Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 3. La Chiesa e la magia


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


  


Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. LE EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


3. LA CHIESA E LA MAGIA [1]


Dal II al IV secolo: fame, pestilenze e guerre sconvolsero tutta l’Italia: c’erano pochi posti ove la gente potesse recarsi e sentirsi sicura. C’era anche la necessità di trovare un luogo ove i malati e i feriti potessero trovare ricovero e assistenza.

La cura era quella già conosciuta: ciò che “funzionava”, semplicemente era ripetuto. Questo pose termine all’apprendimento medico e alla sperimentazione ed aprì la porta a falsi trattamenti, all’inganno e agli amuleti.

Per alleviare le sofferenze dei malati erano infatti considerati, tra l’altro: cuore di lepre (per la febbre quartana); carne lessata di cane neonato (per le coliche); tre violette (come prevenzione dalle malattie); e una infinità di frasi “magiche” per la cura, ad esempio di orzaioli, corpi estranei nell’occhio, paterecci, dolori addominali.

  

Esistevano anche “giorni”  adeguati per la preparazione delle medicine, tipi di preghiere da recitare, pratiche speciali da compiere (legare una scrofa al letto; usare uova di formica miste a olio di scorpione e carne di leone; bere sangue di capretto, eccetera).

I “malefici” erano nell’ordine comune delle cose, e quindi i sortilegi e la invocazione dei miracoli erano accetti e di largo uso. C’era sempre un santo per  le malattie: sant'Antonio (fuoco sacro); sant'Andrea (spasmi); san Giovanni (convulsioni); oppure venivano compiuti pellegrinaggi in talune località per guarire l’epilessia, la corea, l’ergotismo, ecc.

Con il decadimento intellettuale la gente tornò ai grandi insegnamenti del passato e per ogni necessità venivano consultati i testi di Ippocrate e Galeno.

Immagine da William of Ockham's, Dialogus (Lione, c. 1494) 

La sola istituzione che ebbe il potere di offrire ed assicurare assistenza a tali bisognosi fu la Chiesa di Roma: la medicina letteraria trovò una sede nelle chiese e nei chiostri. Qui l’informazione sopravvisse e poterono essere conservati i dati dei pazienti. Sfortunatamente i monaci erano conosciuti quali uomini pratici: essi sostenevano che leggi naturali governavano la vita degli uomini e che non c’era moti-

vo di preoccuparsi delle acquisizioni mediche. Inoltre c’era un altro motivo per cui la pratica medica dei “secoli bui” si accentrò nei monasteri: essi erano dove erano gli ospedali e dove si possedevano le liste delle erbe mediche. La gente in cerca di aiuto doveva recarsi presso di loro.

 

3.1 Il Monachesimo e la medicina monastica [2]

Alcuni cenni storici

Nell’anno 300 ca. d.C. si ha la nascita del monachesimo cristiano in Egitto ed in Siria. San Pacomio (287-346) fonda il primo cenobio (vita comune) nel 320 circa, a Tabennisi nell'alto Egitto. Alla sua regola si sono ispirate tutte le successive regole monastiche.

San Pacomio 

 Cassiodoro

Sempre in Egitto era nato l'anacoretismo con Antonio (sant’Antonio abate) che si era ritirato nel deserto per cercarvi la perfezione dell'anima. è stata la prima figura storica del monachesimo. Le abitazioni dei suoi primi seguaci, sparse attorno alla cella del santo, furono chiamate "monasteri".

La tendenza naturale di riunirsi, avendo simili sentimenti e la stessa vocazione a un tipo di ascesi diversa, fece nascere i "conventi".

Pacomio (dal copto Pa-ahom, "dall’aquila”) educò i suoi discepoli alla vita comune, costituendo poco lontano dalle rive del Nilo la prima koinonia, una comunità cristiana, a imitazione di quella fondata dagli apostoli a Gerusalemme, basata sulla comunione nella preghiera, nel lavoro e nella refezione, e concretizzata nel servizio reciproco. In breve tempo un centinaio di monaci si unirono a lui e così poté fondare dieci nuovi monasteri.

Contemporaneamente a quelli maschili nacquero i primi cenobi femminili: il più antico di essi in Occidente fu probabilmente il convento fondato a Roma attorno al 360; mentre una delle prime regole per monache fu quella dettata da san Cesario (470 circa - 542) per il cenobio di Arles, nel quale, tra le altre attività, una suora esercitava la medicina pratica.

In seguito il convento femminile di Poitiers, fondato secondo la stessa regola da santa Radegonda, (518-587) si dedicò alla cura dei malati.

San Benedetto da Norcia (480ca.- 547) dettò ai monaci del monastero di Montecassino, da lui fondato nel 529, la Regula Monachorum (Regola Benedettina), che divenne la più importante regola monastica dell'Occidente.

Il monachesimo di san Benedetto oltre alle predominanti preghiere e lodi a Dio, promosse anche varie attività, tra cui gli studi medici, iniziando in effetti la “medicina monastica".

                            
San Benedetto scrive la Regola 

Abbazia di Montecassino

Si formarono centri di studio della medicina in tutta Europa. A titolo esemplificativo si possono ricordare i monasteri di Chartres, di Cluny, di San Gallo, di Aberdeen, di Reichenau. Lo studio della medicina comprese anche la copiatura, da parte degli amanuensi, di codici e testi di autori dell’antichità.

Tale rinascita della medicina medievale, contrapponendosi a quella popolare, ebbe centro a Montecassino e a Roma ma anche a Farfa (Rieti), dove fu fondato un hospitale e a Fossanova, presso Latina, dove l’attività medica principale dell’abbazia consistette nella cura dei malarici delle vicine paludi e fatta segno di speciale benevolenza da parte dei numerosi pontefici, massimamente di Innocenzo III.

Grande importanza, anche politica, acquistarono infatti quei centri monastici in luoghi malarici, non esclusa l'opera di risanamento prestata dai monaci.

L'attività medica dei monaci cistercensi va inquadrata pertanto in questa secolare tradizione, ispirata non soltanto alla Regola di san Benedetto, ma rispetto a quanto mano a mano nei secoli veniva deciso dai Concili, dai papi e dalle autorità laiche.

 

 


1 G. Cosmacini, L’arte lunga, Laterza Ed., Roma-Bari 2001, pp. 114 – 138.

2 A. Castiglioni, Storia della Medicina, A. Mondadori Ed., Milano 1936, pp. 263-266. H. Caprez, Il monachesimo medioevale, Rivista CIBA, VI (34), 1952, pp. 1127- 1136. Id., Assistenza ai malati e medicina monastica fino al IX secolo, ivi, pp. 1138-1144. Id., L’attività medica dei Benedettini e dei Cistersensi, ivi, pp. 1145- 1148.

 

 

©2004 Raimondo G. Russo

 


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