceramica nella città per salvare gli esempi morfologici e decorativi di produzione tradizionale di Monte San Savino. Nel museo è possibile ammirare reperti medievali e rinascimentali, come un meraviglioso Crocifisso ligneo secolo XIV di scuola senese, recuperato durante il restauro del Cassero, e maiolica arcaica lavora dalla roccaforte di Ciggiano».

http://www.tuscanypass.com/tuscany_attractions/25073_cassero-museo-comunale-monte-san-savino.html


Monte San Savino (palazzo del Monte)

Dal sito www.facebook.com/MonteSanSavino   Dal sito www.ilsansovino.it

«L'edificio, commissionato del cardinale Antonio Di Monte (1461-1533), fu costruito da Antonio da Sangallo il Vecchio tra il 1515 e il 1517. Per poter costruire il suo palazzo il cardinale aveva acquistato nel 1512 i terreni dalla Comunità di Monte San Savino in prossimità della "Ruga Maestra" (oggi Corso Sangallo). La sobria facciata del palazzo, rivestita a piano terra a bugnato in pietra serena e caratterizzata dalle belle finestre con lesene ioniche e frontone triangolare al piano superiore , riflette nella sua compostezza lo stile di Raffaello. La parte retrostante, che si affaccia su un grazioso giardino pensile costruito sopra una cisterna per raccogliere le acque, fu realizzata in seguito dal nipote del cardinale Antonio, Giovanni Maria di Monte (1487-1555). Il progetto fu affidato a Nanni di Baccio Bigio, il quale animò la facciata tergale con una loggia trifora e fece rivestire gli angoli di un solido e largo bugnato. All'interno dell'edificio si può ammirare: nell'attuale Sala Consiliare, una elegante porta cinquecentesca intagliata di fra' Giovanni da Verona, e nel corridoio al primo piano una piccola galleria di ritratti di personaggi illustri di Monte San Savino e di membri delle famiglie regnanti di Toscana. Dopo l'estinzione della famiglia Di Monte, l'edificio passò in eredità ai Galletti che lo tennero fino al 1824, poi fu adibito a Tribunale ed in seguito divenne sede del Municipio».

http://www.cultura.toscana.it/architetture/giardini/arezzo/palazzo_di_monte.shtml


Montebenichi (castelletto)

Dal sito www.facebook.com/pages/Castelletto-di-Montebenichi   Dal sito www.vacationrentals.tuscany.it

«Il paese è situato sulla sommità di un rilievo, digradante da Monteluco, che separa il Chianti dal Valdarno mediante il vallone dell’Ambra. Il nucleo centrale di Montebenichi è costituito da una piazzetta (piazza Gorizia), con al centro un antico pozzo, sulla quale si affacciano alcune abitazioni. Questa piazza è dominata da un “Castelletto”, ritenuto parte integrante del sistema difensivo originario, restaurato nella forma attuale tra il 1901 e il 1907. All’ingresso del paese, tra via Capitan Goro e via del Castello, si trova il palazzo della famiglia Stendardi. Qui, una lapide ricorda Gregorio Stendardi detto Goro da Montebenichi. Questi fu capitano di ventura e militò al comando di Giovanni dalle Bande Nere. Entrò al servizio della Repubblica fiorentina, fu con Francesco Ferrucci fino alla rotta di Gavinana e passò poi al servizio dei Medici. Di fronte al palazzo Stendardi, anch’esso ristrutturato nella stessa epoca del castelletto di piazza Gorizia, ma oggi in abbandono, si trova la chiesa parrocchiale intitolata alla Madonna del Conforto. All‘interno è veneratissima un'immagine della Madre Misericordiosa. Si suppone che l’antico castello di Montebenichi abbia avuto origine da un insediamento longobardo nel quale vennero accolti anche i superstiti di alcune sedi etrusco-romane limitrofe quali La Pieve, La Selva e Monte di Rota. L’origine longobarda di Montebenichi sarebbe confermata dal nome stesso che, pare, derivi da una riduzione di “Benicolo”, diminutivo a sua volta del longobardo “Benuald”. Del castello primitivo restano poche tracce, mentre invece si notano le vestigia di una torre e di alcuni tratti del circuito murario, risalenti alla fine del XV o all’inizio del XVI secolo. ...».

http://www.vacationrentals.tuscany.it/vacanza-toscana/guida-turistica/toscana/arezzo/valdarno/valdambra/bucine/montebenichi/montebenichi.htm


Montebotolino (castello)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it

a c. di Renzo Bassetti


Montecchio Vesponi (castello)

Foto di Pigellino74, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.casasantapia.com

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)

«Il Castello di Montecchio Vesponi si presenta come una cinta muraria turrita e merlata che cinge la sommità di un monticello (Montecchio) che domina la Val di Chiana, proprio come nella famosa mappa di Leonardo. Nel 1014 troviamo per la prima volta menzionato il castello come Castrum Montis Guisponi, con questo toponimo antico dalle oscure origini. Il castrum doveva riconoscere privilegi alla non lontana Abbazia di Farneta, pur facendo parte dei territori posti sotto la giurisdizione dei potenti marchesi del Monte. Il Castello di Montecchio Vesponi è - oggi - l’ultimo baluardo medievale rimasto, parte di questa nostra storia locale fatta di continue battaglie e di campanilismi feroci, traccia di un paesaggio scomparso che ritroviamo intatto negli sfondi di alcuni dipinti del Beato Angelico o del Sassetta. In tempi recenti il castello è tornato a vivere grazie ad una serie di restauri realizzati in collaborazione tra proprietà privata ed enti pubblici quali: il Ministero per i Beni Culturali e il Ministero dei Lavori Pubblici. Se negli ultimi anni l’immagine del castello ha girato tutto il mondo, su di un coloratissimo francobollo della “Serie dei Castelli d’Italia”, molte sono state le manifestazioni ospitate, le mostre d’arte (ultima quella con opere di Manzù), i concerti, gli spettacoli folcloristici ed in vernacolo… E tra i personaggi illustri giunti fin qui ricordiamo la Regina Madre d’Inghilterra, venuta a conoscere il più importante dei possedimenti di un antico suddito: John Hawkwood. Quel Giovanni Acuto dell’affresco di Paolo Uccello in Santa Maria del Fiore a Firenze, effigiato sul foglietto filatelico del francobollo. L’idea del francobollo, emesso nel 1986, è nata durante una riunione del Lions Club Cortona-Valdichiana, che ha poi sponsorizzato una suggestiva illuminazione del monumento, che lo rende ancora più godibile nelle ore notturne, incastonato nel buio come una gemma preziosa. Il Castello di Montecchio Vesponi, che è entrato alla grande nel terzo millennio con il restauro del nucleo difensivo di torre d’avvistamento e cassero, si prepara a festeggiare i suoi mille anni di storia documentata, 1014 - 2014, con una serie promettente d’iniziative e progetti in corso d’opera».

http://www.castellodimontecchiovesponi.it/index_it.html


MONTEDOMENICHI (ruderi del castello)

Dal sito www.comune.cavriglia.ar.it   Dal sito http://valdarnopost.it

«Il vecchio tracciato che collega la Val d’Avane al Chianti ha origine molto antiche e in passato ricopriva un’importanza strategica come è testimoniato dalla presenza, nella parte più alta dei rilievi chiantigiani, degli imponenti resti del castello di Montedominici o Montedomenichi. In origine la “vecchia via senese” attraversava i rilievi collinari di Meleto e Pianfranzese per giungere fino a Ponte a Fano e quindi inerpicarsi fino al crinale dei monti del Chianti congiungendosi con la strada che collega Radda e Greve. L’attività mineraria ha cancellato parte del tracciato originario e oggi poter raggiungere la rocca di Montedominici occorre percorrere il sentiero 27 del CAI. Questo, partendo in prossimità dell’abitato di Massa dei Sabbioni, attraversa il piccolo nucleo di Le Corti per arrivare fino al tabernacolo che ricorda il borgo di San Martino, cancellato dall’attività mineraria. Da qui il sentiero inizia a salire fino ad arrivare agli imponenti resti del fortilizio. La camminata è già ripagata dal bel panorama che spazia sul Valdarno, fino al massiccio del Pratomagno. Il Castello, sorto su un preesistente insediamento di epoca romana, sembra avere preso il nome dalla famiglia Domeniche, fondatrice del fortilizio e ricordata nelle pergamene di Badia a Coltibuono. Agli inizi del Trecento la rocca faceva già parte dei possessi della potente famiglia dei Franzesi ed è proprio nei Castelli di Montedominici e Pianfranzese che questi feudatari ospitarono, nel 1308, i ghibellini fuoriusciti da Firenze. Al centro di numerose vicende belliche, il Castello fu distrutto nel 1483 dai fiorentini, che lo avevano precedentemente acquistato per evitare che cadesse nelle mani della città rivale: Siena. Pur ridotto nello stato di rudere, il Castello ci rivela una certa imponenza: il nucleo centrale è di forma rettangolare, in adiacenza a questo doveva trovarsi il corpo di guardia. Una delle due torri, probabilmente di epoca più tarda rispetto al resto dell’edificio, è di forma circolare, soluzione piuttosto insolita nell’architettura militare di questa parte della Toscana. Annessa al Castello sorgeva una piccola chiesa dove, secondo la tradizione popolare, nella prima metà dell’Ottocento, ogni anno, il giorno dell’Ascensione, si concentravano grandi sciami di piccole farfalline, volgarmente chiamate “paoline”, che morivano al loro arrivo sul posto».

http://www.comune.cavriglia.ar.it/itinerario-2-borghi-e-castelli


MONTEGONZI (rocca)

  Dal sito www.caivaldarnosuperiore.it   Dal sito www.comune.cavriglia.ar.it   Dal sito www.montegonzi.it

«Il primo documento che parla del Castello è un rogito del 1063 stipulato in Montegonzi. Si ritiene invece che il borgo fosse già da tempo edificato, con molta probabilità nel tempo della invasione longobarda. Il toponimo di Montegonzi deriva dal nome di una famiglia, i Gonzi, di origine longobarda. Immagine66Questa famiglia era comitale dei Conti Guidi a cui nel 1191, l’imperatore Arrigo (Enrico) VI, confermò il castello; conferma ripetuta nel 1220 e nel 1248 dall’imperatore Federico II. Il Castello divenne proprietà dei Ricasoli, altra famiglia di origine longobarda che era proprietaria di vasti possedimenti nel territorio circostante. Dopo la definitiva vittoria di Firenze guelfa sui ghibellini di Arezzo e delle famiglie del contado che a quella parte facevano riferimento, il Castello fu acquistato dalla città del Giglio nel 1314 dai Firidolfi Ricasoli che ne erano i proprietari. Nel 1375 la Signoria restituì il Castello alla famiglia Ricasoli ma questo non costituì un impedimento alla libera amministrazione della popolazione sul proprio comune. Una conferma di ciò si ha dallo “Statuto del Comune di Montegonzi” che si conserva nell’Archivio di Stato di Firenze. In seguito nel XV secolo la rocca di Montegonzi fu di Pier Giovanni Ricasoli, nominato più volte Commissario della Repubblica di Firenze nelle guerre contro Siena e Pisa. Dopo la battaglia di Pavia, nel 1525, riprese con vigore la guerra tra Firenze e Siena. Molti scontri avvennero anche in queste zone coinvolgendo la rocca di Montegonzi che, dopo una strenua difesa, cadde nella mani del principe D’Orange.

Intorno al 1550, Montegonzi entrò a far parte della Lega d’Avane e ne divenne capoluogo. La Lega era una delle tante associazioni di comuni che Firenze aveva costituito nel suo contado per meglio amministrarlo, e ne divenne il capoluogo e la sede dell’Ufficiale del governo. La Lega d’Avane comprendeva un territorio simile a quello dell’attuale Comune di Cavriglia. La vecchia sede è ancora oggi ben visibile e reca sopra la porta d’ingresso lo stemma in pietra del comune di Montegonzi: le due chiavi di San Pietro incrociate che reggono sei cime. Lo stemma di Montegonzi è però costituito da dieci cime d’oro sormontate dalle chiavi di San Pietro con i tre gigli rossi di Firenze guelfa, il tutto in campo azzurro. Nel 1774, con la riforma amministrativa voluta dal Granduca Leopoldo I, il territorio della Lega d’Avane venne aggregato alla comunità di San Giovanni Valdarno e poi al Comune di Cavriglia costituito con la riforma napoleonica del 1808. Primo sindaco fu il montegonzese Giovan Battista Ricci e per alcuni anni la sede rimase a Montegonzi. Il borgo conserva ancora la sua antica topografia: in alto la rocca del cassero, in basso verso il Valdarno, la Chiesa prioria e una scarpata con fitti cipressi; ancora più in basso, ma verso SE, disposte a gradinata, ci sono due viuzze tortuose, sui lati delle quali sorgono le tipiche case e una piazzetta. Le strade del paese sono lastricate in pietra. Le mura, di cui restano oggi soltanto deboli tracce, dovevano muovere dalla rocca per poi circondare il nucleo abitativo originario, cioè il castello. Su di esse si aprivano almeno tre diverse porte: Porta San Pietro, La Porta, La Porticciola».

http://www.caivaldarnosuperiore.it/il-castello-di-montegonzi/


Montemignaio (castello dei Conti Guidi)

Dal sito http://notizie.comuni-italiani.it   Dal sito www.agriturismocatarsena.it

«L'origine del castello di Montemignaio è da ricercare dal passaggio nella zona dell'antica via romana che, da Firenze, attraverso Pelago e il Passo di Crocevecchia, inoltrandosi nel versante meridionale dei monti di Consuma e Secchieta, si raccordava alla principale arteria casentinese dell'antichità che conduceva ad Arezzo. L'antico percorso era ancora molto usato durante il medioevo e questo portò allo sviluppo del Castello in posizione dominante al vertice di un contrafforte a strapiombo sulla valle del torrente Fiana. Il primo documento scritto comprovante l'esistenza dell'insediamento risale al 1103, una bolla papale nella quale si confermava al vescovo di Fiesole l'autorità sulla Pieve di Montemignaio. Già negli anni successivi e per tutto il XII secolo l'area veniva ricordata fra i domini dei conti Guidi, in conseguenza dell'investitura del conte Guido Guidi feudatario del vicino castello di Poppi, privilegio confermato anche da un documento del 1191 dell'imperatore Arrigo IV. Furono proprio i Guidi ad erigere in loco il castello, conosciuto anche come 'Castel Leone' o semplicemente 'Castiglione', rimasto in loro possesso fino alla rivolta di Castel S.Niccolò con i cui abitanti i montemignanesi fecero causa comune contro i soprusi dell'ultimo discendente della famiglia feudale, conte Galeoto. Nel 1440 gli stessi abitanti si sottomisero al comune di Firenze e vennero aggregati alla Potesteria della Montagna Fiorentina. I resti della cerchia muraria del castello dominano ancora il paese. A destra della porta di accesso principale svetta ancora il poderoso torrione che fungeva anche da torre campanaria, a sinistra una seconda torre, probabilmente gemella dell'altra, è oggi notevolmente ridotta in altezza. Le due torri sono unite dalla possente cortina muraria nella quale, come detto, si apre la bella porta ad arco a tutto sesto che immette nel cuore del castello. Appena varcato l'ingresso sulla sinistra si ergono maestosi i resti del palazzo, residenza dei conti prima e del Podestà fiorentino poi, e del cassero di forma quadrata. Nelle cortine murarie si nota ancora la forma murata di quella che un tempo era la porta che conduceva nella corte del Palagio. Oggi per accedere allo splendido cortile, dotato al centro di un bel pozzo, occorre fare il giro esterno delle mura sulla destra della porta principale. Subito dietro alla mole del cassero sorge ancora la primitiva chiesetta del castello. Tutto l'insieme, piuttosto ben tenuto, è uno dei migliori esempi di borgo medievale fortificato toscano di montagna».

http://www.montemignaio.net/da_vedere.html


MONTERCHI (ruderi del castello di Montagutello)

  Foto di ArthaanVampire, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.palazzodelpero.it

«Il rudere del castello di Montagutello (XII secolo), è veramente di una bellezza suggestiva. Sito a 450 metri sul livello del mare, dominava sulla valle del fiume Cerfone. Posizione questa ben strategica per avere un controllo visivo del territorio circostante. Vi si accede da "Le Ville", sulla SS 73, salendo verso l'antico cimitero, in zona "Scandolaia", e proseguendo da quest'ultimo, fino alla cima della collina. Dell'intera struttura è rimasto ben poco. è comunque ancora ben delineata la pianta del castello, e si può notare quella che era la forma circolare caratteristica della parte frontale. Sicuramente il castello era di proprietà dei Tarlati, che erano padroni della vicina Monterchi. Ancor prima, vi risiedevano gli eremiti camaldolensi. Si è circondati da aperta campagna, e si può godere di un ambiente silenzioso e verdeggiante. Una tappa interessante per chi, come me, vuol godere di questi posti affascinanti e di importanza storica».

http://www.ruderimedievali.altervista.org/castello_montagutello.html


Montevarchi (mura, rocca del Cassero o Mercatale)

Dal sito www.mondodelgusto.it   Porta Fiorentina nel 1913, dal sito http://oscarmontani.blogspot.it

«Sviluppatosi come "mercatale" lungo la principale via di comunicazione tra Arezzo e Firenze, ai piedi del castello originario prima proprietà dei Marchesi di Pierle e poi dei Conti Guidi, Montevarchi passò sotto la giurisdizione di Firenze definitivamente nel 1273. Da allora divenne caposaldo di confine e importante centro di scambi commerciali, tanto che necessitò di strutture difensive forti ed efficaci. La cinta muraria voluta dai Fiorentini nel 1328 si sviluppò, seguendo l'assetto urbanistico, con andamento ellittico; in particolare le mura - tuttora talvolta visibili anche se inglobate in strutture abitative private - curvavano nella parte che guardava verso Arezzo, in corrispondenza del torrente Dogana, e nella parte che guardava Firenze. Della fortificazione montevarchina facevano parte le due porte principali alle estremità dell'attuale Via Roma - la Porta Fiorentina (distrutta nei primi anni del XX secolo) e la Porta Aretina - altre cinque porte minori, un antemurale a protezione della zona destinata al mercato, e due torri, delle quali la più imponente e importante era il Cassero, tutt’oggi conservato. Il Cassero si raccordava alla Porta Fiorentina con un tratto murario curvo, riemerso durante la recente ristrutturazione della piazza antistante ed evidenziato mediante la diversa pavimentazione realizzata nell'occasione. Il Cassero aveva quindi funzione militare attiva ed era costituito da un "maschio a cui è attaccato il corpo di guardia per i soldati, i quali dalla cima della torre vi scendevano a riposarsi finita la loro funzione…". Il mutare degli assetti politici ed economici dei secoli successivi trasformarono Montevarchi da avamposto militare a centro manifatturiero (i "pannilana") e agricolo (sede della Fattoria Medicea) al servizio del governo fiorentino; le mura tuttavia vennero tutelate e mantenute fino al XVII secolo quando, di un lungo periodo di pace e stabilità politica con il conseguente ampliamento della città, non le fecero cadere in oblio. Le fortificazioni persero la loro importanza, una parte di esse venne abbattuta mentre altre furono incorporate in nuove costruzioni. Il periodo lorenese incrementò un processo di privatizzazione di edifici fino ad allora di proprietà granducale, modificando il volto di parte del centro storico; alla fine del XVIII secolo il Cassero venne ceduto a privati, senza tuttavia che ne fosse stravolta la struttura. Nella seconda metà dell’Ottocento, invece, l'edificio fu acquisito dalla Provincia di Arezzo e nei primi decenni del secolo successivo subì i primi interventi di ristrutturazione interna, tornando ad assumere la sua originaria funzione "difensiva" con la destinazione a sede della locale Caserma dei Carabinieri. Nel 1996 l’Amministrazione Provinciale di Arezzo ha concesso la struttura in comodato al Comune di Montevarchi, che ha deciso di provvedere alla sua ristrutturazione. ...».

http://www.ilcasseroperlascultura.it/base/storia/ (a cura di Elena Facchino)


Montevarchi (palazzo del Podestà)

Dal sito http://valdarnopost.it   Dal sito www.fabbricaginestra.it

«Il Palazzo del Podestà di Montevarchi, per secoli sede storica della principale magistratura cittadina, poi della Pretura e, ad oggi, del Consiglio Comunale, è un palazzo pubblico che si affaccia su Piazza Varchi e sorge di fianco al campanile della Collegiata di San Lorenzo. Il primo, documentato, podestà di Montevarchi fu Brunetto Latini che nel 1273 si insediò in città al momento del definitivo passaggio dai Conti Guidi alla Repubblica Fiorentina del Castellare e del borgo di Montevarchi. Questo comunque non vuol dire che la comunità montevarchina non avesse sperimentato prima questo tipo di magistratura. Infatti nel 1208 il conte Guido Guerra III, prozio di quel Guido Guerra V che fece di Montevarchi la sua residenza, suddivise i possessi della famiglia in vari viscontadi e, in ognuna di queste regioni amministrative, affidò le funzioni di capo dello stato, ovvero di tutore degli interessi del conte, a un visconte mentre, a capo del governo cioè dell' amministrazione degli affari pubblici, appuntò un podestà che doveva risiedere vicino ma separato dal visconte. Sebbene non esistano prove documentarie che attestino che anche Montevarchi rientrasse in questo tipo di suddivisione organizzativa, le similarità con Mercatale, appartenente al Viscontado della Valdambra di cui ci rimane lo Statuto, sono tali da poter supporre che anche Montevarchi avesse un suo visconte e un suo podestà dagli inizi del XIII secolo. Da una pergamena della Badia di Passignano, conservata adesso nell'Archivio Diplomatico Fiorentino, rogata il 13 aprile 1207 "nel Mercato di Monte Varchi" si può chiaramente evincere che già all' epoca, nel fondovalle, esisteva una comunità ben organizzata tanto da avere un suo notaio che indicava il Mercatale montevarchino come luogo ufficiale e riconosciuto di rogazione. Pertanto non è del tutto campata in aria la supposizione che il visconte risiedesse nel castello sul Poggio di Cennano, come in Valdambra risiedeva a Bucine, e che il podestà invece avesse la sua residenza nel mercatale proprio come il podestà del viscontado vicino viveva alla Torre di San Biagio nel mercatale. ... Nel '500 il palazzo, come d'altra parte l' intera Montevarchi, subì una profonda trasformazione architettonica il cui risultato finale, sia nella facciata che nella decorazione degli interni, ricorda molto da vicino lo stile di Baccio d'Agnolo o di suo figlio Giuliano. L'esterno ha infatti molti tratti in comune con il fiorentino Palazzo Bartolini Salimbeni e le decorazioni interne, sia quelle pittoriche che i fregi, assomigliano a quelle presenti nel Palazzo di Valfonda o in Palazzo Borgherini-Rosselli del Turco sempre a Firenze. Queste coincidenze potrebbero non essere del tutto casuali. ... Gli stemmi dipinti o murati sopravvissuti alle varie modificazioni strutturali dell' edificio coprono un periodo che va, con varie discontinuità, dal 1536 al 1733...».

http://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_del_Podest%C3%A0_(Montevarchi)


MONTOZZI (castello)

Dal sito www.neogeo.unisi.it   Foto di Zita Sgrevi, dal sito http://eccolatoascana.myblog.it

  

«Montozzi è noto già nel XIII secolo quando era di proprietà dei conti Umbertini di Arezzo. Alla metà del Trecento il castello era considerato il più importante avamposto ghibellino contro Firenze, alla quale dovette sottomettersi nel 1385, quando entrò a far parte della podesteria della Valdambra. Nel 1399 Montozzi, ribellatasi a Firenze, fu nuovamente riassoggettato dai Guelfi. Da allora il castello decadde, subendo nel corso dei secoli seguenti molti cambiamenti. Fra le modifiche più importanti la creazione, intorno al 1800, da parte dell’allora padrone della villa Bartolomeo Bartolini Bardelli, di un vasto parco intorno alla villa stessa, denominato “Bandita”. Pare che a realizzarlo furono i giardinieri del Granduca di Toscana, Leopoldo II di Lorena. Al parco, del tipo all’inglese, ricco di alberi secolari, si accede attraverso un imponente cancello, fiancheggiato da colonne di derivazione neoclassica. Montozzi nel corso del ‘900 subì molte alterazioni, soprattutto durante la seconda guerra mondiale; nel 1944 i tedeschi prima di ritirarsi occuparono la villa, dandola alle fiamme. L’incendio, che durò due giorni interi, danneggiò particolarmente gli affreschi e le pitture murali. Alla fine del secolo scorso la villa fu restaurata, così come molte delle case del borghetto».

http://www.neogeo.unisi.it/geopaesaggi/luoghi.php?id=295


Partina (castello)

Foto di baronyuri, dal sito http://mapio.net   Foto di A. Cocchi, dal sito www.geometriefluide.com   Foto di A. Cocchi, dal sito www.geometriefluide.com

«Il Castello di Partina sorse nell'XI secolo in una posizione strategica, nel punto più elevato dell'abitato medievale, a guardia della strada che collega la Toscana alla Romagna. I primi proprietari furono i discendenti del marchese Ranieri di Toscana, poi la proprietà passò ai monaci camaldolesi, con una donazione. Più tardi i conti Guidi acquistarono il castello dai monaci e risale al XIII secolo una trasformazione, durante la quale venne costruito il cosiddetto Cassero, corrispondente alla torre ancora oggi visibile, che faceva parte del Palazzo dei conti Guidi. I Guidi dominarono la zona fino al XIV secolo e nel 1357 vendettero il castello alla Repubblica di Firenze.  Agli inizi del Novecento il Castello di Partina è stato oggetto di una trasformazione arbitraria per opera dei proprietari del tempo ed ha  perduto le sue caratteristiche originarie. È tutt'ora di proprietà privata» (testo di A. Cocchi).

http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=partina-turismoarte&prod=castello-partina-turismoarte


Partina (villa La Mausolea)

Foto di A. Cocchi, dal sito www.geometriefluide.com   Foto di A. Cocchi, dal sito www.geometriefluide.com

«Sul tratto della Strada statale n° 71 che collega Partina a Soci sorge la Villa La Mausolea. uno dei più importanti esempi di stile Barocco presenti in Casentino. Molto gradevole per le sue forme architettoniche, appartenenti alla cosiddetta corrente classicheggiante del Seicento, la Mausolea conserva al suo interno una ricca collezione di dipinti dei secoli XVII e XVIII, un consistente gruppo dei quali sono opere di artisti che risentono degli insegnamenti di Pietro da Cortona. Particolarmente pregiati sono anche gli altari barocchi in legno intagliato e dorato realizzati da maestri intagliatori attivi tra Sei e Settecento e appartenenti alla corte medicea. L'origine della Mausolea risale al Medioevo, quando esisteva una costruzione che fungeva da centro amministrativo e di controllo del patrimonio fondiario del Monastero di Camaldoli. Il più antico riferimento, in un documento negli antichi archivi camaldolesi, risale al 1087 dove si racconta che la Villa è stata donata all'Eremo di Camaldoli. Da altre indicazioni risulta che la villa veniva usata anche come soggiorno estivo per i frati più anziani e come foresteria per i pellegrini che si recavano al Sacro Eremo. La posizione era strategica, poichè si trovava sulla via di collegamento tra Bibbiena e Poppi, quindi doveva avere anche un ruolo di controllo. La costruzione ha subito nel tempo diversi rifacimenti. Si ha notizia di quello effettuato verso il 1490 a opera del Priore generale Pietro Delfino, ma circa un secolo dopo devono essere sorti seri problemi alle strutture, poiché in seguito a uno smottamento del terreno l'edificio risulta "pericolante" e venne quindi abbandonato. Nel '600, considerata parte integrante dell'Eremo e Cenobio di Camaldoli, la Mausolea si definì soprattutto come fonte primaria di rifornimento agroalimentare dei monaci. All'inizio dell'anno 1634 si stabilì la ricostruzione della Villa ma venne scelta un'area più a valle della precedente, riutilizzando il vecchio edificio abbandonato come cava per la nuova costruzione. Per la realizzazione del progetto venne scelto don Simeone da Cremona che dopo ad aver terminato i lavori alla Mausolea nel 1650 fu poi incaricato dagli stessi frati camaldolesi della ristrutturazione del Sacro Eremo di Camaldoli. Alla villa seguirono ulteriori interventi fino al 1682. Sorse così la Mausolea, nelle forme che vediamo oggi. Esterno. Il complesso architettonico della Mausolea è orientato nord-sud e sorge su un terrapieno pavimentato con lastre di pietra, al centro di un'ampia area agricola delimitata da un muro di recinzione. I fabbricati che ne fanno parte comprendono: la residenza centrale, due edifici più bassi con portici e alcune costruzioni con i locali di servizio alla fattori. Si tratta di edifici ancora in uso oggi, adibiti a cantina per la produzione di vini, laboratorio di prodotti cosmetici e una abitazione. ....» (testo di A. Cocchi).

http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=partina-turismoarte&prod=villa-mausolea-partina-turismoarte


Pergine Valdarno (castel Leone)

Dal sito www.toscanissima.com   Dal video www.youtube.com/watch?v=nnwd9YeU0Pk

«Corte e castello già nell’XI secolo divennero capoluogo di comunità nel 1774. Il castello di Pergine, menzionato per la prima volta in un documento del 1056, appartenne originariamente alla Badia di Prataglia. Passato quindi nel corso del XII secolo sotto il dominio della Badia di Agnano, entrò a far parte dello stato fiorentino, quando l’abate allora in carica pose Pergine, insieme a tutti gli altri possessi dell’abbazia, sotto la protezione della repubblica (1349). Preso con le armi dalle masnade degli Ubertini, dei Tarlati e dei Pazzi del Valdarno che ne rivendicavano il possesso, il castello fu immediatamente riconquistato dai fiorentini, i quali vi inviarono una compagnia capitanata da Albertaccio Ricasoli. Nel 1568 Cosimo I dei Medici pose sotto la sua signoria le cinque comunità che costituivano il territorio dell’abbazia, e cioè Badia di Agnano, Migliari, Montozzi, San Pancrazio e Pergine, creando in quella circostanza un corpo comunitativo che si disse dei "Cinque comuni distrettuali della Valdambra"».

http://www.vacationrentals.tuscany.it/vacanza-toscana/guida-turistica/toscana/arezzo/valdarno/corso-arno/pergine/pergine-comune.htm


PIANETTOLE (castello)

Dal sito www.vrbo.com   Dal sito www.youtube.com/watch?v=jhuhc6ZaLa8

«Mantenuto in sufficiente stato di conservazione, Pianettole rappresenta un bell'esempio di fortilizio medievale, con un'alta cinta muraria in pietra ed un torrione a difesa della porta di accesso rivolta a occidente. La torre è ancora divisa da solai lignei collegati da scale, con un camino al primo piano. Anche la storia di Pianettole si lega in qualche misura alla presenza dei Camaldolesi in Valtiberina. Le continue donazioni di pievi e chiese (soggette ai vari castelli della zona) a favore dell'ordine fecero sì che Camaldoli si insinuasse prepotentemente tra le diocesi di Arezzo e Città di Castello, fin quando il vescovo di quest'ultima non invocò l'intervento dell'imperatore Federico di Svevia in difesa dei suoi possessi. Nel 1502 Sansepolcro vide assoggettati, per mano di Piero de' Medici, i territori di Anghiari e Pieve Santo Stefano. Subito i suoi cittadini ne approfittarono per abbattere il castello di Anghiari. Nella stessa occasione, fu distrutto anche il Castello di Pianettole».

http://www.ilpozzeto.it/it/pianettole


Pierle (rocca)

Dal sito www.luxuryitalianproperty.it   Dal sito www.cortonaguide.com

«Esisteva già nel X secolo ed era proprietà dei marchesi di Monte Santa Maria Tiberina. Il primo documento che si conosca riferito ad esso risale al secolo X ed è il testamento di un Marchese del Colle e Monte Santa Maria. Di questa primitiva rocca non sappiamo molto, solo che appartenne anche agli Oddi di Perugia e che andò distrutta in uno dei frequenti scontri dell’epoca. All’inizio del XIII secolo Cortona riuscì a sottomettere i marchesi di S. Maria, faticando non poco, e da allora il destino della valle fu legato a quello della vicina città. I Casali, signori di Cortona, ne entrarono in possesso infatti fin dal 1236 e nel 1371, Francesco Casali costruì l'attuale castello su progetto di Raniero Casali, sulle rovine del primo. La sua funzione era quella di proteggere Cortona dalla nemica Perugia ma nella sua storia non sono ricordate particolari battaglie o importanti fatti d'arme se non quello di una strage di congiurati (ben 60) del 1387 avvenuta per mano di Uguccio Casali che li fece rinchiudere nel maniero. All’inizio del Quattrocento l’epoca dei Casali volse al tramonto con l’aiuto di Ladislao d’Angiò Durazzo, re di Napoli, che nell’intento di diventare, più o meno, re d’Italia, dopo aver messo le mani su Milano, Roma, sulla Romagna e sulle Marche, si accingeva a marciare su Firenze e su Siena. Fermato dalla resistenza delle due città , puntò su Arezzo e si accampò ai piedi di Cortona. I Cortonesi, confidando nel suo aiuto, si ribellarono ai Casali e, liberata la città, gliela consegnarono. Ma la loro libertà fu di breve durata, Ladislao dovette venire a patti con Siena e Firenze ed i Fiorentini pagarono 60.000 fiorini per ottenere Cortona e 1.200 per il castello di Pierle. Qui vi installarono una guarnigione a garantire l’ordine pubblico e la linea di demarcazione che si andava delineando tra Toscana e Umbria. In realtà il Castello non ebbe più alcun peso strategico e fallì come baluardo a difesa della valle tanto che le bande armate che vollero attraversarla, lo fecero senza incontrare resistenza alcuna. La rocca, senza più importanza, divenne ricetto di sbandati, fuorilegge e fuggiaschi. Il castello fu volontariamente distrutto nel 1587 dal Granduca di Toscana Francesco dei Medici proprio per evitare che in esso trovassero rifugio i nemici della Signoria. Per questo atto, il più bel Castello della valle è giunto fino a noi con la qualifica di rudere.

Nonostante sia in rovina, la fortificazione riesce a sprigionare ancora tutta la sua grande potenza. Pierle è certamente uno dei più belli e potenti esempi di castello feudale presente in Toscana, allo stesso tempo la sua locazione defilata e la mancanza di interventi conservativi non gli ha mai permesso di emergere dallo stato di abbandono e degrado in cui versa ormai da secoli. L'aspetto è quello del classico castello-recinto. Il circuito esterno delle mura, alte dai 5 agli 8 metri, ha una forma a quadrato irregolare, smussato agli angoli, adattata perfettamente allo sperone roccioso su cui è costruita, ed è dotata di tre possenti torrioni quadrati: in quello a monte, eretto in corrispondenza dell'ingresso principale del mastio, si apre una postierla, unico ingresso al recinto. Rimangono ben evidenti ancora, oltre alle torri delle mura rimaste, le guardiole, il camminamento, la scanalatura del ponte levatoio, i condotti per acqua piovana, le finestre a mo' di feritoie. Le imponenti mura sono state ordite in bianchi blocchi di pietra calcarea lavorata a mano, le cantonate e i vari portali sono stati invece realizzati in pietra serena così da creare un evidente contrasto cromatico di notevole bellezza. All'interno sorge il mastio-palazzo residenziale: questo è uno dei più grandi ancora visibili in Toscana, sebbene siano giunte a noi solo le mura esterne, ed è posto nella parte del recinto più a monte. Aveva in origine sette piani: il primo, terzo e quinto a grosse volte di pietra, e gli altri quattro piani a legno; aveva sotterranei con alte volte e, nella torre ancora esistente, vi era un trabocco ossia un pozzo con aculei di ferro e con copertura a bilico, dove si facevano cadere i malcapitati. Delle sue particolari rifiniture restano ormai solo alcuni beccatelli in pietra che sostenevano l'apparato difensivo a sporgere dell'ingresso principale. Il cuore del castello ha forma rettangolare e dall'angolo di nord-est svetta la slanciata torre di guardia. Attorno alle mura si è sviluppato un piccolo borgo con la bella chiesa romanica, originaria dell'XI secolo ma ricostruita nel 1505, di S. Biagio a Pierle, dotata di un'unica navata e campanile a vela. La Rocca di Pierle oggi è un monumentale rudere, visitabile solo dall'esterno, che si estende per una superficie complessiva di oltre 3000 mq netti, una dimensione tale da permettere molteplici destinazioni, da quella di maestosa dimora privata di rappresentanza, a quella di attività ricettiva, sede universitaria, multiproprietà, centro culturale».

http://castelliere.blogspot.it/2011/05/il-castello-di-giovedi-12-maggio.html


PIEVE A RANCO (castello di Ranco)

  Dal sito www.palazzodelpero.it   Dal sito www.ruderimedievali.altervista.org

«I ruderi del castello di Ranco si trovano nella proprietà privata dell'agriturismo 'Rancaccio'. Si raggiungono da Arezzo percorrendo la SS73, giunti in località Molino Nuovo si prosegue sul vecchio tracciato senza imboccare il nuovo tratto a quattro corsie. Dopo circa 1 km troviamo sulla destra la segnalazione turistica per la Pieve di Ranco insieme ad un vecchio cartello con scritto Pieve a Ranco. La stretta strada, che passa sotto la nuova SS73, ci porta oltre il torrente Cerfone fino alla pieve dove è consigliabile lasciare l'auto. Si prosegue a piedi lungo una strada sterrata per circa un altro chilometro. Nell'ultimo tratto costeggiamo i ruderi del castello, protetti da una recinzione di filo spinato. Gli imponenti ruderi del castello di Ranco portano ben impressa quella che un tempo era la loro potenza. Coronano un rilevo roccioso a dominio della valle del torrente Cerfone, nell'alta Val Tiberina, in posizione strategica ai confini del territorio comunale di Arezzo. La costruzione del castello nella sua forma attuale è dei secoli XII e XIII, precedenti insediamenti sul sito sembrano comunque risalire al VI e VII secolo, quando Bizantini e Longobardi si contendevano questa zona. Simbolo della feudalizzazione del contado aretino da parte di potenti famiglie laiche, Ranco, roccaforte dei Tarlati di Pietramala fino al 1439, è considerato una delle più antiche testimonianze storico architettoniche della zona. Fu poi ceduto a Baldaccio d'Anghiari, famoso capitano di ventura, e in seguito venduto ai Brandaglia, nobili aretini. A testimonianza della sua antica potenza resta il fatto che Ranco fu segnato nella mappa della Val di Chiana disegnata da Leonardo da Vinci nel 1502 e nell'affresco raffigurante la carta della Toscana dipinta nella Galleria delle carte geografiche del Vaticano.

La condizione attuale di Ranco è di forte rovina ma è abbastanza semplice leggerne le caratteristiche costruttive. L'insediamento fortificato era costituito da un grande mastio quadrato, residenza dei signori, affiancato da un'altra torre leggermente più piccola, anch'essa quadrata e con la stessa caratteristiche costruttive del mastio. Della struttura principale resta curiosamente in piedi tutto il fronte nord, sul quale sono ancora visibili alcune belle finestre con architrave a semivolta, mentre sono ridotti alle fondamenta quello est e ovest e ben poco resta anche di quello sud. Su quest'ultimo lato si ergeva la seconda torre , anch'essa ormai quasi completamente crollata. Le due torri sono circondate da un'alta e spessa cortina muraria di forma irregolare che si adatta perfettamente alla morfologia del terreno. Di questa restano in buona condizione larghi tratti sui fronti sud ed est, dove possiamo ammirare anche una primordiale bastionatura, eseguita con pietre di forma irregolare, con lo scopo principale di allargare la base del recinto fortificato e far fronte alla nuova tecnica d'assedio di scavare tunnel sotto le mura per minarle e farle franare. Sul lato nord della cortina si apriva l'unica porta di accesso al recinto; su questo lato, fra la cortina esterna e le due torri, si trovava il cortile interno, con altri edifici minori. Tutto l'insieme è invaso dalla vegetazione e a rischio di ulteriori crolli».

http://www.castellitoscani.com/italian/ranco.htm


Poppi (castello dei Conti Guidi)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.castellodipoppi.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)   Foto di Laura Gi (https://www.facebook.com/laura.giangamboni)

«I primi documenti che attestano la presenza del sito fortificato di Poppi risalgono al 1191, ma si ritiene che sia stato edificato tra il IX e il X secolo in seguito alla disgregazione dell’Impero Carolingio. Fin dalle sue origini la storia del Castello è strettamente legata a quella della più grande famiglia feudale del Casentino che mise Poppi al centro delle sue grandi proprietà e abitò questo maniero per quasi quattrocento anni: i Conti Guidi. L'attuale architettura viene attribuita dagli storici al 1274, periodo in cui era al potere il Conte Simone di Battifolle che fece edificare la parte destra dell'edificio commissionandola all'architetto Lapo di Cambio. Il Castello ha una certa somiglianza con Palazzo Vecchio di Firenze, costruito in seguito da Arnolfo di Cambio, tanto da essere citato dal Vasari nell'opera "Vite de' più eccellenti architetti, scultori e pittori", quando ne descrive la costruzione, e meritare la definizione di alcuni esperti di “Prototipo” del palazzo fiorentino. Le scarse aperture presenti nella muratura che cinge il Castello sembrano essere originali. Fu poi costruito il recinto murato fortificato attorno alla torre dal quale si svilupparono gli altri edifici della fortificazione.  Il complesso era dotato di due sole porte, una più grande rivolta a valle verso Ponte a Poppi con una ripida rampa di accesso, e una più piccola sul lato opposto verso la piazza d'armi. Dopo l'ultima grande ristrutturazione del Castello nel 1470 fu quest'ultima, con il nome di Porta del Leone, a diventarne l'accesso principale. Tale porta deve il suo nome ad un bassorilievo raffigurante un grande leone, realizzato da Baldassarre Turriani (1477), posto proprio sopra la sua apertura. Il Castello fu ampliato con la costruzione del blocco rettangolare posto sulla destra della torre.

Questa era la primitiva struttura del Castello, adibita dai piani bassi verso l'alto rispettivamente a carcere, deposito e abitazione. Sebbene oggi sia unito alla torre da una cortina muraria, originariamente le due costruzioni erano staccate, collegate solo da ponti levatoi ai piani alti, per essere ognuna indipendente ed eventualmente a difesa dell'altra. Nel salone del piano superiore del cassero, oggi sede delle riunioni del consiglio comunale, fu redatta nel 1440 la resa dell'ultimo dei conti Guidi, Francesco, alla Repubblica Fiorentina. Quasi contemporaneamente fu iniziata anche la costruzione dell'altra ala del castello, dal lato opposto rispetto alla torre. All’interno del quale si venne a creare la corte interna che ammiriamo ancora oggi, ricca di stemmi in pietra delle famiglie fiorentine che svolsero il vicariato al Castello. Un altro grande intervento fu portato avanti dal 1470: interessò principalmente la corte interna con la costruzione della splendida scala in pietra di accesso ai vari piani dell'edificio e il recinto esterno. Fu scavato il fosso di separazione tra il Castello e la piazza d'armi e sulla cinta esterna fu eretta l'antiporta detta “Munizione”, a difesa della porta del Leone. La Munizione fu anche dotata di ponte levatoio, oggi scomparso. Il Castello era ormai uno splendido palazzo residenziale. L'ultimo restauro, che risale al secolo scorso, con il rifacimento di gran parte delle merlature e il restauro delle bifore ed altre parti della muratura, ha dato lo splendido aspetto odierno al Castello. Una curiosità che impreziosisce la storia del Castello è legata a Dante Alighieri, il quale vi soggiornò negli anni tra il 1307 e il 1311, e tradizione vuole che proprio a Poppi il sommo poeta abbia composto il XXXIII canto dell’Inferno della sua Commedia. Lo stesso Dante Alighieri prese parte alla celeberrima battaglia di Campaldino, combattuta tra Guelfi e Ghibellini poco distante dal Castello dei Conti Guidi».

http://www.castellodipoppi.com/storia


Pratovecchio (castello della Romena)

a c. di Fernando Giaffreda


Rondine (ruderi del castello)

Dal sito www.ruderimedievali.altervista.org   Dal sito www.ruderimedievali.altervista.org

«Il castello di Rondine sorge nel comune di Arezzo, a pochi chilometri da Castiglion Fibocchi. Dal capoluogo è raggiungibile seguendo le indicazioni per quest'ultimo paese. La strada, sterrata, che porta sotto i resti del castello è segnalata da un normale cartello stradale senza accenno alla presenza dei ruderi. Il castello di Rondine fu nel medioevo una delle più potenti roccaforti del contado aretino fra il Valdarno e il Casentino. Oggi è diruto e abbandonato, invaso dalla vegetazione tanto da renderne difficile l'identificazione. Sorge al centro di una proprietà privata ed è recintato in quanto pericoloso addentrarsi tra i ruderi per la possibile caduta di pietre. Il possente mastio in parte svetta ancora ed è quasi intatto, tra gli arbusti si possono notare anche i resti della cinta muraria. La sua costruzione risale ai secoli XII-XIII e fu eseguita dal comune di Arezzo. Nel 1287 fu conquistato dai Guelfi fuoriusciti da Arezzo e divenne il loro punto di forza fino al 1323, quando il Vescovo Guido Tarlati lo riassediò e ne riottenne il controllo. Pochi anni dopo, nel 1338, Rondine, come del resto Arezzo e il suo distretto, passò sotto la Repubblica Fiorentina e non venne più interessato in fatti storici rilevanti, tanto da venire abbandonato e lasciato lentamente andare in rovina. Oggi si trova in una proprietà privata».

http://www.castellitoscani.com/italian/rondine.htm


San Giovanni Valdarno (palazzo Pretorio o di Arnolfo, Palazzaccio)

Palazzo d'Arnolfo, dal sito www.comunesgv.it   Palazzaccio, dal sito www.weagoo.com

«Palazzo Pretorio, meglio noto come Palazzo d'Arnolfo, dal nome dell'architetto Arnolfo di Cambio che ha progettato l'intero castello duecentesco e, probabilmente, per notizia di Giorgio Vasari, anche questo palazzo. è situato esattamente nel centro, tra le due piazze principali, Cavour e Masaccio, affacciandosi sulla via principale del centro, Corso Italia. L'impianto medievale è stato rimaneggiato già nel quattrocento; nel corso degli anni ottanta il palazzo ha goduto di lavori di restauro. è sede di alcuni uffici comunali e di mostre d'arte. Il piano terreno è recintato su tutti i lati da un ampio porticato, con quattro arcate sulle facciate e sei sui fianchi, scandite da pilastri ottagonali ornati da stemmi della città dominante (il giglio fiorentino) e dalla parte guelfa (l'aquila guelfa). Nell'atrio è conservato l'originale del Marzocco, la statua su alto piedistallo in pietra che rappresenta il dominio fiorentino: un leone seduto che regge con la zampa lo scudo gigliato. Originariamente posto in piazza Cavour; di fronte al palazzo, è ora sostituito da una copia e custodito all'interno del Palazzo Pretorio. Alle pareti dell'atrio affreschi e stemmi dipinti del Quattrocento. Il primo piano presenta sulle facciate due loggiati su colonne e capitelli di gusto rinascimentale. Una torre emerge dal centro della parete posteriore, con duplice ordine di finestre e coronamento merlato. Palazzo d'Arnolfo ha una bellezza eccentrica per le abitudini costruttive toscane, rifacendosi più a modelli settentrionali che del centro Italia; il suo fascino è indubbiamente aumentato dai numerosissimi stemmi di vicariato che costellano la facciata principale: duecentocinquanta quelli rimasti, dal più antico del 1410 al più recente del 1772, in pietra, ceramica, taluni scolpiti nelle colonne e nei pilastri, altri dipinti. Su piazza Masaccio si affacciano la Basilica di Santa Maria delle Grazie, la chiesa di San Lorenzo ed il Palazzaccio. Quest'ultimo, detto anche Palazzo Salviati, è di origine trecentesca con successive rielaborazioni. La facciata ricorda modelli dell'architettura toscana tardo-rinascimentale nella triplice sovrapposizione di loggiati ed archi ribassati nei primi due ordini, e architravato a guisa di terrazza terminale il terzo».

http://www.prolocosangiovannivaldarno.it/palazzo_d_arnolfo.asp


SAN LEOLINO IN VAL D'AMBRA (castello)

Dal sito www.vacationrentals.tuscany.it   Dal sito www.comune.bucine.ar.it

«Su un largo sperone di roccia d´arenaria sono poste le solide fondamenta della cinta muraria del castello di San Leolino, edificata con grossi e robusti blocchi di calcare, più grandi alla base e più piccoli via via che salgono. Questa cinta, che conserva ancora intatta la sua originale forma ellittica, era interrotta dall´unica porta di accesso al castello. Questa porta era ancora al suo posto il 21 maggio 1777, giorno in cui i magistrati deliberano "opera in grado minacciante rovina con pericolo dei viandanti la porta castellana di San Leolino......con loro legittimo......ordinano di far demolire la porta e di far nota in più della copia della spesa......". La data di fondazione non è certa. Un documento della fine del Duecento cita il castello che potrebbe essere stato edificato già nel secolo precedente. Le vicissitudini del castello e del limitrofo borgo sono note in quanto dettagliatamente ed accuratamente descritte in validi libri di storia, arte ed architettura e ricalcano le vicende degli altri castelli della Val d´Ambra, contesi per secoli tra Firenze, Arezzo e Siena e spesso dilaniati anche da lotte intestine. Non sempre il castello di San Leolino è citato nel corso degli avvenimenti che riguardano la Val d´Ambra dal Duecento in poi, anche se quasi sicuramente ne fu partecipe e soprattutto vittima. Nella seconda metà del Duecento la Val d´Ambra fa parte dei possessi dei conti Guidi di Modigliana. Per quasi due secoli si trova coinvolta nelle lotte fra Guelfi e Ghibellini. La battaglia di Montaperti del 4 settembre 1260 segna la disfatta dei Guelfi ed assicura un raro periodo di tranquillità alla Val d´Ambra, totalmente in possesso dei Ghibellini. Nel 1289 si registra un´inversione del fronte. L´11 giugno, dopo la battaglia di Campaldino che vede la disfatta dei Ghibellini, i Guelfi di Firenze si dirigono verso Arezzo, ma non potendola conquistare invadono la Val d´Ambra distruggendo molti castelli, tra i quali quasi certamente San Leolino. Nel 1307 il castello è saccheggiato e bruciato da Messer Guido di Messer Arduino da Viana che alla testa di trecento cavalieri e duemila fanti arriva dalla Lunigiana, mandato dai senesi in soccorso dei fiorentini di cui sono in quel momento alleati, minacciati dalle truppe del legato di papa Clemente V. Nel 1431 il conte Bernardino della Carda degli Ubaldini, lasciati i fiorentini ed alleatosi con il duca di Milano, scende con le sue truppe in Val d´Ambra ed il 1° maggio occupa San Leolino. Altre rovinose incursioni in Val d´Ambra che coinvolgono anche San Leolino si hanno nel mese di aprile dell´anno 1527 ad opera delle truppe dell´imperatore Carlo V che al comando del duca Carlo di Borbone marciano contro il papa Clemente VII ed i suoi alleati, il re di Francia, il duca di Milano e Venezia. Carlo di Borbone con l´aiuto dei senesi assedia Roma, la conquista e la saccheggia. è il famoso sacco di Roma del 1527. ...».

http://www.sanleolinodibucine.it/Castello.aspx


Sansepolcro (borgo, palazzi)

Piazza Torre di Berta, dal sito http://fendente3.wordpress.com   Palazzo Pretorio, dal sito www.valtiberinainforma.it

«Sansepolcro è una piacevole e interessante città, situata nelle pianure della valle dell'Alto Tevere, nel sud-est della Toscana, al confine con l'Umbria e le Marche. Posizionata com'è verso il bordo orientale della stessa regione, è più vicino al mare Adriatico che al Tirreno. Si narra che nel X secolo due pellegrini riportarono in queste terre le reliquie del Santo Sepolcro dalla Terra Santa, custodendole in una cappella appositamente costruita; intorno ad essa ebbe modo di svilupparsi il Borgo Sansepolcro. Tra il 1415 e il 1420, Piero della Francesca, uno dei più famosi artisti del Rinascimento italiano, nacque in una delle case del borgo. ... L'antico borgo si sviluppò poi intorno al X secolo, prima come feudo appartenente ai monaci di Camaldoli, nella diocesi di Città di Castello, poi come comune autonomo. Nel XIV secolo la città fu sottomessa dalla famiglia dei Tarlati (1318), e verso la fine del secolo a quella dei Malatesta di Rimini. Firenze impose il proprio dominio dal 1440, con la dinastia della famiglia de' Medici che vi portò un notevole livello di sviluppo edilizio e difensivo. Sotto Cosimo I (1519-1574) venne operata la costruzione di molti palazzi della nobiltà locale. Durante la prima metà del XVI secolo, la città divenne sede vescovile sotto il pontificato di Leone X. ... L'esplorazione turistica alla città deve iniziare con la consapevolezza delle importanti opere d'arte custoditevi. Partendo da Piazza di Torre Berta, così chiamata per via della sua torre del XIII secolo, Torre di Berta, si incontra il centro storico che ospita due degli edifici più antichi del centro urbano: il Palazzo Pichi (XVI secolo) e il Palazzo Giovagnoli (XIII secolo). Non lontano, nella via Matteotti, erge la Cattedrale di Sansepolcro (del XIV secolo), dedicata a San Giovanni Evangelista; la troviamo nello stesso luogo dove un tempo sorgeva un monastero, prima benedettino (X secolo) e poi calmadolese (XII secolo). ... Si visiti anche la Casa-Museo di Piero della Francesca, un elegante edificio dall'architettura che pare ricordare lo stile di Michelozzi (1396-1472). La via Matteotti, la stessa del Duomo, è fiancheggiata da altri edifici risalenti al Quattrocento, oltre a quelli sopra citati: il Palazzo Pretorio (XIV secolo), un tempo sede del governo fiorentino, e riccamente decorato con vari stemmi in maiolica della scuola di Luca della Robbia (1400-1481); il cinquecentesco Palazzo della Laudi, attuale sede degli uffici comunali, opera di Alberto Alberti, che faceva parte della Compagnia delle Laudi. Si visiti anche lo splendido cortile interno, progettato nel XVI secolo da Antonio Cantagallina, un architetto locale. La facciata è impreziosita da un portale di grandi dimensioni, che un tempo ospitava il mercato cittadino. Altri palazzi di valore architettonico sono presenti nella via XX Settembre (Palazzo Bofolci, Palazzo Ducci-Del Rosso). L'antica Fortezza Medicea, del XVI secolo, costruita su progetto di Giuliano da Sangallo sotto commissione di Cosimo I de' Medici, con bastioni angolari, ha incorporato le fortificazioni esistenti. Le antiche mura sono oggi visibili solo nella Porta Fiorentina, l'unica superstite delle quattro porte originariamente esistenti».

 http://www.informagiovani-italia.com/sansepolcro.htm#ixzz2UW4dI9na


Sansepolcro (fortezza Medicea)

Dal sito www.italia-italia-hotels.com   Foto di Carlo, dal sito www.viaggiscoop.it

«Questa splendida struttura si trova sul colle di San Donato, luogo in cui sorgevano antiche costruzioni risalenti al III-II secolo a.C. e al Trecento. La fortezza venne costruita tra il 1538 e il 1560 sotto il volere di Cosimo I de' Medici. L'edificio venne in parte distrutto dai francesi nell'Ottocento e in seguito ristrutturato in più riprese a partire dal 1868. La sua struttura a forma trapezoidale, progettata da Antonio da Sangallo e Nanni Unghero è una perfetta testimonianza di architettura militare cinquecentesca eretta sopra l'area dell'antica cittadella medievale, di cui sono ben visibili due baluardi del fianco Est e alcuni tratti di cortina. La Fortezza era anticamente dotata di tre porte e circondata da un ampio fossato, sul lato Ovest sono ancora visibili le lesioni dovute a una potente esplosione di un ordigno. Il turista può godere di una splendida visuale panoramica sulla città e sulla pianura aretina e della Val D'Arno. Al suo interno il turista può ammirare un intricato reticolo di stanze, gallerie e pozzi, dislocati in svariati punti della Fortezza».

http://arezzo.guidatoscana.it/arezzo-storia/fortezza-medicea.asp


SANSEPOLCRO (torre di Berta)

  La torre prima del crollo, dal sito https://paparoblog.wordpress.com   Macerie della torre crollata, dal sito http://biturgus.com

«Torre realizzata nel XII secolo, probabilmente da un consorzio di famiglie di Sansepolcro, come torre angolare di un gruppo di edifici presso l'abbazia benedettino-camaldolese di San Giovanni Evangelista. Nell'area sottostante si sviluppò nel tempo il mercato di ortaggi, tanto che nei primi decenni del XIX secolo è denominata Piazza delle Erbe, nome poi mutato in Piazza Vittorio Emanuele dopo l'unità d'Italia. Nel 1868 furono abbattuti gli edifici appoggiati alla torre e venne così realizzata l'attuale piazza, lasciando la Torre di Berta al centro. In questo modo la Torre di Berta divenne il simbolo di Sansepolcro, e come tale fu riprodotta nelle prime cartoline e guide turistiche tra i secoli XIX e XX. Venne distrutta nel corso del passaggio del fronte della seconda guerra mondiale, nella notte tra il 30 e il 31 luglio 1944, quando i soldati tedeschi in ritirata la fecero saltare in aria imbottendone di esplosivo il piano terra. L'operazione, del tutto ingiustificata sul piano delle operazioni militari, fu una rappresaglia contro la città, nel tentativo, risultato poi vano, di fare crollare l'intera area attorno, compresi la Cattedrale, il Palazzo Vescovile, il Palazzo Comunale e il Tribunale. Dopo la distruzione dell'antica torre il nome della principale piazza cittadina è stato mutato in Piazza Torre di Berta, a ricordo del simbolo cittadino. Nel corso degli anni sono stati avanzati vari tentativi di ricostruzione, nessuno dei quali andato a buon fine. ...».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Berta


Sant'Andrea di Sorbello (castello di Sorbello)

  Dal sito www.visititaly.it   Dal sito www.valdichianaretina.com

  

«Il Castello di Sorbello si trova a pochi chilometri da Lisciano Nicconeed è uno dei pochissimi castelli della zona che ha tradizioni ghibelline, come dimostrano i suoi torrioni merlati. La costruzione del castello risale al X secolo. Questo castello è collocato in mezzo ai vasti possedimenti dell'antico feudo detto il marchesato di Sorbello. Tale feudo veniva detto "imperiale" perchè concesso dagli imperatori alla dinastia Borbonica ed era liberissimo e presieduto dal più vecchio dei Marchesi, vi si amministrava la giustizia civile e criminale e vi ci si rogavano pubblici contratti che erano riconosciuti dagli altri governi. Nel 1600 subì radicali mutamenti diventando, prima, palazzo di rappresentanza e poi una villa padronale. Nel trattato di Vienna del 1815 vennero aboliti tutti i feudi ed in questa abolizione Sorbello venne compreso, pur non essendo nominato. Approfittando di questo particolare i Marchesi, per il fatto di non essere nominati, fecero finta di nulla e continuarono a governare come feudatari. Successivamente i Marchesi si misero in urto con il loro arciprete di S. Andrea di Sorbello, don Bartolomeo Borghi il quale si recò di persona a Firenze per denunciare il sopruso dei Marchesi. Allora il governo toscano,nel 1819, prese possesso di Sorbello come aveva fatto con il vicino Monte S.Maria aggregandolo al Granducato di Toscana; con l'unificazione d'Italia passò al Comune di Cortona. Don Bartolomeo perseguitato e fatto bastonare dai Marchesi, rinunciò all'arcipretura e si ritirò a Mercatale e poi a Firenze dove morì nel 1821. All'interno del castello gli appartamenti gentilizi sono ricchi di magnifici soffitti a cassettoni. Interessanti il salone d'aspetto, decorato con belle pitture del secolo XVII, e la sala del trono, dove il Reggente amministrava la giustizia».

http://www.valdichianaretina.com/en/sorbello-p-52_vis_9_1002.html


Santa Sofia Marecchia (castello di Montevecchio)

  Foto di Michele Pratiffi, dal sito www.panoramio.com   Dal sito https://m2.facebook.com/profile.php?id=136545393054044

«Santa Sofia Marecchia. Il piccolo borgo fu un antichissimo stato sovrano, vivente di vita propria, fra la contea di Monterotondo, lo Stato di Urbino, i Carpegna di Bascio e lo Stato Fiorentino, padrone della fortezza di Cicognaia. Per svariati secoli fu dominio dei Montedoglio, dei Gonzaga e dei Colloredo. Nella seconda metà del XVII secolo entrò a far parte del comune di Badia Tedalda. S. Sofia aveva un castello con torre cilindrica, di cui si vedono ancora i ruderi. Il luogo era cinto da mura al cui interno c'erano casamenti per gli armati e per il vicario. C'erano anche due torri di vedetta e, fuori dal castello, a buon tiro di archibugio, la chiesa parrocchiale di stile bizantino dedicata a S. Sofia, santa cara al culto di Bisanzio. Il Castello di Montevecchio si trova a Santa Sofia di Badia Tedalda (AR). Si tratta di un’isola aretina racchiusa nel territorio ex Pesaro-Urbino ora, in seguito al recente referendum, di Rimini. L’intero complesso è stato oggetto di un restauro straordinario, impregnato della dedizione e dell’entusiasmo dei proprietari. "L’antico è una nostra comune passione, da sempre", così affermano gli avvocati Daniela e Antonio Zavoli di Rimini. Montevecchio è un antico maniero appartenente in origine alla Chiesa Ravennate; nel 1004 passa in possesso dei Malatesta di Pennabilli. Nel 1258 il Castello era soggetto a Stitivo da Pozzale il cui figlio donò alcune terre nei pressi del Castello ai Monasteri vicini di S. Antonio e S. Vincenzo. Nel 1736 Montevecchio con Sasso di Simone e Cicognaia, erano feudo di Gian Gastone De' Medici e per questo motivo, aboliti i privilegi feudali, i tre feudi insieme a quello di S. Sofia passarono a far parte della Toscana. Dal Castello si domina la confluenza del fiume Senatello nel fiume Marecchia e lo storico ponte degli "Otto Martiri". L'infrastruttura risale a più di 80 anni fa. Qui avvenne un barbaro fatto di sangue risalente alla Seconda Guerra Mondiale: i nazisti in ritirata, su questo ponte fucilarono otto giovani e ne straziarono i corpi con il lancio di bombe a mano. Da ben 68 anni quindi il ponte porta il nome degli "Otto Martiri". Dopo anni di interruzione, nel dicembre del 2008, è stato riaperto al transito veicolare. Si è rimediato così a una situazione di progressivo degrado che si trascinava da molto tempo: il fatto curioso è che sono stati utilizzati fondi destinati a emergenze di molti anni prima, per ovviare a questo grave disagio (che fra l'altro insisteva in zone montane già interessate da molteplici altre cause di isolamento). Infatti la sistemazione del ponte è stata supportata da contribuzioni legate al sisma del '97. Importante lo sforzo fatto per ripristinare il ponte: la conservazione delle parti portanti è stata garantita con l'ampio (anche se non esclusivo) uso di componenti originarie della vecchia struttura, soprattutto negli aspetti legati alla sicurezza degli utenti, a cominciare dai parapetti di protezione, oppure con l'utilizzo di materiali assai simili a quelli che in origine facevano parte del ponte».

http://www.id3king.it/Uscite/U2012/Uscita598/cenni_storici_598.htm


Stia (castello di Porciano)

a c. di Fernando Giaffreda

  


Subbiano (castello)

Dal sito www.prolocosubbiano.it   Dal sito www.scalatt.it

  

«La storia di Subbiano ci riporta all'epoca romana quando il luogo era posto sotto la protezione di Giano come dimostra il suo nome Sub Jano. Sui primordi appartenne al nobile Grifone di Grifone, questi nell'anno 1119 per cento soldi la vendè ad Albertino progenitore dei conti Albertini di Chitignano, allora era contraddistinto come casale e corte di Subbiano, ma forse gli Albertini non ne fecero l'intero acquisto, poiché nel privilegio concesso nel 1191 dall'Imperatore Enrico IV ai conti Guidi si comprende la metà di questa corte e castello, e di questa metà gli stessi conti Guidi ebbero la conferma di possesso dall'Imperatore Federico II nel 1220. In seguito Subbiano fu dominato da Tarlati di Pietramala, finché Pier Saccone, fratello del vescovo Guido Tarlati lo sottomise al Comune di Firenze. Cacciato il duca d'Atene nel 1343 I Subbianesi si staccarono dalla Repubblica Fiorentina, ma nell'anno 1384 con quelli di Arezzo sotto il dominio della Signoria di Firenze. Subbiano paese si concentra tutto a ridosso della riva sinistra dell'Arno dove sulle sue sponde si allineano le case a schiera inframmezzate da antichi edifici e vecchi mulini. Il paesaggio è notevolmente addolcito rispetto alle zone dell'Alto Casentino, anche perché la pianura aprendosi verso Arezzo è più ampia. La campagna intorno a Subbiano è bella e coltivata, oltre le colline di oliveti e vigneti, un tempo rinomata era la specialità del moscatello di Subbiano, che degradano verso il fiume si vedono macchie di vegetazione, filari di cipressi che fanno da cortina a vecchi casali ristrutturati e disegnano strade bianche di campagna. Il paese conserva ancora il vecchio Castello affacciato sul fiume a cui si accede da una porta-torre che invita in una stretta strada lastricata che correndo tutto intorno alla Torre si apre in una bella porta con arco a sesto acuto che lascia scoprire tra le pietre antiche gli incavi delle botole e delle saracinesche che alzavano un pesante portone e un angolo di Subbiano attraverso la bella feritoia a bocca di lupo che un tempo completava la struttura difensiva. La porta della Torre conduce ad un piccolo cortile aperto sul fiume».

http://www.subbiano.toscana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=185&Itemid=44


Tavernelle (villa La Barbolana)

Dal sito www.girotondosanfrancesco.it   Dal sito www.valtiberina.toscana.it

«La Barbolana rappresenta un singolarissmo esempio di villa fortificata in territorio aretino. L'originale impostazione tipologica e volumetrica con l'eccezionale sviluppo in altezza della torre centrale e la non comune posizione geografica ne fanno un elemento emergente determinante nel paesaggio della Valtiberina. La villa è collegata al Convento dei Cappuccini, posto più in alto, attraverso un rettilineo affiancato da cipressi. La sua storia è legata a quella del feudo di Montauto governato fin dal secolo XI dalla famiglia Barbolani. L'edificio, voluto da Federico di Antonio Barbolani e costruito tra 1556 e il 1582, rappresenta un momento di sintesi tra la villa, il palazzo e il castello. Ha una pianta quadrata con bastioni angolari lievemente sporgenti; la mole del volume è scandita dalle finestrature, alcune delle quali finte o ritamponate, ed alleggerita dall'altezza della torre centrale. Gli ambienti interni risultano in gran parte voltati con portali rinascimentali in pietra e pavimentazione in cotto. Al piano terreno è posta la cappella del secolo XVIII. Fin dalla sua costruzione la villa fu funzionale ad una grande proprietà agricola in costruzione e svolse quindi anche il ruolo di centro di fattoria, consolidatosi fra il XVII e XVIII secolo. La villa è stata oggetto di ammodernamento nel secolo scorso in occasione del matrimonio tra Carlotte Barbolani e Simone Francesco Velluti Zati Duca di San Clemente. Il pianoro in cui sorge l'edificio è attualmente sistemato a prato con siepe di bosso perimetrale e una cortina di cipressi sul lato che affaccia verso la val Sovara. Pregevole infine il pozzo in pietra che sorge al lato del vialetto d'ingresso».

http://www.cultura.toscana.it/architetture/giardini/arezzo/villa_la_barbolana.shtml


TOPPOLE (castello)

Nella foto di Antonio Aina, Toppole oggi, dal sito http://postecode.com   Toppole oggi, dal sito www.anghiari.it

«Il Castello di Toppole rientra nel sistema d'insediamento fortificato sulla destra della valle del Sovara, insieme a Valialle (risalente al Mille, di cui restano pochi tratti di mura), Casale, Upacchi e Scoiano. Le prime notizie risalgono al 1087, quando Enrico di Bernardo di Galbino s'impegnò a difendere Toppole per conto dei vescovi aretini. In seguito il castello fu soggetto a varie successioni: monaci Camaldolesi, Ranieri di Galbino, la famiglia aretina dei Tarlati ed infine i fiorentini. Purtroppo attualmente l'impianto primitivo non è più leggibile, l'interno comprende delle unità edilizie rurali piuttosto rimaneggiate, mentre al centro del nucleo abitativo c'è la chiesa di S. Clemente che risale probabilmente al XII secolo, anche se alcune tombe recentemente scoperte ne fanno supporre una datazione anteriore. L'abside rappresenta la parte più antica della chiesa, originariamente con pianta a croce greca, trasformata a croce latina alla metà del XIX secolo. Poco distante da Toppole, raggiungibile anche a piedi tramite un sentiero, è la Badia di San Veriano, abbazia camaldolese sorta alla fine dell'XI secolo».

http://www.sitoscana.it/scheda_itinerario.php?id_prodotto_itinerario=4&Castello-di-Toppole--Castrum-dei-Longobardi-


Valenzano (castello)

Dal sito www.castellodivalenzano.it   Dal sito www.castellodivalenzano.it

«Situato in prossimità della strada che da Calbenzano raggiunge Poggio d'Acona, su uno sprone dominato dall'alpe di Catenaia, si eleva la poderosa mole del Castello di Valenzano, vigile sentinella della sottostante vallata caratterizzata dal sinuoso percorso dell'Arno che da Rassina raggiunge Vogognano e Subbiano. Le sue origini si perdono nell'oscurità del medioevo ed appaiono anteriori al sec. X; il primo nucleo sorse nel tardo periodo della dominazione Longobarda, tra la fine del I e l'inizio del X secolo, come torre di vedetta. Presumibilmente ampliato fra il X-XI secolo, il nucleo fortificato di Valenzano, fu di proprietà di nobili Longobardi, i quali ne dividevano le terre con i monaci Camaldolesi dei monasteri del Sasso e di Selvamonda. Una pergamena del gennaio del 1089, ci conferma infatti la locazione da parte del Priore Martino ai fratelli Uberto, Alberico, Ugo e Ildebrando per 18 soldi lucchesi di terre poste in Valenzano, Bagnolo, Acona, Calbenzano e Vogognano. A seguito della caduta dei Longobardi e successivamente dei Franchi, la storia di Valenzano si fonde con quella di Arezzo, all'inizio del '200 le bandiere di Arezzo sventolavano dall'alto delle sue torri. Con l'avvento del XIII secolo anche il castello di Valenzano passa di proprietà ad una delle più potenti e nobili famiglie toscane: gli Ubertini. Dopo la sconfitta di Arezzo nel 1289 a Campaldino con i guelfi di Firenze, Valenzano subì il saccheggio e le violenze dei vincitori. Nei primi anni del XIV secolo, intorno al 1319, anche Valenzano passa sotto il dominio dei Tarlati ed é di questo periodo l'ampliamento del fortilizio con la costruzione della seconda torre. ... Nel secondo decennio del Quattrocento, estintasi la famiglia Pietramala, col ramo dei conti Grisolini di Arezzo, il feudo passò come titolo dotale al conte Ghino Rondinelli con atto del 15 giugno 1414. Fu il conte Ghino ad iniziare l'opera di trasformazione dei ruderi del castello in fattoria. Ai Rondinelli la fattoria di Valenzano resterà di proprietà per ben oltre quattrocento anni. Il 15 marzo 1881 la villa di Valenzano viene ereditata da Isabella, figlia del marchese Andrea Rondinelli Vitelli e nel 1884 passerà alla sorella Clementina, moglie del conte Giovanangelo Bastogi, il quale inizia fra gli anni 1885-90 i lavori al castello di Valenzano. Sulla scia delle tendenze architettoniche del periodo storico, i lavori di ristrutturazione trasformeranno il castello nella dimora che possiamo vedere ai nostri giorni, con lo stile neogotico e carico di assonanze ed ammiccamenti, dalle decorazioni con merli e bifore in marmo».

http://www.castellodivalenzano.it/storia.php?lang=it


ValIALLE (resti del castello)

Valialle, la chiesa di San Biagio oggi nella foto di Anghiarese, dal sito www.panoramio.com   Valialle, la chiesa di San Biagio oggi nella foto di Anghiarese, dal sito www.panoramio.com

«Dell'originaria cinta muraria restano solo pochi tratti, mentre il nucleo è utilizzato per abitazioni rurali. L'interna chiesa, dedicata a S. Biagio ha forme romaniche, unica navata, con abside semicircolare e campanile a vela: riaperta alla fruizione del pubblico nell'estate del 2004 conserva all'interno capitelli romanici ed un quadro rappresentante la Vergine in gloria con i Santi Biagio e Romualdo. Come Pianettole, anche Valialle fu legato all'ordine dei Camaldolesi: distrutto da Firenze, con le sue pietre fu poi costruita, nel 1460, la Porta Nuova (o Fiorentina) di Anghiari».

http://www.anghiari.it/new/italiano/sistema_museale.asp?pag=castelli3#Castello_di_Valialle


 

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