| 
                                                     GIACOMO
                                                    ANNIBALDIS  | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     Su
                                                    Federico il sole della
                                                    leggenda non tramonta mai 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     Parla
                                                    il medievista pugliese
                                                    Cosimo Damiano Fonseca, uno
                                                    dei curatori della «Enciclopedia
                                                    Fridericiana» della
                                                    Treccani, edizione raffinata
                                                    e punto fermo sul «puer
                                                    Apuliae». 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                              
                                             
                                           
                                         | 
                                       
                                    
                                   
                                  
                                 
                                  
                                Su
                                Federico II di Svevia sembra che il sole della
                                leggenda non tramonti mai. E anche dopo le
                                rievocazioni del centenario della nascita, dieci
                                anni fa (a Bari si svolsero convegni e una
                                mostra significativa), l'interesse per il «puer
                                Apuliae» non si attenua. Anzi si rinfocola. Uno
                                «stupor mundi»: è il caso di dirlo,
                                sfogliando i due raffinati volumi su Federico II,
                                 Enciclopedia fridericiana, editi dalla
                                Treccani. Il prezzo non è per tutte le tasche
                                (900 euro), ma i curatori (nonché i
                                collaboratori) sono una garanzia: con Girolamo
                                Arnaldi, Ortensio Zecchino, Arnold Esch, Antonio
                                Menniti Ippolito e Alberto Varvaro c'è anche il
                                nostro Cosimo Damiano Fonseca, cui abbiamo
                                rivolto alcune domande. 
                                Professore, un Federico
                                II da collezione? Copie numerate, prezzo da
                                regalo di lusso, targhetta d'argento per il
                                possessore? Ma dopo la prima edizione è almeno
                                prevista una diffusione più accessibile di
                                tanto sapere?  
                                 «Dalla più celebre
                                 Encyclopédie
                                di d'Alembert e Diderot alle varie Enciclopedie
                                nazionali, come la Britannica e la stessa grande
                                Enciclopedia Treccani, senza ricorrere neppure
                                alla civetteria delle copie numerate e
                                conseguentemente alla rarità bibliografica, il
                                prezzo non è stato mai "modico". I costi
                                dell'operazione sono molto alti tenuto conto
                                delle spese di primo impianto, del numero delle
                                pagine (oltre 1800) e delle voci (oltre 600),
                                della qualità dei collaboratori (circa 220),
                                della consistenza dell'apparato delle immagini,
                                della rilegatura e via elencando. Enciclopedie
                                di questo tipo - e solo per riferirci ai
                                prodotti dell'Istituto Treccani: la Dantesca, la
                                
                                Virgiliana, l'Oraziana, ecc. - sono destinate a
                                durare nel tempo e, quindi, l'acquisizione
                                diventa un vero e proprio investimento. La Fridericiana, pur essendo la prima
                                edizione numerata, sta riscontrando un enorme
                                successo sia in Italia che all'estero: segno
                                evidente dell'interesse che Federico II continua
                                a riscuotere in tutto il mondo».  
                                 Due volumi
                                sono sufficienti per dire tutto su Federico?  
                                 «Non
                                è improbabile che ai due volumi ora editi se ne
                                possa prevedere l'aggiunta di un terzo relativo
                                alle opere dello stesso imperatore che, come è
                                noto, fu legislatore con il libro sulle
                                Costituzioni di Melfi, poeta con i componimenti
                                della Scuola Siciliana, etologo  ante litteram
                                con il famoso trattato sulla falconeria».  
                                 Quali
                                sono i punti forti che lo rendono «uomo di
                                successo» anche nei nostri tempi?  
                                 «C'è una
                                voce, in questa Enciclopedia fridericiana
                                dedicata al "mito" di Federico II: mito storico
                                che lo stesso svevo ha accreditato ricorrendo ad
                                arditi accostamenti biblico-messianici e
                                accentuando il carattere sacrale della dignità
                                imperiale, ma che la tradizione ha avvalorato
                                sino ad inventarsi una sorta di reclusione
                                sulfurea nell'Etna in attesa di una risurrezione
                                e ascensione al cielo, come quella di Elia e di
                                Alessandro Magno. E non parliamo delle leggende
                                fiorite intorno al personaggio collegate al
                                linguaggio criptico delle profezie sibilline,
                                alle tesi del gioachinismo che riconoscevano
                                all'imperatore una duplice funzione, quella di
                                alleato nella riforma della Chiesa e l'altra di
                                Anticristo incarnato».  
                                 Questo nei secoli
                                scorsi. Ma oggi?  
                                 «Non si dimentichi il giudizio
                                di Nietzsche che in Federico II aveva indicato
                                l'eroe antimoderno e anticristiano influenzando
                                l'autore della più celebre biografia dello
                                svevo, Ernst Kantorowicz. Quello che è certo è
                                che ogni epoca si è creato il suo Federico,
                                secondo il tipo di interessi culturali,
                                religiosi e politici che perseguiva. Basti
                                leggere le ultime tre biografie, quelle scritte
                                dall'inglese Abulafia, dal tedesco Sturner e dal
                                francese Racine, per avere una riprova. Oggi di
                                Federico si apprezza l'intuito politico, la
                                ricerca della razionalità nel diritto, il
                                concetto di laicità, la fede nella scienza,
                                insomma una serie dei valori che interpretano le
                                pulsioni della nostra società».  
                                 L'Enciclopedia
                                apporta molte novità. Ma dirime l'antica
                                diatriba su Federico: fu l'ultimo grande del Medioevo o il magnifico anticipatore
                                dell'Umanesimo (e della modernità)?  
                                 «È questa
                                consapevolezza di un personaggio di transizione
                                a cavallo tra medioevo ed età moderna che ha
                                finito con ingenerare perplessità circa
                                l'interpretazione data da David Abulafia con il
                                suo profilo biografico di Federico II. Lo
                                storico di Cambridge lo ha considerato, come
                                recita il titolo, un imperatore medioevale. In
                                realtà a Federico va riconosciuta una poderosa
                                capacità di anticipatore di nuove realtà, di
                                precorritore della modernità senza ovviamente
                                decontestualizzarlo dalla sua epoca e, quindi,
                                forzare il giudizio storico con categorie che
                                appartengono ad altre sensibilità e a più
                                mature e diverse esigenze».  
                                 Quanto di Puglia e
                                Lucania emerge in questa mappa enciclopedica?  
                                 «Puglia
                                e Basilicata sono corposamente presenti in
                                questa enciclopedia non solo nelle voci
                                generali, ma anche in quelle specifiche: a
                                cominciare dalle voci dedicate complessivamente
                                alle due regioni all'interno delle quali aveva
                                creato i centri della sua attività di governo,
                                come a Foggia, la terza capitale del Regno, con
                                il suo Palazzo; come a Melfi dove sviluppò una
                                intensa attività culturale di cui rimangono
                                cospicue testimonianze i colloqui astrologici
                                con Michele Scoto, le traduzioni delle opere di
                                Avicenna e di Aristotele, la composizione delle Constitutiones, la redazione del
                                 De arte venandi.
                                Ci sono voci poi dedicate ai porti, alle città
                                nuove, ai castelli, primo fra tutti Castel del
                                Monte - interpretato con categorie meno, anzi
                                affatto, indulgenti all'esoterismo -, alle
                                masserie, ai luoghi di piacere, ai protomagistri,
                                ai giuristi, ai gruppi etnici, ecc.: insomma una
                                ventina di lemmi delineano la  facies sveva della
                                Grande regione Puglia-Basilicata».  
                                 Federico e
                                le sue donne? Concediamoci un po' di mondanità.
                                Nelle nostre terre di Puglia e Basilicata, oltre
                                alle tombe delle regine in Andria e alla
                                leggenda di Bianca Lancia a Gioia, quali altre
                                tracce sono rimaste delle donne di Federico? 
                                «Ah,
                                Federico e le donne! Argomento sempre fascinoso
                                tenuto conto che quella mala lingua del cronista
                                parmense, fra' Salimbene de Adam, sulla lussuria
                                dell'imperatore non aveva usato eufemismi o
                                reticenze. E non era stato certo l'unico il buon
                                francescano. Forse, però, si dimenticano i
                                costumi del tempo e quella parte di "sultanato"
                                che portava Federico a vivere secondo le
                                abitudini orientali con grande disinvoltura».  
                                
                                Perciò si continuerà ad alimentare una
                                immagine torbida dei suoi amori?  
                                 «Una cosa è
                                certa: le fonti su questo tema scarseggiano,
                                salvo il caso di Bianca Lancia, madre di
                                Manfredi, - cui è dedicata una voce -. Il
                                cronista Tommaso Tosco, che scriveva nel 1279,
                                insinua l'ipotesi che Federico II avesse avuto
                                rapporti promiscui tanto con la madre quanto con
                                le figlie. E poi sia nell'affresco scoperto a
                                Bassano sia in quello, peraltro contestato, di
                                Melfi, il quadretto della famiglia di Federico,
                                tutta compostezza iconografica e amore cortese,
                                fa aggio sulle avventure erotico-sentimentali
                                entro le quali aveva perfettamente incarnate la
                                focosa rudezza dei costumi teutonici con il
                                delicato esercizio dei piaceri connesso ai
                                profumi isolano-mediterranei». 
                                  
                                Giacomo
                                Annibaldis 
                                
                  
                                      
                  
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