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a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti

La raffigurazione di un uccello nel rosone della cattedrale di Bitonto.


Così come sono stati raffigurati nel rosone della cattedrale di Bitonto, la visione degli uccelli non edifica, ma incute terrore, quel terrore suscitato da Aristofane, dall'avventarsi di uno stormo di uccelli contro un uomo.

La contraddizione potrebbe essere sanata da una serie di fattori riconducibili a voluti effetti di immaginazione dell'artista o del committente, ad un difetto di visione, al tipo di materiale su cui ha operato, ad un errore nella resa degli uccelli rappresentati, a precisi modelli espressivi di quell'epoca in quella determinata area geografica. Tutte queste considerazioni sono tuttavia in contrasto con quanti, come il Bagatti, sostengono che l'atteggiamento di riposo degli animali di qualunque specie evoca una visione di pace paradisiaca. Questi uccelli, invece, pur realizzati in atteggiamento di riposo, richiamano alla mente visioni demoniache. Sorge allora il sospetto che il committente abbia voluto deliberatamente creare in queste immagini un'audace bivalenza di sistemi didascalici a rovescio nel repertorio cristiano, in questa ragnatela di simboli in cui riesce arduo immaginare come il fedele dei secoli X, XI o XII abbia potuto districarsi senza perdere la bussola del suo orientamento.

Volendo richiamare alla mente qualche esempio sulle varianti simboliche degli uccelli, teniamo presente la nota lastra marmorea dell'ambone della cattedrale bitontina, impreziosita da due alberi con uccelli sui rami. Il significato di base è stato cristianizzato con l'accentuazione delle oppositae qualitates: albero del bene e albero del male con i relativi riferimenti allegorici in positivo e in negativo, che assegnano a questi uccelli interpretazioni diverse a seconda del contesto artistico in cui sono stati rappresentati. Vi sono insomma "uccellini" e "uccellacci", come avrebbe detto Pier Paolo Pasolini, non però nella diversità della specie, ma nella diversità di comprensione del loro linguaggio; possono essere rapaci e quindi simbolo del male, o miti, simbolo del "messaggero" dell'angelo", ovvero dell'anima umana, intermediari fra il cielo e la terra, fra Dio e l'uomo. 

Ora, la comprensione del linguaggio animale nell'arte, degli uccelli nel caso specifico, è fondamentale per la coscienza collettiva dell'età di mezzo, proprio per la possibilità che le concede di ascendere al "superiore", al "divino", di orientarne lo spirito e correggerne la rotta. È un linguaggio alternativo, certo diverso da quello di un Francesco d'Assisi che parlava agli uccelli veri e si faceva da essi intendere, ma pur sempre un linguaggio, anche se sotto forma di monologo muto che poggia le sue argomentazioni su un humus archetipo pregno di simboli angelici e psichici, che richiamano alla mente l'idea della verticalità spirituale in opposizione alla piattezza della carne e alla caduta.

Giotto, La predica agli uccelli (1296-1304 circa): Assisi, dipinto sulla controfacciata della Basilica Superiore.


In una visione più pacata e serena di immagini ornitologiche scolpite sui capitelli della cattedrale bitontina, il senso della verticalità è dato proprio dalle ali che costituiscono lo strumento ascensionale per eccellenza, «donde risulta paradossalmente che l'uccello non è quasi mai considerato come un animale, ma come un semplice accessorio dell'ala». Ed è per questo che l'immagine ornitologica, salvo quella degli uccelli notturni che rinvia al teriomorfismo, richiama l'idea d'elevazione e di sublimazione, non solo nel senso più puro dello spirito, ma anche come simbolo, quidditas di una volontà che sta in alto. In sostanza, «l'uccello è disanimalizzato a vantaggio della funzione» come l'
aquila che, presso gli antichi romani, è essenzialmente il messaggero della volontà che sta in alto, così come in alto sta il corvo presso le popolazioni germano-celtiche.

    

Da leggere:

F. Cardini, Sognare a Firenze fra ‘400 e ‘500, in «Quaderni medievali», 9 (giugno 1980).

E. Mâle, L’art religieux du XII siècle en France, Paris 1947.

V. H. Debidour, Le Bestiaire sculpté du Moyen Age en France, Mulhouse 1961.

Charbonneau-Lassay, Le Bestiaire du Christ, Arché, Milano 1980.

R. Guènon, Simboli della scienza sacra, Milano 1987.

G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari 1972.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘bestiari fantastici’ delle cattedrali, Fasano 1996 (da cui è tratta la prima immagine di questa pagina).

   

   

©2004 Felice Moretti

      


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