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                                                     MARCO
                                                    BRANDO 
                                                   | 
                                                 
                                                
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                                                     Addio
                                                    Giorgio Spini, vecchio
                                                    socialista liberale  | 
                                                 
                                                
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                                                     è
                                                    morto Giorgio Spini.
                                                    Da Bari la sua Liberazione 
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                                                     Il grande storico fu militante antifascista e partecipò al congresso dei Cln nel 1944 a Bari
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                                «Giorgio Spini - lo storico spentosi ieri all’età
                                di 89 anni nella sua Firenze, dove aveva visto la luce il 23 ottobre 1916 - era davvero un fiorentino
                                con i fiocchi. Né lo nascondeva. Anzi. Però era molto legato a Bari. E non nascondeva
                                neppure questo legame: con l’entusiasmo che può avere
                                chi ci visse, anche se non a lungo, quando era giovane; e
                                con l’entusiasmo del giovane che, nell’autunno del 1943, vi
                                era giunto per dare un contributo alla liberazione dell’Italia
                                dal nazifascismo. Quando lo abbiamo incontrato per fargli
                                la nostra seconda intervista (la prima era capitata in
                                Puglia) ci ricevette, esattamente due anni fa, nella sua casa di Fiesole.
                                Pochi giorni prima che intervenisse nel seminario
                                barese di studi organizzato dall’Università e dall’Ipsaic, in occasione del sessantesimo
                                anniversario del congresso dei Cln del 1944. 
                                Spini aveva già 87 anni. Ci accolse
                                sulla porta. Di lui ci colpirono, ancora, gli occhi chiari e vivaci, da
                                ragazzo: incorniciati tra il bianco dei capelli ribelli, il bianco delle sopracciglia
                                folte, il bianco dei baffi. Con lui c’era la signora Annetta,
                                sua moglie, sposata nel 1945, verso la fine della guerra. La casa di Fiesole
                                della famiglia Spini è molto bella. Colma di libri, di foto, di targhe,
                                di cimeli, di ricordi. Avremmo dovuto discutere del suo ricordo di
                                quel primo congresso dei Comitati di liberazione
                                nazionale, al teatro Piccinni di Bari. Ma prima ci capitò
                                di parlare con orgoglio delle sue radici: di protestante e antifascista. 
                                Raccontò che gli Spini avevano
                                aderito a metà dell’Ottocento alla Chiesa valdese, nell’impeto dell’entusiamo
                                risorgimentale. Ci parlò anche del Partito d’azione, del socialismo
                                liberale. Ci parlò dei suoi figli, uno dei quali è il parlamentare
                                diessino Valdo Spini. Nacque un’intesa, insomma. Così nel corso
                                di questi ultimi due anni, Giorgio Spini ci ha scritto varie lettere;
                                prendemmo l’impegno d’inviargli i nostri articoli che pensavamo potessero
                                interessargli. Grazie a lui, ne scrivemmo anche uno sulla storia
                                dei valdesi di Orsara di Puglia. Quel giorno a Fiesole parlammo,
                                infine, pure del Congresso di Bari del 28 e 29 febbraio 1944. Ci
                                disse, che «rappresentò l’esordio pubblico di un’élite
                                democratica di grande qualità ma del tutto disarmata.
                                I Cln s’illudevano di rappresentare la maggioranza,ma erano una minoranza».  
                                 Nel dare
                                quel giudizio s’avvalse non solo della sua autorevolezza
                                di storico (ha insegnato, in Italia, a Messina e Firenze e, negli Stati
                                Uniti, ad Harvard e Berkley) ma anche della sua testimonianza diretta:
                                aderente al Partito d’Azione, al primo summit della rinata Italia
                                democratica partecipò personalmente. Dopo aver attraversato il fronte
                                ed essere giunto a Bari, era entrato a far parte dell’ufficio stampa del
                                Comando supremo badogliano; poi, allontanato per le idee «sovversive»,
                                fu accolto dagli angloamericani nel «Pwb Combat Team», unità
                                incaricata d’occuparsi d’informazione e di controinformazione. 
                                Il Congresso non fu un’occasione
                                perduta per dare una spallata a Badoglio e ai Savoia?  
                                 «All’epoca il
                                Cln presupponeva di avere la maggioranza dei consensi
                                degli italiani, per lo meno di quelli meridionali, già liberati.
                                Ma poi si vide che nel Sud non era così. Il motivo
                                è semplice: allora le masse del Sud 
                                erano prepolitiche, legate alla tradizione monarchica,
                                affamate al di là dell’immaginabile. Certo - aggiunse - nel Meridione
                                c’era anche il meglio della classe intellettuale
                                democratica, da Croce a Sforza, da Omodeo a Rodinò, da
                                Cifarelli a Fiore. Ma erano isolati. Oltre tutto, il britannico Churchill
                                sognava un’Italia governata dai fascisti senza Mussolini. E allora erano
                                i britannici ad avere la leadership per quel che riguarda la politica
                                italiana». 
                                E Spini non negò neppure
                                una frecciata a Togliatti, il leader comunista: «Togliatti, accettando
                                l’ingresso nel Governo Badoglio, da un lato tolse argomenti ai
                                badogliani. Dall’altro, sbarrò la strada anche al Partito d’azione:
                                aveva capito che gli azionisti erano un pericolo per i progetti del Pci».
                                Spini raccontò che invece i progressisti britannici erano con loro.
                                «Un esempio: il maggiore Ian Greenless e il maggiore Robertson,
                                due scozzesi che avevano il compito di gestire Radio Bari, trasformarono
                                la radio nella voce dell’Italia dei Cln. E da quei microfoni parlarono
                                molti esponenti del Partito d’Azione, tra cui Adolfo Amodeo,
                                Michele Cifarelli e io stesso, con lo pseudonimo di
                                Valdo Gigli. E io seguii il congresso assieme a quel furbacchione
                                di Greenless, entrambi in borghese». 
                                Sorrise.
                                Ieri il professore si è congedato. I suoi funerali si svolgeranno
                                nella chiesa valdese di Firenze, alle 15. Ci mancherà. 
                                  
                                Marco
                                Brando 
                  
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