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VITO ANTONIO LEUZZI

 

Trani 1943. Il diario di Heino Niehaus

  

Le pagine del «diario» di un milite della Wehrmacht, che narra quei giorni nel Nord Barese. E svela crimini di guerra. Quando i «luoghi comuni» son duri a morire

  

 

  
La violenza da parte dell'esercito nazista in Italia, dopo l'8 settembre 1943, contro le popolazioni e il territorio, sono al centro della ricerca storiografica internazionale, ma anche di inchieste parlamentari e giudiziarie nel nostro Paese. Il sistema di ordini criminali impartiti dall'alto comando della Wehrmacht in Italia s'inserisce certamente in quella strategia del terrore volontariamente adottata e sperimentata nel corso dell'esperienza bellica e condotta soprattutto nei Balcani e nell'Est europeo sin dal 1941-1942. Le stragi commesse dall'esercito tedesco nei confronti della popolazione civile italiana furono pianificate e s'intensificarono nel periodo 1944-1945.

Le accuse di tradimento si combinarono con l'immagine degli italiani come «una popolazione inferiore». Autorevoli studiosi italiani e tedeschi, in particolare gli storici Enzo Collotti e Gerhard Schreiber, sostengono che non si trattò di un razzismo paragonabile a quello che causò lo sterminio degli ebrei, bensì di un atteggiamento razzistico che aveva come scopo il declassamento di una nazione. I massacri della popolazione civile non combattente non furono, almeno all'inizio della ritirata tedesca in Italia, una costante. In questa fase le atrocità più spaventose furono compiute nei confronti dei militari italiani. La ritirata dei nazisti dalla Puglia, ad esempio, fu costellata da una serie di crimini di guerra su cui oggi stanno indagando procure militari nazionali e internazionali.

Tuttavia i progressi della ricerca storiografica non sono serviti a eliminare alcuni dei luoghi comuni più diffusi negli ambienti reazionari pugliesi degli anni Cinquanta. Uno dei quali, forse il più pervicace, era quello della correttezza tedesca dopo l'8 settembre. Si assiste ancora a riproposizioni di questi travisamenti. In questi giorni a Trani, infatti, esponenti di associazioni culturali, sostenuti da alcuni amministratori, sembrano dar credito a vecchi stereotipi, ripronendo all'attenzione pubblica il corretto comportamento di singoli ufficiali o soldati dell'esercito di Hitler. Ci si è concentrati, infatti, sul rinvenimento del diario di un soldato tedesco, presente a Trani nel settembre '43. Il testimone, Heino Niehaus, vive ancora in Germania, e il suo diario è stato individuato da Schreiber. Nelle pagine dedicate al 1943-45 Niehaus racconta la vicenda della cattura e del successivo rilascio di 50 ostaggi tranesi, avvenuti sulla base degli ordini del comando tedesco.

Tutto ciò è stato sufficiente per dare il via a manifestazioni pubbliche di cui non si comprendono sino in fondo le finalità storiche e culturali. Nel diario si evidenzia il comportamento delle «autorità civili» di Trani che si prodigarono per il rilascio degli ostaggi e si indicano le decisioni assunte dal comando tedesco - e non da un singolo ufficiale - dopo i chiarimenti forniti dalle autorità locali. Nel documento si rivela, tra l'altro, un fatto eclatante: l'esecuzione sommaria nel cimitero di Trani, dopo la resa, di un «maggiore italiano», da parte del reparto al comando del giovane ufficiale della Wehrmacht. Sono righe toccanti. Ed è superfluo sottolineare che azioni del genere - rimaste impunite - costituiscono gravi crimini di guerra e chiariscono ulteriormente l'intenzionalità della violenza nazista.

Sulle modalità delle operazioni del reparto tedesco che nelle settimane successive all'armistizio operò a Nord del capoluogo pugliese (tra Trani e Barletta), e su episodi che assumono tutte le caratteristiche di azioni criminali, esiste una larga documentazione che, evidentemente, in questi giorni è stata completamente ignorata. Documento rilevante sul comportamento dei nazisti a Trani è la relazione della Legione territoriale dei carabinieri di Bari, nella quale si indica il tentativo di difesa di Trani da parte dei militari italiani (che subirono 8 vittime e 12 feriti), e si afferma: «Entrati nella città la soldataglia tedesca procedeva all'incendio e alla distruzione di caserme, uffici pubblici, mezzi di trasporto. Furono distrutte col fuoco le caserme Duca delle Puglie, Mario Rossano, le casermette sulla via di Corato, i magazzini militari di S.Chiara, l'ufficio telefonico e telegrafico. Furono affondati i motopescherecci Alasca e S. Andrea e veniva distrutta dal fuoco anche la porta d'ingresso della Chiesa di S. Giovanni».

Il reparto che intervenne a Trani, al comando del giovane ufficiale, il tenente Kurtz, e gli altri reparti, dislocati a Barletta e nell'Alta Murgia furono protagonisti in quei giorni di immani distruzioni, saccheggi e atroci misfatti. All'attenzione nazionale si è imposta la strage dei vigili urbani di Barletta avvenuta il 12 settembre. Sono ancora in gran parte sconosciuti le stragi di militari sbandati a Valle Cannella nei pressi di Cerignola, Murgetta Rossi, nel territorio di Spinazzola, e diversi altri crimini commessi in tutta l'Alta Murgia e in Capitanata. Degno di nota e di attenzione a Trani non è solo il comportamento esemplare dell'ex podestà Giuseppe Papolla e dell'arcivescovo Francesco Petronelli, con i suoi giovani aiutanti (tra i quali Giuseppe Casale, attuale arcivescovo emerito di Foggia); ma anche della cittadinanza che intervenne numerosa, mostrando coraggio e determinazione di fronte al rastrellamento degli ostaggi.

Questa tensione e la mobilitazione di molti tranesi, che scesero nelle strade, nonché le notizie degli inglesi giunti alle porte della città, costituirono elementi di dissuasione, non trascurabile, nei confronti dell'ufficiale e degli altri militari germanici (e ciò si evince anche dal diario di Niehaus). Gli orrori di cui si macchiarono i tedeschi in tutta la regione e nella vicina Basilicata, oggetto di puntuali indagini della procura militare di Bari, ma anche di quella tedesca, dovrebbero essere meglio conosciute. Per non alimentare tentazioni di vecchi e nuovi revisionismi.

   

Vito Antonio Leuzzi

 
 
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da "La Gazzetta del Mezzogiorno", 20/09/2005

 

  

 

 

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