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a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti

L'aquila simbolo della giustizia (ambone della cattedrale di Bitonto)


Nel regno alato, 1’aquila occupa il posto del leone. Con 1’aquila, si ha 1’impressione di trovarsi davvero dinanzi a quei simboli-base “universali”, tipici di molti popoli, di molti tempi e di molte culture.

è nell’Asia centrale e poi presso i popoli dell’Oriente mediterrraneo che troviamo le più antiche tracce sulla simbologia dell’aquila. Già simbolo di Vishnou nell’antica religione indiana, nell’arte caldea è il nobile uccello che accompagna il re nelle sue rappresentazioni, che doma il leone, che aiuta 1’Ercole caldeo nella sua lotta contro i mostri. è soprattutto nell’arte religiosa della Siria che 1’aquila assume significazioni tali da essere poi reinterpretate e applicate al cristianesimo. Sui monumenti funerari siriani 1’aquila assumeva il ruolo dell’animale psicopompo, che accompagnava le anime dei morti verso la loro dimora celeste. Questo elemento è ritenuto dal Cardini di eccezionale importanza per la individuazione del culto dell’aquila che «dovrebbe impiantarsi presso i popoli incineratori più spesso e più profondamente che non presso i popoli inumatori, che possono semmai averlo ricevuto indirettamente», pur ponendoci sull’avviso di una certa cautela per affermazioni che implicano la migrazione dei simboli.

Nell’antica arte sumerica, la indiscutibile sovranità dell’aquila su tutto il regno animale è evidenziata dall’innesto di testa di leone sul suo corpo alato. è 1’unico animale a cui spetta il privilegio di volare verso il cielo portando le anime dei morti nella regione degli dei: credenza che fu poi dei Greci e più tardi dei Romani. In Grecia e a Roma, 1’aquila divenne 1’uccello di Zeus e di Giove, e a Roma soprattutto 1’apoteosi dei Cesari fu celebrata col volo delle aquile.

Uccello glorioso, emblema della Roma imperiale, dei suoi trionfi e del suo dominio universale, 1’aquila divenne per i cristiani, dopo la conversione di Costantino e 1’editto del 314, 1’emblema del trionfo della religione di Cristo sul paganesimo persecutore dei cristiani, simbolo di Cristo: Aquila Christus.

Il ruolo di conduttore di anime verso gli dei del cielo che gli antichi culti asiatici e mediterranei avevano assegnato all’aquila, seguì una naturale migrazione simbolica nella religione cristiana dove il Redentore, Aquila Christus, aprendo alle anime le porte del cielo, con 1’infusione della sua grazia, le eleva verso Dio; verso le altezze spirituali essa eleva il pensiero degli uomini appesantito dalla materia.

Nella simbologia cristiana, 1’aquila è disincarnata e disanimalizzata, non confusa con gli uccelli a carattere puramente sessuale e pertanto facilmente contrapposta al serpente-demonio contro cui la lotta acquisterà una caratteristica valenza di pugna spiritualis: del fedele, della purezza, contro la tentazione, vale a dire, il peccato, la materia. Da qui, un tema iconografico dalle origini remote che affonda le radici in culti asiatici: 1’aquila che tiene fra gli artigli una preda, un capretto o una lepre. è un tema che ricorre frequentemente nell’arte medievale e che richiama alla mente la vittoria delle forze celesti contro il male, contro il demonio raffigurato dal capretto o contro 1’eresia raffigurata dalla lepre, il cui simbolo fu prediletto da Federico II. Sulla facciata principale della cattedrale bitontina, due grifoni, che come 1’aquila cercano gli spazi celesti, tengono fra gli artigli 1’uno un capretto, 1’altro una lepre, considerata anche animale impuro (Levitico, XI, 6) (Deuteronomio XIV, 7). La lepre infatti appartiene alla categoria degli immondi perché rappresenta la superbia intellettuale. Un altro tema iconografico che ricorre frequentemente nella scultura medievale è quello dell’aquila che artiglia un drago, con una combinazione simbolica che richiama una vicenda araldica molto particolare e interessante allorquando la regina dell’aria si trasforma decisamente in simbolo del Sacro Romano Impero nel XII secolo con Federico Barbarossa.

Uccello del Sole, 1’aquila fu presso antiche popolazioni anche il simbolo del fuoco e della luce; i Greci e poi i Romani 1’hanno rappresentata con i fulmini di Zeus-Giove fra gli artigli. Nella Storia naturale di Plinio si legge che 1’aquila è 1’unico volatile capace di fissare per lungo tempo ed intensamente il sole e che per provare la legittimità dei suoi piccoli, li espone alla luce accecante dei suoi raggi. I piccoli che riescono a sopportare la luce sono riconosciuti come vera prole e pertanto nutriti, gli altri invece che battono le palpebre e distolgono lo sguardo dai raggi solari, sono rinnegati e cacciati dal nido. Di questa leggenda ha fatto uso Onorio di Autun nel suo Speculum Ecclesiae per un accostamento simbolico fra 1’aquila e il Cristo-Giudice del Giudizio universale. Cristo, infatti, riserverà il nido, cioè il paradiso, solo ai giusti e getterà all’inferno i malvagi che si sono mostrati indegni del suo amore.

Gli accostamenti fra 1’aquila e Cristo che aveva detto: « Io sono la Luce del mondo ... Sono venuto a portare il fuoco sulla terra ... » sono frequenti nel pensiero simbolico cristiano e applicati ai sacramenti e alla liturgia.

Al sacramento del Battesimo e alla Resurrezione è legata la leggenda popolare tratta dal Physiologus in cui si legge che «quando l’aquila invecchia le si appesantiscono gli occhi, e la vista le si offusca. Che cosa fa allora. Cerca una fonte d’acqua pura, e vola su nel cielo del sole, e brucia le sue vecchie ali e la caligine dei suoi occhi, e scende nella fonte, e vi si immerge tre volte, e così si rinnova e ridiventa giovane ...». La fontana della giovinezza sta a significare la vasca battesimale da cui il cristiano esce purificato.

Nel volo dell’aquila verso il cielo è da intendersi anche il volo di Cristo resuscitato dai morti, del Cristo che, deposte le spoglie di un corpo corruttibile, sale al cielo.

La mitologia ha fortemente contribuito ad incanalare negli alvei della drammatica cristiana alcune immagini legate all’aquila che, salendo fino all’Olimpo per portarvi le anime, ne discende impregnata del favore degli dei. E quando il giusto offre un sacrificio a Zeus per assicurarsene il favore, egli immagina che su di sé scenda dall’Olimpo il bacio del padre degli dei, come 1’aquila che dalle celesti altezze vola verso il sole. Nella sistemazione drammatica, la Chiesa primitiva guardò all’aquila come immagine della grazia divina che discende con le sue immense ali sul giusto che 1’invoca.

Ganimede rapito dall'aquila-Zeus

Così, nel mito di Ganimede, rapito da Zeus invaghitosi della sua bellezza, la metamorfosi del dio in aquila che porta sull’Olimpo il bel ragazzo per farne il suo coppiere e il suo amante in cambio dell’eterna giovinezza, simboleggia 1’ascensione delle anime verso il cielo, nonostante 1’equivoco erotismo del racconto.

Nel simbolismo cristiano l’aquila fu presa come uno degli attributi della Giustizia che ricompensa e punisce. Nella visione dantesca, fu messa all’ombra delle ali dell’aquila imperiale a cui si riconnette il concetto della giustizia, che dal cielo si riflette negli ordinamenti terreni.

In questa visione è racchiuso tutto 1’ideale etico politico del divin poeta che si manifesta e si esalta in difficoltà d’invenzioni. è d’altronde nota 1’invenzione dantesca dell’Aquila, concepita come una serie di figurazioni che si succedono e si sovrappongono in una danza di luci disegnanti una grande M che si trasforma in ‘Aquila’: «e quietata ciascuna in suo loco / la testa e ’l collo d’un’aguglia vidi / rappresentare a quel distinto foco» (Par., XVIII, 106-108).

Con Dante, il simbolo dell’impero e quello della giustizia si coagulano in un’unica immagine, quella aquilina, che Federico II fece incidere sui suoi augustali assieme al suo nome. Con 1’aquila, Dante ha scelto un simbolo pregno di significati microcosmici e macrocosmici. Essa suggerisce al divin poeta un genio senza pari: Omero è «quel segnor de 1’altissimo canto / che sovra li altri com’aquila vola» (Inf. IV, 95-96). Ma 1’aquila delle insegne romane, il «segno / che fe’ i Romani al mondo reverendi» (Par. XIX, 101-102) richiama alla mente un’immagine di portata macrocosmica: il potere imperiale di Roma trasferito da Dante ad Enrico VII salutato come ”aquila eccelsa” che «come folgore calando verrà» (Ep. V, 11), quando, attraversando gli Appennini, «successore di Cesare e Augusto », egli riporterà i veneranda signa Tarpeia (Ep. VII, 5), gli stendardi dell’aquila romana, «1’uccel di Dio» (Par. VI, 4).

Quest’aquila trionfale, messaggera di Zeus, da dove proviene? La universalità del suo simbolo che spazia nei meandri della psiche, che si libra in volo dall’Olimpo al Paradiso, che annulla gli spazi e il tempo, non permette una risposta semplice. Forse la storia di questo simbolo divino e regale non è ancora stata scritta del tutto. A complicare poi le cose ci hanno pensato alcuni autori medievali che hanno accostato la figura dell’aquila a quella del demonio: nell’aspra fierezza del volo aquilino essi hanno visto 1’orgoglio implacabile di Satana. Come antitesi dell’uccello psicopompo che porta le anime al cielo, rapitrice di anime fu interpretata la figura dell’aquila che colpisce col becco il pesce serrato nei suoi artigli, come è possibile vederla nella bifora inferiore del lato sud del transetto della cattedrale di Bari. E nonostante i tentativi di san Brunone d’Asti, sant'Isidoro e sant'Anselmo di restituire all’aquila 1’immagine del Salvatore pescatore di anime per il cielo, essi trovarono pochi sostenitori. Il volo ghermitore sul pesce continuò ad essere interpretato in una visione diabolica. Rabano Mauro, nell’elencazione dei dati positivi, ne aggiunge due negativi e definisce le aquile spiriti maligni raptores animarum, e gens impia vel civitas in aliorum depredationem decurrens, forse perché le associa all’avvoltoio e al corvo, animali malvagi, perché si riteneva che rubassero senza fatica le cose altrui.

    

Da leggere:

G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari 1972.

F. Zambon (a cura di), Il Fisiologo, Milano 1975.

F. Cardini, L’aquila, in «Abstracta» 13, marzo 1987, 38-43 e 14, aprile 1987, 34-41.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995 (dal volume è tratta la prima immagine di questa pagina).

   

   

©2003 Felice Moretti

     


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