Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


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    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


5.3.2. Cause vere e presunte

  

Generalmente la peste ha inizio quando una persona è morsa da un roditore che è portatore del batterio della peste oppure dal maneggiare un animale infetto.

Si credeva che la malattia provenisse dalla strana inclinazione dei pianeti oppure dai cattivi odori che provenivano dal sottosuolo.

In verità la malattia proveniva dalla pulce e si diffondeva sempre più per via delle scarse condizioni igieniche, le fogne a cielo aperto ecc. Quando si era malati si veniva ben presto rinchiusi in un lazzaretto e al momento della morte si veniva seppelliti in fosse comuni. Per curare la peste si usavano erbe, tabacco, mazzi di fiori ecc.

La Chiesa credeva che la peste fosse una punizione divina per i tanti peccati commessi in passato.

è stato stimato che all'epoca vi fosse almeno una famiglia di ratti per abitazione, con almeno 3 pulci per ratto. Ciò sarebbe stata una delle concause che facilitarono la diffusione dell'epidemia.

 

La Pulce

La pulce è il nome volgare che viene attribuito ad insetti di piccola taglia senza ali che sopravvivono nutrendosi del sangue di altri animali. Le loro uova si schiudono nel giro di circa 6-12 giorni dando alla luce piccole larve. Queste uova vengono deposte in luoghi come tappeti e tende, nella spazzatura, ecc. Le pulci adulte hanno delle piccole antenne, un corpo sottile e un apparato boccale masticatore e pungente. Questi insetti riescono a saltare grazie alle loro lunghe e potenti zampe.

Nel Medioevo, in Europa,  la peste bubbonica venne trasmessa dalla pulce Ceratophillus fasciatus.

 

5.3.3 Conseguenze

   

Calo demografico: dal 10% al 60% (crollo anche della natalità).

Effetti secondari: in città spinta al rialzo dei salari, aumento dei costi di produzione, crisi economica (anche a causa del blocco dei commerci); in campagna campi rimasti "sodi"; più terreno da coltivare per individuo; maggiore disponibilità alimentare.

Disgregazione sociale: famiglie distrutte, ragazzi vagabondi.

Criminalità durante le epidemie; rilassatezza dei costumi; fuga dalle città. La diffusione del contagio costrinse le autorità cittadine ad attivare il lazzaretto e a creare figure nuove come i monatti che si guadagnano un triste prestigio nella città priva di un controllo razionale ed efficiente.

La gente si mise alla ricerca dei responsabili, identificati nei vagabondi e negli untori. La folle paura di presenze diaboliche giustificò una vera e propria caccia all'untore da parte all'autorità che si servirono di tutti gli strumenti allora previsti: denunce anonime, torture, brutali esecuzioni in pubblico [v. in seguito Ebrei-Streghe, n.d.A.]

   

I sintomi

La peste si manifestava con alcuni gonfiori all'inguine e sotto l'ascella; le vittime sputavano sangue e in tre giorni morivano. Dai rigonfiamenti usciva sangue con pus; erano poi seguiti da macchie sulla pelle.
Dal malato emanava un odore ripugnante. La peste bubbonica dava i primi sintomi sotto forma di vomito, cefalea, nausea, dolore articolare e malessere. La temperatura corporea (accompagnata da brividi) saliva fino a 38,5°- 40,5° e il polso e la respirazione del soggetto colpito aumentavano. Nei casi fortunati la febbre scendeva in 5 giorni e si guariva nel giro di due settimane; mentre nei casi più sfortunati nel giro di 4 giorni si moriva. Per la peste polmonare invece la morte avveniva 2-3 giorni dopo la prima comparsa dei sintomi. La peste setticemica provocava la morte nello stesso giorno in cui i sintomi si presentavano.

   

I rimedi

    

Rimedi alla peste: controlli sugli uomini e sulle merci, fumigazioni, quarantena delle merci, chiusura delle case infette (ad opera delle magistrature di sanità, strutture amministrative, non mediche); cure mediche: salassi, incisione dei bubboni, fumigazioni; rimedi religiosi: lasciti, processioni,culti di immagini, ex voto ai santi guaritori.

Incisione del bubbone

  

I monatti

I monatti erano addetti ai servizi più penosi e pericolosi della pestilenza: essi dovevano togliere i cadaveri dalle strade e dalle case e portarli alle fosse comuni, dovevano accompagnare i malati al lazzaretto e avevano il compito di bruciare gli oggetti infetti e di chiudere le case dei malati. Comunque, anche svolgendo questo lavoro, i monatti sono stati considerati persone spregevoli: essi infatti entravano nelle case per rubare e non avevano pietà e rispetto per i malati.

 

Il medico degli appestati

Nonostante fossero stati assunti dal governo cittadino infatti, nessuno era in grado di controllarli. La loro brutalità, le sofferenze inevitabilmente legate alla loro presenza, il loro abito rosso scuro ed il campanello legato al piede, che costituivano la loro triste divisa, erano per la popolazione indifesa simbolo dell'orrore della peste.

Il lazzaretto

    

Il lazzaretto era un luogo, situato fuori della città, in cui si trovavano circa trecento stanze ad un solo piano; al centro di questo piccolo quartiere si trovava una chiesa. Esso veniva utilizzato prima per accogliere le vittime della carestia, poi venne attivato per le pestilenze ma si rivelò insufficiente per coprire tutte le richieste.

Divenne quindi difficile ospitare i malati.

Il lazzaretto

La gestione del lazzaretto fu affidata ai frati cappuccini. Il ricovero nel lazzaretto, che pure era una necessità, creò terrore nei malati che, quando erano abbastanza ricchi, tentavan di farsi curare a casa, in gran segreto.

La peste paralizzò la vita economica, sconvolse gli usi sociali, imbarbarì la sensibilità collettiva. I sopravvissuti raccontarono della fuga dei più ricchi e previdenti dalle città infette, di uomini, donne e bambini abbandonati anche dai parenti più stretti e lasciati a morire da soli, di mucchi di cadaveri gettati in fosse comuni coperti di calce. Testimoniano anche lo stupore, lo sgomento e l'impotenza dei contemporanei di fronte a una tragedia volta a volta attribuita alla collera divina, alla "corruzione" dell'aria, alla malvagità di untori ebrei, ad una funesta congiunzione astrale. Ma non dicono - perché non potevano saperlo - che si trattava solo dell'inizio di un ciclo di epidemie destinato a durare molto a lungo.

   

L'impatto economico delle epidemie

Nelle campagne la diminuzione del numero degli uomini determinò l'abbandono di molte terre e dunque, in linea generale, una regressione della coltivazione dei cereali (base dell'alimentazione del periodo) ed una ripresa del bosco e del pascolo, con la moltiplicazione di animali selvaggi quali cinghiali, cervi, caprioli, lepri, conigli e anche lupi. In città si ridusse la manodopera necessaria alle attività artigianali e industriali, con un corrispondente calo della produzione.

    

Interi nuclei familiari furono colpiti e scomparvero, altri furono decimati: così aumentò il numero degli orfani e delle famiglie senza un genitore, anche se la tendenza di lungo periodo era quella a riformare nuclei familiari fra i superstiti. 

La peste uccideva gli uomini, ma risparmiava i beni materiali. Così vi furono disposizione più case per gli abitanti ed il loro valore diminuì, come pure i canoni d'affitto. Al tempo stesso, i sopravvissuti divennero mediamente più abbienti, in quanto ereditarono i beni dei morti. 

Ciò provocò un'espansione dei consumi individuali. D'altra parte il minor numero di uomini portò ad un aumento dei salari e delle retribuzioni in generale, perché la domanda di forza-lavoro era superiore all'offerta.

Le cronache sono piene di lamenti del cittadino medio per l'aumento del costo dei servizi, per esempio quelli dei commercianti e del personale domestico.

  

I contraccolpi psicologici

Lo spettacolo della morte su una scala così totale impressionò fortemente gli uomini di quest'epoca.

Al tempo stesso, tuttavia, come spesso avviene dinanzi alle grandi catastrofi, un desiderio di vita, di piaceri, di cose belle s'impadronì dei sopravvissuti. Era un comportamento che scandalizzava i moralisti e che fu ben sintetizzato dal cronista fiorentino Matteo Villani (1280/90-1363), che nella sua Cronica scrisse: «Credettesi che gli uomini, i quali Iddio per grazia avea riserbati in vita [...], divenissono di migliore condizione, umili, virtudiosi e cattolici [...]. Ma di presente restata la mortalità, apparve il contradio: che gli uomini [...] si dierono alla più sconcia e disonesta vita che prima non aveano usata. Perocchè vacando in ozio, usavano dissolutamente il peccato della gola, i conviti, taverne e delizie con dilicate vivande e' giuochi, scorrendo senza freno alla lussuria [...]».

Una farmacia

    

La scienza medica di allora non fu in grado di combattere questa epidemia. «Il morbo - scrisse uno studioso dell'epoca - è causa di umiliazione per i medici: essi infatti sono incapaci di dare aiuto ai malati». In poco tempo, più di un quarto della popolazione europea fu uccisa dalla tremenda epidemia.

Non essendo in grado di debellare il terribile morbo, alcuni medici cercarono di trovare la maniera per prevenirlo. Ma dai risultati a cui essi giunsero, possiamo capire in quale modo fossero condotte le ricerche mediche.

  

©2005 Raimondo G. Russo

  


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