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a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti

L'unicorno in un manoscritto del secolo XI del Physiologus


All'elefante può essere accostato 1'unicorno sia perché esprime nella simbologia cristiana medievale la castità, sia per le sue fattezze abnormi e mostruose: un incrocio fra cavallo, elefante, cervo e porco. Nato fra Cina e India o forse nell'Egitto ellenizzato del IV secolo da una leggenda, questo animale fantastico, descritto con i tratti della ferocia, diventa poi docile nella stagione dell'amore. Di esso parlano gli autori dell'antichità e viene minuziosamente descritto nei Bestiari medievali. Il Fisiologo dice di esso che è simile al capretto, ma ferocissimo; nessun cacciatore può avvicinarglisi a causa della sua forza straordinaria; ha un solo corno in mezzo alla fronte. Per cacciarlo, i cacciatori gli espongono davanti una vergine immacolata e 1'animale balza nel suo seno; dalla vergine viene allattato ed è da lei condotto al palazzo del re. «L'unicorno - recita il Fisiologo - è l'immagine del Salvatore: infatti "ha suscitato un corno nella casa di Davide padre nostro" (Luca, 1.69), ed è divenuto per noi corno di salvezza. Non hanno potuto aver dominio su di Lui gli angeli e le potenze, ma ha preso dimora nel ventre della vera e immacolata Vergine Maria, "e il Verbo si è fatto carne, e ha preso dimora fra di noi" (Giov., 1.14)».

L'unicorno, immagine dell'unico figlio di Dio, è il Cristo unicorno spirituale che s'incarna nel seno della Vergine Maria. Alla bestia è legata anche un'altra leggenda da cui trae origine un altro simbolo cristologico. La leggenda racconta che gli animali della foresta si riuniscono attorno ad una sorgente d'acqua avvelenata da un drago. Per bere, gli animali aspettano che 1'unicorno entri nell'acqua, faccia un segno di croce col suo corno e purifichi così 1'acqua. Il corno simboleggia la croce di Cristo. Come 1'unicorno salva gli animali purificando 1'acqua avvelenata, così il Cristo Redentore dona ai peccatori la salvezza eterna col suo sacrificio sulla croce.

Di probabile origine orientale, la leggenda dell'unicorno nata fra Cina e Persia tra i secoli del I millennio a.C. e 1'inizio del I millennio d.C., passò poi in Occidente forse attraverso uno scritto relativo all'India, composto fra V e IV secolo a.C. da Ctesia di Cnido, medico e viaggiatore greco. Se pur Ctesia non penetrò in Occidente, è anche vero che una folta letteratura di origine orientale, legata alle imprese di Alessandro Magno in India, vi penetrò, rivelandosi poi come la fonte primaria per 1'immaginario tardo-antico e medievale. Aristotele aveva escluso 1'esistenza di animali provvisti di corna che non avessero zoccoli forcuti.

Descrizioni poco chiare erano state date da Giulio Cesare, nel De Bello Gallico, in cui faceva riferimento ad un bos cervi figura. Plinio, pur conoscendo il rinoceronte, aveva parlato di «un bue con la testa di cervo». Giulio Solino, che conosceva il rinoceronte dal «color buxeus, in naribus cornu unicum et repandum, quod subinde attritum cauti bus in mucronem excitat, eoque adversus elephantos praeliatur», dà del monoceros pliniano questa descrizione: corpo di cavallo, testa di cervo dotata di un solo corno splendente, zampe di elefante, coda di maiale.

Il "monocero" nel Bestiario di Aberdeen

 

La fortuna dell'unicorno nel circuito simbolico cristiano fu dovuta non solo ad una confusione di dati zoologici, abbastanza esatti, solo se riferiti però al rinoceronte, ma anche al fatto che esso - ancora sulla base di alcuni malintesi linguistici - è presente nella Bibbia dove si parla di re'em, un animale difficile da identificare (per gli Ebrei indica il bufalo selvatico), messo in relazione etimologico-linguistica con il rim arabo (1'orice) o con il rimu assiro (il grande uro). Il termine re'em, nella versione biblica detta 'dei Settanta' fu resa con la parola monokeros; di qui 1'inserimento dell'unicorno fra gli animali della Bibbia, e la sua fortuna in età medievale da Tertulliano a Isidoro di Siviglia, da Ambrogio ad Onorio di Autun.

L'unicorno nel Bestiario manoscritto Bodley 764 (metà del XIII sec.)

 

Il suo corno, inoltre, per il fatto che purifica le acque e allontana i veleni, fu ritenuto un eccezionale strumento taumaturgico, alle cui virtù ricorrevano principi e re per neutralizzare i veleni. «Le ricerche di laboratorio - scrive Cardini - intervengono, in questi casi, impietose a infrangere 1'incanto». Ci avvertono di trovarci di fronte al corno di un cetaceo della famiglia dei delfini detto monodon monoceros la cui polvere era contesa da opulenti signori a suon di oro e usata come controveleno. Contenti loro, più contenti gli apotecarii! I primi morivano ugualmente di veleno, gli altri continuavano ad arricchirsi gabbando.

Ulisse Aldovrandi, medico e naturalista tra i più quotati, vissuto a cavallo tra il '600 e il '700, nel suo De quadrupedis solidipedibus si occupò anche dell'unicorno, inventariando miti e credenze, leggende popolari e interpretazioni che il mondo cristiano aveva elaborato intorno ad esso; il tutto mutuato dall'inesauribile bagaglio di fenomeni legati all'Oriente. In Cina, per fare un esempio, la comparsa dell'unicorno significava la nascita di un saggio illuminato e venne elevato, secolo dopo secolo, al rango di animale di buon augurio, assieme al drago.

    

Da leggere:

F. Zambon (a cura di), Il Fisiologo, Milano 1975.

F. Cardini, La leggenda dell'unicorno, in «Ulisse 2000», luglio 1989.

M. Restelli, Il ciclo dell'unicorno, Venezia 1992.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995.

M. P. Ciccarese (a cura di), Animali simbolici alle origini del Bestiario cristiano, Bologna 2002.

   

   

©2003 Felice Moretti

    


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