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a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti

Cattedrale di Bitonto, stipite del portale centrale: sirena a coda unica di pesce e dalla chioma fluente


La grandiosità della storia del pensiero e dell’arte dell’Occidente medievale sta nell’incontro tra i reali sviluppi degli avvenimenti e il mito, tra spazi continuamente inseguiti e quelli realmente raggiunti, tra regni sognati e regni privilegiati, tra libidine di conoscenza e frantumazione dei miti, le cui tracce guidano verso l’ignoto disseminato di mostri e animali fantastici: sfingi, grifoni, draghi, arpie e sirene. Tutte sentinelle poste a guardia di spazi ignoti alla cui suggestione erano in pochi a sfuggire: un complesso di grande ricchezza di civiltà fusa ai residui di quella antica, ai resti di quella barbarica, alla sconcertante bellezza di quella orientale. Chi in Oriente si è messo su queste tracce, si è alimentato delle sue suggestioni, si è impadronito delle zone dell’immaginario e dei fantastici animali residenti, accoppiandoli con altri che bazzicavano dalle parti d’Occidente. Qui, la Chiesa, già depositaria dell’eredità pagana, li ha affidati alle cure dell’artista, a questo operatore dell’intellettualità negata e controllata, demandandogli la creazione di una visualizzazione polemica della chiesa stessa verso il mondo. Di questi ha avuto bisogno nello sforzo di sanare i mali del mondo attraverso il procedimento lento ed oscillante di adeguamento dell’immagine animale a superiori processi conoscitivi.

La sirena: a sinistra, in un Bestiario medievale; a destra, nel mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto

L’immaginario medievale si è nutrito della favola e del fantastico, e l’arte da essi generata, moltiplicando l’uomo nella bestia e la bestia nell’animale fantastico, aveva sospeso su capitelli, doccioni e portali di cattedrali e abbazie tutta una serie di chimeriche fatture, finendo per creare nelle coscienze di quell’età l’illusione diabolica di una distrazione di Dio nella Creazione. Ma l’immaginario era un modo di vivere la religiosità con atteggiamenti diversi da chi la viveva con grande impegno intellettivo.

Né vi erano differenze qualitative fra i diversi modi di viverla. L’intellettuale aveva a disposizione il libro e la logica, l’illetterato disponeva della realtà sensibile e degli elementi iconografici che erano simboli, segni che parlavano e indicavano la scorciatoia della fede, anche se combinati con linguaggi figurativi spesso difficili da intendere. Ci lasciano disorientati ad esempio certi soggetti iconografici come la sirena che sullo stipite del portale nord della cattedrale di Bitonto o sul pavimento musivo della cattedrale di Otranto e di Termoli o sui capitelli di cattedrali gotiche di Francia, sembra essere il risultato della creazione di una mente malata.

Ma quelle figure non sono altro che voci della coscienza collettiva del Medioevo: allegorie capaci di trasformare in armonia la raffigurazione del mondo che, pur tanto abietto in sé, si fa apprezzare e godere. Sta qui la grandezza del processo artistico che si trasforma in metafora, in mutatio moralis.

L’immagine della sirena sembra affiorare da più strati sovrapposti di archetipi scombinati, che pian piano si combinano fino a comporsi nella figura metà donna e metà pesce o metà donna e metà uccello che il simbolismo medievale ha sintetizzato nella rappresentazione concettuale della femminilità fatale.

Nella figura della sirena è infatti condensata tutta una concezione pessimistica relativa alla donna (la sua caducità fisica, la sua fragilità morale), ancora attuale presso la maggior parte degli autori monastici medievali, anche dei più grandi, soprattutto quando si richiamano alla dottrina tradizionale del contemptus mundi.

Le sirene (da un manoscritto del secolo XI del Physiologus)

San Bernardo di Clairvaux così si esprimeva: «La donna è lo strumento di Satana. Questa ti incanta con allettamenti mondani e ti indica la scorciatoia del diavolo… è simile alla sirena marina; bellissima dall’ombelico in sù ha l’aspetto di una vergine formosa; dall’ombellico in giù è simile ad un pesce… canta dolcemente… come la sirena inganna i marinai con dolci melodie, così la donna che vive nel mondo, con i suoi inganni trascina alla perdizione i servi di Cristo».

L’insaziabilità del desiderio femminile era, d’altronde, un luogo comune del Medioevo.

Naturale era pertanto l’accostamento della donna alla sirena, una divoratrice di uomini, una orchessa castratrice che, come tutti gli animali ibridi, incuteva paura e repulsione.

Pur in un incompiuto sistema di conoscenze del regno dei pesci, comincia ad avvertirsi, tuttavia, già a partire dalla fine del secolo XII, un interesse nuovo all’esplorazione. Ma il regno dei pesci è ancora in gran parte chiuso dal suo elemento, il mare, alla compiuta conoscenza.

Il suo habitat resta ancora immerso nel suo spaventoso infinito, il più affamato, il più pauroso, il più misterioso. Ma una conquista l’abbiamo fatta, noi occidentali.

Abbiamo allontanato il mare dal cuore e lo abbiamo trasformato nella pozzanghera della terra.

Ci siamo impadroniti del fluttuante con la forza cieca dell’egoismo e dell’odio creando confini e divisioni sulle onde. Abbiamo svuotato i nostri cuori del desiderio di approdare su nuovi lidi. Forse è lo stesso mare che, tradito, ha smesso di offrire al navigante terre sconosciute. E per che cosa? Per creare suddivisioni e delimitazioni di terre nemiche? No. è meglio che le sirene continuino la loro danza infinita nel mare infinito, e che il loro canto resti nei confini dell’infinito. Chissà! Forse Ulisse, che non avrebbe mai sospettato che la forza del mare immensa nei suoi flutti potesse essere superata dalla violenza dei cuori, invincibili negli odi, potrebbe, nel suo infinito viaggio, riposarsi all’ombra di uno scoglio del Gargano, e deliziare le sue orecchie con la melodia di una sirena fuori rotta.

    

Da leggere:

E. Mâle, L’art réligiéux du XII siècle en France, Paris 1947.

H. Zug Tucci, Il mondo medievale dei pesci fra realtà e immaginazione, in L’uomo di fronte al mondo animale nell’Alto Medioevo, Spoleto 1985.

H. Focillon, L’ arte dell’Occidente, Torino 1987.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995 (da cui è tratta l'immagine di copertina di questa pagina).

   

   

©2002 Felice Moretti

 


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