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COREGLIA ANTELMINELLI, castello DI GHIVIZZANO

a cura di Mauro Mattei

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Castello di Ghivizzano. In alto, il lato nord della torre; alla sua desta un tratto di mura della rocca. In basso, a sinistra: veduta aerea del borgo col castello (su gentile concessione di Foto Center Calavorno); si distinguono bene la prima cinta di mura e, nel prato della torre, la caserma dei soldati di guarnigione, con la chiesa della rocca. A destra: il fronte nord del castello, ovvero il lato montagna.

 

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Coreglia Antelminelli  Coreglia Antelminelli

 

Fronte sud di valle del castello  Il castello visto dalla valle  Mappa degli ambienti ai tempi di Castruccio Castracani  Stemma dei Nuti posto all’ingresso della rocca. I Nuti diedero vita alla famiglia dei Ghivizzani, ultimi signori del castello


 


Epoca: difficile da stabilire. XII secolo la rocca, costruita su una torre longobarda, ma la prima “fortificazione” è da attribuire quasi certamente ai romani (IV secolo a.C.) che per primi ne sfruttarono la posizione strategica.

Posizione geografica: i
l castello di Ghivizzano, paese del Comune di Coreglia Antelminelli, 1700 abitanti circa, lo troviamo, là dove la Valle del Serchio si apre verso la Garfagnana, arroccato su un colle della riva sinistra del Serchio, stretto fra il fiume e gli Appennini, le cui vette, il Giovo e il Rondinaio, per secoli lo hanno protetto.

Come arrivarci: con l’auto, da Lucca (29 km) prendere la strada provinciale “Lodovica” in direzione Castelnuovo, lungo la  riva destra del Serchio. Dopo 28 km, arrivati al ponte di Calavorno, svoltare a destra e seguire le indicazioni Ghivizzano per 1 km.

Dall’Abetone (47 Km) percorrere statale n. 12 del Brennero dopo Bagni di Lucca. Giunti in località Chifenti (5 Km), svoltare a destra e seguire indicazioni  per Coreglia Antelminelli per 4 Km.

Da Reggio Emilia (134 Km) e da Aulla (77 Km) percorrendo strade di montagna, arrivare a Castelnuovo Garfagnana, prendere la strada provinciale “Lodovica” in direzione di Lucca. Dopo 21 km, arrivati al ponte di Calavorno, svoltare a sinistra e seguire indicazioni Ghivizzano per 1 km.

Col treno: la stazione di  Ghivizzano è sulla linea ferroviaria Lucca-Aulla. Oltre ai normali treni, in occasione di alcuni eventi è possibile arrivarci anche col treno a vapore (“Treno dei sapori”). Per informazioni particolari sugli orari consultare il sito www.regionale.trenitalia.it.

Stato di conservazione: abbastanza buono. Nel corso dei secoli, nelle stanze delle mura di cinta del castello sono state ricavate delle abitazioni, e le feritoie sono state sostituite da finestre. Solo in un tratto le mura sono rimaste intatte (prima cinta di mura), cioè lungo via Sossala (subsala), la più caratteristica del borgo. La torre e un tratto delle mura della rocca avrebbero  bisogno di un restauro.

Come visitarlo: è possibile visitare tutto il castello a settembre, in occasione dell’apertura dei castelli (consultare www.regione.toscana.it). Per gli altri giorni, il fai da te non è consigliato perché le chiese sono aperte solo nelle ore di culto, e la rocca con la torre, essendo privata, è chiusa. Le persone con le chiavi sono poche, solo tre, tutte appartenenti al gruppo storico locale: hanno dato la loro disponibilità ad accompagnare gratuitamente i visitatori nell’intero del castello (rocca, torre e chiese), ma vogliono essere avvertite con alcuni giorni di anticipo. Ecco che si possono contattare per e-mail a info@ghivizzanocastello.com o per telefono tramite l’ufficio dell’APT dislocato all’interno della stazione ferroviaria di Ghivizzano ai numeri 0583.77296 e 0583.779710 il martedì, il venerdì e il sabato dalle ore 9 alle ore14.

  

Cenni storici

Non abbiamo notizie precise sull’origine di Ghivizzano e di quando è sorta la sua fortificazione. Il primo insediamento è opera dei Liguri Apuani, ai quali nel 239 a.C. si contrapposero i Romani provenienti da Lucca, che chiamarono l’insediamento Clavis (chiave) per la sua posizione strategica: un luogo che poteva chiudere o aprire l’accesso alla valle. Il nome Clavis col passare dei secoli si è trasformato in Clavidianum, poi Glavezzano e infine Ghivizzano.

Nel 983 d.C. il paese di Glavezzano fu donato in feudo alla famiglia longobarda dei Rolandinghi da Teudogrimo vescovo di Lucca tramite un al livellamento. Con questo particolare contratto d’affitto fu governato fino a che i Rolandinghi non furono sostituiti dalla famiglia dei Bizzarri per effetto di uno strano rimbalzo d’eredità. Ai Bizzarri subentrarono poi gli Antelminelli, il cui dominio su Coreglia e Ghivizzano non fu facile. Spesso dovettero difendere o dividerne i diritti d’uso con Lucca, che nel 1171, esattamente nel mese di gennaio, assaltò ed espugnò il castello, mettendo a fuoco le case che lo circondavano (l’odierno Calavorno).

Col passare degli anni Lucca consolidò la sua giurisdizione grazie anche all’investitura imperiale. Le fu riconosciuta sovranità sulla Garfagnana così da amministrarla in due distinte Vicarie, Perpole infra e Perpole supra. Intorno al 1272 queste due tenenze feudali furono a loro volta sottodivise in Vicaria di Camporgiano, di Castiglione, di Barga e di Coreglia. Ghivizzano fu uno dei 36 paesi che formavano la Vicaria di Coreglia.

Proprio in quegli anni gli Antelminelli iniziarono la loro scalata al potere nella Repubblica di Lucca, cosa che gli riuscì ai primi del ‘300 col rampollo Castruccio Castracane. Fu proprio Castruccio, che con i suoi lavori di ristrutturazione e di fortificazione diede al castello la fisionomia di ora, a cingere di mura l’intero borgo costruendovi un palazzo, eretto quale residenza gentilizia personale, una rocca, e ristrutturando la torre. Accanto ad essa costruì una “caserma” per la guarnigione di 40 soldati: casa del Capitano del popolo appunto. In quel periodo della repubblica di Lucca, il Capitano del Popolo venne a coincidere, proprio col Castruccio condottiero ghibellino, con la funzione di comando militare del popolo armato.

La torre, alta 25 metri su base quadrata, era dotata originariamente di 8 grossi merli. Oggi ne vediamo solo quattro per la perdita di quelli che stavano al centro di ogni lato. Utilizzato per l’avvistamento e per la difesa in caso bellico, questo tozzo torrione aveva il piano terra che non comunicava dall’interno coi piani superiori (si usava così quando il primo livello serviva da magazzino). Al primo piano si accedeva solo dall’esterno utilizzando con una “scala mobile” che veniva issata all’occorrenza o in caso di pericolo. Al primo la zona giorno, al secondo piano la zona notte. Ma l’uso civile ed abitativo, per così dire “borghese” della torre, si avrà solo successivamente, quando saranno terminate le logiche dello scontro secolare fra guelfi e ghibellini, fra città filoimperiali e città filopapali, in Italia e in Toscana. Nei secoli la torre ha ovviamente subito molte modifiche. Recenti studi archeologici hanno rilevato una vecchia pavimentazione a circa tre metri sotto il piano terra, confortando così l’ipotesi della sua esistenza ancor prima del 1100.

Dopo la morte di Castruccio, avvenuta il 3 settembre 1328, Ghivizzano ospitò tra le sue mura un altro Antelminelli, Francesco Castracane, che scacciato da Lucca vi abitò per alcuni anni con la famiglia. La moglie Giovanna nel 1336 e il figlio Filippo nel 1347 vi morirono. I loro corpi furono seppelliti nella pieve della rocca (chiesa dei SS. Pietro e Paolo), l’odierna parrocchiale.

Nei primi del ‘400, Ghivizzano visse alcuni anni di pace, questa volta sotto la signoria di Paolo Giungi, il diede avvio alla costruzione del primo campanile alla chiesa della rocca, la cui dimensione doveva essere tale da alloggiare due campane. Quando il Giugni “cadde”, il castello di Ghivizzano si trovò bruscamente al centro di quelle note lotte di supremazia regionale fra Lucchesi e Fiorentini. Quest’ultimi, nell’inverno fra il 1429 e il 1430, com’era loro solito lo assediarono e lo saccheggiarono delegandone il compito alla mano un po’ pesante delle bande mercenarie comandate dal capitano Niccolò Fortebracci. Alcuni anni dopo, Francesco Sforza Signore di Milano, che era sceso dalla città ambrosiana con folte truppe per la sua campagna di conquiste, obbligò i Ghivizzanesi ad ospitarlo per tre anni, ovviamente con tutto il suo esercito.

Dal ‘500 in poi, con l’arrivo delle armi da fuoco e col nuovo assetto politico di sottomissione della Garfagnana, l’importanza del castello di Ghivizzano andò inesorabilmente diminuendo, fino al definitivo ritiro delle truppe di Lucca, avvenuto alla fine del ‘500. La guerra fra Lucca e Modena, combattuta in Garfagnana tra il 1602 e il 1613 non coinvolse direttamente il castello, dimostrando ormai la generale tendenza alla caduta periferica di molti borghi castellari del centro Italia. Nel ‘500 tuttavia, finite le guerre di conquista e le scorribande dei mercenari, Ghivizzano vide aumentare notevolmente la sua popolazione. La torre e gli altri edifici militari furono dati in affitto, la chiesa parrocchiale di S.Antonio, con i suoi due fonti battesimali, uno ad immersione di forma ottagonale risalente al 1400, e l’altro incastonato nel muro, del 1790, con la scritta “VI.P. cast.Ret.” che sta per “Vincenzo Pienotti da Castiglione Rettore” primo parroco di Ghivizzano, divenne troppo piccola per la limitata accoglienza, tanto da utilizzare sempre più la chiesa della rocca, costruita nel 1308, detta di S. Martino. Nel 1777 essa fu ampliata per la prima volta e chiamata definitivamente dei SS. Pietro e Paolo. Un altro ampliamento avvenne nel 1885, in piena logica post-risorgimentale, mentre il campanile era già stato ricostruito nel 1857 a causa di un crollo. Nel 1895 fu dotato di una terza campana.

Oltre a queste due chiese, fuori le mura Ghivizzano ne possiede una terza un po’ più piccola, chiamata chiesa della Madonna delle Nevi. L’appellativo lo si deve a quell’evento miracoloso avvenuto il 5 agosto 352, cosiddetto famoso miracolo del colle Esquilino in Roma, dove la Vergine fece nevicare neve (o manna) per delimitare il perimetro nel quale avrebbe dovuto essere costruita la Basilica di Santa Maria Maggiore. Questa chiesina di Ghivizzano in origine era una struttura aperta, adibita ad ospitale per i pellegrini diretti a Roma. Lo si desume dagli archi alla sinistra dell’entrata. Fu così fino al 1600, quando fu chiusa e trasformata in chiesa. Ecco che nel 1998, praticamente ieri, una famiglia di Ghivizzano ne ha finanziato il restauro. La restauratrice, mentre ripuliva il dipinto dietro l’altare, si è accorta per caso di altro dipinto all’apparenza più antico di quello al quale stava lavorando, posto al di sotto, o meglio al di dietro. Quasi senza volerlo ne aveva portato alla luce dei piccoli rettangoli, scoprendo in quei piccoli spazi il campanile e la torre di Ghivizzano (lato destro), più alcune case con un albero (lato sinistro). Si è potuto intuire così che l’ultimo dipinto riproduce l’immagine del castello di Ghivizzano com’era nel ‘600, anno della consacrazione della chiesa sottoposta a restauro. Purtroppo, ovvero come sempre accade, per una questione di fondi non si è potuto andare oltre nel rinvenimento. Se un giorno quanto mai non lontano, le istituzioni pubbliche (quali?) dovessero risolversi a decidere l’adeguato stanziamento, forse il riportare alla luce quel dipinto significherà il cambiamento del mestiere della restauratrice – che potrà dirsi anche archeologa – , ma certamente potremo scoprire anche qualcosa in più della storia di Ghivizzano e del suo castello.

Nel XIX secolo furono apportate infatti altre due modifiche al castello di Ghivizzano: nel 1857 esattamente, per accedere alla rocca e alla chiesa dei SS. Paolo e Pietro, fu costruita una scala (“Lo scaleo”) eretta con l’abbattimento d’un pezzo delle mura medievali. E nel 1810, mentre a Lucca regnava Elisa Baiocchi, sorella di Napoleone Bonaparte, all’unica porta di accesso al castello, chiamata semplicemente “Porta” ne venne aggiunta una seconda, chiamata Porta del Portello.

         

       

© 2006 Mauro Mattei Il video non è stato realizzato dall'autore della scheda.

    


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