| 
                                                     G.
                                                    B.
                                                    | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     Né
                                                    Turchi né ebrei, ma nobili
                                                    Ragusei 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     La
                                                    storia della bella Ragusa in
                                                    un libro di Cristiano
                                                    Caracci 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                              
                                             
                                           
                                         | 
                                       
                                    
                                   
                                  
                                 
                                   
                                La
                                «tradizione culturale italiana è ricca di
                                figure che possono essere definite "grandi
                                dilettanti" che offrono contributi spesso
                                fondamentali alla conoscenza", mossi da
                                passione e interessi culturali, che esulano
                                spesso dall'attività professionale praticata».
                                Questa definizione di Marino De Grassi, editore
                                del libro e colto bibliofilo, si adatta
                                perfettamente a Cristiano Caracci, autore del
                                bel libro sulla storia di Ragusa, l'odierna
                                Dubrovnik. 
                                Avvocato,
                                cultore di storia del diritto italiano, è
                                soprattutto innamorato di Ragusa e delle sue
                                vicende. Difficile dargli torto per chi abbia
                                una volta passeggiato lungo la cerchia di mura
                                lunga 2 chilometri e percorso le strette calli
                                in salita, che si affacciano su panorami marini
                                mozzafiato, dove il blu cobalto del mare
                                contrasta con le pietre dorate delle
                                costruzioni. 
                                Nel
                                volume di agevole e facile lettura, Cristiano
                                Caracci descrive i più importanti avvenimenti
                                della città: dall'abbandono della antica
                                colonia greca di Cataro alla fondazione di
                                Ragusa, l'adesione alla IV crociata, dalla
                                dedizione alla corona magiara, argomento
                                approfondito da Adriano Papo in prefazione,
                                all'indipendenza della città dopo la fine della
                                monarchia ungherese, dallo splendido
                                rinascimento raguseo alla concorrenza del porto
                                di Spalato e al terremoto del 1667. Questi due
                                ultimi fatti minarono le sorti della città
                                marinara finché nel 1808 Napoleone sancì la
                                fine della repubblica indipendente di Ragusa,
                                pochi anni dopo aver decretato la fine
                                dell'eterna rivale, Venezia accomunata dallo
                                stesso destino dopo secoli di lotte. 
                                Con
                                un occhio attento agli aspetti legislativi e
                                istituzionali, l'autore descrive una repubblica
                                ragusea che riuscì abilmente e pacificamente a
                                destreggiarsi tra vicini pericolosi: la
                                Repubblica di Venezia, che tentò in tutti i
                                modi di minarne i traffici marittimi
                                confiscandone le navi, e l'impero turco di
                                religione mussulmana.  
                                Ragusa
                                fin dal secolo XIV aveva invece decretato
                                l'italiano come lingua ufficiale dello stato,
                                rigorosamente cristiano tanto da scegliersi come
                                protettore San Biagio, la cui immagine decora
                                tuttora tutte le porte della città. Ragusa fu
                                dunque una enclave italiana e cristiana,
                                circondata da popoli slavi e maomettani.  
                                Ragusa,
                                di lingua e cultura latina riuscì tuttavia a
                                convivere con le popolazioni circostanti, slave
                                e ortodosse e fu da sempre alleata fedele del
                                regno di Ungheria, legato a sua volta, con gli
                                angioini di Napoli e con il rinascimento
                                italico. La città fu il naturale sbocco dei
                                Balcani verso l'Adriatico e intrattenne fitti
                                rapporti con lo stato della chiesa, cui faceva
                                comodo un presidio contro il pericolo turco. 
                                Motto
                                della repubblica fu «Non bene pro toto
                                libertas venditur auro» (La libertà non si
                                vende per tutto l'oro del mondo) e fu scelto
                                come modello il paladino Orlando, che campeggia
                                nella piazza principale. Ragusa amministrò
                                saggiamente la sua libertà, barcamenandosi tra
                                vicini potenti, facendosi quasi scudo della sua
                                arrendevolezza e capacità di trovare
                                compromessi. Protesse così gli ebrei cacciati
                                da Spagna e Portogallo, vietò il mercato degli
                                schiavi, espresse una classe dirigente amante
                                del bene comune, anche se le istituzioni erano
                                piuttosto attardate. Nel testo si mettono in
                                evidenza particolari che la dicono lunga sulla
                                civiltà ragusea: qui si inventò l'istituto
                                della quarantena delle navi per meglio tutelare
                                gli abitanti dalle pestilenze, che menavano
                                strage in Europa e si giunse a rimborsare il
                                valore delle suppellettili bruciate agli
                                appestati. 
                                Il
                                libro è completato da una appendice, curata da
                                Giovanni Gardernal, con gli indici degli statuti
                                cittadini. Raffinata è anche la veste
                                tipografica delle Edizioni della laguna con una
                                serie di riproduzioni di litografie del 1883,
                                mappe, costumi d'epoca. 
                                La
                                storia di Ragusa si ferma al 1808; chissà che
                                non possa essere stampata anche la continuazione
                                dall'annessione all'Impero asburgico alla guerra
                                degli anni Novanta, che tanti danni inflisse
                                alla cittadina. 
                                  
                                G.B. 
                                
                  
                                      
                                 
                  
                                   
                  
                                    |