| 
                                                     GIACOMO
                                                    ANNIBALDIS  | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                     Svelato
                                                    il criptogramma? 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                                
                                                  | 
                                                      Aurelio Ciancio del CNR ha trovato il bandolo. Niente Santo
                                                    Graal 
                                                   | 
                                                 
                                                
                                                  |   | 
                                                 
                                              
                                             
                                           
                                         | 
                                       
                                    
                                   
                                  
                                 
                                 
                                    
                                
                                Ci provò anche Martin Mystère a risolvere l'enigma,
                                quando venne a Bari in cerca del Santo Graal.
                                Era il 1995, e l'"investigatore
                                dell'impossibile" tentò di decifrare il
                                criptogramma dell'altare di San Nicola: 624
                                lettere incise tutt'intorno ai lati di una
                                lamina argentea, posta sull'altare, anch'esso
                                d'argento, del Santo. Ovviamente, l'"eroe
                                di cartone" della scuderia Bonelli applicò
                                tutti i metodi di decifrazione noti, dal Sistema
                                bifido di Felix de la Stelle
                                all'antica Tabula
                                recta di Tritemio, fino al
                                "pazzesco codice di Blaise de Vigenère"...
                                Giunse alla conclusione che non si trattava di
                                un messaggio cifrato, ma di una piantina: era, a
                                suo dire, il perimetro di una stanza segreta, in
                                cui si custodiva il Santo Graal. Naturalmente,
                                tutta fantasia. Naturalmente, una tale soluzione
                                era ancora una volta il segnale di un
                                fallimento. Il celebre criptogramma di San
                                Nicola restava indecifrabile. D'altronde, gli
                                stessi padri domenicani, in collaborazione con
                                la Banca Nazionale del Lavoro, avevano indetto
                                un concorso nel 1987 (nel IX centenario della
                                traslazione delle ossa di San Nicola) offrendo
                                cinque milioni di lire a chi fosse stato capace
                                di svelare il senso della misteriosa iscrizione.
                                Invano. 
                                Né si può dar credito ai nostrani "cercatori di
                                misteri", che di tanto in tanto sostengono
                                di esserne venuti a capo. Ancora di recente V. D., in un volume
                                "gnostico" [...] torna a
                                suggerire la sua lettura: «Arca
                                testa tecta a cripta in Mira et gradale a sacel(lo)
                                in (ihs) galva(ni) sepulcr(o)».
                                Come si ricavi ciò, è arduo comprenderlo. Lo
                                stesso autore ne è conscio, perché sembra
                                voler mettere le mani avanti: «Sappiamo
                                bene che qualcuno non condividerà la
                                "soluzione" da noi ottenuta
                                definendola "pura immaginazione" o
                                "fervida fantasia", ma tutto ciò fa
                                parte del gioco». 
                                Ora però un
                                ricercatore del CNR di Bari, Aurelio Ciancio,
                                sembra abbia trovato il bandolo della matassa.
                                E, con ogni verosimiglianza, è riuscito a
                                gettar luce sul contenuto del messaggio. Ciò
                                che viene fuori è sconvolgente e beffardo. La
                                prima metà del testo infatti dice: «Resta
                                da sapere se il servo arriva ora e in armi da
                                me, se tu / dietro all'uorme sue o se, pare, a
                                letto a menar o iaià per un po' e / co' lo re
                                'l sorriso inoltrare alle sue persone, in
                                prosperit / à ti renda tra feste a
                                Napoli...». Come si vede, una
                                missiva cifrata che non ha nulla a che fare con
                                il sacro. Ma andiamo per ordine. Come Aurelio
                                Ciancio è giunto a questa soluzione?
                                
                                 
                                Tentando anche lui, come Martin Mystère, i vari codici
                                conosciuti, si è accorto di alcune frequenti
                                ripetizioni che riguardavano coppie di lettere
                                (d'altronde i lati verticali dell'iscrizione
                                sono tutti formati da gruppi di 4 lettere). Per
                                farla breve: il mittente ed il ricevente usavano
                                un codice che assomigliava molto a quello del
                                gioco degli scacchi: cavallo in AG, regina in EF,
                                torre in CB... Praticamente, e banalizzando,
                                ambedue i personaggi avevano una loro tabella a
                                scacchiera, dove ogni casella corrispondeva ad
                                una lettera. E scrivendo nel messaggio cifrato,
                                ad esempio, GS, nelle coordinate della G e della
                                S appariva una casella con la lettera in chiaro
                                R... Questa scacchiera o, se volete, tabella da
                                battaglia navale, mancava della lettera Z.
                                Quindi era composta da 400 caselle, dove le
                                medesime lettere dell'alfabeto venivano anche
                                ripetute più volte, in modo tale da rendere
                                ancora più indecifrabile ad estranei il
                                messaggio. Ed in effetti lo sarebbe ancora oggi,
                                se le ripetizioni non avessero contribuito a
                                dare una mano: cosicché, selezionando le
                                frequenze maggiori e saggiandone le possibilità,
                                molte parole sono infine emerse. E, tuttavia,
                                nei punti in cui l'antico mittente ha variato
                                l'uso delle coordinate, specie nella seconda
                                parte del criptogramma, il messaggio appare
                                blindato, perchè le lettere/caselle, impiegate
                                con minori frequenze, risultano inconfrontabili.
                                 
                                La seconda parte resta alquanto lacunosa.
                                Omettiamola per ora, dicendo solo che l'ultima
                                frase dell'iscrizione è sicuramente «se
                                è anche su, annotila qui». Che
                                cosa si ricava dunque da questo messaggio? Le
                                ipotesi possono essere varie: da quella sessuale
                                (adombrata dal passo «a
                                letto a menar o' iaià») a
                                quella più politica della sicurezza personale.
                                Chi scrive si sente minacciato e per questo
                                attende l'arrivo di un servo "in
                                armi", quasi una guardia del
                                corpo in vista di un pericolo imminente, ovvero
                                si attende una sanzione (e allora quel «servo in armi» preluderebbe ad un provvedimento
                                a suo carico). Il destinatario è evidentemente
                                implicato nell'affare, ed il mittente gli chiede
                                se verrà dopo il servo, o se resterà a Napoli
                                a trastullarsi tra le feste della corte... Nella
                                seconda parte, evidentemente la missiva si
                                chiariva maggiormente, benché, essendo
                                un'informativa tra due persone, il messaggio,
                                anche se decifrato, doveva omettere i fatti di
                                per sè noti ai due interlocutori. 
                                Certo, era un
                                bel modo intrigante quello di inviare vassoi
                                d'argento o cofanetti con messaggi cifrati per
                                evitare eventuali spie: il dono stesso farebbe
                                propendere verso l'idea che il ricevente fosse
                                una dama. Ma com'è finito, allora, quest'oggetto
                                profano sull'altare di un santo? è
                                difficile
                                dare una risposta sicura al quesito, perché la
                                documentazione dell'archivio di San Nicola
                                relativa agli anni della forgiatura dell'altare
                                argenteo (il fascicolo degli anni 1682-1691) è
                                scomparsa. E questo è un ulteriore mistero:
                                probabilmente qualche geloso cultore
                                dell'enigmatico criptogramma ha deciso di
                                arrivare a capo della soluzione e di impedirla
                                ad altri. A chi voglia sapere la storia
                                dell'Altare di San Nicola, proponiamola lettura
                                del volume di F. L. Bibbo (Levante Editori,
                                1987, cui ci riferiamo). 
                                Quello che è certo è
                                che nel 1682 il capitolo nicolaiano, con il
                                priore Alessandro Pallavicino, decide di rifare
                                l'altare che copre le sante e miracolose spoglie
                                del vescovo di Mira, perché il precedente è «vecchio
                                e all'antica» (era stato donato
                                nel 1319 da Uros II
                                Militin re di Serbia, e confezionato dagli orafi
                                baresi Rogerio de Invidia e Roberto di
                                Barletta). Perciò, i canonici ritengono bene di
                                rottamarlo e mandare il metallo a Napoli, presso
                                l'atélier di Domenico Marinelli ed Antonio Avitabile. Ma
                                poiché il materiale non sembrava sufficiente,
                                si decretò il 20 maggio 1682 di aggiungervi «molte
                                lampade vecchie» e "vasi
                                d'argento" insieme a molti
                                oggetti d'oro, "riposti
                                in una cassa, che si conserva dalli custodi di
                                detto sagro altare, et non fanno mostra, ne
                                ornato alcuno...». Insomma
                                tutto fu racimolato per essere riciclato nel
                                nuovo altare, anche gli oggetti d'oro e di
                                argento donati al santo e non di culto...
                                Tuttavia la materia prima risultò eccessiva, se
                                nel 1693 la Basilica intentò un processo agli «heredi»
                                dei due orafi napoletani «per
                                aver ritenuto varie suppellettili per la nuova
                                fusione dell'altare».
                                 
                                Con ogni probabilità, i due argentieri partenopei, in modo
                                levantino, non hanno fuso tutto il metallo per
                                riforgiarlo. Qualche pezzo di valore, magari già
                                finemente cesellato, è stato inserito nella
                                nuova opera con una logica di reimpiego già ben
                                nota nelle nostre chiese romaniche. E il nostro
                                "vassoio" si prestava di certo a
                                questo riuso (che agevolava il lavoro degli
                                artefici), non solo grazie al bell’ornato
                                floreale, ma anche al mistero dell’iscrizione
                                (sarebbe interessante poter osservare il lato
                                nascosto della piastra, visto che l’altare si
                                appresta a un nuovo restauro). A comprovare
                                questa ipotesi, ci sono le listine d’argento
                                che sono state applicate per occupare lo spazio
                                vuoto lasciato dal "vassoio".
                                Naturalmente a scanso di equivoci, qualcuno gli
                                orafi o i canonici di San Nicola volle
                                aggiungere al criptogramma l’iscrizione
                                leggibile: «Magnificus Dominici Marinelli
                                preditti all’altare FF.MDCLXXXIV»
                                ("Il Magnifico fece fare l’altare del
                                predetto Domenico Marinelli 1684"), facendo
                                riferimento al cartiglio posto in base
                                all’altare con inciso il committente, gli
                                orafi e la data. Insomma, la sorte ha
                                giocato un tiro mancino a San Nicola? La
                                novellistica popolare ci raffigura spesso il
                                santo patrono di Bari nelle vesti del burlone,
                                specie quando tenzona con il diavolo, beffandolo
                                generalmente con scherzi e tranelli. Ma questa
                                volta e non sarebbe l’unica è stato il
                                diavolo ad averla vinta. E però, si sa, San
                                Nicola era spiritoso e sapeva sorriderne, se
                                veniva gabbato.
                                 
                                  
                                Intervista.
                                Il gioco della
                                statistica
                                
                                
                                 
                                 
                                Aurelio
                                Ciancio è il responsabile della sezione di Bari
                                dell’Istituto per la protezione delle Piante
                                del CNR. Per dimostrare la fondatezza della sua
                                decifrazione, esibisce delle tabelle statistiche
                                e ricerche: il percorso della sua scoperta.
                                Come è giunto
                                all’interpretazione?
                                «L’esperienza
                                con la statistica mi ha fornito una via
                                d’accesso alla decifrazione. La statistica può
                                essere considerata un linguaggio universale
                                nella scienza. La frequenza di alcuni digrammi
                                ripetuti mi ha innanzitutto permesso di
                                identificare le vocali. Il resto è risultato da
                                ulteriori deduzioni. Ma ciò che mi ha aiutato
                                è stato il metodo basato sulla riproducibilità
                                delle osservazioni. Ogni verifica inizia proprio
                                qui».
                                
                                
                                È una
                                integrazione originale con un settore di ricerca
                                abbastanza lontano…
                                
                                
                                
                                «È
                                proprio così, combinare esperienze anche
                                lontane può davvero portare a risultati
                                sorprendenti. Oggi si cerca, anche nel CNR, una
                                maggiore integrazione fra diverse
                                specializzazioni scientifiche. Pensi ad esempio
                                ai risultati che si ottengono dalla combinazione
                                fra biologia molecolare ed archeologia, o a
                                discipline emergenti come la bioinformatica. Per
                                non parlare delle applicazioni e delle ricadute
                                della ricerca di base, che spesso si sfruttano
                                in settori molto diversi da quelli
                                d’origine».
                                
                                
                                E nel caso del
                                nostro crittogramma?
                                
                                
                                
                                «Analizzare
                                la sequenza del DNA di un batterio sconosciuto o
                                di una stringa di testo cifrato non sono poi
                                cose tanto lontane. Per esempio. Il matematico
                                russo Markov propose negli anni Venti un metodo
                                statistico per analizzare sequenze di testo o di
                                lettere casuali. A quell’epoca non si
                                conosceva il DNA, ma oggi questo test viene
                                impiegato con successo proprio nell’analisi
                                delle sequenze gnomiche. Non è servito per il
                                crittogramma dell’altare, ma l’esempio
                                spiega bene questo tripodi sinergie».
                                
                                
                                Dobbiamo
                                pensare quindi a ricerche sempre meno
                                specializzate?
                                
                                
                                
                                «La
                                specializzazione resta importante, perché è
                                attorno ad essa che si costruisce il sapere. La
                                produzione scientifica ha poi i suoi costi e
                                sacrifici, e formare dei ricercatori e degli
                                esperti, che sono un patrimonio per il Paese,
                                richiede tempo e pazienza. Piuttosto penserei ad
                                istituti aperti, con una maggiore facilità nel
                                flusso trasversale d’informazioni, di attività
                                e di esperienze».
                                
                                
                                Resta da
                                sapere se il caso favorisca sempre la mente
                                preparata, come diceva Pasteur…
                                
                                
                                
                                «Questo
                                è scontato. Il fattore individuale rimane un
                                requisito indispensabile».
                                
                                
                                 
                                Giacomo
                                Annibaldis 
                                
                  
                                    | 
                                  
                                    
                                  
                  
                                      
                  
                                     
                  
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