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           MEDIOEVO TEMPLARE

    a cura di Vito Ricci


 

di Vito Ricci

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Andria  - Bari - Barletta - Canne  - Corato  - Giovinazzo - Gravina di Puglia - Minervino Murge  - Molfetta - Monopoli  - Ruvo di Puglia  - Sannicandro di Bari  - Sovereto - Spinazzola - Terlizzi - Trani


 

Circa la presenza dei cavalieri templari in Terra di Bari, sulla base delle notizie a noi giunte, sappiamo dell'esistenza di insediamenti o di semplici proprietà nelle seguenti località:

Andria: Chiesa di San Leonardo
Bari: Chiesa di San Clemente
Barletta: Chiesa di Santa Maria Maddalena; Chiesa di San Leonardo
Canne: Chiesa di Santa Maria de Salinis; Masseria di Santa Maria de Salinis
Corato: Chiesa di San Vito de Templo
Giovinazzo: Chiesa di san Pietro dell’Ordine di San Giovanni a Rubissano
Gravina di Puglia: Chiesa di San Giorgio
Minervino Murge
Molfetta: Chiesa di San Nicola
Monopoli
Ruvo di Puglia: Chiesa di Santa Maria di Calentano
Sannicandro di Bari
Sovereto: Chiesa di Santa Maria
Spinazzola: Chiesa di San Benedetto; Chiesa di San Giovanni al Castello; Castello di "Guarascone"
Terlizzi: Chiesa di Santa Maria de Muro
Trani: Chiesa di Ognissanti

Ove è stato possibile abbiamo fornito anche l'indicazione del nome della chiesa che fungeva da casa templare.

 

Andria

In questa cittadina i Templari fondarono nella seconda metà del XII secolo la chiesa di San Leonardo. Secondo l'interpretazione di Bianca Capone (Sulle tracce dei Templari, 1996), precettore della domus andriese nel febbraio 1196 fu Pietro di San Gregorio che compare in un documento dell'epoca, sebbene nello stesso non vi sia alcuna indicazione di città, ma solo della chiesa di San Leonardo. Tuttavia, essendo il documento redatto a Canne, è assai probabile, data la vicinanza tra Canne e Andria, che la chiesa di San Leonardo citata sia quella di questa città piuttosto che l'omonima ecclesia presente a Barletta. La chiesa rimase proprietà dell'Ordine cavalleresco sino al 1228/1229 quando l'imperatore Federico II di Svevia espropriò i possedimenti templari nel Regno di Sicilia. L'imperatore tedesco, legato all'Ordine Teutonico che era formato da cavalieri germanici, donò la chiesa di San Leonardo a tale ordine che la consacrò al Salvatore.

Andria, chiesa di S. Agostino.

I cavalieri Teutonici, nell'insediarsi ad Andria, non sopportarono alcuna spesa poiché utilizzarono il convento lasciato dai Templari e vi restarono sino al 1358, quando la lasciarono agli Agostiniani che la dedicarono al loro fondatore (sant'Agostino) e la tennero sino al 19 settembre 1809. La chiesa esiste ancora con la denominazione di S. Agostino ed è retta dal clero secolare. Attualmente abbiamo appreso che è chiusa per restauri.

 

Bari

La domus templare in questa città era ubicata presso la chiesa di San Clemente nell'attuale borgo antico della città. Abbiamo alcune notizie su detta chiesa, prima che diventasse Templare, da parte di alcuni storici locali (Giulio Petroni, Storia di Bari, Napoli 1858, Michele Garruba, Serie critica dei sacri pastori baresi, Bari 1884). Essa fu edificata, in un'epoca imprecisata, dalla famiglia Positano «dietro i corrioli di S. Agostino» (Petroni) e nel novembre del 1089 donata dall'arcivescovo di Bari Elia (1089-1105) all'arcidiacono Giovanni della «Ecclesia Sancte Dei Genitrics et Virginis Marie», la quale l'avrebbe avuta «semper in suo dominio, potestate et iurisdictione» (Garruba). Verso il 1190, il «Cancellarius Alemannie» assegnò la chiesa di San Clemente all'ordine dei Templari. Sorse in tal modo una disputa tra i cavalieri e il clero barese circa il possesso della chiesa e per dirimere la controversia l'11 giugno 1200 il papa Innocenzo III delegò i vescovi di Conversano e Bitetto, come attestato da una pergamena conservata presso la Cattedrale di Bari. Nulla ci è rimasto circa il pronunciamento dei due vescovi, tuttavia appare assai probabile che la chiesa di San Clemente fu assegnata definitivamente ai Templari e nel corso del XIII secolo essa fu una delle più importanti domus templari in terra di Puglia. Infatti è ricordata in un documento del 30 novembre 1305 e dopo la conclusione del processo di Brindisi (5 giugno 1310) divenne «caput omnium ecclesiarum sacri Templi Domini Ierosolimitani in Apulia». Da un documento fiscale apprendiamo anche che la chiesa (con l'annesso monastero) amministrava un discreto patrimonio, versando nel 1310 una decima all'arcivescovo di Bari di 2 once e 21 tarì d'oro che lascia presupporre una rendita annua di circa 27 once e nello stesso periodo 4 tarì e 4 grana d'oro all'arcivescovo di Siponto «pro grangia Casalis Novi».

La domus barese possedeva anche delle proprietà in Francia a Saintes. Non potendo curare tali proprietà a causa della loro distanza da Bari il 31 luglio 1310, fra Bartolomeo, abate della chiesa di San Clemente, permutava il priorato di Santa Maria de Mazerayo (che i Templari baresi possedevano a Saintes) con una chiesa che il monastero di San Giovanni Angelicensis possedeva a Giovinazzo, in località Rubissano. L'atto fu controfirmato da frate Angelo, canonico del Tempio del Signore di Gerusalemme, e da Giovanni di Bitonto, «frater sacri Templi Domini». Il 12 agosto 1312 papa Clemente V confermava la permuta concordata il 31 luglio 1310 da Bartolomeo, «venerabilis abbatis et conventus sive capituli spsius sacri Templi Domini Ierosilimitani», e frate Antonio, del monastero di San Giovanni «Angelicensis, Xantonensis diocesis». Il successivo 22 agosto 1312 Clemente V nominava l'abate del monastero de Talmaco, priore de Ulmis e decano della chiesa «S. Aredii de Mastatio, Xantonensis diocesis», conservatore «super permutatione facta, propter locorum distantias» fra l'abate e il convento di San Giovanni Angelicensis circa la chiesa di S. Pietro di Giovinazzo e l'Abate e i canonici «S. Templi Domini Ierosolimitani Barensis», circa il priorato di S. Maria di Mazerayo. Altre notizie sui Templari si hanno in un documento del 13 aprile 1307 ove si dice che a Bari diversi cittadini della campagna vicino alle porte della città, per sfuggire alle imposte, vestivano abusivamente l'abito dei Templari, degli Ospitalieri e di altri ordini religiosi.

Dopo l'abolizione dell'ordine del Tempio (1314) non si hanno più notizie della chiesa di San Clemente.

Conosciamo invece altre informazioni su Templari baresi. Infatti da un documento datato 20 luglio 1332 sappiamo che frate Giovanni un (ex) abate del sacro Tempio di Gerusalemme («abbas sacri Templi Domini Jerosolimitani») affittava una casa a Bari. In un documento della fine del XIV secolo (1394) in un atto di permuta viene ricordato un «frater Marinus (Martinus) ordinis Templi Ierosolimitani pior ecclesie Sancti Elie de Baro», ossia una frate Marino o Martino dell'Ordine del Tempio di Gerusalemme priore della chiesa di Sant'Elia di Bari.

 

Barletta

Anche se la presenza dei Templari in questa città è attestata già dal 1158, la storia dell'Ordine a Barletta può farsi cominciare nel 1169, quando Bertrando, arcivescovo di Trani (1169-1184), affidò ai Templari Riccardo e Rainerio la chiesa di Santa Maria Maddalena della quale era precettore frate Guglielmo che si impegnava a riconoscere sempre l'autorità dell'arcivescovo di Trani sulla chiesa. Di Santa Maria Maddalena, oggi non più esistente, sappiamo che era «intra moenia Baroli sita» e che ebbe un ruolo primario nella storia templare, divenendo già dalla fine del XII secolo il centro più importante dell'organizzazione nel regno di Sicilia, sino a diventare sede del Maestro Provinciale dell'Apulia e poi dell'Apulia-Sicilia.

Da un punto di vista architettonico la domus di Santa Maria Maddalena si componeva di vari ambienti e pensata in maniera da permettere alla comunità templare di svolgere i compiti ai quali era preposta. Oltre alla ecclesia vera e propria, la domus alla fine del XIII secolo era composta da due camere usate per le cerimonie di ammissione nell'Ordine, una sala denominata Pavalon e la camera del Maestro Provinciale, quando questi risiedeva a Barletta. Inoltre vi era pure una ecclesia di San Leonardo ove veniva scandite le ore della comunità di Santa Maria Maddalena.

In un primo tempo la domus barlettana aveva come funzione principale quella dell'assistenza ai pellegrini (accanto alla chiesa i Templari edificarono un grande stabilimento che fungeva da ospizio) alla quale si affiancarono, con il passare del tempo, anche quella di controllo su tutte le case della Terra di Bari (infatti, da un documento del febbraio 1196, apprendiamo che il capitolo templare di Barletta approvava la permuta di un terreno effettuata da Pietro di S. Gregorio, precettore templare della chiesa di San Leonardo - di Barletta, secondo Fulvio Branmato - con Aitardo vescovo di Canne e che frate Giovanni era «prior domus templi Barleti») e l'intervento nelle controversie che sorgevano tra i Templari e altri proprietari circa il possesso di taluni beni (da una lettera di papa Onorio III datata 6 giugno 1226 sappiamo che questi assolveva i cistercensi del monastero di Casa Nuova dalle accuse mosse dal Maestro Templare di Barletta circa delle proprietà nei pressi di Lucera). La domus di Barletta è ricordata nel 1200 in un documento dell'archivio capitolare della città di Canne. Il 31 marzo 1204 Maralda, «necessitate famis coacta pro substentatione…filii» vendeva a «Matheo cambiatori f. Iohannis», acquirente in nome della domus templare di Barletta, tre vigne situate «in cluso Bellovidere» al prezzo di tre once d’oro. 

Man mano che l'Ordine si espandeva e si sviluppava in Puglia, i Templari di Barletta iniziarono ad inviare aiuti di ogni tipo ai loro confratelli della Terra Santa, approfittando del fatto che la città era dotata di un porto di una certa rilevanza. Le spedizioni erano costituite soprattutto da derrate alimentari ed erano effettuate usando barche di proprietà della stessa domus. A sovrintendere a tale attività era il magister della domus, il quale curava l'espletamento delle formalità richieste dalle disposizioni per far uscire dal regno le merci. Nel 1271 Carlo I d’Angiò, in seguito alle richieste di Sabino, maestro della domus templare di Barletta, ordinava a Risone "de Marra" Portolano della Puglia, di soprassedere per quattro mesi alla riscossione della balista sulle spedizioni di vettovaglie che i Templari organizzavano per San Giovanni d’Acri e di non molestare più le domus dell’ordine cavalleresco di Barletta.

Nel 1272 la domus di Barletta utilizzava le seguenti imbarcazioni per il trasporto di vettovaglie: la paranza S. Nicola di ser Benvenuto e ser Martino Martino de Dragundo; la paranza S. Albano di ser Mani et Omibani; la paranza S. Cristoforo di Andrea de Iadeva e la paranza S. Nicola di Nicola Stramatia di Bari. Carlo I d'Angiò intervenne spesso per agevolare la spedizione di merci e derrate alimentari da Barletta per la Terra Santa. A tale proposito si può vedere l'ordine dato a Nicola Frecza, portolono di Puglia, il 22 gennaio 1273 con il quale il re «mandat ut fr. Arnulfo, Domus Militie Templi extrahere de portu Baroli seu Manfredonie frumenti salmas M et totitem ordei, deferendas per mare cum navibus eiusdem Domus ap. Accon permittat».

Da un documento datato agosto 1303 e redatto a Barletta sappiamo che per volontà di frate Guglielmo de Barolo, nunzio di frate Goffredo Petr(agoni), maestro e precettore «sacre domi milicie Templi in Apulia», vengono imbarcate nel porto di Manfredonia per l'isola di Cipro «pro substentacione presidi dicte domus», 400 salme d'orzo, 350 salme di frumento e 20 salme di fave.

I Templari di Barletta ebbero proprietà anche in altre città e regioni. Sappiamo che il 29 giugno 1279 tale Andrea Strino di Barletta donava a Pietro «de Genua, Magistro Ordinis Templariorum», la metà della sua casa con la metà «plateae, cisternae et crypta» che si trovavano in Trani. Nel 1282 la domus aveva delle proprietà in Calabria e da essa dipendevano le fondazioni di questa regione. Nel 1298 Carlo II d'Angiò interveniva presso il Capitano di Lucera affinché al Magister e ai Templari della domus di Barletta fosse garantito assieme agli uomini del loro casale di Alberona il diritto di pascura sul territorio di Tora. Mentre da un documento del marzo 1308 (quando erano già in corso le persecuzioni contro i Templari) apprendiamo la cospicua consistenza e l'elencazione delle proprietà in Lucania. Infatti nel in esecuzione delle disposizioni ricevute da Roberto d'Angiò, duca di Calabria, venne redatto l'inventario dei beni che la domus templare di Barletta possedeva in Basilicata. Da tale inventario risulta che l'Ordine possedeva a Melfi la chiesa di san Nicola «cum domibus et ortis sitis in territorio eiusdem terre ante terram eamdem que site sunt iuxta aemdem ecclesiam et ex alia parte site sunt iuxta viam puplicam».

Sempre a Melfi ebbero tre staciones in località Albana; una domus nella parrocchia di S. Adoeni; un'altra domus ed una vigna nella terra che fu di Alibrando di Melfi. Altre vigne ebbero «in loco qui dicitur Matera,... in loco qui dicitur columnellis», ed in località S. Pietro de Serris. Un'ultima vigna con un castagneto ebbero in fontana veterano. A Melfi ebbero, infine, due cripte «cum orto uno sito ante civitatem Melfie suptus balneum civitatis eiusdem» ed un tenimento di terre in località Cisterna.

A Lavello un grande tenimento di terre situato in località Girono, dove «dicta domus Templi» aveva «massariam suam». A Venosa i Templari possedevano un vignale, un grande palazzo in piazza che fu di Bisanzio, una domus situata in parrocchia di S. Barbara; un casalino sempre in parrocchia di S. Barbara; diverse vigne «in parte Vallonis sancti Blasii que fuerunt dopni Bisancii»; una pecia di terra nella valle de frussa, vicino al fiume; la terza parte di una domus nella parrocchia di S. Nicola; la terza parte di un vigneto in parte Riali; una domus in parrocchia S. Marco; una terra in loco vie vallonis, due petie di terra situate in loco faraucosi; una terra situata in parte ciglani; un appezzamento di terra situata in parte flumis ed un altro situato in parte vallonis de flurco.

Dopo i Vespri Siciliani (1282), con la pace di Caltabellotta (1302) e il passaggio della Sicilia agli Aragonesi, la domus di Santa Maria Maddalena estese la sua giurisdizione su tutte le case templari del regno di Napoli, dando un nuovo impulso all'espansione dell'Ordine nel Mezzogiorno d'Italia. Divenuti oramai una vera e propria potenza, alla fine del XIII secolo, quando erano giunti all'apice della loro fortuna, i Templari barlettani cominciarono ad abusare del loro potere e si resero responsabili di soprusi ai danni della popolazione locale che si rivolse al re Carlo II d'Angiò perché i cavalieri erano soliti sequestrare gli animali che andavano a pascolare nelle loro terre e li rilasciavano solo dietro pagamento di riscatto.

Il sovrano angioino per ben due volte, il 13 novembre 1294 e il 20 febbraio 1296, ordinò al giustiziere di Terra di Bari e ai baglivi di Barletta di intervenire. Nonostante ciò il re di Napoli continuò a mostrarsi favorevole nei confronti dei Templari, confermando i loro privilegi. Solo nel marzo del 1308, per uniformarsi alle direttive di Filippo Il Bello e di papa Clemente V, cominciò a far arrestare i Templari di Barletta e li rinchiuse nel castello della città, ove vi rimasero sino al 15 maggio del 1310, data di inizio del processo di Brindisi. 

Sappiamo infatti che il 24 marzo 1308 Giovanni Brachetto, castellano di Barletta, ricevette in consegna i Templari Michele Cersi, Oliviero de Berona, Guglielmo Angelicum (Anglicum), Bartolomeo de Cusencia, Angelo de Brandusio e Stefano de Antiochia, fece redigere a Riccardo di Nicola, notaio, un atto pubblico per rendere certa l'esecuzione degli ordini della Regia Curia e di Giovanni di Laya, Giustiziere di Terra di Bari. Durante la prigionia dei Templari barlettani, nel maggio 1309 la Grande Curia ordinò ai giudici Angelo di Ruvo e ad Andrea di Donnaperna di Barletta di provvedere alla conservazione e alla vendita alle migliori condizioni delle pelli, dei cuoiami e delle lane ricavate dalle mandrie già appartenute alla domus templare di Barletta e nel giugno 1309 Roberto d'Angiò imponeva agli stessi giudici di prelevare qualche somma di denaro dalle rendite amministrate dalla domus di Barletta e spenderle a favore dei Templari prigionieri. Dalle deposizioni di alcuni cavalieri templari abbiano altre notizie sulla domus di Barletta. Sappiamo che nel 1292 frate Giovanni de Neritone fu ricevuto nella domus di Santa Maria Maddalena nella stanza detta del Pavalon e fu costretto a rinnegare il crocifisso. Intorno al 1300 fu ricevuto nell'Ordine a Barletta frate Giovanni Anglicus, alla presenza di Rinaldo de Varensi, gran Precettore di Apulia, e nel 1307 era precettore di Barletta Giovanni de Nivelle.

Con l'abolizione dell'Ordine Templare (1314) la chiesa di Santa Maria Maddalena fu affidata a Cappellani e adibita per le convocazioni del consiglio dell'Università. Il 17 marzo del 1531 papa Clemente VII cedette la chiesa ai Domenicani, i quali, subito dopo, la rasero al suolo per ampliare l'attuale chiesa di San Domenico.

Barletta, la chiesa di S. Domenico oggi.

Ad epilogo della trattazione della presenza templare a Barletta voglio riportare un interessante ed innovativo intervento che ho trovato su Internet (http://www.crsec.it/I%20Templari1/index.htm) realizzato da Oronzo Cilli, il quale nega, sulla base di alcuni documenti e deduzioni, che la chiesa di Santa Maria Maddalena fu la domus templare a Barletta.

Secondo molti studiosi i cavalieri Templari a Barletta avevano due case: quella di San Leonardo, extra moenia, e quella di Santa Maria Maddalena, intra moenia. Il fondamento di tale asserzione è costituito da un documento del 1196 pubblicato da Arcangelo Prologo nel suo Le Carte che si conservano nell'Archivio Capitolare Metropolitano della città di Trani, edito a Trani dal Vecchi nel 1877. Il Prologo, nel regesto dei documenti riportati nella sua importante opera, scrive che «(1169) - Il Capitolo generale dei Templari in Gerusalemme approva la convenzione stabilita in Barletta fra l'Arcivescovo Bertrando ed il clero di Trani e Barletta da una parte, e fra Riccardo e Rainerio dell'Ordine del Tempio dall'altra, intorno alla concessione fatta alla stesso Ordine della Chiesa di S. Maria Maddalena di Barletta; ed approva la formula del giuramento, che dovranno prestare i rettori di quella Chiesa prima di entrare in ufficio». Stando al regesto, si farebbe riferimento ad una donazione - dopo quella fatta ai templari di S. Maria de Salinis nel 1158 - elargita verso quest'Ordine dal clero Tranese. Tuttavia, afferma Oronzo Cilli, nell’originale documento riportato dal Prologo, si può legge «vobis et universo clericorum vestrorum sacro collegio notificamus. quod ego. R. sancti templi domini quod est in iehrusalem dictus abbas». È da notare come è chiamato l'Ordine che riceve la donazione: sancti templi domini. Ebbene, da una prima lettura di questo documento si evince come l'Ordine, che ricevette la chiesa di Santa Maria Maddalena di Barletta, non fu in realtà quello dei Templari ma, bensì, un altro Ordine. Nei diversi manoscritti latini, in cui compaiono cavalieri templari, si ritrovano spesso citati come militia Templi o domus militia Templi e solo raramente - soprattutto nei primi anni - come Templum domini o Templi domini. Questo perché i Templum domini non erano i cavalieri che avevano ricevuto la benedizione da San Bernardo di Chiaravalle, ma i canonici regolari del Tempio del Signore, legati alla regola agostiniana.

Lo storico Alain Demurger, nella sua storia sui Templari, scrive che a Gerusalemme davanti al Tempio di Salomone si apre la vasta spianata detta "del Tempio", ma che quest'Ordine prende il suo nome dal Tempio del Signore, Templum Domini: si tratta della Cupola della Roccia, divenuta proprietà dei canonici regolari del Templum Domini che ne avevano fatto la loro chiesa, consacrata nel 1142.

Anche se le diverse fonti raccontano come i futuri cavalieri Templari ricevettero in principio assistenza da quest'Ordine, le loro vie ben presto si separarono. Questa confusione è dovuta anche allo scarso approfondimento e conoscenza di entrambi gli Ordini.

Altro elemento che può aiutarci a scartare l'ipotesi di donazione fatta nei confronti dei Templari, è contenuto nello stesso documento del 1169, quando si riporta il giuramento di fedeltà fatto dal primo rettore dell'Ordine - imponendolo a tutti gli altri rettori che gli succederanno - al vescovo Bertrando e a tutti i successivi vescovi della chiesa tranese. è risaputo come i Templari prestassero un giuramento, ma certamente non nei confronti dei vescovi locali. A tal riguardo si riporta un passo di Franco Cardini: «l'Ordine ottenne ampi privilegi con la bolla Omne datum optimum di papa Innocenzo II, del marzo 1139, che stabiliva che esso dipendeva direttamente dalla Santa Sede… Altre bolle ampliarono i diritti e le prerogative del Tempio, in genere a scapito delle Chiese locali e quindi con poco gioia dei vescovi: così l'Ordine divenne un formidabile strumento nelle mani delle aspirazioni monocratiche del papa sulla Chiesa Latina».

Quindi, se questi privilegi furono concessi molti anni dopo il 1139, e il loro giuramento era solo verso la persona del pontefice, perché mai i Templari dovettero giurare fedeltà, nel 1196, al vescovo di Trani? Quel giuramento, difatti, non fu pronunziato dai cavalieri rosso-crociati ma dai canonici regolari della Cupola della Roccia. Vi sono ancora altri elementi, contenuti nelle chartae pubblicate dal Prologo, utili a capire come S. Maria Maddalena non fu occupata dai cavalieri Templari. Si legge, ad esempio, in un documento del gennaio 1180, che Bertrando arcivescovo di Trani col consenso del clero tranese, concede immunità e privilegi ai religiosi ed alla chiesa di S. Michele Arcangelo, presso le mura di Barletta. Tra i firmatari del documento vi compare un certo «dominici templi kanonicus et prior ecclesie sancte marie magdalene qui interfui». Riportando ancora dominici templi e non domus militia templi o domus templi. In ogni modo è da chiedersi: fino a che punto è giusto identificare il Templum Domini con canonici regolari del Tempio, ed esistono altre testimonianze e tradizioni che attestano la presenza di questi canonici nella città di Barletta?

Una conferma, sempre secondi il Cilli, verrebbe anche dal Codice Diplomatico Barlettano. In un documento rogato dal notaio Johannes Antionius Bocchutus in data 20 dicembre 1581, si afferma che papa Gregorio XIII immetteva nello jus patronatus della «Ecclesia S. Maria Maddalena de Barolo Alessandro di Sangro. Nel documento viene citato in maniera testuale «Accersitis nobis personaliter ad Venerandam Ecclesiam Sante Marie Magdalene de Barolo alias Templum Domini». Tuttavia da altri autori (Bramato, che riprende Loffredo), come abbiamo già scritto, sappiamo che con la fine dell'Ordine Templare (1314) la chiesa di Santa Maria Maddalena fu affidata a Cappellani e adibita per le convocazioni del consiglio dell'Università. Il 17 marzo del 1531 papa Clemente VII cedette la chiesa ai Domenicani (come testimoniato da una Bolla pontificia), i quali, subito dopo, la rasero al suolo per ampliare l'attuale chiesa di San Domenico. Evidentemente c’è che qualcosa che non quadra.

Quindi, conclude il Cilli, l’unica domus templare a Barletta fu quella di San Leonardo. Tale chiesa, secondo gli storici, doveva essere ubicata extra moenia, fuori le mura, nelle vicinanze dell'omonima Porta fatta erigere nel XII secolo e demolita nei primi del '900, ma non ci sono testimonianze che attestino la reale ubicazione della chiesa. Fu distrutta nel 1528 ad opera di Lorenzo Orsini dell’Anguillara, più noto come Renzo da Ceri, che per vendetta sottopose Barletta ad una violenta rappresaglia. Non riuscendo ad avere ragione della città murata, devastò i due quartieri restati ancora sguarniti di mura, S. Antonio e S. Vitale, incendiandone case e chiese.

Se la tesi esposta da Oronzo Cilli fosse fondata occorrerebbe rivedere la storia dei Templari a Barletta.

 

Canne

La chiesa di S. Maria de Saliniis, domus templare di Canne, era ubicata nei pressi dell'ospedale di S. Maria de mari, sulla strada che da Canne portava ai casali di S. Cassiano e S. Eustasio. Essa fu oggetto di una controversia tra i Templari e i vescovi cannensi. Tale vertenza fu risolta nel maggio 1158, quando Bonifacio, vescovo di Canne, assegnò la chiesa ai Templari. Nel febbraio del 1196 i Templari del capitolo di Barletta permutarono una terra che l'Ordine possedeva nei presso del casale di S. Cassiano con Aitardo, vescovo di Canne, che in cambio dava una terra prossima alla chiesa di S. Maria de Saliniis. In un atto del 1200 sono ricordate le terre che la Domus Templi possiede a Canne. La chiesa di S. Maria de Saliniis et de Trinitate doveva corrispondere 3 libbre di cera «et de thure tres in occasione dell’assunzione della Beata Vergine al Tempio.

L'8 novembre 1254 Dalmazio de Frinacarria, Maestro domorum Templi Ierosolimitani in Italia, mostrava «quandum cartulam quam exemplare fecit» redatta il 16 maggio 1158 con la quale Bonifacio, vescovo di Canne, cedette ai Templari la chiesa di S. Maria de Saliniis, situata «in pertinentia dicte civitatis Cannarum».

Probabilmente alla chiesa di S. Maria de Salinis, vista anche la prossimità a proprietà fondiarie, doveva essere annessa una masseria che viene citata, come già appartenuta ai Templari, nell'inventario che nel 1373 Giacomo, vescovo di Trani, fa dei beni dell'Ordine dell'Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme.

   

 

    

   

©2004 Vito Ricci

 


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