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                                                     Lucio
                                                    CECCHINI
                                                    (a cura di)
                                                    | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     Turati
                                                    e Mussolini 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     L’attualità
                                                    di un confronto 83 anni dopo
                                                    lo scontro alla Camera il 28
                                                    ottobre 1922 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                              
                                             
                                           
                                         | 
                                       
                                    
                                   
                                  
                                 
                                     
                                     
                                Troppo
                                note sono le vicende della cosiddetta marcia su
                                Roma del 28 ottobre 1922 per tornarvi sopra in
                                modo dettagliato. Il re abdicò alla sua
                                funzione di garante dello Statuto affidando la
                                guida del governo al capo di squadre armate che,
                                senza trovare opposizione da parte delle forze
                                armate ufficiali, attendeva prudentemente
                                l'esito della sua impresa da Milano, ben lontana
                                da Roma dove i suoi "marciavano", ma
                                molto vicina al rassicurante confine svizzero,
                                qualora ci fosse stata una reazione da parte
                                dell'esercito. Si formò il governo con alla
                                testa Mussolini. 
                                Alla
                                Camera ci furono opposizioni, come testimoniano
                                gli interventi, che riproduciamo, di Filippo
                                Turati e di Giovanni Conti. Il leader socialista
                                disse, come è documentato negli atti
                                parlamentari:  
                                Turati
                                "Mi ero scritto in questi appunti, che
                                speravo di svolgere nella seduta di ieri, che la
                                gravità tragica dell'ora consiglia a tutti,
                                anche a noi, socialisti unitari, dichiarazioni
                                assolutamente sobrie e soprattutto serene. La
                                politica, come disse uno dei tanti defenestrati
                                (poiché non era il caso per lui di un
                                guiderdone) di queste ultime radiose
                                giornate...".  
                                Mussolini,
                                presidente del consiglio dei ministri, ministro
                                degli interni e ad interim degli affari esteri
                                "Certamente sono radiose!".  
                                Turati
                                "Dirò dunque, di queste giornate più che
                                mai radiose...".  
                                Mussolini
                                "Lo saranno ancora di più! (Commenti.
                                Rumori all'estrema destra). E poi verrà il
                                bello!".  
                                Turati
                                "... la politica non può e non deve essere
                                una somma di sentimenti e di risentimenti.
                                Anche se il cuore
                                ci sanguini, anche se la ressa dei ricordi ci
                                risospinga alla gola i più amari disgusti, noi
                                dobbiamo saperli stoicamente rintuzzare.
                                D'altronde non ne abbiamo bisogno! Questo a un
                                dipresso io mi ero scritto su questa tessera.
                                Non so, peraltro, se io debba conservare codesto
                                esordio dopo la giornata parlamentare di ieri;
                                nella quale, più che di un'ora tragica, si ebbe
                                l'impressione di un'ora inverosimile, di un'ora
                                tolta dalle fiabe, dalle leggende; quasi direi
                                di un'ora gaia. Dopo, infatti, che il nuovo
                                presidente del consiglio, con esempio ignoto fin
                                qui agli annali di tutti i parlamenti civili -
                                non conosco la storia dei parlamenti turchi o
                                egizi - ci aveva, anzi vi aveva parlato,
                                evidentemente tra la distrazione del nostro
                                illustre presidente, naturale tutore della
                                Camera - non dimesso né dimissionario, perché
                                la nuova istoria esige in tutto cose nuove -
                                dopo che, dicevo, il nuovo presidente del
                                consiglio vi aveva parlato col frustino in mano,
                                come nel circo un domatore di belve - oh! belve,
                                d'altronde deh quanto narcotizzate! - e lo
                                spettacolo delle groppe offerte allo scudiscio e
                                del ringraziamento di plausi ad ogni nerbata,
                                aveva risuscitato nel ricordo dei malinconiosi
                                di quest'aula l'ultimo giambo dell'Ode in morte
                                dei fratelli Cairoli, o l'invettiva del poeta
                                maremmano al "popolo d'Italia", non al
                                vostro di carta, onorevole Mussolini, che ancora
                                stamane mi onora delle sue ingiurie, e tratta la
                                Camera...". 
                                Mussolini
                                "Come si merita!".  
                                Turati
                                "... e tratta la Camera da "supina e
                                arrendevole femmina consumata"...".  
                                Mussolini
                                "Come si merita!".  
                                Turati
                                "... dopo tutto ciò, dicevo, potevamo
                                udire a nostro conforto la gaia e fiorita
                                filosofia di un ex sottosegretario di Stato alle
                                Belle arti spandere sull'ora triste tanta
                                giocondità di scettico sorriso fiorentino.
                                Un sorriso, forse
                                amaro al di dentro, come quello dell'homme
                                qui rit del grande poeta francese, come
                                quello di quei forzati giullari leggendari delle
                                nostre vecchie corti, che dissimulavano,
                                nell'ostentata adulazione al signore, le verità
                                sferzatrici, che sarebbe stato troppo imprudente
                                pronunciare semplici e ignude. L'Italia, dopo
                                tutto, anche nelle ore più fosche, si rivela
                                sempre un po', ed è forse la sua suprema
                                saggezza, quella che gli inglesi definirono la
                                nazione-carnevale; e Roma è veramente, in
                                questo, la capitale d'Italia, e Montecitorio
                                veramente il cuore di Roma... Questa Camera può
                                vivere, a sua scelta, "due giorni o due
                                anni". Essa
                                è dunque perfettamente libera di optare: quale
                                maggiore riconoscimento vi può essere della
                                sovranità dell'Assemblea elettiva?! Con questo
                                metodo rivoluzionario, che oggi si dice "fascistico",
                                - e sebbene esso non dica nulla, adottiamo pure,
                                per intenderci, questo aggettivo - la Camera non
                                è chiamata a discutere e a deliberare la
                                fiducia; è chiamata a darla; e, se non la dà,
                                il governo se la prende. È insomma la marcia su
                                Roma, che per voi è cagione di onore, la quale
                                prosegue, in redingote inappuntabile, dentro il
                                parlamento...". 
                                Mussolini
                                "Con la camicia nera sotto!".  
                                Turati
                                "Appunto, stavo per dirlo, lo stiffelius
                                mal nasconde la camicia nera col fatidico
                                teschio. Il che significa - spero, onorevoli
                                colleghi, non occorra documentarlo - che, nel
                                pensiero del governo, ma anche con
                                l'acquiescenza del voto che vi apprestate fra
                                qualche ora a concedere, il parlamento italiano
                                ha cessato di esistere...".  
                                Mussolini
                                "Questo!". 
                                Turati
                                "... non questo soltanto, ma, con esso,
                                implicitamente, ogni parlamento italiano eletto
                                liberamente dagli italiani. (Applausi
                                all'estrema sinistra. Commenti. Rumori) O
                                almeno, come fu ieri significato a palazzo
                                Madama, esiste ancora un Senato che intona
                                l'inno "Giovinezza" (commenti,
                                interruzioni); non esiste più la bassa
                                Camera elettiva. Peggio ancora, onorevoli
                                colleghi, esiste la sua maschera, esiste il suo
                                cadavere, esiste la sua parodia. Così è,
                                onorevole Mussolini, che voi - che potevate -
                                non avete voluto stravincere. E
                                ve ne siete fatto vanto di saggezza. Potevate,
                                diceste, "sprangare il parlamento",
                                potevate in "quest'aula grigia e sorda fare
                                il bivacco dei manipoli": l'onorevole De
                                Nicola poteva essere nominato vivandiere. (Rumori.
                                Commenti) Francamente: vi pare dunque,
                                onorevole Mussolini - guardatevi intorno - di
                                aver fatto qualche cosa di diverso? (Movimenti
                                dell'onorevole presidente del consiglio.
                                Commenti prolungati.) Ora, che fiducia può
                                accordare una Camera in queste condizioni? Una
                                Camera di morti, di imbalsamati, come già fu
                                diagnosticata dai medici del quarto potere?
                                Quale beffa, onorevole Mussolini, quale atroce
                                beffa, onorevoli colleghi, noi facciamo,
                                votando, alla nazione e a noi stessi!... Noi
                                neghiamo alla vostra ascesa al potere il
                                carattere di rivoluzione!".  
                                Mussolini
                                "Ve ne accorgerete!".  
                                Turati
                                "Ce ne accorgeremo di certo! Noi neghiamo
                                che essa abbia obbedito alla logica necessaria
                                sia di una rivoluzione, sia di una rivolta che
                                si rispetta. Perché una logica vi è pure,
                                anche in queste cose. Voi siete venuti da Napoli
                                a Roma col proposito, apertamente proclamato - e
                                del resto lo confermaste ieri con meritoria
                                schiettezza nel vostro discorso - di
                                "prendere alla gola questa miserabile
                                classe politica dominante", di cui questa
                                Camera è la più tipica espressione. Prenderla
                                per la gola, dunque, buttarla via! A che pro
                                allora i compromessi, gli approcci, i voti di
                                fiducia, i temporeggiamenti, gli indugi? A
                                buttarla via, questa "miserabile"
                                Camera vi impegnava la vostra promessa, vi
                                impegnava il rispetto della dignità
                                reciproca".  
                                Mussolini
                                "Manterrò questa promessa!".  
                                Turati
                                "Me ne compiaccio, ma si doveva fare
                                prima".  
                                Mussolini.
                                "In dieci giorni!... Questa è una
                                rivoluzione che aveva uno sviluppo da
                                decenni!".  
                                Turati
                                "Si doveva fare prima, perché chi offende
                                la dignità dei propri collaboratori,
                                collaboratori da voi ora invocati, e se ne fa un
                                passivo strumento del proprio arbitrio, offende
                                insieme ed innanzi tutto la dignità propria.
                                Voi eravate una trentina in questa Camera; voi
                                eravate quaranta o cinquanta - non fo questione
                                di piccole cifre - se assommiamo a voi, malgrado
                                gli abissi profondi e mal dissimulati che vi
                                separa i nazionalisti e la destra così detta
                                liberale: lucus a non lucendo". 
                                Una
                                voce a destra "Abbiamo il paese con
                                noi". (Rumori)  
                                Turati
                                "Non avrete da me nessuna reticenza! E voi
                                pretendete diventare d'un tratto trecento,
                                imprimendo il fascio littorio nei cervelli dei
                                vostri compiacenti colleghi, come lo avete
                                impresso nel timbro dello Stato; imponendo a
                                tutti il saluto con la mano protesa. Tutto ciò,
                                convenitene, è troppo acrobatico, è troppo
                                abracadabrante perché possa aggiungere serietà
                                non dirò alla Camera - ciò non vi interessa -
                                ma a voi stessi".  
                                Mussolini
                                "Non preoccupatevi di questo!". 
                                Turati
                                "Ora, ho detto, anche i colpi di Stato
                                devono avere logica. Voi giustificate il vostro,
                                o signori che mi interrompete, ed io ve lo
                                ammetto col dire che, per quanto recente, la
                                Camera non rispecchia più la volontà del
                                paese; che le vostre unità qui dentro sono
                                troppo inferiori alle forze che conquistate nel
                                paese; che insomma - per usare una frase
                                consacrata - voi uscite dalla legalità per
                                rientrare nell'ordine. Ma il dirlo, e il dirlo
                                voi, non basta: conveniva documentarlo. Non
                                bisogna, non è bello, speculare sull'altrui
                                viltà per trarne una parvenza di forza e di
                                legittimazione. Napoleone il piccolo, dopo il
                                suo infame due dicembre, indisse il plebiscito;
                                cercò nel plebiscito, comunque addomesticato,
                                la propria legittimazione; la quale, se fu
                                impura, attese dopo alcuni istanti i presagiti chátiments
                                della storia, il solenne castigo di Sedan, ma
                                salvaguardò almeno le apparenze, che voi non
                                cercate neppure di salvare. Voi dovevate dunque
                                appellarvi al paese, nel quale siete forti,
                                appellarvi al suffragio universale, sciogliere
                                questa "miserabile" Camera di morti e
                                di imbalsamati...Voi siete dunque il governo del
                                volontarismo nietzschiano e stirneriano...
                                un'espressione letteraria o filosofica...".  
                                Mussolini
                                "Politica!...".  
                                Turati
                                "... politicamente arcaica ed arcadica, che
                                si vanta dernier cri perché riproduce
                                esattamente, in formula, in vernice nuova,
                                l'ideale del "principe illuminato",
                                che gli italiani credevano spodestato e messo in
                                soffitta per sempre...". 
                                Una
                                voce all'estrema destra "Come Carlo
                                Marx! ...".  
                                Turati
                                "Di Carlo Marx riavrete notizie fra non
                                molto, non ne dubitate!...Voi avete, dunque,
                                fatto, o, creduto di fare, una rivoluzione che
                                vantate pacifica ed incruenta (Interruzione
                                all'estrema destra). Ciò fa onore ai vostri
                                buoni sentimenti cristiani. Ma il vanto è un
                                po' millanteria. Perché, se fu incruenta o
                                quasi, non è merito vostro. Quando tutti
                                fuggono o fanno acquiescenza, dalla Corona
                                all'ultimo brigadiere di pubblica sicurezza, la
                                vittoria è facile, ma non merita il nome di
                                vittoria. Salvo che voi diceste - ma non lo dite
                                e l'avete smentito ieri con le parole del
                                presidente del consiglio - che, ove una vera
                                resistenza si fosse affacciata, minacciante
                                guerra civile, voi vi sareste ritratti. No, voi
                                non siete andati più in là perché i complici
                                e i succubi vi avevano già fatto stravincere.
                                Ma la vostra rivoluzione, ripeto, non affaccia
                                un principio nuovo. Non è animata da un lievito
                                rinnovatore, che, se fosse tale, notare,
                                potrebbe trovarci benevoli, anche se non
                                coincidesse perfettamente coi nostri schemi
                                teorici e mentali. La vostra rivoluzione, finché
                                non si liberi (pigliatelo come un augurio) dagli
                                elementi reazionari che l'hanno generata e che
                                la dominano, non può essere, piuttosto, che una
                                involuzione, ossia una enorme perdita di tempo,
                                un aumento delle angosce, delle aberrazioni e
                                delle convulsioni, cui la guerra, il dopoguerra,
                                la pace senza pace, hanno condotto il mondo e
                                soprattutto l'Italia... Intanto il proletariato
                                si prepari; i partiti socialisti non si lascino
                                cogliere alla sprovvista un'altra volta; si
                                preparino all'immancabile e provvida
                                successione, forse non lontana, certo
                                irrevocabile. (Rumori) Perché questa è
                                la vita dell'evoluzione necessaria. Signori di
                                quella parte della Camera! Chi la contrasta è
                                pazzo; e sarà infranto!".
                                (Vivissimi e reiterati applausi all'estrema
                                sinistra. Rumori. Commenti). 
                                    
                  
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                                cura di Lucio Cecchini 
                  
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