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APRICENA, CASTELLO BARONALE

a cura di Felice Clima

scheda    cenni storici sul castello baronale    Domus Precina


Torrione e tratto di mura del castello baronale.

 

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Apricena  Apricena  Apricena

 

Il castello  Torrione e tratto di mura  Due ommagini del castello

 

Il Torrione cilindrico detto Torre dell'Orologio  La Torre dell'Orologio  La Torre dell'Orologio in un'immagine degli anni '80


Epoca: 1658, su resti della struttura (domus) di età federiciana.

Conservazione: non ottimale.

Come arrivarci: con la strada statale 16 o con l'autostrada A-16 Bari-Pescara, uscita San Severo; 13 km separano Apricena da San Severo.

    

Cenni storici.

Il monumentale castello oggi visibile in Apricena - caratterizzato in particolare da un torrione cilindrico che delimita un ampio cortile interno - è stato edificato nel 1658 da un signore feudale, il marchese Scipione Brancia, sui resti dell'edificio castellare (la domus) di età federiciana, semidiroccato anche a causa del terremoto del 1627. La famiglia dei Brancia - subentrata nei secoli a quelle degli Attendolis, Gonzaga, Del Sangro, Carafa, e via dicendo - era entrata in possesso di Apricena con il marchese Filippo (più tardi insignito del titolo di principe di Casalmaggiore), dietro versamento di 38.000 ducati.

Dell'edificio svevo rimangono labili tracce, tra cui è solitamente segnalata una bifora posta sul torrione cilindrico di  nord-ovest.

Vedi anche: www.iccd.beniculturali.it/medioevopugliese/index.php?it/82/catalogo-iccd/28/apricena-palazzo-baronale


Domus Precina

Apricena - Notizie essenziali sulla «Domus Precina», residenza invernale dell’imperatore e della corte - Non solo «Domus solaciorum» 1

di Felice Clima

    

Tra le «domus solaciorum», sicuramente Apricena era quella considerata dall’imperatore una delle predilette, sia per la sua vicinanza alla capitale e alla «Lucera saracenorum», che per l’amenità dei luoghi. Essa era circondata da boschi e foreste, ricca di acque e di sorgenti, di vigne e coltivi nelle defensae, dotata di una massaria2 e prossima alla laguna per gli approvvigionamenti dalle piscariae e per il soddisfacimento della sua passione venatoria.

La frequenza dell’imperatore della «domus Precinae»3 è confermata dall’incredibile numero di volte che qui vi si fermò - così come rilevato dall’Haseloff - per ben 11 volte, vale a dire quasi quanto le frequentazioni di Foggia (12), e di Palermo (9).

Tale frequentazione è altrettanto rilevante sia in relazione al fatto che l’imperatore doveva dividersi nel suo vasto impero tra Germania e Gerusalemme, Italia del nord e Sicilia, sia in relazione al numero incredibile di domus e castelli dislocati negli stessi territori, di cui solo pochi e molto marginalmente utilizzati. Alle stesse fortificazioni è stata sistematicamente preferita la «Domus Precinae»!

Salvo eventuali e pur possibili ulteriori frequentazioni non documentalmente rilevabili, la lunga permanenza in Apricena - in specie se raffrontata alle altre città e domus - è invece documentalmente provata dalle ricerche dell’Haseloff e indicate analiticamente nel suo articolato e preciso Architettura sveva nell’Italia meridionale.

L’imperatore si fermò ad Apricena:  

nel 1222-1223, da dicembre a gennaio, tra Foggia-Civitate ed Apricena (Natale); 

nel 1226, dicembre;

nel 1230 (dopo il ritorno dalla campagna militare), da febbraio ad aprile, sosta permanente a S. Lorenzo - Apricena - Foggia;

nel 1231, dicembre (Natale) - gennaio;

nel 1232, dicembre, a Lucera e (fine gennaio?) Apricena;

nel 1234, novembre, Apricena - Pasqua;

nel 1240, marzo (ritorno nel regnum), Apricena - Foggia Tressanti - Salpi;

nel 1241, dicembre, Foggia - Apricena;

nel 1242, dicembre, Apricena;

nel 1243, gennaio, Apricena.

Il fatto rimarchevole è che il più delle volte l'imperatore è stato presente nei mesi invernali e per lunghi periodi, il che ci fa desumere anche della relativa mitezza del clima (!!) e della possibilità di dedicarsi sia alla cura dell’Impero, che a quella della persona sua augusta e della sua Corte. Ciò ci porta ad un’altra considerazione: la domus deve intendersi non solamente quale luogo di svago, bensì come vera e propria residenza anche di lavoro per le numerose incombenze di Corte4, una residenza intensa di vita (interna ed esterna alla domus), con rapporti frequenti con la popolazione del borgo, cui ovviamente attingeva qualche umana esperienza e prodigava la sua poliedrica personalità e saggezza.

Nella biblioteca della stessa domus è ragionevolmente da credere siano stati approfonditi gli studi della scuola di Logica, fondata a Melfi, e siano state gettate le basi delle Costituzioni Melfitane5, che vennero pubblicate a Melfi nel 1231, dopo la lunga frequentazione della «domus Precina», protrattasi dal dicembre 1230 al gennaio 1231.

Nel 1229, di ritorno dalla crociata, l’imperatore si trovò di fronte alla rivolta di San Severo, Trani e della stessa Foggia. Fece riparare l’esercito a San Lorenzo in Carmignano, vicino Foggia, la Capitale ribelle, e si ritirò ad Apricena, rimastale fedele, anche per poter organizzare i provvedimenti adatti a domare la rivolta.

La dimostrata fedeltà, la particolare bellezza del sito, la rispondenza delle attitudini degli abitanti alle sue abitudini e necessità inducono l’imperatore a concedere agli Apricenesi, con il diploma del 1230, i privilegi particolari (che altre domus non ebbero) dello jus legnandi, pascendi (...e senza pagar fida), della autorizzazione a tener fiera il mercoledì di ogni settimana, della estensione dei privilegi di cui innanzi nei territori contigui di Civitate, Castelpagano e Sannicandro.

Tali fattori fanno legittimamente ritenere che Apricena costituisse una entità amministrativa ben aldilà delle mura cittadine, ma addirittura con caratteristiche di piccola città con borghi e castelli. Apricena era ritenuta terra regia ed era esclusa da qualsiasi donazione a duchi e baroni.

Non dobbiamo dimenticare il carattere assolutistico dell’imperatore, che quando odiava, odiava fino alla morte, e quando amava, amava con tutto il suo essere svisceratamente senza mezzi termini. La predilezione, l’amore per la sua Precina è stato costante come un innamorato, appassionato come un amante, fedele come un marito...!

Apricena, città regia, d’ordine dell’imperatore fatto da Pier delle Vigne, rogato da Gualtiero da Cosenza, venne autorizzata - assieme alle città più importanti del regno di Sicilia (Siracusa, Messina, Reggio, Potenza, Brindisi, Napoli, Capua, Taranto...) e ai relativi baiuli (anche di l’Aquila e d’Abruzzo, dei giustizieri di Terra di Bari, di Terra di Lavoro, di Calabria...) a inviare due propri rappresentanti al General Parlamento tenutosi a Foggia il giorno delle Palme del 1240... «affinché vedessero il sereno volto imperiale ed ai loro cittadini riferissero la volontà di lui...». Ciò si traduceva in termini concreti in un'assise generale dalla quella scaturivano conclusioni aventi la forza di leggi, valide per tutto lo Stato.

La partecipazione a tale assise evidenzia l’importanza dell’«Universitas de la Procina», collocata alla pari di altre città e regioni ben più importanti, ed il grado dei suoi rappresentanti (paragonabili - ovviamente con i limitati poteri dell’epoca - a veri e propri Deputati odierni!).

E nella residenza di Apricena, già in precedenza nel febbraio 1230 l’imperatore aveva ricevuto i Legati Pontifici che chiedevano pace, con gli emissari l’Arcivescovo di Reggio ed il Gran maestro dei Teutonici Ermanno da Salsa6; pure ad Apricena furono concepiti altri principi di saggezza imperiale; ad Apricena celebrò nell’aprile del 1232 la Pasqua.

Dalla Curia di Apricena nel dicembre 1232, a firma di Pier delle Vigne e alla presenza dell’imperatore, furono emessi una serie di provvedimenti, tra cui le risoluzioni dettate dalla Corte di accoglimento sotto la sua protezione di Ezzelino e Alberico da Romano (sulla petizione del giudice vicentino Gherardo Maurisi); la condanna del Comune di Firenze a pagare all’erario imperiale un’ammenda di centomila marche d’argento (oltre al risarcimento dei danni provocati all’università di Siena, per non aver rispettato il bando imperiale di non muovere guerra alla stessa)7. Sempre ad Apricena, l’imperatore trascorse numerosi altri periodi invernali nel dicembre-gennaio ed oltre. E nei boschi della Defensa e nelle alture di Castelpagano, o sulle acque della laguna di Alesina, è stato possibile concepire e sperimentare l'Ars venandi cum avibus.

La «Domus Precinae» stessa faceva parte del sistema difensivo della "capitale" Foggia.

Da tutti i fattori che precedono si può e si deve dedurre, che - sia pure indirettamente - l’aria, la luce, la gens della Universitas, i boschi, le acque, gli studi nella «Domus Precinae» o nella sua area, hanno contribuito alla crescita fisica ed all’arricchimento culturale dello «Stupor mundi».

Ciò non può essere avvenuto in una casa di svago o in un "casino di caccia", ma in una vera e propria residenza, con tutte le caratteristiche di una sede imperiale.

Peraltro, nella consolidata accezione che per capitale deve intendersi il luogo in cui ha sede il capo dello Stato e gli organi centrali di governo, dobbiamo conseguenzialmente ritenere che - nel periodo in cui l’imperatore, con la sua corte e la sua cancelleria, si trovava in un luogo - quel luogo, quella città doveva essere considerata la vera e propria capitale, sia pure circoscritta temporalmente al periodo della frequentazione stessa. Tale discorso ovviamente è valido per tutte quelle domus, castelli e città, dove l’imperatore con la corte si è fermato ed è rimasto per un tempo piuttosto lungo.

è pure seriamente da ipotizzare che la «Domus Precinae» doveva essere non solo accogliente e confortevole, ma anche abbastanza ampia e rappresentativa, tale da ospitare anche membri della famiglia imperiale e la sua Corte, spesso ospiti illustri ed anche ambascerie civili, legati pontifici. Doveva esser quindi ben più estesa di quello che resta oggi, tant’è che l’ingresso del palazzo immette in un cortile che doveva necessariamente essere circondato - non solamente dalle strutture residenziali del lato nord e nord-ovest - tuttora visibili unitamente alla torre - ma anche da alloggiamenti e mura nella zona a sud sud-est, sino a confinare con l’attuale giardino sottostante la torre (forse con un fossato) e con l’attuale Via Duca delle Puglie, sì da coprire una superficie imponente ...e comunque rettangolare secondo i canoni architettonici dell’epoca per castra e residenze gentilizie8.

D’altra parte è da considerare che sempre in relazione alla durata ed al periodo (quasi sempre invernale) della frequentazione della domus, l’imperatore doveva necessariamente essere accompagnato dai suoi più fedeli consiglieri (quel Michele Scoto, Pier delle Vigne...) per la cura dell’Impero (che anche in considerazione dell’accentramento dei poteri nelle sue mani non poteva essere abbandonato tante volte e soprattutto per tanto tempo); sia - a volte - anche da membri della sua famiglia (il figlio Corrado, forse la moglie Bianca Lancia); o dal suo entourage femminile ben conoscendo le debolezze... dell’imperatore per l’altro sesso (di cui non poteva fare a meno!); sia dalla necessità di una guarnigione per la sua difesa personale (i saraceni) o della domus stessa, con i relativi cavalli e stalle...; sia - per conseguenza - dell’indispensabilità di tutto uno stuolo di stallieri, fornitori, vivandieri, cucinieri e servitori, donde è ragionevolmente da credere che la domus doveva avere una capacità ricettiva di centinaia e centinaia di persone, con diverse sistemazioni e alloggiamenti civili e militari in relazione al loro rango, alle loro attività, oltre al vero e proprio padiglione imperiale...

La stessa storica cena del cinghiale (o piuttosto la leggenda relativa) ci fa ritenere che la capacità della domus era tale da poter ospitare al coperto (non si dimentichi la frequentazione della domus precipuamente invernale) un numero considerevole di persone sia della Corte che dei notabili civili ed ecclesiastici del luogo (se vogliamo considerare la particolare occasione di dare pubblicità al nome della città...) con tutto il seguito, e con tutta la guarnigione, e la servitù stessa...

In considerazione della predilezione dell’imperatore e delle abitudini di trascorrere l’inverno (o almeno il Natale) a «la Procina», è legittimamente da ritenersi che anche in occasione dell’ultimo viaggio, conclusosi con la sua morte, che lo portò a Fiorentino (avvenuta il 13 dicembre 1250), fosse diretto alla «domus Precina», ancora per viverci, e certamente per non morire (perché quivi non si sarebbe avverata la profezia del "sub flore"!).

è solo per un fatto accidentale ed imprevisto che durante questo fatidico viaggio venne dirottato, senza la sua volontà, a Fiorentino, ove non era mai andato.

Ci conforta, sul punto, la tesi dell’Haseloff che sostiene giustamente per le stesse considerazioni di cui innanzi: «...è pur probabile che l’imperatore, lungo la strada che da Lucera porta ad Apricena, fosse stato costretto a modificare il programma per un fatto puramente contingente e dirottato alla domus più vicina».

  


Note

1 a) Nello Statutum de reparatione castrorum edito dallo Sthamer, domus e castra sono spesso menzionate senza una effettiva e sostanziale differenziazione. Peraltro in Capitanata troviamo numerose domus (distinte dai castra) che erano edifici appartenenti alla Curia e destinate ad uso esclusivo dell’imperatore con masserie e scuderie, per la caccia e per attività forestale o come residenze di svago. b) Secondo il prof. R. Licinio, docente di storia medievale nell'Università di Bari, è storicamente accertato che solo 5 furono i "castelli" fatti costruire ex novo dall’imperatore quasi tutti contemporaneamente intorno al 1220; la «domus Precinae» era da considerarsi un castello e la costruzione stessa era da considerarsi coeva con Foggia. c) Anche Castelpagano, così come Rocca Sant’Agata e Montesantangelo, erano di diretta dipendenza imperiale per la nomina del castellano, essendo gli unici esempi di «castra exempta». L’unica differenza con la domus era costituita dall’obbligo nella riparazione e manutenzione, spettanti agli uomini di Procina per la domus, a quelli di Casale Nuovo (corrispondente al Casone di San Severo) quella di Castelpagano Pagano.

2 Vedi E. Sthamer (nella traduzione di F. Panarelli), L’amministrazione dei castelli nel regno di Sicilia sotto Federico II e Carlo dAngiò", Mario Adda editore, Bari 1995.

3 Che secondo una fascinosa tesi del Bibbò, gli ricordava e gli richiamava l’altra cittadina di Haghenau, nei boschi dell’Alsazia, nella sua frequentazione giovanile.

4 Vedi D. Abulafia, Federico II o.c., «La Corte aveva carattere itinerante per l’ampiezza dell’Impero... ma Federico preferiva prendere sollievo nei padiglioni di caccia in Puglia, si portava appresso ... animali esotici nonché i gioielli della corona e parte della fornita biblioteca».

5 Le dette Costituzioni rappresentano una raccolta di leggi omogenee riguardanti tutti i campi della vita sociale, un vero e proprio digesto, paragonabile al Codex juris Iustinianei.

6 V. Bohmer, Die Regesten, riferite da P. Bolan in La prima lotta di Gregorio I con Federico II: «L’Arcivescovo di Reggio ed il Gran Maestro dei Teutoni che erano venuti al Papa in Perugia... tornarono a Federico per proposte e risposte. Lo trovarono a Precina, conferirono con lui e tornarono, a quanto pare, nel marzo di quest’anno, 1230».

7 Vi è la prova documentale nella scheda IX-11, curata da G. Brunetti, con la pergamena di mm. 390 per 450, nell’Archivio di Stato di Siena, Diplomatico di Formaggioni n. 257. V. appresso: Cronistoria dei provvedimenti emessi dall’Imperatore apud Precinam.

8 Una conferma (per la verità ancora a livello di ipotesi, essendo in corso gli scavi a cura della Sovrintendenza ai beni architettonici di Puglia - per il dott. Maulucci) è data dai recenti casuali ritrovamenti del '95, nell’attuale Piazza Federico II, prospiciente il lato nord dell’attuale palazzo baronale, di un muro perimetrale, corrente parallelamente, ad una distanza di poco meno di una decina di metri dalla scarpata di detto palazzo, per molti e molti metri diretti alla torre, mura che posson ben fare ipotizzare costituissero le fondamenta della domus fatta costruire (secondo il Licinio, ex novo nel 1220) per sua residenza, di ben più ampie dimensioni dell’attuale baronale, che andò a sostituire la vecchia domus, dopo la sua distruzione avvenuta a causa del terremoto del XVII secolo.

  

  

©2002 ss. Felice Clima; il testo è apparso in precedenza nel sito Stupor mundi

  


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