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FULCIGNANO DI GALATONE, RESTI DEL CASTELLO
a cura di Giuseppe Resta
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  descrizione
  e ubicazione   
  
 genesi,
  tipologia e datazione   
  
 il
  casale di Fulcignano   
  
 i
  feudatari   
  
 
	
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Resti del castello.

Resti del castello, torre est e lato sud-est.
 
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Il
  Casale di Fulcignano, che era difeso e dominato dal fortilizio, è
  completamente scomparso. Le ipotesi sull’origine del Casale si perdono in
  fantasie mai accertate. Il De Ferrariis attribuiva al casale origini greche.
  Si vuol fare risalire l’etimo del toponimo al greco fulacà, "cosa
  nascosta", piuttosto che al latino fulcire, "puntellare, ergere su
  cavalletti". Ma nei documenti troviamo il sito censito come Furcignano
  (1192 e 1335), Zurfiniani (fine del 1200) o Furciniani (1426);
  nel dialetto locale è sempre Furcignanu, null’altro. 
Ma
  anche l’effettiva localizzazione dell’abitato è stata fonte di congetture
  e supposizioni. 
Felice
  Moro, appassionato di storia locale,
  cerca ostinatamente di far coincidere Fulcignano con quel Frautentium
  citato da Plinio il Vecchio, morto durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., nella frase
  «ab Hidrunte Soletum desertum dein Fratuentium,
  statio Miltopes...». La supposizione, a tutt’oggi, oltre che vaga,
  gravata da una lacuna documentaria e priva dei necessari riscontri, non sembra
  poter essere suffragata né dall’etimo completamente diverso, né da alcun
  rinvenimento archeologico veramente probante.
è pur vero che si sono rinvenute tracce di costruzioni romane in tutto l’agro di Galatone posto nel quadrante immediatamente a nord-est dell’abitato attuale, in particolare in contrada Barrotta, Bondosa e Rose; in genere deve trattarsi di ville e masse romane del latifondo tardo imperiale. Lo dimostrano le tracce di centuriazione rinvenute da Riccardo Vigano, operaio specializzato in scavi archeologici e già locale Soprintendente Onorario. Ma la colonizzazione romana a ville sparse non dovrebbe avere molto in comune col Casale di Fulcignano né col misterioso Fratuentium.
Lo stesso Vigano,
  invece, ha rintracciato presenza fittile di origine romana in un ben definito
  nucleo prossimo proprio al recinto castellare. Di sicuro, al di là di ogni
  altra congettura metastorica, era lì che si è andato a costituire il nucleo
  abitato del casale vissuto fino alla metà XV secolo, quando fu completamente
  abbandonato. La frequentazione si espande con reperti ceramici bizantini e poi
  normanno-svevi, sino a raggiungere la massima estensione con ceramica
  rinascimentale. Questi reperti fanno ipotizzare che il casale si è sviluppato
  a partire dal VI secolo, quando vi fu la intromissione di genti bizantine che
  si installarono su probabili preesistenze romane. Ma i reperti rinvenuti sono
  solo frutto di raccolta di superficie, in quanto una campagna di scavo
  scientifica ed approfondita non è stata mai intrapresa. Però, a conferma
  dell’attendibilità delle ipotesi archeologiche provenienti dalla lettura
  dei reperti, si può segnalare come, nell’ellisse di territorio che prospetta il lato est del castello e che è interessata dai
  rinvenimenti, siano riscontrabili cisterne e pozzi di capienza e portata
  decisamente importanti. Saverio
  Caputi, medico e uomo di cultura, ancora nell’Ottocento, rinveniva «cisterne
  e trozzi profondi, granai e vie sotterranee, rottami e pezzi di antiche mura». 
  
Conforta
  l’ipotesi proveniente dall’archeologia di superficie la
  fotointerpretazione delle tavole aerofotografiche IGM. Qui si leggono con
  sufficiente chiarezza due percorsi viari ortogonali che dividono l’ellisse
  di territorio in oggetto secondo gli assi della stessa. La zona, inoltre, è
  caratterizzata da un certo consistente rilievo rispetto ai terreni circostanti
  e la conformazione ellittica del nucleodel
  probabile insediamento è ribadita dagli stessi attuali percorsi viari.
Sembrerebbe
  proprio che il castello sia stato localizzato come fortificazione esterna ad
  un  chorion bizantino. Probabilmente il fortilizio, probabilmente sviluppatosi
  sotto i Normanni, era dapprima posto su di una
   motta ed, in seguito, si è
  espanso in epoca sveva per imporre il controllo dell’incrocio dei percorsi
  costituiti dall’Augusta Traiana Salentina Ionica, che andava da Taranto a
  Ugento, e del percorso istimico che andava da Otranto allo scalo di Nardò, il
  latino Portus Nauna, le attuali S. Maria al Bagno e S. Caterina.
Il
  Fuzio ritiene che Fulcignano facesse parte di una linea difensiva normanna
  costituita da dodici castelli costruiti  ex novo che andavano da Gallipoli a
  Castro. 
L’importanza
  di Fulcignano come centro di passaggio di carovane e di pellegrini, oltre
  dalle profonde tracce di ruote sulla roccia affiorante nelle carrarecce
  limitrofe, è testimoniato dall’epigrafe di uno xenodochio distrutto,
  rinvenuta a fianco alla chiesa rurale di Fulcignano, che il vescovo di Nardò
  Antonio Sanfelice legge nel 1719 durante una visita pastorale. L’epigrafe è
  in greco ed in latino. In latino recita: «theodorus protopas famulus
  sanctae dei genitricis hospitium construxit anno 6657», corrispondente
  al 1149 del calendario cristiano.
Poche
  e confuse sono le fonti documentarie e le notizie sui feudatari nonostante
  l’encomiabile sforzo di collazione che ha effettuato il ricercatore locale 
  Vittorio Zacchino.
Una
  prima notizia si ha riguardo a certo milite Maurizio Falcone, signore di
  Fulcignano nel 1192, certamente congiunto della Domina Luisa de Falconi de
  Furcignano, che nel 1208 era badessa in un convento di Lecce. Dopo
  incontriamo un Aymarus di Guarnierius Alemannus possessore di Zurfiniani.
  La famiglia d’Alemagna risulta anche in possesso dello scomparso feudo
  neretino d’Agnano.
In
  periodo svevo il feudo, assieme a quello di Galatone e Nardò, passa ai Gentile: nel 1212 a Simone, poi a Bernardo, quindi a Tommaso
  intorno al 1239. Nel 1266 tocca all’ultimo Gentile, Simone, che viene
  giustiziato a Nardò nel 1269, e il feudo di Fulcignano passa all’ammiraglio
  angioino Filippo de Toucy. Con questo feudatario Fulcignano distacca
  definitivamente le sue sorti feudali da Galatone. Questi nel 1273 scambierà
  il feudo con Gugliemo Brunello. L’esosità delle pretese fiscali del
  Brunello farà fuggire gli abitanti di Fulcignano. Il feudatario li rintraccerà
  e li farà ritornare forzatamente nella sua proprietà. Il feudo si trasmetterà
  ai successori del Brunello (tra questi un Raullo Brunello presente al
  parlamento di Eboli il 2 agosto 1290, lo stesso che nel 1319 cederà a decima
  delle quote di Fulcignano). 
Poi
  c’è una svariata moltitudine di feudatari. Si rintracciano i de Caniano tra
  il 1314 ed il 1319 (congiuntamente con Raullo Brunello?), i Capitignano, i
  Palmieri nel 1348, poi i De Mistretta,fino
  a Gualtieri di Brienne, conte di Lecce e duca di Atene, nel 1352. 
Negli
  anni angioini Fulcignano risulta
  avere una buona consistenza demografica; nel
  1378 è ipotizzabile ammontasse ad un migliaio di persone (come e più di
  Otranto o di Gallipoli). Raggiunto questo apice dobbiamo annotare una veloce
  decimazione dei fuochi. Nel 1412 i suoi abitanti non dovevano essere più di
  170. Appena trent’anni dopo un focolario
  aragonese non ne conta più di una trentina. La rapida discesa ed il declino
  di Fulcignano deve essere fatto risalire alle lotte tra il capitano di ventura
  Ottino De Caris, conte di Fortino, signore di Galatone, Grottaglie, Parabita,
  detto il Malacarne, che usurpa dei possedimenti alla Chiesa di Taranto, e
  Giovanni Del Balzo Orsini che si incarica di spodestarlo e rimettere la Chiesa
  nel legittimo possesso. è
  negli anni seguenti al 1406 che Ladislao d’Angiò
  concede in feudo Galatone e Fulcignano al Malacarne. Nel 1426 la
  regina Giovanna II concede l’assenso alla donazione di
  Fulcignano ed altri feudi al principe di Taranto Giovanni Antonio del Balzo
  Orsini, che era riuscito a
  detronizzare il Malacarne, precisando che la «Terra Furciniani cum castro
  et pertinentiis suisi omnibus sita similiter in d.a Provincia Terrae Hydronti
  iuxta territorium d. ae terrae Galatulae (Galatone), et iuxta
  territorium rettae Sfilichij (Seclì) et iuxta territorium castri
  Naviani (Neviano) et alios confines». 
Probabilmente
  la riedificazione congiunta all’espansione delle mura di Galatone in periodo
  aragonese, presumibilmente intorno
  alla seconda metà del XV secolo, favorirà la completa desertificazione del
  casale aperto di Fulcignano e la fagocitazione dei suoi ultimi abitanti. O
  bisogna pensare forse il contrario: che sia stata la pressione demografica
  degli esuli di Fulcignano distrutto dalla guerra e confluiti nel centro
  fortificato di Galatone ad averne imposto l’espansione aragonese. Galatina
  fu rimurata espandendone i confininel
  1539. Galatone già nel Cinquecento si espande con il convento e la chiesa dei
  Domenicani costruiti proprio nel 1500 da Giovanni Castriota Scanderbeg fuori
  la cinta trecentesca; è quindi lecito pensare che la cinta aragonese a quella
  data fosse già stata realizzata o che si stesse realizzando. 
Comunque
  nel XVI secolo i fossati e le terre intorno al castello di Fulcignano risultano già messi a coltura.
Come
  causa dell’improvvisa scomparsa di Fulcignano appare veramente fantasticata
  la contesa con la vicina Galatone che è riportata da Antonio De Ferrariis.
  Tanto meno pare ipotizzabile ascrivere la guerra al predominio della chiesa
  latina su quella greca. Una guerra con Galatone vittoriosa pare, invece, fosse
  veramente accaduta nel 1335. Fulcignano sarebbe stata rasa al suolo e molti
  degli scampati sarebbero confluiti nella stessa Galatone, già dotata di mura,
  o avrebbero contribuito a popolare piccoli paesi vicini. Questa notizia è
  desumibile dal Chronicon Neretinum, fonte dimostratasi però non
  perfettamente attendibile.
Attualmente
  il Castello, dichiarato monumento nazionale con D.M. 6/11/1967,
  è ancora di proprietà privata. I timidi e mai convinti tentativi di
  acquisizione fatti dalle amministrazioni comunali di Galatone non hanno mai
  avuto efficaci risultati.
Il
  Castello è sopravvissuto al tempo, alle guerre, alle radici degli alberi ed
  al sacco dei contadini e dei tombaroli; resisterà anche alla scarsa
  lungimiranza degli amministratori? 
Non resta che sperare.
©2004 Giuseppe Resta. Il video (2007) non è stato realizzato dall'autore della scheda.