Sei in: Mondi medievali ® Immaginario medievale ® I "Bestiari fantastici" delle cattedrali


a cura di Felice Moretti


di Felice Moretti

Cattedrale di Bitonto, Galleria dell'esaforato: capitello raffigurante una coppia di asini. 


Nell’arte scultorea dal XII al XIV secolo l’asino ricorre frequentemente. Lo troviamo in un capitello del XII secolo sul portale della chiesa di Meillet (Francia), nella cattedrale di Rouen dove è raffigurato con 1’arpa fra le zampe, sulle torri della chiesa di Saint-Denis, a Chartres, Nantes, Nevers, Strasbourg, sul pavimento a mosaico della cattedrale di Otranto. Lo troviamo anche su un capitello a stampella del XIII secolo della cattedrale di Bitonto, dove è messo in evidenza il suo fallo smisurato.

Certo, 1’immissione nelle chiese di questo tipo di raffigurazione ci lascia alquanto perplessi; tale presenza potrebbe essere giustificata solo se si pensa ad una particolare simbologia religiosa il cui archetipo affondi in antiche culture. La famosa immagine “satirica” dell’asino che suona la lira, ad esempio, ha un archetipo che affonda probabilmente le sue radici nella cultura di Ur. Tale figura è stata adeguatamente commentata da Marius Schneider, il quale ha osservato come tamburo e arpa, i due strumenti più di qualunque altro connessi, sia pure per differenti motivi, all’asino, siano per eccellenza strumenti di dolore e di rapporto con 1’aldilà. Ma nell’Occidente medievale 1’asino musicante vuol significare “1’assurdità”. Già nel XII secolo, Filippo di Thaun scriveva che i presuntuosi sono incapaci e insulsi come «gli asini a suonare 1’arpa». Né furono poche le caricature che ritraevano personaggi ecclesiastici o laici con grandi orecchie d’asino. Erano attributi di inequivocabile chiarezza che richiamavano il peccato d’orgoglio ostinato.

L’asino, che fu chiamato ad assumere un ruolo non indifferente in vari episodi della Sacra Scrittura, ebbe soprattutto nella Francia del XII secolo un riconoscimento che equivaleva ad un culto. A lui era dedicata addirittura una festa: “la festa dell’asino”, in ricordo della fuga in Egitto di Maria col piccolo Gesù. In occasione di quella festa, appariva una fanciulla riccamente vestita. Non v’era né Maria, né Gesù, ma 1’asino che, condotto in solenne processione sull’altare, veniva addestrato ad inginocchiarsi in momenti indicati e a ragliare tre volte alla risposta rituale del Benedicamus Domine. «Alla fine della Messa – è scritto in un codice manoscritto risalente all’XI secolo – il prete, anziché pronunciare Ite missa est, raglierà tre volte, e in luogo di Deo gratias il popolo risponderà tre volte hi-ha».

Al raglio asinino Schneider associa il grido altissimo di Gesù sulla croce. Scrive Jung: «è chiaro che il pericolo di teriomorfismo era reale: esistevano infatti determinate tendenze a porre 1’asino in relazione simbolica con Cristo, tanto più che fin dai tempi antichi il Dio dei Giudei era volgarmente rappresentato con i tratti di un asino, e la stessa figura di Cristo non era immune da questo pregiudizio, come dimostra il graffito del Paedagogius del Palatino, che è una raffigurazione satirica del Crocefisso». Il graffito del Paedagogius de Palatino accompagnato dalla scritta Alexamaenos sebete Theon (Alexamenos adora Dio) risale al II secolo d.C. e testimonia la confusione presso il paganesimo declinante tra Ebrei e Cristiani, accusati questi ultimi, di asinolatria  il cui archetipo è forse da ricercarsi in certi culti dionisiaci di Asia Minore e di Creta o in quello egiziano legato al Dio Typhon dalla testa d’asino, oggetto di adorazione nel tempio di Gerusalemme, come testimonia il grammatico Apione nel racconto della Storia d’Egitto del II secolo a.C.

Riesce difficile cogliere i nessi che nel corso dei millenni hanno contrapposto e ribaltato i ruoli della simbologia animale. Nel caso dell’asino, simbolo evangelico dell’umiliazione e della docilità, riesce ancora più difficile spiegare certe parodie medievali legate all’animale, in bilico fra deviante ed osceno. L’oscenità del gesto (demisso pene) dell’asino di Fedro che provoca il cinghiale, mostrandogli il proprio fallo smisurato, è in perfetta consonanza con altre testimonianze dell’antico mondo pagano. Tale oscenità, al contrario, non è adattabile alla sensibilità religiosa medievale in cui la morale prende il sopravvento sulla favola che viene svuotata dei suoi elementi significativi, sostituiti da altri gesti e altri vocaboli che sviano o fanno perdere di vista il significato dell’episodio favolistico. Ora, pur volendo ammettere col Bachtin che 1’asino, uno dei simboli più antichi e più duraturi del «basso materiale corporeo», ha nello stesso tempo un valore abbassante (di mortificazione) e rigenerante, è indubbio, tuttavia, che il fallo dell’asino, che rinvia peraltro al culto priapico, come simbolo rigenerante, sia estraneo alla cultura cristiana medievale e alla sua letteratura; mentre è uno degli attributi caratterizzanti il diavolo nell’iconografia medievale e rinascimentale, e allusivo ai caratteri materiali del peccato: la sessualità, la sregolatezza, la bestialità.

Ma 1’asino non finisce di stupire. Se il cristianesimo, infatti, ha domato 1’impulsività animale dell’antichità pagana, ribaltandone addirittura i segni, è sorprendente considerare come 1’asino, più specificatamente 1’asino rosso, considerato come una delle entità più temibili fra tutte quelle che doveva incontrare il morto nel corso del suo viaggio nell’oltretomba, associato alla “bestia scarlatta” dell’Apocalisse, abbia potuto subire in età cristiana una metamorfosi così radicale. Oggetto di culti misterici ai quali i primi cristiani furono accusati di ricollegarsi – come al culto del ”dio dalla testa d’asino”, che suscitò 1’indignazione di Tertulliano – 1’asino fu poi cavalcato da Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme. E i Vangeli non specificano se 1’animale fosse di pelo rosso, bianco o nero. Solo una pia leggenda medievale trae dall’episodio della Domenica delle Palme la traccia cruciforme di pelo nero che gli segna la schiena.

Per meglio determinare 1’intrecciarsi di funzioni che potrebbero sembrare ambigue e contraddittorie, Franco Cardini ricorda come 1’asino rosso, che conosciamo attraverso il De Osiride et Iside di Plutarco, si collega al mito isiaco dell’antico Egitto, ed è un animale sacro a Seth e simbolo ctonio e malvagio. Questo asino si differenzia da quello dei popoli indoeuropei, in particolare di quelli stanziati fra Anatolia e la catena dell’Elburz, simbolo di regalità di saggezza per quelle popolazioni, in special modo per gli Ittiti e gli Hyksos per i quali le lunghe orecchie asinine erano un simbolo regale e sapienziale.

Cavalcatura di entità celesti, di principi e di eroi in India e in Cina, in tale veste e ruolo 1’asino emigrò dal mondo asiatico a quello greco e a tutto il bacino del Mediterraneo. La Bibbia ce lo presenta come cavalcatura dei potenti: «Benedite il Signore voi che montate asine bianche e splendenti» – cantava Deborah ai potenti di Israele. Con la profezia di Zaccaria che annuncia la venuta del Messia, 1’asino diventa cavalcatura dei profeti e dello stesso Gesù nel Vangelo: «Esulta di gioia, esulta figlia di Sion, perché ecco che il tuo Re viene a te. Egli è giusto, e umile; arriva sul dorso d’un asino». è con Cristo, quindi, e con i due episodi della sua vita nei quali 1’asino gioca un ruolo importante, che 1’aspetto positivo del suo simbolo viene legittimato presso i cristiani, anche se i Padri della Chiesa erano di avviso diverso. Sostenevano infatti che 1’asino cavalcato da Gesù nel suo ingresso a Gerusalemme era la sintesi delle forze del male che il Cristo dominava cavalcandole e che 1’asino e il bue presso il presepio erano il simbolo delle forze ctonie, infere, che assistevano alla nascita di Gesù.

Il Medioevo erediterà molte storie e tradizioni legate all’asino il cui simbolo, continuamente rielaborato, «fa parte del metabolismo culturale del Medioevo». I Bestiari medievali, debitori di Apuleio e del suo Asino d’oro, sottolineano 1’ottusità, 1’ostinazione e la lussuria dell’asino, ma anche la sua docilità; trasferiscono invece – come fa il “Bestiario di Cambridge” i significati demoniaci al suo parente stretto, 1’onagro.

L'onagro (da un manoscritto del secolo XI del Physiologus)

«L’onagro – dice il Fisiologo – è il demonio, quando la notte, cioè il popolo dei Gentili, è divenuto eguale al giorno, cioè ai fedeli profeti: allora ha ululato 1’onagro, cioè il demonio». Il Bestiario di Cambridge: «L’onagro rappresenta il demonio che, venuto a conoscenza della conversione a Dio e alla fede da parte del popolo errante [...] raglia ogni ora reclamando la sua preda». Tale immagine deriva dalla credenza che 1’onagro, simbolo dell’ignavia, preferisca le lunghe notti ai giorni e che come animale del crepuscolo, il venticinquesimo giorno di marzo, cioè nell’equinozio di primavera, esso raglia ventiquattro volte, una all’ora, perché fa come 1’equinozio, la notte (cioè il paganesimo) uguale al giorno (cioè il cristianesimo).

Per altri autori di Bestiari medievali, 1’onagro che sazio si riposa nella serenità della solitudine, rappresenta il simbolo di coloro che hanno trovato nel Vangelo sazietà alle loro anime. Altri glossatori hanno interpretato 1’isolamento volontario dell’animale come la figura di Cristo nel deserto. Per associazione d’idee 1’onagro divenne cosi 1’immagine spirituale dell’eremita cristiano che vive in solitudine con la sua anima e non parla se non con Dio solo. Ma furono tuttavia rare le voci di questi glossatori. L’autorità dei grandi pensatori, come Guglielmo di Normandia o Vincenzo di Beauvais, non aveva lasciato spazio ad interpretazioni positive sulle qualità dell’onagro nella simbologia: esso continuava ad essere una figura demoniaca come quella della scimmia.

     

Da leggere:

G. Finzi, L'asino nella leggenda e nella letteratura, Modena 1892.

G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, Torino 1963.

M. Schneider, La simbologia dell’asino, in «Conoscenza religiosa», 2 (1980), pp. 129-148.

F. Bertini, Gli animali nella favolistica medievale. Dal Romulus al secolo XIII, in L’uomo di fronte al mondo animale, II, Spoleto 1985.

F. Cardini, L’asino, in «Abstracta», 11 (1987), pp. 46-53.

F. Moretti, Specchio del mondo. I ‘Bestiari fantastici’ delle cattedrali. La cattedrale di Bitonto, pref. di F. Cardini, ed. Schena, Fasano 1995 (dal volume sono tratte le immagini di copertina di questa pagina).

    

   

©2002 Felice Moretti

    


  su Indice