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    CASTEL SAN NICCOLO', castello

a cura di Fernando Giaffreda

scheda    cenni storici    video


In alto: Veduta del palazzo centrale del castello dalla strada comunale di percorso. In basso: il piccolo maniero di Castel San Niccolò, attualmente abitazione privata, spiato fra due muri del borgo.

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Castel San Niccolò  Castel San Niccolò

 

Un’altra veduta panoramica mette in risalto il borgo inframurario abitato ai piedi della rocca.  Un torrione laterale del recinto murario è stato adattato ad orologio nell’Ottocento. Le sei cifre romane e l’unica lancia dividono il giorno in quattro sesti meridiani di ora, due diurni e due notturni. Il sistema, detto “alla romana”, si è salvato da un’ordinanza Granducale del 1750, emessa perché si adottasse generalmente il sistema “alla francese”, che rintocca su due dodicesimi meridiani. Il meccanismo fu realizzato nel 1863 da Ferdinando Bagnoli, uno dei figli del capomastro Camillo orologiaio che ebbe commesse anche nel vicino convento di Vallombrosa (cfr. GIORGETTI R., L'antico orologio dell'abbazia di Vallombrosa, in Corrispondenza, n. 34/1998, pp.29-31)  Il ponte “medievale” di Vado sul torrente Solano, nel mercatale di Strada. Rifatto dopo le ultime distruzioni belliche mondiali, il punto di guado si affaccia su una fila di case che in tempi remoti erano piccoli mulini  La bifora rinascimentale sull’esterno est del palazzo castellare  La ripida salita del sentiero che dal guado di Vado porta al castello. La pavimentazione dovrebbe essere originale, mentre le strutture pedonali sono dovute a un recente intervento municipale  Lo sguardo sul lato sud del palazzo di Castel San Niccolò rivela la struttura a più torri appoggiate della rocca originaria. Il tetto infatti non è “a padiglione” ma “a capanna”, con diverse altezze degli spioventi  La struttura non magnificente del palazzo di rocca mostra la composizione a più elementi costruttivi, tipico dei castelli “di campagna”  Questa veduta della bifora del palazzo mostra anche un angolo della cerchia muraria non del tutto recuperata

 

La modesta chiesetta originale del borgo castellare ha subìto qualche buon intervento di restauro e riuso. Si tratta dell’Oratorio intitolato a San Niccolò e che dà il nome all’intero territorio.  Lavori all’Oratorio San Niccolò in borgo. La porta laterale e due graziose monofore.  Un ritratto di Dante in terracotta posto sul davanzale di un muro privato. Si può attendere qualche motivazione.  Una viuzza del borgo sfocia nel portone esterno sulla torre dell’orologio.  Canto di borgo Castel San Niccolò  Se si alza lo sguardo dagli scalini privati, si vede il castello  Il sentiero pedonale fra il vecchio muro di contenimento e la moderna balaustra dell’intervento comunale  Il portale a sesto acuto all’ingresso del borgo, accanto alla torre con l’orologio


 


Epoca: XI secolo, su un precedente castrum longobardo nominato per la prima volta in una donazione feudale del 1029 riguardante il diritto all’erezione della pieve di San Martino in Vado.

Posizione geografica:
in Casentino, nel comune omonimo Castel San Niccolò (2.800 abitanti circa). Il castello si trova nel Valdarno superiore aretino, casentinese appunto, nell’ultima parte nordorientale del Pratomagno. È arroccato a 380 m s.l.m. sul costone destro della valle di Solano, un torrente che affluisce in Arno nella piana di Campaldino.

Come arrivarci: con l’auto da Firenze (distanza 50 km) lasciando la SS 70 Pontassieve-Bibbiena, detta anche della Consuma, all’altezza della frazione Borgo alla Collina. Svoltando a destra per l’indicazione, in 5 minuti ci si trova a Strada in Casentino, frazione capoluogo municipale che sta proprio sotto il castello. Provenendo da Arezzo, la SS 71 per Bibbiena ci fa risalire tutto l’Arno superiore per 32 km verso nord. Poi si prosegue per altri 10 km sulla SS70 toccando Poppi, fino a Borgo alla Collina. Da lì si svolta a sinistra per Strada in Casentino e negli stessi 5 minuti ci siamo. Se viceversa si proviene dalla costa adriatica, da Cesena si monta sulla nuova E45 per Roma lasciandola a Bagno di Romagna (stazione termale). Lì la SS71 porta in direzione di Poppi e quindi ancora Borgo alla Collina.

Stato di conservazione: evidentemente è andato perduto nei secoli dopo il XV l’originario, ben strutturato anche se non enorme, impianto del castello. Era ordinato nel senso più classico: due cinte murarie, la più esterna delle quali munita di diverse torri, porte gotiche d’accesso, mastio, cisterna, rocca e palazzo feudale. Più in basso fuori le mura, il borgo rurale del “mercatale” coi suoi mulini e la pieve, denominato originariamente Vado per il ponte che guada il torrente Solano, situato su un antico sentiero romano prodromo di un’importante via commerciale nell’Alto medioevo. Tuttavia negli ultimi anni Settanta, il proprietario privato che vi dimora si è assunto l’onere del restauro del palazzo, salvando anche le modifiche rinascimentali delle facciate e del loggiato, ma non di tutte le parti restanti della cinta muraria.

Come visitarlo: per visitare l’interno del castello è assolutamente necessario telefonare al proprietario privato per concordare un appuntamento, componendo il numero 0575.572961. La sua cortese disponibilità a far pure da guida consente di varcare i cancelli della cerchia di mura e di entrare nell’antico palazzo residenziale posto alla sommità dell’arroccamento. Chi volesse invece accontentarsi di un sopralluogo sulle strutture urbane del borgo adiacente il maniero non deve far altro che incamminarsi dal mercatale di Vado, cioè Strada in Casentino, guadare il Solano dal vecchio ponte medievale (rifatto dopo la distruzione del secondo dopoguerra), e inerpicarsi sull’impegnativo sentiero che conduce al castello. Oppure prendersela più comoda con l’auto, così da giungere a destinazione dalla panoramica strada carrabile senza sfondo.

        

Cenni storici

Giusto allo sbocco di valle del percorso romano che attraversava il Pratomagno partendo da Firenze per Pelago, Montemignaio e quindi Vado, i Longobardi costruirono un castrum elevato proprio in corrispondenza del torrente Solano, là dove nell’XI secolo la gens dei Guidi conti avrebbe poi strutturato il futuro Castello di San Niccolò. Le prime notizie dell’esistenza di un insediamento castellare più ordinato si hanno in un atto di donazione imperiale del 1029, grazie al quale fu riconosciuta la comunità cristiana raccolta intorno alla Pieve di San Martino in Vado, una chiesa romanica ancor’oggi esistente e attiva, situata all’imbocco di Strada in Casentino. Ma bisogna attendere il 1259 per rinvenire la documentazione attendibile che faccia il primo riferimento esplicito al toponimo Castel San Niccolò. Già mezzo secolo prima, esattamente nel 1212, risultano proprietari del castello i conti Guidi di Battifolle, appartenenti alla famosa stirpe casentinese che in tutta la Toscana era conosciuta semplicemente come “i Conti” per antonomasia, grandi costruttori di castelli, e che lo stesso Dante nella Commedia indica con rimpianto come una stirpe caratteristica di un’epoca per lui ormai perduta, ma fedele al principio del governo di Cesare [1]. Il primo signore del feudo risulta essere stato il conte Guglielmo Novello del ramo di Battifolle, personaggio che ebbe il suo bel da fare nel resistere alla pressione del Comune fiorentino nei feudi guideschi, compresi quelli del Pratomagno casentinese.

Com’è noto, nella Toscana del Dugento il fenomeno della progressiva decadenza della feudalità che i Guidi rappresentano è lo specchio della trasformazione in senso mercantilistico della società feudale, dovuta a sua volta alla crescita economica e commerciale delle città e dei Comuni, in particolare di quello più forte: Firenze. Il crollo politico del casato feudale avviene un po’ ovunque intorno alla metà del XIV secolo nel quadro della definitiva sconfitta delle sorti ghibelline, e si consuma proprio attraverso la perdita di quasi tutti i castelli (privilegi feudali e fondiari compresi) da parte dei Guidi, i quali si trasformeranno inesorabilmente in una frazione decaduta della classe aristocratica cittadina. Qui a Castel San Niccolò - feudo, castello e ramo aristocratico che si direbbero “minori” e periferici nell’enclave casentinese - il dramma dell’arretramento si consumò nel 1349, quando il castello era retto dal rampollo di Guglielmo, Galeotto dei Guidi da Battifolle. La popolazione del contado, abilmente aizzata dai Fiorentini con la prospettiva di liberarsi dai pesanti gioghi esercitati dalla rendita naturale agraria, si unì a quella di altri castelli d’oltreriva pedemontana, tra i quali anche Montemignaio e Battifolle; fece voto di sottomissione alla Repubblica di Firenze e cacciò con una rivolta generalizzata il tiranno crudele Galeotto da Castel San Niccolò. Fu una conquista importante per Firenze, ma anche per il castello rappresentò uno scatto d’avanzamento politico notevole, tanto da diventare sede della Podesteria della “Montagna Fiorentina”, la quale altro non era che l’attuale collina del Pratomagno passata sotto il controllo del comune gigliato. In quel contesto e nel giro di un secolo successivo, Castel San Niccolò divenne un avamposto politico importante per i traffici interni alla Repubblica fiorentina, anche se nello stesso tempo i commerci tesero a concentrarsi per lo più a Borgo alla Collina. La vecchia via romana Pelago-Montemignanio-San Niccolò-Vado, che serviva per raggiungere l’Arno a Campaldino di Poppi, perse progressivamente importanza a tutto vantaggio della nuova via della Consuma, la quale aveva come capolinea di pianura il “mercatale” di Borgo alla Collina, molto prossimo al villaggio di Vado. Con la conquista fiorentina insomma, Castel San Niccolò eretto a podesteria fu come aggirato alle spalle nell’impulso mercantile registratosi nell’epoca.

Nel 1440 Castel San Niccolò venne coinvolto violentemente nella guerra espansionista fra la Signoria di Milano e la Repubblica fiorentina alleatasi in lega con Venezia. L’esercito mercenario di Niccolò Piccinino da Perugia, che con un voltafaccia a Firenze era passato al soldo di Milano, scese dalla Valpadana, rioccupò Forlì e Faenza e valicò l’Appennino fino a giungere nel Casentino per affrontare la soldatesca fiorentina guidata da Neri Capponi, non senza aver riscosso l’appoggio preventivo dei Guidi del castello di Poppi. Prima dell’epilogo di quello scontro, conclusosi con la famosa battaglia di Anghiari, il capitano di ventura Piccinino pose un lungo assedio ai borghi e alla fortificazione di Castel San Niccolò, che alla fine dovette soccombere non senza il suo bel tributo di sangue. Le cronache riportano episodi cruenti quali il lancio con le catapulte degli assediati catturati durante i tentativi di sortita dal castello; oppure, dopo l’espugnazione milanese, l’impiccagione lungo le mura di gran parte della popolazione assediata e vinta. Anche se i Fiorentini mezzo vittoriosi dopo Anghiari riconquistarono le posizioni perdute, la Repubblica di Firenze fece opera di smantellamento in diversi castelli casentinesi che già erano andati distrutti in quel conflitto. In questo rimaneggiamento Castel San Niccolò sede podestarile verrà “spodestato” nella scala dei traffici ristabiliti, sostituito dal nuovo castello “popolano” di Borgo alla Collina, che già i Fiorentini avevano in precedenza e in parte promosso a maggiore importanza commerciale rispetto al più antico castello capoluogo. Forse il vecchio castello dei Guidi aveva il torto di essere troppo infrattato e un po’ declassato rispetto alle nuove rotte fiorentine.

Solo nel 1776 il riordino amministrativo del dispotismo illuminato dei Lorena risolse, mediante l’aggregazione in un’unica podesteria, questa situazione di doppio e perciò triplice ingorgo fra insediamenti castellari successivi intorno al primo Castel San Niccolò, dovuti alla compresenza dei borghi di San Martino in Vado con la sua pieve del Mille, di Borgo alla Collina sviluppatosi in epoca repubblicana sulla direttrice della Consuma, e del castello vero e proprio [2] col suo borgo “mercatale” in basso, che oggi ha il nome di Strada in Casentino e che è capoluogo comunale e sede municipale.

Pare che la sistemazione amministrativa del territorio di Castel San Niccolò abbia rappresentato un compito mai risolto definitivamente in due secoli e mezzo, a partire dall’ordinamento leopoldino del 1776. Le cause remote sono da ricercarsi certamente nella particolare posizione interna e assai defilata del castello, con evidenti tratti di perifericità, ma se si volesse assumere alcuni fatti come sintomi di una condizione difficile, se ne potrebbe trarre conclusioni non meno eloquenti e razionali per la “comprensione storica” di Castel San Niccolò: fin da quel lontanissimo 1029 è sempre appartenuto, come ancora appartiene (!), alla diocesi di Firenze e Fiesole, nonostante sia stato annesso alla provincia Arezzo con l’ondata dei plebisciti antecedenti l’unificazione risorgimentale italiana (1859); l’organizzazione mandamentale successiva del 1868 ha costituito con la denominazione “Castel San Niccolò” (definitiva nel 1896) un piccolo territorio di cerniera, i cui abitanti sono denominati curiosamente “stradini”; il borgo del castello, che pure è il toponimo dell’attuale comune, non è sede civica del municipio, ma si confronta con qualche opposizione all’altro castello di Borgo alla Collina, di creazione fiorentina quattrocentesca.

Insomma, anche in quest’angolo remoto e nascosto della Toscana i retaggi del Medioevo sembrano ancora alla ricerca di un assetto più meritevole.

   


1 Per la comprensione del valore dei Guidi intesi come la feudalità nella storia della Toscana, si osservi attentamente il significato del canto più “passatista” del Paradiso, il XVI.

2 Ulteriori immagini possono essere osservate anche dal sito ufficiale del Comune www.comune.castel-san-niccolo.ar.it/

     

       

 

© 2006 Fernando Giaffreda, testo e foto. Il video non è stato realizzato dall'autore della scheda.

    


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