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                                Chi ha "inventato" l'anima? E quando? E a che cos'è
                                servita questa invenzione? E possiamo farne ormai a
                                meno? La cultura moderna e il "processo di laicizzazione" sembrano averci alfine liberati da una
                                lunga schiavitù che - volenti o nolenti - ci obbligava
                                a sottovalutare e addirittura a disprezzare il corpo:
                                è comunque molto diffuso il pregiudizio secondo il
                                quale il cristianesimo si reggerebbe su una visione
                                dualistica del rapporto fra anima e corpo e su una
                                sorta di disprezzo per quest'ultimo. 
                                Si tratta di una
                                visione caricaturale della religione cristiana, che
                                sembra nata perfino al di là dell'osservazione dei
                                caratteri ascetici propri a un aspetto dell'esperienza
                                cristiana. Eppure dovrebb'essere storicamente parlando
                                chiaro che certe filosofie di comportamento si sono
                                affermate semmai a contatto con l'etica protestante di
                                certi ambienti borghesi, specie di quelli dell'Inghilterra dell'Ottocento, e non sono mai state
                                caratteristiche del mondo cattolico. Non a caso, in
                                effetti, la Riforma protestante nacque proprio in
                                reazione, fra l'altro, alla riscoperta estetica della
                                nudità e dell'eros nell'umanesimo e ai costumi del
                                clero cattolico, giudicati lascivi. 
                                è
                                abbastanza buffo da parte di certi settori del laicismo
                                contemporaneo far l'apologia della Riforma protestante e al tempo stesso della
                                "liberazione del corpo", che il protestantesimo ritardò di parecchi
                                secoli. Echi di questi equivoci e di questi pregiudizi
                                si colgono sovente, anche in scritti di studiosi
                                avveduti. Non ne è del tutto estraneo, almeno concettualmente, il bel saggio che Jacques Le Goff
                                dedica a Il corpo nel medioevo (Laterza 2005) e dove
                                si svolge la tesi che, da san Paolo a sant'Agostino,
                                sia maturato nel cristianesimo un "edificio dottrinale
                                antisessuale"; per quanto sia ben chiaro al grande
                                medievista francese che la Chiesa intendeva "controllare" il corpo, non certo negarlo e avvilirlo
                                tout court: e che suo fine ultimo era semmai la
                                codificazione e la regolamentazione delle attività
                                fisiche. Da ciò nasceranno l'etica sessuale non meno
                                che quella cavalleresca o addirittura la gastronomia:
                                etiche e tecniche di controllo e di padroneggiamento,
                                non dogmi negativistici. E Le Goff, che il medioevo lo
                                conosce da quel maestro ch'egli in effetti è, dimostra
                                bene nel suo libro quanto poco "repressivo" sia stato
                                tale lungo periodo della storia europea occidentale. 
                                Eppure, il pregiudizio è duro a venir battuto. Lo
                                dimostra anche l'articolo «L'invenzione dell'anima» di
                                Umberto Galimberti ("La Repubblica" di ieri), dove si
                                auspica la definitiva liberazione di «quella mentalità
                                dualistica che, accanto al corpo, colloca l'anima che
                                Platone ha inaugurato per garantire l'oggettività del
                                sapere, il cristianesimo ha ribadito per dare un 
                                supporto alla fede nell'immortalità, favorendo in
                                questo modo la riduzione scientifica del corpo a
                                materia organica». Per la verità, come Galimberti
                                stesso ricorda, la fede nell'immortalità non è affatto
                                collegata con l'anima (che difatti non è menzionata
                                nel "simbolo niceno", nel Credo), bensì con la resurrezione dei corpi: il che, per quanto sia senza
                                dubbio vero che il cristianesimo, quanto meno tra V e
                                XII secolo, si è profondamente platonizzato, rimanda
                                essenzialmente proprio a una sacralità del corpo inteso
                                come "tempio vivente di Dio" che ha infuso nella
                                materia di cui esso è stato costituito il "nephesh",
                                la forza vitale, ma appunto alitandovi la sua Ruah, il
                                suo spirito divino. 
                                L'ascetismo ha senza dubbio
                                svalutato il corpo: ma, non a a caso, proprio dalle
                                istanze ascetiche sono spesso nate le eresie più
                                pericolose. In punto di morte Francesco d'Assisi, che
                                pur era stato molto rigoroso ed esigenze con "frate
                                Asino", il suo corpo, chiese di poter mangiare un po'
                                di dolce al miele. Non conosco modo più cristiano di
                                morire. Altro che riduzione del corpo a materia organica, roba da
                                fisiologia seicentesca. 
                                  
                                Franco
                                Cardini
                  
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