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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI FIRENZE

in sintesi, pagina 2

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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IANO (torri del castello della Pietra)

Dal sito www.montaione.net   Dal sito www.montaione.net

«La Pietrina in antico era la Pietra, oggi invece con questo nome si chiama il colle opposto oltre il borro delle Penere ove resta solo un basamento di una torre di vedetta e in mezzo sono i due laghi dell'acquedotto del Comune di Montaione. Per la prima volta la Pietra è ricordata nel 1118, in un documento di una donazione di due case del borgo alla pieve di San Gimignano.Questo Castello è compreso nell'elenco del 1186 dei feudi concessi dall'imperatore Arrigo VI al vescovo di Volterra Ildebrando Pannocchieschi. Fu dominio di certi signorotti locali e nel 1198 fu venduto a Cavalcalombardo di Tignoso deinobili Cavalcanti di Volterra. Nel 1300 fu conquistato da San Gimignano e lo era ancora quando questa comunità si assoggettò a Firenze. Sul finire del secolo XIV tal Giovanni di Francesco de' Rossi di Firenze con alcuni fuorusciti conquistò il Castello e il cassero della Pietra. Ma poi si arrese e firmò un atto promettendo di restituire il castello in cambio del perdono per le cose fatte. La chiesa dei Santi Andrea e Agata alla Pietra era sottoposta ai Camaldolesi della Badia dell'Elmo (Santa Maria di Adelmo). In un documento del 1234 fra Bartolommeo di detto monastero e il priore della Canonica di S. Mariano di Montignoso riferiscono della elezione a rettore della chiesa di S. Andrea e S. Agata alla Pietra del suddiacono Alberto del fu Uguccione.Con la fine del castello la parrocchia fu unita a quella di Iano come pure quella di Camporena. Ora restano due torri diroccate, la chiesina, la cantina e, da un costone roccioso, un panorama bellissimo sulla Valdera con la massiccia mole di Volterra, la torre di Montecatini Val di Cecina e anche il borgo di Laiatico».

http://www.montaione.net/wp-content/uploads/2013/03/La-storia-di-Iano.pdf   (a c. di Rino Salvestrini)


Impruneta (castello di Cafaggio)

Dal sito www.travideal.com   Dal sito www.travideal.com

«L'alta torre del Castello di Cafaggio domina la collina di ulivi, vigneti e bosco a 350 metri sul livello del mare, e si affaccia a 360 gradi sul paese di Impruneta, su San Casciano e sulla valle della Greve. La villa risale al 1300 e ha visto nei tempi l'avvicendarsi di varie famiglie nobili. Dalla metà del ' 700 è di proprietà della famiglia Benci e tra gli illustri ospiti del castello, Giacomo Puccini vi trascorse numerose giornate dilettandosi nella caccia. Il bosco si estende per oltre 100 ettari ed è fonte di pregiato legname di cipresso e di una grande varietà di piante, fiori, funghi e animali selvatici. La casa principale, le case coloniche e gli annessi locali "da lavoro" (segheria, mulino, frantoio, tinaia, cantine, vinsantiere, granai, essiccatoi per la seta, forgia per gli attrezzi agricoli, pollai, stalle, porcilaie) hanno costituito fino al secolo scorso una sorta di "borgo" indipendente e autosufficiente dove si coltivavano e si lavoravano i prodotti necessari alla sopravvivenza e al mantenimento dell'intera comunità di contadini e artigiani qui residenti: dal vino, al vinsanto, all'olio d'oliva, al miele, alla seta, al sapone, alla legna, agli attrezzi agricoli, all'allevamento di tutti gli animali da cortile, da carne e da lavoro. Intorno al 1920 la coltura del giaggiolo dalle cui radici si ricavavano estratti per cipria e profumi, apportò notevoli risorse all'azienda. Nella cappella di famiglia venivano celebrati tutti i riti sacri, inclusi i matrimoni e i funerali della comunità. Durante la seconda guerra mondiale il castello, per la sua posizione strategica, fu requisito dalle truppe nemiche e, prima della ritirata, dato alle fiamme, domate con il coraggioso aiuto dei contadini,e dei paesani, limitandone così i danni. Oggi sono rimaste solo due famiglie di operai agricoli, ma la casa conserva tutti i segni della vita e delle attività passate».

http://www.castellodicafaggio.com/lng/sto_castello.php


Impruneta (castello di Montauto)

Foto di Azzonzo, dal sito www.minube.it   Dal sito www.castellomontauto.it

«Il Castello di Montauto sorge ad una quota di 168 m s.l.m. sulla sommità di un poggio conico che domina la via Chiantigiana. La posizione dominante sulla vetta dell’erto colle offre all’edificio un panorama vastissimo e oltremodo attraente verso l’Impruneta e il Chianti. Il Castello, nonostante le sue cospicue dimensioni, costituisce un elemento tutt’altro che vistoso nel panorama circostante, protetto da un folto parco di cipressi e lecci che si estende ben oltre il perimetro delle antiche mura. La cappella di Montauto è una chiesa seminascosta dalla vegetazione e sembra conservare ancora oggi, grazie ai restauri ottocenteschi a cura del Cav. Busi, il primitivo aspetto semplice ed austero di una volta. Al suo interno è possibile ammirare un affresco attribuito alla scuola di Giotto, mentre sopra il portone d'ingresso si trova un bassorilievo in terracotta della scuola di Luca della Robbia rappresentante S. Lucia. Il Castello di Montauto è un interessante monumento composito che riassume in sé aspetti dell’arte medioevale, rinascimentale e barocca; in altri tempi fu un fortissimo e maestoso castello che ha conservato nei secoli, malgrado l’avvicendarsi di proprietari, tanta parte del suo severo carattere originario. Fu comunque per scopi eminentemente difensivi, legati al controllo delle vicine località, che venne edificato nell’anno 980 d. C. A cavallo fra il XIII e il XIV secolo si attua il momento forse più drammatico della storia di Montauto che, come in precedenza fu verosimilmente coinvolto nelle lotte fra Guelfi e Ghibellini, sostenne in questo periodo un ruolo di protagonista negli scontri ancor più violenti fra Bianchi e Neri. Intorno al 1550, il Castello venne ampliato e trasformato in villa dai mercanti Ciaini per mano di uno fra gli architetti più in vista del momento, Domenico di Baccio d'Agnolo. La villa fu soprattutto ornata da numerose ed esuberanti Grottesche, affreschi che possiamo ritrovare nei corridoi vasariani degli Uffizi. Impreziosita da cornici, rilievi e fregi, Montauto rimase a lungo una delle più eleganti e prestigiose residenze del contado fiorentino».

http://www.castellomontauto.it/


Incisa in Valdarno (torre della Bandinella)

Dal sito www.lamiabellatoscana.com   Dal sito www.lamiabellatoscana.com

«La Torre della Bandinella domina sulla città di Incisa Valdarno, costituendo un interessante punto di riferimento panoramico per la città, oltre che un'eccellente testimonianza dell'antico splendore dei piccoli borghi mercantili che fiorivano lungo le rive dell'Arno. La torre sorge sulla riva destra del fiume. Oltre che un importante bastione difensivo, quindi, rappresenta una costruzione di notevole importanza strategica. Dalla sua sommità, infatti, era possibile controllare le "Gole", uno dei punti più stretti del trafficato corso d'acqua, che intorno al Medioevo era sicuramente tra le vie del commercio più importanti della Toscana. Attraverso l'Arno, infatti, transitavano le merci approdate da ogni parte del Mediterraneo nei porti tirrenici e dirette a Firenze. Il luogo dove venne edificata la Torre della Bandinella era anche prossimo al crocevia di due rilevanti strade, la via di San Donato e la via di Fondovalle, che collegavano Arezzo e Firenze. Infine, dalla struttura era osservabile il ponte sull'Arno, che divenne tristemente famoso per il suicidio di Lucrezia Mazzanti durante l'invasione spagnola, ma che fin dagli albori della sua costruzione era uno snodo largamente utilizzato per l'attraversamento del corso d'acqua. Il castello trecentesco che veniva un tempo sormontato dalla torre, che ne costituiva il mastio, apparteneva inizialmente alla famiglia dei Bandinelli, prima che Firenze prendesse possesso della zona. Sia la rocca che l'area circostante, così ricca di collegamenti e risorse, erano oggetto di numerose scorribande e continui saccheggi. Quando nel 1364 l'esercito Pisano ed un gruppo di mercenari inglesi invasero e depredarono il "mercatale" dell'Incisa, i Fiorentini decisero di intraprendere opere di fortificazione del borgo commerciale, che comprendevano la restaurazione della cinta muraria e di altre strutture preesistenti e l'innalzamento della torre. La Torre della Bandinella, di forma quadrata e con un apparato merlato sulla sua sommità, è oggi tristemente relegata al ruolo di piccionaia ed incorporata nel complesso di una casa colonica. Tuttavia la sua struttura architettonica risulta ancora molto ben conservata e lo sviluppo urbano di Incisa, che è rimasto piuttosto aderente a quello trecentesco, ha fatto si che la torre mantenesse la sua tradizionale posizione di prestigio».

http://www.toscanaviva.com/Incisa_Valdarno/torre_di_bandinella.htm


Lamole (castello)

Dal sito www.visitsitaly.com   Dal sito www.lamole.info

«Fin da almeno l’anno 1000, il castello di Lamole era situato su un contrafforte sopra la valle del fiume Greve, proprio lontano da ciò che ora è la strada che conduce da Greve al villaggio di Lamole e avanti verso il Monte San Michele e il territorio senese attorno a Radda. Sebbene il castello di Lamole facesse parte della rete difensiva sul confine tra i territori di Firenze e di Siena, così come per molti altri edifici di questo tipo, le sue origini storiche sono andate perse fra gli oscuri eventi del 10° e del 12° secolo che portarono al fenomeno medievale dell’ “incastellamento” (fortificazione) degli edifici rurali. Il borgo ha una forma ellittica di circa 600 m di circonferenza e la maggior parte delle mura originarie del castello sono state per lungo tempo parte integrante delle case. Tuttavia, le mura antiche sono ancora visibili sul lato nord occidentale. Il villaggio è attraversato in lunghezza da due strette strade che collegano tre piazze minuscole. Nel 1250, il castello di Lamole diventò la sede della città di Lamole e parte dell'alleanza della Val di Greve, erede dell'antica alleanza del Chianti, responsabile di Firenze per il controllo e la difesa della regione del Chianti. Durante il quattordicesimo e il quindicesimo secolo, il castello di Lamole, insieme al castello di Panzano, era probabilmente uno dei centri militari più importanti nel territorio. I due castelli erano simili in termini di struttura fortificata distribuita attorno ad una serie di edifici importanti, esempi del tipico sviluppo architetturale medievale di edifici con torri e dell'entrata principale al castello. Il portale principale del castello di Lamole, simile a quello del castello di Panzano in termini di dimensioni e di tipologia di pietra utilizzata, è stato trovato all'interno di uno degli edifici del castello ed è in attesa di ristrutturazione.

Un documento fiorentino datato 23 agosto 1478 riporta che durante l'avanzata delle truppe aragonesi contro i senesi, il castello di Lamole fu assediato e bruciato. Fu ricostruito dopo che Firenze vinse la battaglia contro Siena e diventò ancora una volta un punto di collegamento nella catena del controllo fiorentino del territorio, portando avanti il suo ruolo amministrativo durante tutto il sedicesimo secolo sotto la signoria dei Medici. Poiché la sua importanza militare si affievolì con la sottomissione finale di Siena, il castello vide trasformarsi le proprie torri e le proprie “case lussuose” in residenze di campagna, che assunsero l'aspetto attuale. Furono costruiti nuovi edifici sopra le strutture medievali. Le rovine delle mura di difesa, abbattute durante le guerre, furono demolite e le relative pietre furono utilizzate per altri edifici. Il terreno ripido attorno al castello fu terrazzato per i vigneti, gli ulivi e la coltivazione dell'iris. I boschi di castagni con il legname da costruzione e le noci diventò una risorsa economica principale per gli abitanti. Dopo la Seconda Guerra mondiale, ci fu un movimento principale della popolazione italiana dalla campagna verso le città, e moltissime case rurali e residenze di campagna furono abbandonate. Ciò avvenne in tutta la zona del Chianti, compresa l'area attorno a Lamole. Negli anni ‘70, la parte principale del castello di Lamole fu acquistata da Vincenzo Marasco, un ingegnere, che incominciò a ristrutturarlo. Molte caratteristiche interessanti furono scoperte durante la ristrutturazione, compresa una finestra medioevale con un sedile al suo interno e il portale principale. Il borgo appartiene ancora in gran parte ai discendenti di Vincenzo Marasco che hanno aperto degli agriturismi e un ristorante».

http://www.lamole.info/it/castello_lamole.htm (a cura di Elena Spolaor)


Lastra a Signa (mura)

Dal sito www.ilmiopaese.net   Dal sito wakeupneo.blogspot.it

«Un borgo fortificato anteriore allXI secolo faceva parte dei possedimenti feudali dei Cadolingi di Fucecchio, passato poi ai Gangalandi, che lo tennero fino al XIII secolo. Per la sua posizione strategica sul corso dell'Arno, il borgo venne conquistato nel XIV secolo da Firenze, sicuramente prima del 1365, quando venne posto d'assedio dai Pisani. Nel 1377 la cinta muraria venne rifatta, dotandola di una merlatura e numerose torri. I lavori vennero conclusi tra il 1400 e il 1403, quando la città divenne uno dei più forti avamposti contro Pisa. Nel 1529 la cittadina oppose resistenza alle truppe imperiali diretti all'assedio di Firenze, ma venne presa e saccheggiata. Durante la seconda guerra mondiale andò distrutta la porta Fiorentina a sud-est. La forma delle mura è un trapezio irregolare e vi si aprono tre porte: Fiorentina a sud-est (distrutta), Pisana a nord-ovest e il Portone di Baccio a sud-ovest. Molto ben conservati sono i tre lati nord-ovest, nord-est e sud-est, mentre quello a sud-ovest è quasi completamente scomparso. Delle torri originarie ne restano otto, tutte a base quadrata. In seguito, forse in occasione della consultazione chiesta a Filippo Brunelleschi nel 1424-1426, la cinta venne arricchita di un apparato difensivo a sporgere, senza caditoie, il primo di epoca tardogotica che sia conosciuto in Toscana. Alcune difformità sono attribuite a una costruzione in periodi diversi oppure all'affidamento contemporaneo di vari lotti a diverse maestranze, o ancora a ricostruzioni e restauri. Le mura vennero edificate con bozze di pietra irregolari, con il classico aspetto esterno con scarpa, redondone, parete a piombo e beccatelli con archetti acuti in laterizio. La torre del tratto sud-est ha beccatelli triangolari ed una merlatura rifatta in epoca successiva. Nel tratto sud-ovest si vedono alcuni archetti a tutto sesto e il Portone di Baccio, privo di fronte interno. Il lato nord-ovest ha sempre archetti a tutto sesto ed è arricchito da tre torri e dalla Porta Pisana. Il lato nord-est è forse quello meglio conservato, sebbene il lato interno sia spesso nascosto da case costruite a ridosso; vi si trovano quattro torri e l'apparato a sporgere».

http://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_Lastra_a_Signa


Legri (fraz. di Calenzano, castello)

a c. di Fernando Giaffreda


Linari (castello)

Dal sito www.camperdream.it   Dal sito www.facebook.com/pages/Linari-Barberino-Val-DElsa-Un-Borgo-da-Salvare

«Borgo fortificato databile al 1072, si trova in posizione dominante fra le colline della Valdelsa, a controllo della strada per San Gimignano e Colle Val d'Elsa. Dal 1292 entrò a far parte della lega di San Donato in Poggio, traendone notevoli benefici, solamente con il dominio della repubblica fiorentina vi fu l'inizio del suo declino. Nell'Ottocento subì un'importante opera di restaurato, fu rimaneggiato con aggiunte neogotiche, secondo il gusto dell'epoca che purtroppo non ha risparmiato le strutture originarie medievali. Attualmente è caratterizzato dal cassero del castello che ospita varie residenze, tra cui spicca la casa "da signore" a pianta rettangolare, costruita in pietra e laterizio; le mura, di forma ellittica, sono scomparse, fatta eccezione per due torri e la base di una terza diruta; due importanti chiese, la principale di queste, all'interno del recinto fortificato, è quella di S. Maria, costruita sullo spiazzo della Rocca e in parte crollata, l'altra è quella di Santo Stefano che sorge fuori dalla cinta muraria, in stile romanico rurale trecentesco ad unica navata con annesso oratorio di S. Carlo Borromeo».

http://www.exploro.it/portal/content/?page=place-detail&id=69755&lang=it


Lucardo (castello)

Dal sito www.tuscanfeeling.com   Foto di Aldo Innocenti, dal sito www.ursea.it/gite/lucardo

«Sorge su una collina tra la Val d'Elsa e la Val di Pesa. Località di probabile origine etrusca, menzionata nei documenti a partire dal secolo VIII d.C. Le strutture architettoniche esistenti (mura, porta di accesso al borgo) risalgono ai secoli XIII-XIV, periodo di maggiore espansione e fioritura del borgo. Di probabile origine etrusca, Lucardo nasce quale borgo fortificato (castellare) già in epoca tardo-romana quando, decadute le antiche 'villae' romane (fattorie), queste vennero sostituite dalle 'curtes', borghi fortificati che sorgevano in posizione dominante sul territorio. Testimonianze documentarie attestano l’esistenza del castello di Lucardo a partire dall’VIII secolo: il più antico riferimento al luogo si trova infatti in una pergamena del monastero di San Bartolomeo a Pistoia risalente all’anno 775. Divenuto feudo dei conti Alberti di Certaldo (1191), dal Duecento Lucardo fu possesso dei Baldovinetti passando poi ai loro eredi - i signori di Montespertoli - e da questi ai Machiavelli, il cui stemma fu posto sulla facciata della chiesa del castello. Oltre ad alcuni tratti dell’antica cinta muraria - incorporati nella struttura delle odierne abitazioni - del borgo medievale si conserva la porta di accesso all’abitato, realizzata a conci di pietra arenaria: su di essa campeggiano due stemmi, uno appartenente alla famiglia dei Lucardesi l’altro alla famiglia dei Machiavelli. La vicina chiesa di San Martino e San Giusto conserva una piccola iscrizione che ne ricorda la fondazione al 1093 e un notevole dipinto su tavola, opera del pittore fiorentino Ridolfo del Ghirlandaio (prima metà del XVI secolo)».

http://www.empolese-valdelsa.turismo.toscana.it/i/3B6D29CC.htm


Lucignano (resti del castello)

Foto di Sailko, dal sito http://commons.wikimedia.org   Dal sito www.toscananelcuore.it/

«Il Borgo di Lucignano sorge sul crinale che divide le valli del Virginio e della Pesa; ebbe origini antiche, sicuramente etrusco-romane, ma conobbe la sua massima affermazione durante il Medioevo, periodo al quale risalgono le strutture architettoniche degli edifici situati nel punto più alto del paese. La Torre costituisce una delle poche testimonianze superstiti del Castello di Lucignano, luogo fortificato documentato dalla metà dell’XI secolo, già appartenente ai Conti Alberti, feudatari della zona grazie all’imperatore Federico I, e sotto i quali dalla metà del XII secolo, si ebbe il massimo sviluppo del borgo. Il Castello si trova citato fra quelli che si unirono in lega contro l'imperatore Enrico VII. La Torre, che presenta una struttura ampia e ben fortificata, è collegata in linea retta ai resti di altre due torri e alla canonica di Santo Stefano, anch'essa parte dell'originario castrum medievale. La struttura fu realizzata a filaretti di ciottoli fluviali con spigoli in arenaria e mattoni».

http://www.toscananelcuore.it/index.php?id=1617&lang=it


Lucolena (castello, castellaccio)

Dal sito www.tuscany-villas.it   Dal sito www.lucolena.net

«Si tratta dei resti dell’antico castello, dal quale si sviluppò il paese omonimo e che sono stati inglobati in esso. Forse una delle porte del castello è rappresentata dall’arco che dalla piazza principale del paese porta nella piazzetta dove oggi si affacciano le abitazioni. La prima notizia scritta del castello risale al gennaio 1059, in una donazione di Pietro fu Guglielmo alla badia di Passignano. Nel 1302 il castello venne semidistrutto allorché tutta la contrada di Lucolena venne messa a ferro e a fuoco dagli Umbertini di Gaville, dai Cerchi e da altri banditi dal Comune di Firenze, e in seguito ricostruito. Le notizie di questo castello sono confuse nelle cronache medievali con quelle del precedente insediamento, detto “Castellaccio”, risalente al periodo etrusco-romano. Lo sviluppo del paese di Lucolena si deve all'abbandono, per cause sconosciute, del vicino “Castellaccio” all’inizio del XIV sec., e alla conseguente migrazione della popolazione verso l'abitato più a monte, che divenne il nuovo castello di Lucolena. ... I ritrovamenti archeologici e le informazioni tratte dalla lettura stratigrafica degli elevati indicano la presenza di almeno tre fasi costruttive del primitivo castello di Lucolena: la prima costituita dall’edificazione qualitativamente molto raffinata della torre del cassero (fine XII secolo?); poi (vedi disegno in basso) lo sviluppo dell’area “D” con la costruzione di altre strutture e della prima cinta muraria con porta sul lato nord; infine lo sviluppo dell’abitato, poi fortificato con altre mura, della seconda torre e di altri ambienti. Dal centro dell’area “B” verso ovest è possibile,percorrendo un altro sentiero, scendere verso la chiesa di San Cristofano, la cui facciata si trova proprio sul sentiero, parzialmente inglobata in corpi di fabbrica più recenti ed oggi parte integrante della fattoria del Castellaccio. Il tipo di paramento murario dell’edificio appare piuttosto raffinato per la lavorazione e la finitura ed anche se non è possibile proporre una datazione certa lo si può ipotizzare come realizzato in Età medievale, in concomitanza con il periodo di maggior vitalità del castello il cui abbandono, come si è detto, è databile ai primi del XIV secolo. Osservando la pianta del sito è possibile riconoscere le differenti strutture presenti nell’area che si configura come il cassero ed in quella corrispondente al villaggio prossimo alla fortificazione e, con ogni probabilità, difeso da una cinta muraria ...».

http://www.comune.greve-in-chianti.fi.it/ps/s/castelli-c - http://www.comune.greve-in-chianti.fi.it/ps/s/castelli-a


Magnale (fraz. di Pelago, resti del castrum Magnalis)

Dal sito http://wikimapia.org   Dal sito http://wikimapia.org

«Sul luogo ove fu il forte castello di Magnale, su di un risalto che volge verso Vallombrosa (574 m.), oggi esiste soltanto la chiesa di San Niccolò, nel Medioevo dipendente dalla pieve di Pitiana, che conserva tracce dell’impianto romanico. Il castello di Magnale occupava la sommità di un risalto dello sperone degradante dalla Consuma tra i torrenti Vicano di S. Ellero e Vicano di Pelago, dove oggi si trovano una chiesa con adiacente cimitero ed alcune case (547 m s.l.m.). L’antichità del luogo, oltre dal toponimo di probabile origine etrusca, è confermata dal ritrovamento nei sottostanti caseggiati di Tremoleto e Paterno di un cippo marmoreo con iscrizione latina e di una statuetta in bronzo rappresentante un aruspice. è ricordato come castrum in un contratto di locazione del 1028 di terreni compresi nel piviere di Pitiana, col quale viene stabilito che l’annua pensione venga pagata nel castello di Magnale. All’inizio del XII secolo, la contessa Matilde ed il figlio adottivo Guido Guerra ipotecarono, il 20 novembre 1103, la metà del castello di Magnale al Monastero di Vallombrosa. Non è da escludere che sia stata questa cessione a dare origine a quei contrasti di giurisdizione sul castello di Magnale tra Vallombrosani ed i conti Guidi; contrasti che si riscontrano in diversi documenti della fine del XII secolo e dell’inizio del successivo. Infatti, mentre i pontefici Clemente III nel 1188, Innocenzo III nel 1198 e nel 1204 ed Onorio III nel 1296, confermavano agli abati di Vallombrosa il castello di Magnale, gli imperatori Arrigo VI nel 1191 e Federico II nel 1220 facevano altrettanto a favore dei conti Guidi.

Nonostante i diplomi imperiali, già dai primi decenni del XIII secolo troviamo Vallombrosa esercitare completa giurisdizione su Magnale ed il suo distretto del quale facevano parte anche Ristonchi, Pagiano e San Donato in Poggio: l’abate della congregazione fino dal 1226 portava anche il titolo di Conte di Magnale ed aveva autorità di nominare un Visconte per il governo di quel distretto. è molto probabile che al successo di Vallombrosa abbia contribuito l’appoggio non disinteressato del governo di Firenze per il quale allontanare i Guidi da Magnale voleva dire preparare il terreno per una graduale invadenza verso quel territorio. Infatti, nonostante l’acquisito diritto dei vallombrosani di eleggere il Visconte, o Vicario (giurisdizione mantenuta fino alla metà del XIV secolo) i monaci non poterono esimersi dal riconoscere la supremazia del Comune di Firenze: ciò si deduce non solo dallo statuto rilasciato nel 1253 per il castello di Magnale e per il suo territorio, ma anche dal fatto che molti Visconti vengono eletti tra gli appartenenti alle nobili famiglie fiorentine. Va segnalato che fin dal 1219 gli uomini di Magnale avevano costituito un loro comune di castello retto da consoli. Nel periodo delle lotte tra Guelfi e Ghibellini, Magnale è noto nelle cronache per aver dato asilo, dal 1248 al 1253, ai Guelfi temporaneamente espulsi da Firenze. Sul luogo ove fu il forte castello di Magnale oggi esiste soltanto la chiesa di San Niccolò edificata all’interno della struttura fortificata. Unici resti sono un tratto di muro perimetrale e tre ingressi ad archivolto ora completamente chiusi da terra e vegetazione».

http://wikimapia.org/20405041/it/Castello-di-Magnale


Malmantile (mura, castello)

Dal sito www.colonialvoyage.com   Dal sito www.fototoscana.it

«Nel XII secolo viene stabilito un caposaldo militare lungo la Via Pisana (ora Vecchia Pisana) nel tratto fra Lastra e Montelupo Fiorentino, sul punto più alto del crinale che divide le valli dell'Arno e della Pesa, per controllare quell'accesso alla piana di Firenze. Nel 1400-03 si ha la fortificazione del caposaldo con la costruzione del castello di Malmantile. Il castello fu costruito su un colle, ben in vista, in posizione dominante sulla vallata. La pianta è quasi esattamente quadrata. Il tracciato delle mura, coronate da beccatelli a sostegno del cammino di ronda, simmetrico, con torri quadrate agli angoli ed al centro dei lati lunghi, e con due porte uguali all'estremità dell'asse longitudinale asse costituito dalla Via Pisana, rivela un'impostazione rinascimentale. Di grande interesse a livello di tecnica militare è l'ubicazione delle porte anteposte alla barriera delle mura, in modo da ottenere visuali a difesa radenti, espediente già impiegato nelle fortificazioni di Lastra a Signa. Inizialmente l'interno del quadrilatero non era edificato e l'ampio spazio ospitava in caso di necessità i rinforzi o altri contingenti che si ritiravano da altri castelli del territorio. Con il venir meno della funzione militare e più ancora con l'apertura del tratto di strada fra Porto di Mezzo e Montelupo, si accentua la posizione di isolamento del borgo di Malmantile. Lo sviluppo del dopoguerra ha alterato visibilmente l'equilibrio della zona intorno al castello con interventi certamente non appropriati sia all'esterno che all'interno delle mura. Nel 1969 la zona circostante il castello viene sottoposta a vincolo paesaggistico».

http://www.comune.lastra-a-signa.fi.it/schede/attivit_culturali/schedaimportata_890000512/?searchterm=malmantile


Marignolle (villa medicea)

Dal sito www.galliegueli.it   Dal sito www.galliegueli.it

«La Villa Medicea di Marignolle si trova a pochi chilometri da Porta Romana, una delle antiche porte medievali di Firenze. La villa è quindi situata nella parte sud di Firenze fra il Galluzzo e Soffiano.  La residenza costruita nel Trecento apparteneva alla famiglia Sacchetti a metà Cinquecento quando Francesco I de' Medici la confiscò. La famiglia Sacchetti infatti venne accusata di far parte della Congiura dei Pucci del 1560 per uccidere il padre di Francesco I, il granduca Cosimo I. Francesco I de' Medici la donò al figlio don Antonio. Don Antonio era figlio dell'amore illegittimo fra Francesco I e Bianca Cappello. L'architetto che si occupò della ristrutturazione della Villa di Marignolle fu Bernardo Buontalenti. Dal punto di vista architettonico, il progetto di Villa di Marignolle fu un passaggio fondamentale per l'architetto Buontalenti. Mentre per la Villa di Pratolino e la Villa La Petraia la struttura principale è un blocco unico, per Villa Belvedere e Villa di Artimino il blocco si allunga. Fra le prime e le seconde vi è il progetto di Villa Marignolle. La villa mantiene il muro merlato tipico delle case fortificate, ma la distribuzione delle sale interne segue una linea longitudinale e vi sono porticato e loggia. Dopo don Antonio, i Medici non ritennero la villa di particolare importanza e la vendettero nel 1621 a Piero di Girolamo Capponi. Il famoso letterato e politico Gino Capponi fu seppellito nella cappella della villa. Oggi la salma è nella Basilica di Santa Croce. Dal Novecento in poi la villa è appartenuta a vari privati, fra cui la famiglia Farinola, il senatore della Repubblica Ridolfi Luigi e l'antiquario Bellini. Dopo esser stata venduta all'asta, la villa è tuttora proprietà privata».

«Confiscata a Lorenzo di Piero Ridolfi nel secolo XVI da Francesco I de' Medici, che la assegnò a don Antonio de' Medici, figlio di Bianca Cappello, la villa fu ampliata su progetto di Bernardo Buontalenti. La villa, posta al centro di un vasto prato, è racchiusa da muri merlati che le conferiscono ancora oggi l'aspetto tradizionale della casa fortificata. Nella prima metà del secolo XVII, la villa con la fattoria annessa fu venduta alla famiglia Capponi, che mantenne intatto il suo aspetto originario. Più volte Galileo Galilei fu ospite in questa villa, come si desume dalle lettere che gli scrissero Antonio de' Medici il 31 ottobre 1611 e il filosofo francese Marin Mersenne il 1 febbraio 1629».

http://www.tuscany-vacation.us/IT/vacanza_toscana/ville... - http://brunelleschi.imss.fi.it/itinerari/luogo/VillaMediceaMarignolle.html


Marradi (castello di Castiglionchio o Castellaccio)

Dal sito http://ilkiblog.blogspot.it   Dal sito http://ilkiblog.blogspot.it

«Il territorio risulta abitato fin dai tempi più antichi, probabilmente dai popoli Liguri, Etruschi e dai Galli. La costruzione della direttrice che collega Faenza a Firenze e Lucca risale probabilmente all'epoca Romana (circa 59 a.c.). In epoca Romana Marradi fu chiamato "Castello" (Castellum), e serviva da appoggio per i viandanti. Un podere posto alla destra del fiume Lamone, era chiamato "Marrato" cioè zappato. Da questo forse la derivazione del nome Marradi. Dopo le invasioni barbariche, principalmente Goti e Longobardi, il territorio passò sotto il dominio della Chiesa. Nell'epoca feudale furono fondate le Abbazie vallombrosiane di Santa Reparata e di Santa Maria di Crespino, e l'Eremo camaldolese di S. Giovanni di Valle Acerrata (oggi abbazia della valle). Appartenne poi dal 1164 ai conti Guidi di Modigliana, fino al 1312 quando, dopo una lunga contesa, passò sotto il dominio dei Manfredi di Faenza. Sopra l’abitato di Biforco, in posizione dominante, sono i resti del castello di Castiglionchio, chiamato anticamente “Castrum leonis”. Il fortilizio, di cui si parla in un documento del 1123, apparteneva ai Pagani, signori della Valle del Senio. Distrutto dai faentini in lotta con quella famiglia, il castello risorse e per la sua importanza strategica i Pagani lo posero sotto la protezione della Repubblica di Firenze che ne auspicava il possesso. Nel 1279 subì gravi danni per uno spaventoso terremoto che colpì il territorio di Marradi. Alla morte di Maghinardo Pagano (avvenuta nel castello di Benclaro a Sant'Adriano nel 1302) la rocca passò al nipote Bandino, priore di Popolano e attraverso i suoi eredi nelle mani di un Manfredi. Giovanni Manfredi, in lotta con i suoi parenti, signori di Faenza, continuò la politica di alleanza con i fiorentini, ma questi desideravano impossessarsi del suo territorio e lo imprigionarono. Nel 1428 inviarono le loro truppe ad assediare Castiglionchio, difeso dai fratelli del povero Giovanni, ma in breve fu conquistato con conseguente annessione di Marradi e degli altri suoi possedimenti a Firenze.

L'antico maniero di Marradi viene descritto dal Machiavelli come punto nevralgico per il controllo delle vie di accesso a Firenze: le strade del sale che dal mare Adriatico si innalzavano fino a raggiungere la località Alpe (ora passo della Colla 912 slm) dovevano sottostare al controllo di diversi punti di dogana sotto la super visione del Castello di Marradi. Il maniero, negli anni seguenti, seguì dunque le sorti di Firenze e dei suoi Signori, i Medici, che cacciati dalla città nel 1494 cercarono di riconquistarne il dominio con l’aiuto dei Veneziani. Invadendo parte della Romagna, le truppe giunsero a Marradi e posero l’assedio a Castiglionchio. I difensori del castello, stremati per mancanza di viveri e di acqua, riuscirono a sopravvivere con l’aiuto di alcuni valligiani e di un’abbondante pioggia che riempì le cisterne del fortilizio. Alla fine i veneziani, non riuscendo ad espugnarlo, si ritirarono. Quando Cosimo de’ Medici venne eletto duca, concesse ai Fabbroni di Marradi, suoi fedeli sostenitori, il controllo della rocca di Castiglionchio, che successivamente venne disarmata perché non se ne servissero i nemici dei Medici. Così cominciò la lenta agonia del castello che un po' alla volta venne spogliato delle armi e degli arredi: si ricordi ad esempio la supplica da parte degli operai della fabbrica del Monastero di Marradi al Granduca, perché facesse loro grazia delle due campane che si trovavano nella rocca (1565). Il tempo e i terremoti hanno ridotto il Castellone (così chiamato popolarmente) in un rudere; sono rimasti attualmente: un torrione quadrangolare sbrecciato (da poco restaurato), resti di un edificio rettangolare, resti di una base della cinta muraria e le uscite del camminamento sotterraneo, anche se interrate».

http://castelliere.blogspot.it/2013/03/il-castello-di-venerdi-29-marzo.html


Martignana (torrino dei Sogni)

Dal sito www.plantago.it   Dal sito www.plantago.it

«Oltrepassato San Frediano e Poggio Secco, in prossimità del confine del Comune di Empoli con Montespertoli, è possibile discendere verso la Valdorme. Il sentiero, che probabilmente ricalca il tracciato di un'antica direttrice viaria a mezza costa, costeggia un piccolo poggio dove, completamente nascosto dall'alta vegetazione, si trova il torrino cosiddetto "dei Sogni", già possesso dei conti Ravegnani. Si tratta di un'antica torre di avvistamento. Nei pressi del torrino si trovano anche i resti del castello dei conti Ravegnani, signori di Martignana, che tra l'XI ed il XII secolo si spartivano il territorio empolese insieme ai conti Guidi e Alberti».

http://www.empolese-valdelsa.turismo.toscana.it/i/24F47372.htm


Mercatale IN VAL DI PESA (castello Il Palagio)

Foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.castelloilpalagio.it

«Il Palagio si trova a Mercatale - già Mercatale dei Campoli, importante centro nato come conseguenza della forte crescita economica del XIII secolo come punto di scambio per i castelli della zona - nel cuore del Chianti Fiorentino. La prima menzione del Castello risale al 1252, sebbene il primo insediamento nella zona sia molto più antico. Diversi eventi hanno segnato la storia di questo fortilizio che per la sua mole e la sua imprendibilità resistette a numerose incursioni nel corso dei secoli; infatti la poderosa base a scarpa e le possenti mura quadrilatere sovrastate dalla torre centrale, che serviva da avvistamento e da mastio unita alla valentia dei difensori, impedirono lo strazio e le distruzioni che subirono altri edifici della zona. Nel 1260 i Ghibellini, dopo la vittoria nella battaglia di Montaperti, devastano l'area distruggendo il vicino villaggio di Campòli, ma il Palagio rimase indenne come durante la calata in Italia dell'Imperatore Arrigo VII. Pochi anni dopo, nel 1320, il castello fu ampliato, raggiungendo dimensioni ben più ampie delle attuali. L'anno 1326 vede le incursioni e le distruzioni del signore di Lucca Castruccio Castracani, che a lungo sostò nei dintorni, mentre cinquant'anni dopo presso il vicino Ponte di Romagliano - oggi nel territorio di Sambuca Valdipesa - l'esercito del capitano John Hawkwood (Giovanni Acuto) fu fermato dalle milizie del Buondelmonti provenienti dal Palagio; ormai la fortezza con le sue mura imprendibili era luogo di difesa usato anche come trampolino di lancio per azioni offensive, oltre che anello fondamentale nella catena difensiva che da San Casciano giungeva, passando per Mercatale, a Sant'Andrea a Fabbrica.

L'edificio nasce ad un piano, posato al di sopra al redondone in pietra della base scarpata ed è ancora visibile traccia della copertura a capanna originaria ripetuta anche sulla torre, ove però era in legno come si usava al tempo. Dopo l'ampliamento del XIV secolo tutta un'ala viene rialzata con conseguente demolizione dell'antica copertura, sostituita con struttura piana anche sulla torre, a sua volta elevata di un piano. La struttura originaria non era dotata di merlatura, quella esistente è parte della ristrutturazione neo-gotica effettuata alla fine dell'Ottocento. Appartenuto inizialmente alla famiglia Visdomini di Petrojo (da cui discese il patrono del Chianti San Giovangualberto) e successivamente ai Canigiani che possedevano anche il castelletto di Montefolchi, Il Palagio fu per due secoli della Repubblica Fiorentina. Con la rinascita granducale e la fine delle continue emergenze militari, anche Il Palagio, per mano dei nuovi proprietari Baroni Miniati, si trasforma in villa e si arricchisce di opere d'arte, mentre nuovo impulso viene dato all'agricoltura ove la vite e l'ulivo fanno la parte del leone. Quello che vediamo oggi al Palagio è in gran parte conseguenza del restauro di un secolo fa e sebbene molte parti del fabbricato rivelano ancora le antiche strutture, altre sono frutto dell'ondata romantica medievaleggiante che dominò l'architettura dei primi del novecento. Col restauro si dette nuovo impulso anche alla vasta tenuta, per cui a lato nascevano nuovi locali per la fattoria con il frantoio, le nuove cantine ed i magazzini dove, a distanza di 120 anni, ancora si vinifica con criteri tradizionali ed il vino porta ancora l'emblema di questa antica fortezza a cui per la maestosità e l'importanza, fu imposto il nome de Il Palagio».

http://www.tuscany-charming.it/it/localita/sancascianovaldipesa.asp


Mercatale IN VAL DI PESA (torre Luciana)

Dal sito www.torreluciana.it   Dal sito www.torreluciana.it

«Del borgo di Luciana è rimasta solo la Torre. È questa che si staglia sulle colline, lungo la strada provinciale di Testi in direzione di Greve in Chianti. Attuale proprietario della struttura è il cementificio Sacci che nel '92 ha ristrutturato l'antica struttura della Torre concessa poi in comodato all'Università di Siena, fino al 2003, per realizzarne un osservatorio naturalistico e, appunto, astronomico. Sulla sommità, nel lato sud, è stata realizzata anche una finestra aperta sul cielo pronta ad ospitare un telescopio. Della presenza di Luciana, della torre e di un borgo, si hanno notizie fin dal IX secolo. Sembra che fosse un castello edificato dai Lodolingi o dai Longobardi. Nei secoli ha avuto diversi proprietari: nel Medioevo i Bardi ne fecero una residenza estiva, nel XVII secolo i Pitti ne fecero vario uso: dapprima una villa, poi una fattoria, poi una casa colonica. A questo periodo risalgono le strutture che da sud si accostano alla Torre.  Di questo periodo è anche il nome Luciana; pare che fosse dovuto ad un errore di trascrizione di carte topografiche dell'epoca per le terre dove abitavano le genti di Luciano. Al bordo della collina che ospita la Torre è stata posta, in occasione del restauro del 1992,una gigantesca scultura di Mauro Staccioli, a forma di falce. Negli anni 90 un gruppo di studenti, di astrofili e di appassionati si è avvicinato alla Torre, sotto la guida dell'Università di Siena e dell'entusiasmo del professor Vincenzo Millucci. Attualmente la struttura è gestita dal Comune di San Casciano, che l'ha destinata alle attività astronomiche degli astrofili dell'Osservatorio di Torre Luciana».

http://www.torreluciana.it/l7_page.asp?LANG=IT


Mezzomonte (villa Corsini)

Dal sito www.bella-toscana.com   Dal sito www.villacorsini.com

«Villa Corsini Mezzomonte a Impruneta è un superbo esempio di palazzo di campagna. La Villa era un tempo al centro di una fattoria che si estendeva tra vigneti e uliveti, otto chilometri a sud di Firenze, tra Grassina e Impruneta. Villa Corsini gode di una meravigliosa locazione in una delle poche incontaminate valli attorno a Firenze. La sua importanza risiede, oltre che nella bellezza dei giardini, del parco e dei saloni, negli affreschi che la ornano: dipinti durante il XVII secolo, essi sono espressione dell'arte di alcuni fra i migliori maestri dell'epoca, Giovanni di San Giovanni, Michele Colonna, Pandolfo Sacchi, Domenico Cresti detto Il Passignano. Le origini della Villa sono molto antiche: la tradizione vuole che appartenesse ai Buondelmonti intorno all'anno 1000. L'edificio originario era una fattoria fortificata: merli possono essere notati nei muri a meridione. La struttura architettonica della Villa risale al XIV secolo. Nel Trecento venne costruita una prima abitazione signorile dalla famiglia Barducci Ottavanti. Fu costruita su blocchi di "pietra forte" a mezzo della collina (o mezzo monte). Il piano originale era quadrangolare, con un cortile centrale, in tipico stile rinascimentale. Fu verso il 1480 che l’acquistò Lorenzo il Magnifico, ma la tenne poco, il 15 Aprile 1483 la vendette a Bernardo del Nero. Passata in seguito in eredità alla famiglia Ridolfi, essi la vendettero ai Panciatichi, che per primi iniziarono una vasta opera di trasformazione della villa in senso rinascimentale, verso il 1580. Fu Bartolomeo Panciatichi, splendido gentiluomo di Pistoia, a dare alla villa un aspetto eccezionalmente fastoso. La villa da allora si staglia compatta sul panorama delle colline del Chianti, con una torretta rialzata (forse un retaggio dell'edificio trecentesco) e con le tipiche finestre inquadrate da cornici grigie che risaltano sull'intonaco bianco.

Carlo di Bartolomeo Panciatichi vendette la casa nel 1629 al principe Giovan Carlo de' Medici. Magnifico signore del suo tempo, colto e raffinato, abbellì ulteriormente la Villa e la adoprò per riunirvi la sua famosa quadreria e organizzarvi feste e divertimenti. I bei saloni a meridione con soffitto a cassettoni sono le sale decorate più antiche della Villa: di notevole interesse gli inediti cicli di affreschi rappresentanti scene dell'Orlando Furioso, della Gerusalemme Liberata e di Apuleio, che rappresentano, come da recenti studi, il più vasto e circostanziato ciclo di pitture murali mai realizzato in una casa di campagna. Il cardinale vendette la Villa al marchese Andrea del senatore Neri Corsini nel 1644. I lavori di carpenteria promossi da Carlo de' Medici si conclusero nel 1632 e da allora si aprì il cantiere per la decorazione ad affresco degli ambienti. Furono chiamati alcuni degli artisti più in vista della scuola pittorica fiorentina del primo Seicento, come Giovanni da San Giovanni e Francesco Albani, autori degli affreschi mitologici nella sale adiacenti al vestibolo d'entrata (La Cacciata di Ebe e L'Assunzione di Ganimede quale Coppiere di Zeus), mentre Domenico Cresti detto il Passignano dipinse al centro della grande galleria un Dio Cronos e altre figure allegoriche. Pandolfo Sacchi completò la galleria con soggetti architettonici in trompe l’oeil tra i quali figurano anche tralicci, animali e personaggi agresti, in un complesso programma iconografico dedicato alla vita di campagna, al trascorrere dei mesi e delle stagioni, a divinità rurali; lo stesso autore dipinse anche le lunette della Sala di Amore e Psiche. Fu opera invece del pittore Cecco Bravo e aiuti la decorazione dell'ala meridionale con il ciclo ad affresco dedicato alla letteratura, un tema che qui trova una delle trattazioni più vaste a complete di tutta l'area fiorentina. Vi sono rappresentate scene dell'Orlando Furioso e della Gerusalemme Liberata. Altri artisti non identificati dipinsero scene di caccia con minuti paesaggi che ricordano la scuola fiamminga, molto popolare all'epoca».

http://www.impruneta.com/it/villa_corsini.htm


Molino del Piano (castello di Torre a Decima)

Dal sito www.gonews.it   Dal sito www.castellitoscani.com

«Torre a Decima sorge sopra il paese di Molin del Piano. Da Firenze è raggiungibile facilmente seguendo la Via Aretina verso Pontassieve seguendo poi le indicazioni per Molin del Piano. In paese troverete la segnaletica per il castello. Nel cuore dell'antico feudo dei conti Guidi, poi dei Vescovi di Firenze, ai piedi del Monte di Croce, sorge questo imponente maniero, un tempo avamposto del potere feudale nel contado di queste terre. Le sue origini risalgono al XII secolo, fu proprietà della famiglia dei Saltarelli, signori e notai locali poi emigrati a Firenze, che ampliarono le strutture originarie di quello che oggi è il nucleo centrale, turrito e merlato. Nel XV secolo l'interno venne abbellito da porticati e loggiati secondo lo stile ed il gusto rinascimentale mentre esternamente il perimetro murato fu a sua volta circondato da massicce opere bastionate in pietra. Tutto questo si deve quasi sicuramente ai nuovi proprietari dell'epoca, i Pazzi, le cui insegne - due delfini che si affrontano - ancora oggi marchiano il castello. La vicina cappella, di origine medievale, è dedicata a S. Maria Maddalena de' Pazzi che qui soggiorno nel XVI secolo. La leggenda vuole che dopo il fallimento della congiura del 1478 ordita dalla famiglia contro i Medici, la famosa congiura de' Pazzi che costò la vita a Giuliano fratello di Lorenzo, Torre a Decima divenne il loro rifugio. Il castello è oggi residenza privata visitabile solo dall'esterno».

http://www.castellitoscani.com/italian/torre_decima.htm


MONSANTO (castello della Paneretta)

Dal sito www.tripadvisor.co.uk   Dal sito www.paneretta.it

  

«Il Castello della Paneretta sorge nella zona del Chianti Classico, alle pendici occidentali delle colline che dominano la Val d’Elsa guardando verso San Gimignano. Fu costruito intorno a un’antica torre d’avvistamento, dopo che i Ghibellini, all’indomani della battaglia di Montaperti nel 1260, diedero ordine di abbandonare il Castello di Cepparello, borgo di rilievo e fortezza della zona. Fu così che la torre si ingrandì e assunse a sua volta importanza. I primi proprietari furono i Vettori. L’ultima erede, Maddalena, portò in dote nel 1577 il castello al marito, Ludovico Capponi. I due coniugi lo restaurarono completamente e diedero a Bernardino Poccetti, importante pittore manierista, l’incarico di affrescare il loggiato del cortile interno. La Paneretta divenne in quell’epoca luogo di passaggio di artisti e letterati, tra cui Girolamo Muzio, che le dedicò un poema e vi rimase fino alla morte. Anche la produzione vinicola è attestata da documenti a partire dal 1596. Nel 1669 Cassandra Capponi portò in dote al marito, Marchese Carlo Riccardi Strozzi, sia il castello sia una ricchissima collezione di codici, pergamene e libri che in seguito, andarono a costituire il nucleo principale della biblioteca Riccardiana di Firenze. Gli Strozzi conservarono la proprietà fino al 1984, anno in cui subentrò la famiglia Albisetti. Con i suoi 309 ettari (di cui la maggior parte a bosco), la Paneretta è una delle più grandi aziende agricole della zona. Produce annualmente 900 ettolitri di Chianti Classico da 22 ettari di vigneto».

http://www.paneretta.it/www.paneretta.it/Home_Italia.html


Montaione (palazzo Pretorio)

Dal sito www.toscananelcuore.it   Dal sito www.comune.montaione.fi.it

«In Toscana, il Palazzo Pretorio rappresentava l'edificio in cui risiedeva il governatore, che solitamente apparteneva a una famiglia nobile, e da cui amministrava il territorio. Il Palazzo Pretorio di Montaione, le cui origini - secondo le documentazioni ritrovate - risalgono al 1257, si può ammirare in Via Cresci, 15 nel Centro Storico del paese. L'edificio si sviluppa su tre piani collegati tramite una scala. Al piano terra si trovano tre salette con all'interno delle vetrine contenenti elementi della fauna della Valdelsa e una serie di minerali e fossili rinvenuti nelle cave e miniere dei dintorni. Al primo piano, nello spazio occupato della Biblioteca Comunale (oggi trasferitasi in Via Marconi) si trova una parte della collezione di reperti archeologici Libici non esposti nel Museo Civico. Infine, al terzo piano, oltre all'archivio storico, si trovano alcuni reperti archeologici di origine etrusca e romana non ancora catalogati. Dimora di numerose famiglie nobili della Toscana tra cui Michele di Giovanni De' Medici nel 1370, divenne poi luogo di soggiorno del Principe di Toscana Pietro Leopoldo. Fino al 1847 il Palazzo fu residenza del Magistrato Municipale e nel 1848 ospitò la Pretura. In epoca recente, dopo l'Unità d'Italia, il Palazzo divenne sede dell'Ufficio Postale e del Telegrafo, dove al primo piano si trovava la residenza del gestore dell'ufficio Postale, mentre il secondo piano era destinato all'archivio. Dopo un ampliamento dell'ufficio Postale eseguito nel 1961, i piani superiori furono destinati prima alla scuola di Avviamento Professionale e poi alla scuola Media Inferiore. Più tardi nel 1971, furono trasferiti l'ufficio Postale e la scuola e il Palazzo Pretorio divenne sede della Biblioteca Comunale, mentre il secondo piano venne adibito all'Archivio Storico».

http://www.visitmontaione.com/it/cosa-visitare/palazzo-pretorio.html


Montefioralle (castello)

Dal sito www.tuscanypictures.com   Dal sito www.montefioralle.info

«"Sorto in epoca imprecisata, il Castello di Montefioralle era dotato di due giri di mura cui furono poi addossate le abitazioni. È ritenuto uno dei più antichi villaggi del Chianti, fatto risalire ai tempi etrusco-romani. Da Montefioralle si ebbe poi un flusso di emigrazione verso la più comoda pianura e nacque il centro di Greve, proprio come successe a Fiesole con Firenze. Le mura si sviluppavano su un perimetro ottagonale e in parte furono abbattute insieme alle torri durante i mesi dell'assedio di Firenze dalle truppe dell'imperatore Carlo V. L'aspetto attuale risale al '500 quando alle mura si addossarono le case costruite con il materiale residuo delle torri distrutte. Nel 1630 viene cambiato il nome in Montefioralle. Nell'800 viene distrutta la porta principale con suo ponte levatoio per una sorta di rinnovamento e ristrutturazione dello spazio tipiche dell'epoca. Tra le due guerre, per mano dell'architetto fiorentino Sabatini, soprintendente dell'opera del Duomo, vengono eretti l'attuale villa e i locali della fattoria. La fama enologica di Montefioralle è secolare e vi si produce un ottimo vino. Da visitare la Chiesa di S. Stefano con opere d'arte del 1200 e 1400 e la Pieve di S. Cresci a Montefioralle, posta fuori le mura del borgo, che è una delle chiese più antiche del Chianti. La struttura attuale risale al secolo XII. È caratterizzata da un portico all'entrata con due aperture a bifora. All'interno il presbiterio È sostenuto da 4 colonne e da 6 semicolonne" (a cura di Anna Maria Baldini). Il borgo di Montefioralle è degno di una visita per il suo „castello", il clima piacevole ed il panorama stupendo. È da raggiungere facilmente da Greve, o a piedi dopo una passeggiata in salita di 20 minuti o velocemente in macchina. Da Montefioralle c‘è una passeggiata interessante per le strade secondarie fino a Panzano. Una casa situata lungo l'interna strada circolare di Montefioralle è segnata come casa nativa di Amerigo Vespucci. L'entrata è da riconoscere alla vespa e la V della famiglia Vespucci. I passaggi freschi e le case costruite su archi rappresentano uno degli esempi migliori dell‘architettura rurale del medioevo in Toscana che si trovano in ottimo stato di conservazione».

http://www.greve-in-chianti.com/hiking-localities/Montefioralle/Montefioralle-ital.htm


Montefiridolfi (castello di Bibbione)

Dal sito www.justdog.it   Dal sito www.castellodibibbione.com

  

«Eretto dai Cadolingi di Montecascioli, il Castello di Bibbione è documentato in antichissimi manoscritti fin dal 997 col nome di Castrum Bibionis. Munito di una cinta muraria, che nel passato serviva quale ultima difesa dei suoi abitanti, il Castello domina un borgo medievale e antiche case situate lungo il pendio della collina, le cui terre raggiungono la sottostante via Cassia e al fiume Pesa. Le fondamenta del Castello risalgono al IX secolo, la costruzione fu ultimata nell’anno 1000, mentre i primi nuclei in pietra e sasso delle case coloniche risalgono alla seconda metà del XIII secolo. Nel Rinascimento, furono tolti i merli e la fortificazione fu trasformata in residenza di campagna. Una particolarità del Castello è il passaggio sotterraneo che si snoda per centinaia di metri fino alla piana del fiume. Questo passaggio segreto, certamente usato durante gli assedi per gli approvvigionamenti, è stato esplorato soltanto nel suo primo tratto. Dal 1124, i nuovi proprietari delle terre, i Buondelmonti, ripristinarono l’antica sentinella in rovina. E Bibbione divenne così uno dei quattro Castelli Buondelmonti, collegati tra loro e costituenti un quadrilatero a difesa della Valle del Pesa: Castello di Bibbione, Castello di Montefiridolfi, quello di Pergolato e quello di S. Andrea a Fabbrica. I Buondelmonti, inoltre, fecero costruire la piccola chiesa di Santa Maria tra il XII ed il XIII secolo a ridosso delle mura del Castello. E nell’anno 1142, inaugurarono il ricovero di San Jacopo dei Calzaiuoli per i pellegrini. Nel 1469, la proprietà fu venduta a Guido Sforza Aldobrandeschi. Nel 1511, Niccolò Machiavelli acquistò il Castello e la fattoria (possedendo egli beni paterni a circa 6 km di distanza da Bibbione in Sant’Andrea in Percussina, nello stesso comune di San Casciano), usandolo come dimora di caccia. I Machiavelli rimasero in possesso dell’insieme di Bibbione fino al 1727, anno in cui morì l’ultimo della Casata, Francesco Machiavelli, che lasciò erede del nome e dei beni il cugino Giovanni Battista Rangoni, nobile modenese discendente dai Machiavelli, che ereditò il Casato e l’arme dei Machiavelli assumendo il nome Rangoni Machiavelli. Il complesso di Bibbione risulta nel suo insieme vincolato dal 1913, e quindi sotto la tutela della Soprintendenza dei Beni Ambientali e Architettonici di Firenze e Pistoia. Tuttora della famiglia, m.sa Antonella Rangoni Machiavelli ha curato personalmente i restauri del Castello e del borgo cominciati nel 1985».

http://www.castellodibibbione.com/itPhotogallery.htm


Montefiridolfi(castello di Montefiridolfi)

Dal sito http://commons.wikimedia.org   Dal sito www.geoplan.it

«La frazione di Montefiridolfi appartiene al comune di San Casciano in Val di Pesa, in provincia di Firenze, nella regione Toscana. Montefiridolfi dista 6 chilometri dal medesimo comune di San Casciano in Val di Pesa cui essa appartiene. Il Castello di Montefiridolfi è situato fuori dall'attuale abitato vi si accede al termine di un piccolo viale di cipressi. Si presenta come una massiccia costruzione con gli angoli contraffortati. Il castello, a pianta trapezoidale, è dotato all'interno di due cortili, oltre a quello della canonica parrocchiale, muniti ciascuno di un pozzo artesiano (che hanno dato origine ad una vecchia filastrocca popolare dal sapore di leggenda: "Monte montoro, entro tre pozzi un vitello d'oro"). I cortili inferiori furono realizzati quando la struttura cambiò di uso, da presidio militare a villa e fattoria.  Sul cortile superiore è impostata la torre, probabilmente in origine isolata, che con i corpi circostanti aveva la funzione di cassero. La sua altezza fu notevolmente ridotta e la parte terminale venne intonacata. Nel corpo dell'edificio si aprono pochissime aperture per lo più localizzate a livello del piano terra. Ai piedi del castello è posta la Chiesa di Santa Cristina».

http://www.macinello.com/montefiridolfi.html


Montegufoni (castello)

a c. di Fernando Giaffreda


Montelupo Fiorentino (villa medicea dell'Ambrogiana)

Dal sito www.montelupo.com   Dal http://artesalva.isti.cnr.it

«La villa medicea detta l’Ambrogiana è collocata alla confluenza dei fiumi Arno e Pesa nel comune di Montelupo Fiorentino, in provincia di Firenze. Il granduca Ferdinando I ne commissiona la ricostruzione alla fine del XVI secolo. Tra gli architetti coinvolti nel progetto di ripristino dell'edificio emerge la figura di Raffaello Pagni, collaboratore di Bernardo Buontalenti. Nel XVII secolo la struttura è collegata tramite un lungo corridoio ad un convento di padri alcantarini. Nella seconda metà del XIX secolo la villa e i suoi annessi sono trasformati in manicomio e in seguito in ospedale psichiatrico giudiziario, loro attuale destinazione. Posta sulla riva sinistra del fiume Arno, lungo il tragitto fluviale che da Firenze conduce a Livorno, la villa Ambrogiana, un tempo florida residenza di caccia medicea, è oggi sede di un Ospedale Psichiatrico Giudiziario posto sotto la gestione del Ministero di Grazia e Giustizia. Lo stato di decadenza che connota attualmente l’imponente edificio, destinato da oltre un secolo ad usi impropri, non ha tuttavia svilito il suo aspetto sobrio e grandioso, memore delle scelte politiche e progettuali dei signori di Toscana. Al pari delle altre residenze medicee extraurbane l’Ambrogiana faceva infatti parte di quel sistema di ville-fattorie che, sorte in funzione celebrativa del potere dinastico, mutarono nel tempo le loro funzioni divenendo delle vere e proprie aziende produttive. La fattoria e il podere dell’Ambrogiana divennero proprietà medicee a partire dal 1573. Ferdinando I de’ Medici, già cardinale a Roma, e dal 1587 granduca di Toscana, commissionò l’edificazione della villa, sorta su un preesistente casino signorile. Il nuovo edificio fu dotato di quattro torri angolari e di un chiostro centrale con cisterna. Nel 1574 è documentato nella fabbrica Giovanni Antonio Dosio, incaricato della progettazione dello scalone esterno della villa. Gli interventi strutturali principali furono tuttavia condotti tra 1587 e il 1590. Nello stesso periodo fu organizzato l’impianto del giardino e messa mano all’accesso della villa dalla parte del fiume Arno, dove Giovan Battista Ferrucci del Tadda realizzò una grotta decorata di spugne, fossili e bassorilievi.

In questa fase costruttiva lavorarono al cantiere i principali architetti attivi a Firenze alle dipendenze del granducato. A partire dal 1588 capomastro del cantiere è Raffaello Pagni. La presenza del Pagni all’Ambrogiana induce a ritenere plausibile la partecipazione ai lavori, come supervisore, di Bernardo Buontalenti il quale era solito contribuire progettualmente alla realizzazione degli edifici medicei, per poi lasciare l’esecuzione dei lavori ai suoi allievi e collaboratori. L’influenza buontalentiana fu mantenuta negli anni seguenti grazie al coinvolgimento dell’ingegnere e architetto di corte Gherardo Mechini. Alla fine del ‘500 l’edificazione dell’edificio poteva ritenersi conclusa, come testimonia la lunetta dedicata all’Ambrogiana dipinta da Giusto Utens (1599-1602 ca). La sua posizione strategica, la vicinanza al corso del fiume e la possibilità di usufruire degli appezzamenti boschivi, rendeva questa residenza extraurbana particolarmente comoda per i soggiorni di svago della corte e le fugaci soste di viaggiatori e ospiti dei granduchi, di passaggio tra la città di Firenze e quella di Livorno. L’uso occasionale dell’edificio da parte dei sovrani si rispecchia chiaramente nello scarso ed effimero patrimonio mobile registrato all’interno della villa tra la fine del ‘500 e i primi decenni del ‘600, consistente in suppellettili e utensili associati alla pratica venatoria, armi da caccia e opere di facile rimozione come paramenti tessili e arazzi. A partire dalla seconda metà del Seicento, sotto il governo di Cosimo III, la villa fu al contrario arricchita in modo considerevole di opere d’arte legate agli interessi del duca per le scienze naturali: dipinti di nature morte e vive, composizioni di frutti e fiori, paesaggi, caccie ecc., trovavano posto sulle pareti dei principali saloni di rappresentanza. ... Nel 1860 la villa diventò proprietà dello Stato italiano e fu sottoposta prima al Ministero dell’Interno, poi a quello di Grazia e Giustizia. Nel 1884 il complesso fu definitivamente trasformato in manicomio criminale. Questa conversione comportò la perdita dei giardini e l’avvio di una fase di utilizzi impropri e degradanti per l’immobile: il quartiere detentivo fu distribuito non solo presso le scuderie, ma anche lungo il corridoio di connessione tra la villa e l’ex chiesa dei padri alcantarini; all’interno dell’edificio alcune stanze vennero usate come magazzini, altre mutate nella loro conformazione per servire come uffici amministrativi e caserma, funzioni che svolgono anche nella fase attuale».

http://artesalva.isti.cnr.it/it/ambrogiana-montelupo


MONTERAPPOLI (torrino)

Dal sito http://marescomartini.blogspot.it   Dal sito www.gonews.it

«Monterappoli, situato sulle dolci colline tra la Val d'Orme e la Valdelsa da cui si può ammirare uno splendido paesaggio della campagna Toscana, deve il suo nome al longobardo Ratpaldus (dal quale Mons Ratpaldi). Monterappoli nel XII secolo era un antico castello dei Conti Guidi circondato da mura, e venduto a Firenze nel 1255. Monterappoli si raggiunge da Empoli percorrendo la Via Salaiola (un tempo importante strada della Toscana di transito per il commercio del salgemma proveniente da Volterra), e attraversando le località Corniola e Poggimele dove si trovano splendide ville come la Villa Del Vivo, la Villa Il Terraio e il Torrino di Montepaldi. A Monterappoli altre ad alcuni resti delle antiche mura, vale la pena visitare la chiesa di San Lorenzo del XII secolo e la Chiesa romanica di San Giovanni Battista, risalente al XII secolo e costruita interamente in cotto».

http://www.visitvaldelsa.com/toscana/11-comuni-della-valdelsa/empoli/cosa-visitare-nei-dintorni/monterappoli.html


Montespertoli (castello di Fezzana)

Dal sito www.fezzana.it   Dal sito www.portale-hotel.com

«Castello dell'epoca medicea situato sulle belle colline del Chianti fiorentino in mezzo a vigneti e uliveti. è possibile ammirare un bellissimo panorama a 360° costellato di castelli e torri. Il castello di Fezzana è del 1200, ben conservato e ben restaurato».

http://www.fezzana.it/pag1x.htm


Montespertoli (castello Sonnino)

Dal sito www.scuole-montespertoli.it   Dal sito www.tuscanypass.com

  

«Il castello di Montespertoli - il cui nucleo originario doveva trovarsi nell'alta casa di signori posta in direzione di Firenze, divenuta in tempi più recenti di proprietà di Galli Tassi e quindi dei baroni Sonnino - apparteneva ai signori di Montespertoli, un ramo cadetto degli Alberti, famigli Ghibellina come tutti i maggiori feudatari. Ciononostante Montespertoli è menzionato tra i castelli all'indice nella lega contro l'imperatore Arrigo VII; divenuto quindi alleato di Firenze contro Castruccio Castracani, dopo la battaglia di Altopascio nel 1325, seguì le sorti della Repubblica fiorentina. Invaso di nuovo nel 1368 dal Patriarca di Aquileia e l'anno dopo da Giovanni Acuto che mise a ferro e fuoco cascinali e casali, nel secolo XV è podestà del Comune Bonaccorso Pitti. Alla fine del secolo XIV con l'estinzione della antica famiglia, l'ultimo discendente maschio Ciano d'Agnolo nominò suoi eredi Lorenzo e Boninsegna, figli di Filippo Machiavelli, trisavolo di Niccolò. Così la famiglia Machiavelli, che già possedeva ab antiquo molti beni in questo territorio, acquistò la proprietà del castello di Montespertoli, il giuspatronato su diverse chiese e il beneficio di alcuni superstiti diritti feudali a memoria dei quali appose il proprio stemma sulla gola del pozzo nella piazza del Mercato, chiamata poi piazza Machiavelli. Anche se la sede della Lega prima del 1500 fu il vicino castello di San Piero in Mercato, Montespertoli grazie alla sua posizione geografica privilegiata sulla via Volterrana, lentamente lo sostituì fino a divenire il centro dell'attività commerciale e industriale del Comune. Per la comodità degli accessi fu qui trasferito l'antico mercato settimanale dal quale aveva preso il nome la pieve di San Piero. Lo sviluppo di Montespertoli, un tempo costituito da alcune case arroccate sulla parte orientale intorno al castello sulla via Fiorentina, avvenne verso occidente con la costruzione di nuovi fabbricati sulla piazza. Nel Settecento e nell'Ottocento questa località iniziò ad assumere una fisionomia simile all'attuale, con la costruzione di nuove case sulla via Volterrana fino a circondare la parte occidentale della nuova piazza del Mercato (attuale piazza del Popolo), e con la creazione dei borghi delle Case Nuove e della Fornace verso Castelfiorentino. Non rimane traccia dell'antico ospedale menzionato in un antico documento del 1367; l'originaria chiesa parrocchiale di Sant'Andrea, un tempo cappella del Castello, non più adibita al culto, fu sostituita dall'attuale chiesa nel secolo XVI, ingrandita e restaurata dopo l'ultima guerra. In essa sono ospitate formelle del romanico fonte battesimale di Santa Maria e Coeli Aula e un trittico attribuito al Maestro della Misericordia e Niccolò Gerini, proveniente dall'oratorio di San Paolo».

http://www.tuscany-charming.it/it/localita/montespertoli.asp?screenwidth=800


NIPOZZANO (castello)

Dal sito www.frescobaldi.it   Dal sito www.orientepress.it

«Posto sulla sommità di una collina che domina la confluenza tra Arno e Sieve, a circa 350 m. di altitudine, il castello di Nipozzano già verso la fine del Trecento era stato trasformato dagli Albizzi in splendida dimora signorile, abbellita ancora nel corso dei secoli fino all’inizio del Seicento e solo in tempi recenti (1925) è passato ai Frescobaldi. Purtroppo il castello per gran parte distrutto dalle mine nel 1944 e successivamente restaurato, conserva solo in parte le strutture originarie. Esso infatti era dominato dalla possente mole quadrilatera del cassero ricordata fino al 1371 e circondato da due giri di mura. Della dimora voluta dagli Albizi rimangono ancora vari elementi architettonici riferibili al Quattrocento. Completamente rimontata è la chiesa di S. Niccolò. Il castello rappresenta il fulcro di un piccolo borgo circoscritto da una cinta muraria. L’insediamento è tipico del periodo medievale con il cassero edificato in posizione dominante rispetto agli altri edifici, tra i quali troviamo anche la chiesa di San Niccolò, che si sviluppano lungo la strada di accesso. La signoria dei Guidi sopra il castello di Nipozzano fu confermata dai diplomi imperiali del 1164, 1191 e 1220 ma venne meno prima del 1225 dal momento che di Nipozzano non si fa menzione nell’atto con il quale i cinque figli di Guido Guerra si divisero i beni aviti in questa parte del contado.

A Nipozzano i Guidi ebbero possessi fondiari dal 1062, come risulta da un contratto col quale un conte Guido acquistò la ‘quarta parte di due porzioni del Poggio già castello posto a Nipozzano e circondato da fossati’. Da tale documento dovremmo anche ricavare che il castello di Nipozzano esistesse fino dalla prima metà del secolo XI e che avesse subito una distruzione, per essere poi più tardi ricostruito. Lapo da Castiglionchio afferma che il castello passò sotto il controllo dei da Quona i quali lo avrebbero poi ceduto insieme al suo distretto all’Abbazia di San Fedele a Strumi. La notizia relativa al possesso da parte dei da Quona non trova riscontro nei documenti, mentre consta che nel 1218 l’abate di San Fedele, per pagare un debito contratto con la famiglia Adimari, fu costretto a concedere in affitto per il periodo di cinque anni, tutte le terre, case e vigne che l’abbazia possedeva a Nipozzano (concessione ripetuta anche nel 1275). Nel 1283 i monaci rinunciarono infine al loro patrimonio di Nipozzano cedendolo a Bindo de’ Cerchi in cambio di terre più vicine alla città. A Nipozzano è attestata la presenza di un comune castrense sin dalla fine del XII secolo (1199). Risalgono al XV secolo due caminetti, un architrave ed un lavabo conservati nei locali del cortile al secondo piano, tutti di chiara ispirazione michelozziana. Il più interessante fra tutti è il lavabo che ha un architrave abbellita da una fascia di ovuli sotto la quale si innesta un fregio con rosetta centrale, palmette e motivi floreali, che poggia su due lesene analoghe a quelle che sostengono una bifora della facciata di San Bartolomeo a Monteuliveto, una delle ultime opere del Michelozzo. L’aspetto attuale del castello è il risultato di una ingente opera di restauro eseguita nel dopoguerra. Il piano terreno è costituito da alcuni locali seminterrati e da un grande cortile circondato da un camminamento ad U e terminante su un lato con una torre vedetta. Al centro di questo un piccolo portale in pietra immette nel cortile superiore dove si trovano tre locali ed una scala che conduce al piccolo ballatoio su mensole».

http://www.my.tuscany.it/cornucopia/castelli/pela/cstnipoz.htm


Panzano in Chianti (castello di Panzano)

Dal sito www.chiantiworld.it   La torre del cassero nella foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org

  

«Il castello è la parte più in alto e la più antica di Panzano. Sono ancora conservate buona parte delle mura che cingevano il poggio; su due lati però sono state diminuite in altezza mentre nella parte sud-est mancano del tutto. Si sono conservate anche delle torri d'angolo tra cui una è stata riutilizzata come campanile della chiesa di santa Maria mentre un'altra ancora conserva l'apparato a sporgere. La struttura interna del castello è semplice; dall'unica porta di accesso, che in origine forse presentava un'antiporta, attraverso un'unica strada si arriva ad una piccola piazzetta sulla quale si affaccia il cassero. Il cassero è costituito da un'alta torre che si eleva più in alto di tutti gli altri edifici. All'interno del castello sono presenti altri edifici interessanti tra cui va segnalato quello posto accanto alla porta di accesso che presenta un palese carattere medievale. Tutti gli edifici del castello per l'accuratezza del paramento murario e per la foggia degli archivolti fanno datare al XII secolo le strutture del castello di Panzano. Costruito ed appartenuto da sempre alla famiglia Firidolfi o da Panzano (che, secondo alcuni autori, inurbatisi a Firenze hanno dato il nome all'attuale Via Panzani), alla metà del XIX secolo è passato in parte per successione ed in parte per riacquisto dai Conti Mancini alla famiglia Buoninsegni (poi Tadini Buoninsegni) cui è appartenuto fino alla seconda metà del XX secolo. Poco fuori del castello era situata l'antica chiesa dedicata a Santa Maria che alla fine del XIX secolo venne sostituita dall'attuale. Fuori dal castello, lungo la via di accesso che segue il crinale della collina, già nel XII secolo è accertata la presenza di un borgo come riportato in un documento del 1146, burgus de castro de Panzano. Il borgo e il castello formano quello che attualmente è il cosiddetto Panzano Alto. Il borgo di Panzano è articolato su due strade che partendo da una piazzetta salgono parallele fino al castello. Tra gli edifici del borgo alcuni mostrano caratteri riferibili al XVII o al XVIII secolo anche se da sotto alcuni intonaci cadenti si affacciano strutture medievali».

http://it.wikipedia.org/wiki/Panzano_in_Chianti


Pelago (castello dei conti Guidi)

Dal sito www.comune.pelago.fi.it   Dal sito www.my.tuscany.it

«Il castello medievale, il cui circuito murario doveva svilupparsi in forma ellittica sopra un ciglione sporgente verso il torrente (309 m s.l.m.), sorse al centro di diversi insediamenti più antichi attestati dalla ricca toponomastica latina, dai ruderi di un bagno romano alla periferia del castello stesso e dall’antica pieve di San Gervasio a Sorgano situata nella collina di fronte in località La Pieve. Tra le carte della Badia di Vallombrosa esistono diversi atti stipulati nel castello di Pelago: il più antico è del 1089, i successivi del 1132, 1178 e 1229; altri invece furono scritti nel foro di Pelago e portano le date 1188, 1319 e 1347. Generalmente si ritiene che in origine questo castello sia appartenuto ai conti Guidi per il fatto che diversi beni donati al monastero di Vallombrosa dagli stessi, erano compresi nelle corti di Magnale, Altomena e nel distretto di Pelago; ed inoltre perché gli stessi Guidi possedevano il giuspatronato delle vicine pievi di San Gervasio a Sorgano e di San Lorenzo a Diacceto. Ma questa supposizione, sebbene valida per alcuni aspetti, non è del tutto convincente, anche perché più manifesta è l’autorità esercitata sul castello di Pelago dalla famiglia Cattani. Infatti, all’inizio del XIII secolo troviamo un Ranieri di Guidalotto da Pelago, ritenuto il capostipite dei Cattani da Pelago e da Diacceto, il quale, oltre a diversi possedimenti nella corte e distretto di Pelago, deteneva anche una parte di giuspatronato della chiesa del castello: possedimenti e giuspatronato che nel 1207 detto Ranieri donerà al priore dei Camaldolesi.

Non solo, ma l’influenza dei Cattani sul castello appare ancora più evidente nei secoli successivi: infatti, quando nel 1413 il pontefice Giovanni XXIII accordò alla chiesa di San Clemente, situata nello stesso castello, il titolo di pieve sottomatrice, lo fece accogliendo un’istanza presentata da un Paolo di Zanobi dei Cattanei. Ed ancora: nel 1445 la famiglia Cattani, trovandosi in lite con i Camaldolesi, con i vescovi di Fiesole e con la Repubblica di Firenze, al fine di poter conservare i propri diritti sulla chiesa del castello di Pelago si rivolse al pontefice, asserendo che tanto il castello, quanto il palazzo ivi esistente e la torre ad esso contigua, da tempo immemorabile dipendevano ed erano posseduti da essi Cattanei e che loro spettava il diritto di nominare il rettore della chiesa parrocchiale. E il pontefice Eugenio IV, con Breve del 13 aprile diretto al vescovo fiesolano, riconobbe e confermò tutti questi diritti ai Cattani richiedenti ed ai loro discendenti. Tornando al castello, considerando i documenti a nostra conoscenza, sembrerebbe che esso non abbia avuto una grande importanza dal lato militare. Infatti, l’unico episodio per il quale è ricordato nelle Cronache è l’occupazione da parte dei Guelfi esiliati da Firenze dal 1248 al 1253. La chiesa dedicata a San Clemente, nel 1276-77 era suffraganea della pieve di San Lorenzo a Diacceto; all’inizio del XIV secolo, come abbiamo visto, fu elevata a matrice; nel 1506, essendo crollata la pieve di San Gervasio, vi fu trasferito anche il titolo di questa. All’inizio del XIII secolo è documentato che i proprietari del castello fossero i Da Diacceto.

Il primo perimetro delle mura castellane, nonostante guasti anche recenti, è definito dall’andamento delle pareti tergali degli edifici che costituiscono un nucleo compatto attorno alla chiesa di San Clemente. In questo nucleo l’episodio architettonico di maggior rilievo è costituito dal palazzo dei Da Diacceto – oggi sede comunale – probabilmente il nucleo del cassero. Al primo sarebbe seguito un secondo circuito murario, sviluppato verso sud e completato dopo la metà del XIV secolo. Alla seconda metà del XIV secolo risale, con probabilità, la ristrutturazione del palazzo dei Da Diacceto. Nell’atrio di ingresso del palazzo tre peducci di semplice forma trapezoidale, posti in corrispondenza della scala che dà accesso al piano superiore, potrebbero essere i resti di un ballatoio di sostegno per la scala che portava ai piani alti. La forma dei peducci è identica a quella dell’unico rimasto nelle rovine del palatium del castello di Vicorati a Dicomano, databile dopo il 1353. Al XIV secolo risalgono i due portali architravati, posti ai due lati dell’atrio d’ingresso, con stipiti a conci di pietra forte e lunette a tutto sesto, tipici delle case-torri trecentesche. Al piano superiore un’altra porta presenta caratteristiche trecentesche con architrave e profili in pietra serena, mensole geometriche agli angoli superiori e cornice decorata a dentelli. Il muro a sinistra del passaggio voltato che introduce nella piazza del castello, formato da grossi conci di alberese dove si vede una finestra tamponata, sembra essere ciò che resta di un’antica torre».

http://www.my.tuscany.it/cornucopia/castelli/pela/cstpelag.htm


Petrognano (ruderi delle fortificazioni di Semifonte)

Fonte della docciola nella foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.portalbagnano.com

«Semifonte fu una città fortificata, che sul finire del XII secolo, divenne una fiera avversaria di Firenze. Oggi è solo il toponimo di una località nei pressi di Petrognano, frazione del comune di Barberino Val d'Elsa, in provincia di Firenze. ... Il periodo in cui le principali strutture architettoniche del nuovo centro vengono realizzate va da 1177 al 1187. Poter definire con certezza com'era strutturata la città è impossibile sia per la mancanza di evidenze archeologiche sia per la mancanza di qualunque documento redatto antecedentemente la 1192, anno di ingresso della badia a Passignano nella vita della città. La mancanza di documenti è dovuta a due fattori: il primo sta in una naturale selezione della documentazione mentre il secondo è che, in tutte le città di nuova fondazione, nei primi anni di vita vengono sempre prodotti pochi documenti. Quello che è possibile fare sono solo delle supposizioni, partendo dalle poche tracce rimaste. Nel 1187 si può ipotizzare che fossero state costruite almeno due porte difensive chiamate porta di Bagnolo e porta di Tezanello, nomi derivanti dai due nuclei abitati posti ai limiti del perimetro e nella direzione in cui si aprivano le porte. Secondo l'ipotesi del Salvini le mura, in realtà, non vennero mai completate e si preferì sfruttare la naturale scoscesità dei fianchi della collina.

Quello che sembra certo è che, al momento della capitolazione, fosse rimasto in piedi solo un tratto delle mura mentre il resto della collina sarebbe stato difeso da dei fossati. La presenza dei fossati era fondamentale per delimitare i limiti dell'abitato, ed il loro scavo precedeva sempre la costruzione delle mura. Questo è un fatto tipico delle città di nuova fondazione; infatti i fondatori avevano il compito di costruire le porte ed i fossati per delimitare il castello e poi era compito degli abitanti costruire la cinta muraria difensiva che, proprio per questo, aveva dei tempi di costruzione molto più lenti. Ad esempio, alla metà del Trecento, a circa cinquanta anni dalla sua fondazione, Scarperia, ancora non era dotata di una cerchia muraria, anche se ciò non le impedì di difendersi egregiamente durante l'assedio delle truppe milanesi nel 1351. Sicuramente c'erano zone in pieno sviluppo edilizio ed altre ferme. Da atti notarili sappiamo che esistevano degli agglomerati definiti borgo, termine evidentemente riferito a delle aree urbane in divenire, tra le quali spiccano il Borgo di Cascianese e il borgo di Maglianese. I nomi di questi due borghi permettono anche di fare un'altra ipotesi: gli abitanti dei suddetti dovevano provenire rispettivamente da Casciano e da Magliano, due villaggi posti nelle vicinanze, i cui abitanti probabilmente vennero obbligati ad inurbarsi e che, nel 1202, costituivano il 20% circa della popolazione semifontese. L'aver raggruppato le persone in base al luogo di provenienza servì a favorire la coesione tra gli abitanti ma era anche dovuto ad altri motivi, come ad esempio il mantenimento dei diritti degli immigrati sulle proprie pertinenze nei luoghi di origine, dove rimanevano iscritti fiscalmente. Insomma, il popolamento di Semifonte seguì le stesse modalità riscontrabili, ad esempio, a Cuneo, Alessandria, Cherasco e all'Aquila: l'inurbamento più o meno forzoso degli abitanti dei villaggi vicini.

Ricostruire topograficamente l'insediamento è impossibile ma è possibile ipotizzare lo sviluppo degli spazi insediativi interni ottenuto attraverso il preventivo tracciamento delle strade interne, che erano condizionate dall'andamento del terreno. La città aveva una forma che Salvini definì stellata, a quattro punte: al vertice di ciascuna punta si apriva una porta. Al vertice nord si trova il toponimo La Porta, che non dà adito a dubbi. Questa porta era chiamata Porta al Bagnano o alla Fonte, da una fonte che si trovava dietro le attuali case, ed era situata all'altezza della terza curva dell'attuale strada rotabile. Da lì le mura seguivano l'andamento dell'attuale mulattiera che, andando verso sud, porta a Casa Pietraia e, infatti, lungo questa strada, affiorano delle fondamenta di mura nella zona di Fonte alla Docciola. Da Casa Pietraia le mura proseguivano fino al poggio di Pieve Vecchia, che era interamente circondato dalle mura e nel cui perimetro si apriva una porta detta Porta Razanella o Tezanella. Da questa porta le mura seguivano l'andamento del terreno e finivano all'altezza della casa San Niccolò, dove si apriva la Porta San Niccolò, punto obbligato di passaggio per chi veniva da Vico d'Elsa. Da San Niccolò le mura volgevano a nord-est fino a raggiungere il fianco meridionale della Rocca di Capo Bagnolo, che dovrebbe corrispondere al cosiddetto Tondo. La rocca di Capo Bagnolo sarebbe stata di forma quadrata ed era composta da torri d'angolo ed al centro da una torre maggiore di forma ottagonale il Cassero. Dal tondo le mura andavano vero est fino alla Porta Romana o Porta Grande. Questa porta sarebbe stata sormontata da una torre alta 69 metri chiamata Torre del Leone. L'esatta ubicazione di questa porta è difficile ma, probabilmente, sorgeva all'altezza dell'attuale tabernacolo di santa Caterina, nel punto cioè dove il vertice della collina è più stretto. Da lì le mura volgevano a nord-ovest e, seguendo l'andamento del terreno, si ricongiungevano alla Porta al Bagnano. Il perimetro delle mura della città era di poco inferiore a quello della Firenze contemporanea ma, trattandosi di una nuova fondazione, non poteva raggiungere la stessa densità abitativa».

http://it.wikipedia.org/wiki/Semifonte#Semifonte:_struttura_dell.27insediamento_e_organizzazione_degli_abitanti


Petrognano (torre del borgo)

Dal sito www.bbplanet.it   Foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org

«Fuori dalla porta Grande venne iniziato ad edificare anche un borgo in seguito fortificato, con una propria porta (Porta al Borgo), oggi denominato Petrognano. Del borgo, Pace da Certaldo ricorda solo che era molto allungato, senza dire quanto, e che le mura di cinta erano costituite dalle facciate posteriori delle case e dalle mura di sostegno degli orti. Oggi spicca la bella Torre del Borgo, la prima testimonianza che vede chi arriva da Barberino, ma nei campi sottostanti sono visibili i muri di sostegno degli orti descritti da Pace. Quelle mura circondano tutta la scarpata che è sotto la chiesa di San Pietro e da lì, verso nord-ovest, si ricongiungevano alla porta Grande. Le case del borgo erano probabilmente situate solo nella parte più ristretta del terreno».

http://it.wikipedia.org/wiki/Semifonte#Il_borgo


Piancaldoli (rocca di Caterina Sforza)

Dal sito www.progettoubaldini.it   Dal sito www.ebay.it

«Castrum Plani Aldoli, nominato anche Plancaldoli, venne eretto nel 1101da Aldo degli Ubaldini. Nel 1187 Urbano III lo concesse alla Chiesa cervese mentre Federico II, nel 1220, lo riconsegnava agli Ubaldini ai quali lo toglieva nel 1244 Innocenzo IV concedendolo alla Chiesa imolese: Più tardi se ne impossessò Maghinardo Pagani che nel 1276 resistette validamente all'assedio portato dai Bolognesi collegati ai Fiorentini. Nel 1292 si sottomise al Comnue di Imola e agli Alidosi, sei anni dopo venne aasediato ancora senza esito dai Bolognesi, che riuscirono ad entrarne in possesso soltanto dopo la morte di Maghinardo, avvenuta nel 1302; nel 1311, infatti, il Comune di Bologna provvide a fortificarlo con una rocca, mantenendone il possesso fino al 1350, anno in cui fu occupato dal Durafort, conte di Romagna. Dieci anni dopo Innocenzo VI lo concesse a Gioacchino Ubaldini che nel 1362, morendo, lo donava al Comune di Firenze. Nel 1371 era comunque di nuovo soggetto ai Bolognesi ai quali lo toglieva nel 1405 il Cardinale Cossa per cederlo ai Fiorentini "et dengligo" annota un anonimo cronista bolognese "per cinque millia corbe de formento...". Il dominio di Firenze sul castello durò circa settant'anni; nel 1473, infatti, Sisto IV lo concesse al nipote Girolamo Riario in quale cinque anni dopo incaricò Antonio e Francesco Marchesi di rinforzare e ampliare la rocca. Nonostante ciò nel 1488 venne assediato dai Fiorentini ed espugnato, rimase così definitivamente in possesso del Comune di Firenze.
Rimane la torre principale del complesso, cimata e fortemente rimaneggiata ma ancora leggibile per l'ingresso sopraelevato» -«...il papa nel 1405 riconsegnò la Rocca di Piancaldoli a Firenze. A questo punto della storia di Piancaldoli vi fu una serie di anni trascorsi in tranquillità, fino a quando, nel 1480, il conte Girolamo Riario, Signore di Imola, ricevette dal Pontefice, suo Signore, l’investitura dello Stato di Forlì, comprendente anche l’Imolese e Piancaldoli, suscitando l’ira di Lorenzo de’ Medici, le cui truppe affrontarono quelle del Riario proprio nei pressi della Rocca che sovrasta il paese che, dalla consorte del Riario, Caterina Sforza, prese il nome, in una battaglia nel 1488 in cui perse la vita un tale Cecca, inventore di catapulte ammirato in tutto il territorio fiorentino. L’episodio è narrato da Niccolò Machiavelli, che a Piancaldoli sostò durante un suo viaggio verso Imola, nelle sue Istorie Fiorentine».

http://www.progettoubaldini.it/eventi/castelli-ubaldini/61/piancaldoli.html - http://www.piancaldoli.it/storia.aspx?ID=4


PIEVECCHIA (castello)

Dal sito www.gatto.uon.it   Dal sito www.gatto.uon.it   Dal sito www.fattoriadigrignano.com

«Le prime notizie della Pievecchia, la quale mutua il nome appunto dalla vetusta pieve medievale che le sorge accanto, risalgono alla metà del 1600. Proprio in quegli anni infatti, quello che sarà poi il corpo centrale della villa perviene per lascito degli abati di Vallombrosa. Rimarrà di quell'ordine religioso per oltre un secolo, quindi passerà all'Arcivescovado di Firenze. Da allora la Pievecchia ha cambiato piú proprietà e dal 1999 fa parte della tenuta di Grignano» - «L'eccidio della Pievecchia. L'8 giugno 1944 un gruppo di partigiani proveniente da Monte Giovi penetra nella caserma della guardia nazionale repubblichina di Pontassieve e s'impossessa di armi e munizioni e si ritira a bordo di un camion. Alcuni carabinieri colgono l'occasione per disertare e si uniscono alla pattuglia partigiana. Lungo la strada del ritorno i partigiani si fermano alla Pievecchia. In una delle case vi trovano due soldati tedeschi e ne segue uno scontro in cui un soldato muore, mentre l'altro riesce a fuggire. Nella rappresaglia che segue i tedeschi rastrellano tutti gli uomini che possono trovare a Pievecchia e li uccidono a colpi di mitra nel giardino della villa del paese. 14 persone perdono la vita».

http://www.fattoriadigrignano.com/gallery_pievecchia.htm - http://www.resistenzatoscana.it/storie/l_eccidio_della_pievecchia


Pontassieve (borgo, porte)

Porta Aretina, dal sito www.comune.pontassieve.fi.it   Porta Filicaia, dal sito www.comune.pontassieve.fi.it

«Il comune di Pontassieve prende il suo nome dal ponte che collega Firenze con la Val di Sieve. Ha una popolazione di circa 20.000 abitanti e possiede importanti architetture come Palazzo Sansoni-Trombetta e la Pieve di San Giovanni a Remole. Le prime notizie sul territorio risalgono alla dominazione dei da Quona, una famiglia che attesta la sua presenza nell'area fin dall'XI secolo. Alla fine del XII secolo la nobile famiglia opta per il trasferimento a Firenze. È un fenomeno, quello dell'urbanizzazione delle grandi famiglie rurali, che risponde all'esigenza di non perdere il proprio prestigio sociale. Quello, infatti, è il periodo durante il quale Firenze comincia ad estendere i suoi domini sul contado e ad intraprendere azioni per "domare" le antiche famiglie feudatarie delle aree rurali. Quindi, nel 1207 i da Quona decidono di trasferirsi e vendono al vescovado fiorentino quasi tutti i loro possedimenti. L'odierna Pontassieve viene da subito considerata un'area strategica della massima importanza, convincendo i Fiorentini della necessità di una sua fortificazione. È così che si sviluppa il castello di San Michele Arcangelo (o Castel Sant'Angelo), sorto alla fine del XIV secolo con lo scopo di diventare uno il principale punto di riferimento per l'amministrazione del territorio circostante. Tre delle quattro porte della fortezza sono ancora oggi visibili: a sud Porta Filicaia, a ovest porta Fiorentina e a est porta Aretina o dell'Orologio. Con il passere degli anni, intorno all'importante Ponte sulla Sieve, che collega Firenze con il Mugello, il Valdarno ed il Casentino, sorgono numerose abitazioni e aggregazioni spontanee di botteghe e luoghi di commercio. Man mano che il centro si sviluppa, il nome Pontassieve si afferma gradualmente su quello di Castello di San Michele Arcangelo, a riprova dell'espansione del piccolo "mercatale". Il secolo nel quale si registra comunque una crescita decisiva è senza dubbio il XVIII. È all'epoca del Granducato dei Lorena che vengono aperte due nuove strade, una per il Casentino ed un'altra per la Romagna. L'intensificazione dei traffici porta a Pontassieve un incremento sia economico che demografico, che trae ulteriore linfa dalla costruzione della ferrovia Firenze-Roma, nel 1859. L'importanza dello snodo ferroviario ha costituito anche un prezzo da pagare per Pontassieve. La città è stata infatti oggetto di pesanti bombardamenti durante l'ultimo conflitto mondiale».

http://www.toscanaviva.com/Pontassieve/


Pontassieve (castello del Trebbio)

Dal sito www.geolocation.ws   Dal sito www.vinoturismo.it

«Lasciando San Piero a Sieve attraverso il Bivio di Novoli ed immettendosi, sulla destra, nella S.S. 65 in direzione della Futa, dopo circa 700 metri si apre sulla sinistra una strada sterrata ma in buone condizioni che, superata la fattoria degli Ischieti, in 2 Km., conduce al Castello del Trebbio fra due filari ininterrotti di cipressi centenari. Il castello, uno dei pochi che abbia conservata quasi intatta tutta la severità di costruzione medievale, domina con la sua torre il piccolo villaggio circostante le cui abitazioni (oggi accoglienti soggiorni per agriturismo) vantano ospiti illustri sin dai tempi più remoti. Costruito tra il 1427 e il 1430 da Michelozzo Michelozzi su commissione di Cosimo il Vecchio de’ Medici, venne realizzato sui ruderi di un castello del 1000, a sua volta edificato in luogo di una torre longobarda del 700, posta presumibilmente a guardia di importanti strade romane, da cui il nome di “Trivio”. Luogo di villeggiatura e di caccia più che roccaforte medicea, malgrado l’imponenza delle strutture, durante la peste del 1476 ospitò, fra gli altri, Amerigo Vespucci poco più che ventenne. Nella prima metà del ‘500 vi dimorò fanciullo, Cosimo I, figlio di Giovanni delle Bande Nere, che sarebbe poi divenuto Granduca di Toscana e il vero fondatore dello Stato Fiorentino. Nonostante gli inevitabili interventi di restauro, il castello conserva tutta la sua originaria bellezza e se ne possono ammirare il giardino all’italiana con un bel pergolato quattrocentesco su pilastri cilindrici di cotto a vista e un orto conclusus medievale. All’interno si può vedere un cortile con loggiato a volte, una scala coperta da una tettoia sorretta da una colonnetta ed un antico pozzo circolare. Una lapide traccia la storia del Castello e dei suoi proprietari. ...».

http://www.ilfilo.net/TREBBIO.HTM


Poppiano (castello dei Guicciardini)

a c. di Fernando Giaffreda

  


POZZOLATICO (palazzo del Podestà)

Dal sito www.fabbricaimpruneta.it   Dal sito www.fabbricaimpruneta.it

«Nel 1415 il Galluzzo divenne sede di podestà e venne utilizzata a uso della Podesteria una "casa da signore" della famiglia Canigiani. L’edificio ospitava tutti gli uffici della Podesteria e del Cancellierato e rimase tale fino all’inizio del Novecento. Il palazzo è famoso per i numerosi stemmi dei vari podestà che ornano la facciata. Si tratta di novanta stemmi in pietra e in terracotta invetriata. Suggestioni: il Palazzo per oltre quattrocento anni è stato il centro della vita civile e amministrativa dei territori circostanti, compreso quello di Impruneta».

http://www.fabbricaimpruneta.it/?idtema=1&page=informazioni&action=read&index=1&idinformazione=41


POZZOLATICO (villa De Larderel)

Dal sito www.santamariaulivi.com   Dal sito www.agrariopozzolatico.it

«La costruzione risale alle seconda metà del Trecento, fu la più importante residenza dei Ricci, la ricca famiglia fiorentina che a Pozzolatico possedeva, nel sec. XVI, almeno quindici ville. La grande villa fu abitata dalla contessa di Mirafiori e Fontanafredda (Rosa Vercellana), e nella cappella fu celebrato, nel 1869, il suo matrimonio morganatico con Vittorio Emanuele II. Fu in seguito ristrutturata, sia all’interno che all’esterno, nel 1837 con il passaggio di proprietà. I conti De Larderel vi celebrarono, nel 1872, il matrimonio di una figlia con il conte Mirafiori. In seguito fu dimora di Francesca Bertini, famosa attrice del cinema muto.  Attualmente ampliata mediante la costruzione di un edificio moderno è sede di un centro di riabilitazione funzionale. Nella parte antica sono visibili ambienti con stucchi ed affreschi. La facciata è settecentesca, l’edificio è ampio e presenta stupende sale. Ancora più splendido è però il corredo di giardini romantici di cui è circondata la villa e che comprendono un cottage (in decadenza) e un delizioso laghetto artificiale».

http://www.fabbricaimpruneta.it/?idtema=1&page=informazioni&action=read&index=1&idinformazione=40


Reggello (castello di Sammezzano)

Foto di Paebi, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.comune.reggello.fi.it   Dal sito www.sammezzano.org

«Acquistato nel 1605 dal Cavalier Ferdinando Odoardo Ximenes d’Aragona, il complesso del Castello di Sammezzano deve il suo aspetto attuale agli interventi operati nell’800 da Niccolò Panciatichi, erede degli Ximenes. Egli era un grande estimatore della cultura e dell’architettura araba: all’esterno il modello della villa ricorda infatti il Taj Mahal; all’interno le sale, decorate da stucchi, sono ispirate all’Alhambra di Granada. Il castello è circondato da un parco, tra i più vasti della Toscana. Panciatichi vi mise a dimora piante esotiche e rare ed abbellì il parco con manufatti in stile arabo. Oggi molte delle piante originali non esistono più, alcune specie sono state nuovamente introdotte. Di particolare rilevanza è il gruppo di sequoie giganti, tra i più numerosi in Italia: 57 sequoie adulte (tutte alte più di 35 metri), una delle quali ha un tronco di circa dieci metri. Notevoli anche gli esemplari di cipresso di Lawson, riconoscibile per il colore argenteo della pagina inferiore delle foglie. Attualmente solo il parco è visitabile».

http://www.comune.reggello.fi.it/opencms/opencms/MenuPrincipale/Il_Territorio/Arte_e_cultura/Il_Castello_di_Sammezzano/


Reggello (torre del Castellano)

Dal sito www.torredelcastellano.it   Dal sito www.storiaecultura.it

  

«In posizione dominante sulla valle dell'Arno, a nord-est di Incisa e a circa venti chilometri da Firenze sorge questa solida costruzione quadrilatera da considerare uno dei più bei castelli della zona. La Torre del Castellano domina la vallata ed il paese di Incisa da una posizione strategicamente ideale. Appartenne alla contessa Willa da cui passò al figlio, il marchese Ugo di Toscana, che nel 927 lo cedette al conte Guido Werre (Guido Guerra) dei famosi conti Guidi. Il possesso feudale fu riconfermato ai Guidi nel 967, nel 1191 (dall'imperatore Enrico VI) e da Federico II nel 1220. Più tardi la Torre passò alla famiglia dei Castellani, dei quali ancora oggi porta il nome: la loro floridezza iniziò nel XIV secolo con Lotto e suo figlio Vanni. Michele di Vanni di Lotto fu eminente figura nella vita della Repubblica Fiorentina nella seconda metà del XIV secolo. Nel XV secolo vi soggiornò Poliziano. Nel 1751 i Castellani furono annoverati fra i patrizi fiorentini e la torre fu gradualmente trasformata in una villa. Giunto nel XX secolo in condizioni precarie e modificato nella struttura originale da interventi successivi al suo decadimento, a cavallo della II guerra mondiale ha subito un importante restauro sotto la direzione della Sovrintendenza ai beni artistici. Da allora è residenza dei proprietari ed ha ospitato le cantine dell'omonima azienda agricola. Nel 1938 i proprietari ne affidarono il restauro alla Soprintendenza ai Monumenti. Il progetto di restauro fu redatto dall’architetto Guido Morozzi. Durante la seconda guerra mondiale il castello servì per difendere le statue degli Uffizi dal conflitto. Dopo la guerra ripresero i lavori di restauro. Si tratta certamente di una costruzione a preciso scopo difensivo, munita di due torri, una più massiccia sull'angolo di sud-ovest, abbassata nel secolo scorso, e l'altra più alta in origine avente funzioni di mastio, ancora dotata di apparato a sporgere con beccatelli. Tutto il perimetro della costruzione è dotato di scarpatura e alla sommità resta ancora parte della merlatura. Il complesso si presenta come un insieme di costruzioni di varie epoche, anche i capitelli che si fronteggiano all’interno della corte sono di diversa epoca e stile. Numerose aperture, frutto della conversione a dimora signorile prima e a fattoria poi, spezzano le massicce cortine murarie. Del periodo tardo-medievale è rimasta la forma quadrilatera con la bassa torre angolare e la bastionatura del basamento, e i sotterranei. Sulla torre più alta si trova ancora oggi un piombatoio. Un cortile interno, con archi sorretti da colonne ottagonali con capitelli scolpiti a foglie, immette ai tre piani superiori ed ai sotterranei.».

http://www.torredelcastellano.it/html/storia.html - http://www.torredelcastellano.it/html/struttura.html


RIGNANO SULL'ARNO (torre del Pian dell'Isola)

Dal sito http://en.wikigogo.org   Dal sito http://en.wikigogo.org

«Intorno al 1580, la nobile famiglia dei Pepi acquistò inoltre alcuni possedimenti nel comune di Rignano sull'Arno. Tra questi, di elevato valore storico e culturale, è senza dubbio l'antica Torre del Pian dell'Isola, del 1100 d.C. circa, tuttora di proprietà della famiglia. Da lì a poco, iniziarono i lavori di costruzione della villa nel poggio di fronte alla torre; finita di costruire intorno all’inizio dei Seicento, la villa, diventò la casa di campagna nella quale la famiglia trascorreva i mesi autunnali; lo scalone di pietra presente nella facciata principale, che porta all'ingresso signorile, fa sì che venga considerata modernissima per l'architettura dell'epoca. Nel corso degli anni l'aspetto esteriore della villa mutò attraverso numerosi lavori di ristrutturazione ed abbellimento ad opera di vari discendenti; degni di nota sono l'apertura di un altro ingresso al piano terreno che dà accesso direttamente ai salotti ed alle stanze signorili e la ricostruzione della piccionaia, resa belvedere con colonnine di pietra e chiuso da finestre piombate dal quale si può ammirare il bellissimo panorama del Valdarno. Accanto alla casa, nel 1756, venne costruita una Cappella gentilizia dedicata a Sant'Anna, riedificata e dedicata anche a Sant'Antonio da Padova intorno alla fine dell'Ottocento; tuttora la famiglia vi svolge le proprie funzioni religiose. Intorno alla casa vennero costruiti, negli anni, numerosi annessi agricoli utili per la produzione della fattoria; di particolare interesse è senz'altro un'antica vasca d'irrigazione, alimentata da una sorgente privata, che durante i recenti lavori di ristrutturazione è stata adibita a piscina con sistema di filtri, lasciata però totalmente immutata nel suo fascino. Durante i meticolosi lavori di ristrutturazione, terminati nel 2009, sono state fatte numerose interessanti scoperte. Nella zona nord della villa sono state ritrovate tracce di un grosso incendio, accaduto intorno alla metà del Settecento, che con grande probabilità causò la rimozione di quasi tutti i caminetti della villa; l'unico ancora esistente, difatti, è quello della cucina. Tutte le stanze, incluse quelle della servitù ai piani alti, erano elegantemente decorate con greche ed affreschi; oggi, purtroppo, rimane visibile e conservato solo il tromp l'oeil del salotto del piano terreno che riproduce con delicatezza la campagna circostante. I pavimenti, in graniglia di cemento colorato dei primi del Novecento, formano motivi geometrici diversi in ogni stanza».

http://www.villapepi.it/it/storia/index.html


RISTONCHI (torrione)

Dal sito www.interhome.it   Dal sito www.interhome.it

«Sulla cima di un caratteristico poggio alla sinistra del torrente Vicano di Pelago, a circa 2 chilometri ad est di Pelago, si staglia la torre di Ristonchi (578 m. s.l.m.). Del castello medievale non restano molte tracce: soltanto durante i lavori di restauro della chiesa di Sant’Egidio, effettuati dopo il secondo conflitto mondiale, furono riportate alla luce alcune pietre rozzamente lavorate forse appartenute ad una precedente costruzione. La ceramica rinvenuta in superficie risale al periodo medievale. La torre rappresenta attualmente l'unica testimonianza del cassero forse costituito in origine da un unico palazzo. Il compatto paramento murario è interrotto da aperture rettangolari semplicemente architravate ed è tagliato a metà da una cornice aggettante, integralmente conservata solo su di un lato. La chiesa di Sant’Egidio è stata in buona parte ricostruita. Ristonchi è attestato nei documenti come Ristunchie (1081), Ristonchie (1092), Ristuncle (1143), castro de Restunclo (1177), castello de Ristonkio (1221), Cassero de Ristonchio (1234) e castro de Ristonchio (1234, 1270, 1285). Il castello è esplicitamente nominato per la prima volta in un documento del XII secolo relativo ad una donazione a favore del monastero di Vallombrosa di vari beni mobili ed immobili tra i quali, appunto, anche il castello di Ristonchi con le sue pertinenze (1102). Nel 1172 un tal Liccese del fu Orlandino donò ai monaci di Vallombrosa il castello e distretto di Ristonchi con il patronato sulle chiese, le albergarie ed ogni altra prerogativa sulle persone residenti del luogo; nel 1178 lo stesso Liccese riottenne tutti i possessi a livello per il canone annuo di 6 soldi e 36 pani.

S’ignora quali siano stati i primi signori di questo castello; secondo il Repetti acquistarono di buon ora signoria in Ristonchi i monaci della Vallombrosa ed i signori di Cuona o Cogna di Pitiana, ma mentre la giurisdizione dei vallombrosani è ampiamente documentata, per quanto riguarda i Da Quona esiste un documento del 1189 dal quale risulta che un Alberto del fu Ildebrando da Quona possedeva beni nel distretto di Ristonchi, documentazione insufficiente per affermare la ‘signoria’ di questa casata sul castello. è vero che successivamente troviamo altri appartenenti alla stessa famiglia da Quona svolgere mansioni di Visconti o Vicari per il distretto di Magnale, Ristonchi ed Altomena, ma, proprio perché vicari, tale ufficio dovevano esercitarlo per conto di altri, e cioè dei vallombrosani; ed infatti nel 1279 un conflitto di giurisdizione tra Vallombrosa ed il comune di Firenze a riguardo dei castelli di Ristonchi e Magnale, viene risolto direttamente dall’Abate Generale della Congregazione ed i governanti della città. Il castello è menzionato da Villani per essere stato uno dei luoghi dove, dal 1248 al 1253, si rifugiarono, facendo guerra alla città, i Guelfi esiliati da Firenze. La torre del complesso fu completamente distrutta durante l'assedio dei Ghibellini (1248) e ricostruita nel 1346. Per tutto il XIV secolo il castello costituì un punto strategico di difesa del territorio fiorentino. Infatti, mentre la Signoria di Firenze nel 1370 stabilisce che i popoli di S. Ellero, Montalto e Fontisterni siano obbligati a custodire le fortezze – ossia torri – di Ristonchi, Pitianuzza e S. Ellero, i popolani di Ristonchi, con delibera del 25 marzo 1379, nominano un sindaco con lo specifico incarico di eleggere il castellano della rocca».

http://www.my.tuscany.it/cornucopia/castelli/pela/cstristo.htm


San Casciano in Val di Pesa (castello di Gabbiano)

Dal sito www.italiastraordinaria.it   Dal sito www.castellogabbiano.it

  

«“Le prime notizie storiche su Gabbiano risalgono all’XI secolo quando fu incominciata la costruzione della torre quadrata a difesa di una delle più importanti vie di comunicazione tra Firenze e Siena…”. La costruzione delle cantine, la cui struttura a volte testimonia l’utilizzazione vinicola delle stesse, fu iniziata nel 1124. A quell’epoca il castello apparteneva ad una delle più importanti famiglie di banchieri di Firenze, i Bardi, che nella seconda metà del 1200 iniziarono i lavori di ampliamento della fortezza costruendo le mura perimetrali, merlate, secondo la tendenza tipicamente guelfa dell’epoca. Il castello rimase in possesso dei Bardi fino ai primi del quattrocento quando, passò alla famiglia Soderini, una delle famiglie politicamente più influenti di Firenze. Fu ad opera dei Soderini la trasformazione della turrita casa padronale di Gabbiano in Fattoria, già portata a compimento nel tardo 400, secondo quanto descritto nella “portata catastale” presentata nel 1480 dal padre di Pier Soderini, Tommaso, agli “Uffiziali” del Catasto della Repubblica Fiorentina. Nel corso del secolo dovettero essere aggiunti, in più tempi, altri corpi di fabbrica, come si desume dalla muratura, che denunzia diversi fasi di accrescimento, fino ad essere trasformato in un’ampia costruzione quadrilatera che costituì anche una sorta di fortilizio privato, poiché venne dotato di quattro torrette cilindriche che ne rinforzarono gli angoli. Fu durante il possesso dei Soderini che il Castello fu trasformato nella struttura più simile all’attuale, le torri tonde di influenza architettonica francese poste ai quattro angoli del castello furono costruite nel 1505. Quando i Soderini, nel XVI secolo, furono dichiarati ribelli per la loro lotta contro i Medici e furono banditi da Firenze, il Castello fu abbandonato per un lungo periodo e solo nel Seicento, col rientro in patria dei Soderini, fu restituito a nuova vita, come ci informa l’iscrizione riportata in una lapide di pietra serena che sormonta la porta di accesso al castello. Sotto i due stemmi della famiglia Soderini si legge infatti: “FRANC.SODERINUS SENAT.GASP.F.RURIS HUIUS IN FAMIGLIA RESTITUTOR SUB.A MDCLII”. Sopra gli stemmi è riportato il motto dettato da Pier Soderini in occasione della sua elezione a gonfaloniere, che recita “IUS UT PALMA FLO” (“Iustus ut palma florebit”). Dal XIX secolo le famiglie che si succedettero nella proprietà vi eseguirono vari restauri rispettando appieno le caratteristiche del complesso architettonico del Castello. Nel complesso degli edifici annessi al castello si trova la cappella privata di carattere neoclassico la cui costruzione risale al XIX secolo sotto la proprietà dei Del Turco, secondo un’iscrizione apposta all’interno della piccola chiesa in occasione del suo restauro avvenuto nel 1957 ad opera dei Lemmi».

http://www.castellogabbiano.it/cg/it/il-castello/la-storia


San Casciano in Val di Pesa (castello di Pergolato)

Dal sito www.castellodipergolato.com   Dal sito www.castellodipergolato.com

«Il Castello di Pergolato è una dimora signorile situata nel comune di San Casciano in Val di Pesa, in provincia di Firenze. La sua struttura lo fa essere un notevole esempio di fusione tra le forme rinascimentali, riscontrabili nelle parte trasformata in villa, e le austere strutture medievali. I primi ricordi risalgono al 1185 quando viene ricordato un mulino posto nel suo territorio, in seguito divenne proprietà della famiglia Buondelmonti, che nel territorio di San Casciano possedevano altri castelli, quali il Castello di Fabbrica, quello di Bibbione e quello di Montefiridolfi. Furono i membri della famiglia Buondelmonti che nel XVI secolo trasformarono il castello in villa rinascimentale. A ricordo di quell'avvenimento sugli architravi delle porte interne è rimasta la seguente scritta: «DNS. Alexander Laurentiii de Buondelmontibus MDXX». In quel periodo fu l'abitazione di Caterina Picchena, moglie di un Buondelmonti, che divenne celebre per le sue turbolente vicende amorose di cui il castello fece da sfondo. In precedenza in castello di Pergolato era tasto anche la sede all'assassinio di Ugone di Valberto Buondelmonti. Il castello rimase di proprietà dei Buondelmonti fino all'inizio del XVIII secolo quando passò alla famiglia Rinuccini che successivamente per eredità lo portarono all'interno del patrimonio della famiglia Corsini. In seguito si sono avuti numerosi passaggi di proprietà, adesso dei Poccianti. Posto su uno sperone circondato da cipressi, occupa una posizione dominante sulla valle del fiume Pesa. Il castello è una struttura formata da due corpi perpendicolari tra loro congiunti dalla torre quadrangolare. Dalla parte della Pesa si trova un loggiato a due ordini con tre luci, con archi a tutto sesto al pianterreno, mentre quelli del primo piano sono architravati. Il loggiato è stato costruito nel 1520 come recita un'epigrafe lì posta. Ai suoi piedi è la chiesa di San Pietro a Pergolato».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Pergolato


San Casciano in Val di Pesa (castello o villa Il Corno)

Dal sito www.agriturismo.it   Dal sito www.booking.com

«è una delle più belle Tenute della Val di Pesa, costruita nel XII secolo ad opera di un'antica famiglia fiorentina, di origine pistoiese, i Del Corno. Fecero fortuna a Firenze durante l’epoca dei Comuni dove, grazie al commercio del legname, parteciparono alla ristrutturazione della città. Inoltre si dedicarono con solerzia e amore a valorizzare l'ambiente rurale, tanto da lasciarci un vero e proprio "parco agronomico". Nel 1523, in pieno Rinascimento entrò a far parte del patrimonio della famiglia Strozzi e grazie alla vicinanza con Firenze, capitale del Granducato di Toscana e all'incantevole cornice delle Colline del Chianti, divenne la residenza estiva del Granduca, acquistando grande notorietà. Dal 1911 è di proprietà dei conti Frova Arroni di Arrone che continuano a sviluppare con amore e determinazione l'attività vitivinicola ed olearia, unendo all'alta tecnologia di produzione una particolare sensibilità alla tradizione ed alla tipicità del territorio. Alla fine degli anni 80 sono state recuperate e restaurate alcune tra le principali case coloniche della tenuta e sono tutt’oggi adibite ad attività agrituristica. In queste strutture sia gli appartamenti che le camere sono arredati con cura ed eleganza recuperando antiche mobilie e si concilia semplicità e tradizione».

http://www.tenutailcorno.com/storia.php


San Casciano in Val di Pesa (mura, torri)

Foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org   Dal video www.youtube.com/watch?v=57BVQnD3c2E

«Le mura di San Casciano costituiscono la struttura difensiva del centro storico di San Casciano in Val di Pesa. Dopo l'incursione di Fra Moriale del 1354, che si era arroccato nel borgo di San Casciano e ci rimase fino a quando non gli vennero pagati 16.000 fiorini d'oro, la Repubblica Fiorentina decise di fortificare l'intero paese. La decisione venne presa il 24 ottobre 1354. I lavori iniziarono nel 1355 e così ne parla Matteo Villani: "Acciò che questo non potesse più addivenire deliberò il Comune di farne un nobile e forte castello cinto di mura. E incontanente del mese di agosto del detto anno MCCCLV, si cominciarono a fare i fossi, e all'uscita di settembre del detto anno si cominciarono a fondare le mura; e tutte si allogarono a buoni maestri con discreti e avvisati provveditori, dando d'ogni braccio quadro soldi 7 di piccioli di lire 3 e soldi 9 al fiorino d'oro, dando il Comune a' maestri solo la calcino, acciò ch'é maestri avessero cagione di farne buone mura. E le mura furono larghe nel fondamento braccia quattro e un quarto e, fondate braccia uno sotto il piano del fosso e sopra a terra braccia dodici, con corridoi intorno, di lunghe braccia cinquanta da l' una torre all'altra, alzate braccia dodici sopra le mura; con due porte maestre catuna tra le torri più alte che l'altre e bene ordinate alla guardia. E questo circuito prese il poggio e il borgo, e senza arresto fu compiuto e perfetto il lavoro del mese di settembre seguente MCCCLVI". Le mura misuravano 2135 braccia fiorentine (un braccio fiorentino corrispondeva a 0,58 metri) quindi 1240 metri e avevano quattro porte: le due maestre citate dal Villani (Porta Fiorentina e Porta Senese) che erano precedute da antiporti, e due minori (Porta Empolese e Porta del Prato). Le mura avevano la forma di un esagono irregolare ed avevano come vertice il Palazzo del Cassero. Sono tuttora in piedi ad eccezione di quelle lungo il Viale Corsini. Delle quattro porte oggi rimane, seppur ricostruita dopo la Seconda guerra mondiale, Porta del Prato, detta La Porticciola; le altre furono abbattute tra il XVIII secolo e il XIX e oggi rimane solo un torrione della Porta Senese. Il lato meglio conservato è quello lungo la piazza del Mercato dove dagli anni Novanta sulle mura è stata collocata un'opera di Mario Merz».

http://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_San_Casciano_in_Val_di_Pesa


San Casciano in Val di Pesa (palazzo del Cassero)

Foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.exploro.it

«Il Palazzo del Cassero è un edificio fortificato situato nel centro storico di San Casciano in Val di Pesa. Venne costruito nel 1356 come vertice delle mura di San Casciano da usarsi come rifugio in caso di emergenza ed anche per sede delle milizie o per residenza privata. Non fu mai assediato e quindi si è limitato ad ospitare importanti personaggi come papa Martino V qui nel 1420 di ritorno dal Concilio di Costanza o come vari esponenti della famiglia de' Medici come Lorenzo il Magnifico che in questo palazzo concesse agli abitanti di Colle Val d'Elsa la cittadinanza fiorentina e Cosimo I che qui sembra abbia ricevuto le insegne granducali. Nel 1558, una volta che lo Stato senese era stato definitivamente conquistato dai Fiorentini, la sua funzione principale venne meno e fu adibito a palazzo per uso dei sovrani e dei personaggi reali che passavano per la via romana.Questa destinazione durò fino all'epoca del granduca Ferdinando II quando il Cassero fu donato a Francesco Giovanni Paulosanti Lucardesi, segretario del granduca, che a sua volta lo cedette al convento di Santa Maria del Gesù. Rimase di proprietà del convento fino all'epoca napoleonica quando fu ceduto a famiglie private ed usato come abitazione. Il Cassero si presenta come una costruzione rettangolare dominato da una massiccia torre ed è aperto in facciata da una porta che immette nel cortile interno. All'interno vi sono ampie sale, una delle quali veniva usata come teatro cittadino prima della costruzione del Teatro Niccolini».

http://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_del_Cassero


San Casciano in Val di Pesa (resti del castello di Sant'Andrea)

Dal sito www.booking.com   Dal sito www.facebook.com/VillasandreaChianti/?fref=photo   Dal sito www.villasandrea.com

«La fattoria ha come centro l'antico borgo di Fabbrica, dove sorgono anche la villa, l'adiacente chiesa di S. Andrea, la cantina d'invecchiamento dei vini ed il frantoio aziendale. Il toponimo "Fabbrica" deriva dal latino faber poiché al tempo delle milizie romane erano qui collocate le fucine per la fabbricazione delle armi. La Villa odierna è stata costruita sulle rovine di un castello medievale che fu costruito nel XI secolo dalla famiglia fiorentina dei Buondelmonti. Sopra il poggio coperto di oliveti e vigneti che sporge verso il piano della Pesa "...di rimpetto al Castello di Petrojo e di fianco alla Badia a Passignano, la famiglia fiorentina dei Buondelmonti edificò un forte Castello che dominava alcune delle strade più frequentate della contrada...". Nel XVI secolo passò per matrimonio alla famiglia degli Scolari. Poi ritornò nel ramo dei Buondelmonti che ne conservarono il possesso fino all'estinzione della famiglia, nella prima metà dell'Ottocento. Dopo appartenne alla famiglia Rinuccini seguita dai Corsini. Venne acquistata nel 1930 dal conte Piatti dal Pozzo e passo poi, nel 1946 per eredità alla famiglia Vicini a cui appartiene ancora oggi. Il castello era cinto da forti mura che occupavano tutta la sommità del monte.  Nel centro sorgeva il palazzo dei signori, circondato dalle case, dai magazzini e dalla chiesa.  Con la distruzione delle mura, il paese si ingrandì, infatti i contadini usarono le pietre come materiale per la costruzione. Dell'antico castello e delle mura sono rimasti la piccola torre di avvistamento ("torrino") ed i resti di una porta fortificata ad un lato del viale d'accesso. Il palazzo venne successivamente adibito a villa ed essa deve il suo nome all'adiacente chiesa dedicata a S. Andrea».

http://www.toskana.net/it/villasandrea/descrizione


San Donato in Poggio (resti del castello, borgo fortificato)

Foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.prolocotavarnelle.it

«...Il nome di San Donato in Poggio deriva dalla denominazione della Pieve romanica ricordata fin dal 989 col nome di "in loco pocie". "Pocie" e successivamente "Poci" era il nome del borgo abitato sorto, forse fin dal periodo romano, su di un colle dello spartiacque tra le suddette valli. Il nome fu trasformato successivamente in "poggio" a causa delle caratteristiche fisiche del luogo. L’abitato divenne presto un castello fortificato degno del nome di "castrum" fortificato fin dal 1033. Il castello sembra abbia goduto di certe autonomie e pare si sia costituito in libero comune dopo essere appartenuto alla famiglia dei Conti Guidi, potenti feudatari, alleati dell’imperatore. Valorosi uomini di questo castello parteciparono a fianco dei fiorentini nelle principali imprese belliche del XII e XIII secolo. Nel 1218 il castello fu definitivamente assoggettato alla Repubblica di Firenze e per tutta la metà del XIII secolo il castello di San Donato assunse una notevole importanza strategica di collegamento tra Firenze e Siena, vista la sua posizione centrale e diretta sulla Strada Romana Via Cassia. Ancora qualche curiosità: Fiorentini e Senesi si incontrarono a San Donato per stipulare importanti patti nel 1176; nel 1260 nello stesso castello si radunò e si organizzò l’esercito fiorentino contro la Repubblica senese prima della celeberrima Battaglia di Montaperti, citata anche da Dante nell’Inferno. Nei primi anni del Trecento San Donato venne posto a capo della Lega del Chianti, guidata da un podestà inviato dalla Repubblica di Firenze. Il palazzo Pretorio, sede della lega, si trovava nell’attuale Palazzo Malaspina (ex Palazzo Ticci).

La fortuna del paese cominciò a declinare fra la fine del XIV e del XV secolo, quando assunse maggior importanza il tracciato viario della Strada Romana Cassia tra la Sambuca e Morrocco che passando per Tavarnelle e Barberino raggiungeva i grossi centri della Valdelsa. Il Castello di San Donato in Poggio appare ancora oggi nella conformazione urbanistica, con le caratteristiche stradine che si torcono dentro le case, assunta nel XIII e nel XIV secolo: all’interno delle mura risulta densamente edificato con emergenze notevoli, quali un’alta torre-cassero, nella piazza, il palazzo Ticci, poi Malaspina, e la chiesa gotica di Santa Maria della Neve. Al centro della piazza principale si colloca un pozzo, a forma esagonale, con sottostante cisterna con estensione pari a quella di tutta la piazza, che in passato costituiva l’unica riserva idrica del borgo. All’esterno delle fortificazioni, fuori della Porta Senese, appare il borgo medievale concluso dall’Oratorio. La Pieve di San Donato è di notevole interesse architettonico. è costruita in stile Romanico toscano, con un’antica torre campanaria e tre navate che terminano in tre absidi semicircolari. ...».

http://www.sandonatoinpoggio.it/html/home.php?name=Storia


San Leolino (resti del castello)

Dal sito www.castellodisanleolino.it   Dal sito http://web.tiscali.it/castellosanleolino

«I resti del castello di S. Leolino si trovano nel comune di Londa, lungo l'antica strada che collega la valle del fiume Mosca con il Casentino attraverso il valico della Consuma. Il castello sorge in posizione dominante all'altezza del borgo di Vierle. I resti delle mura. Il castello di S. Leolino sorge su un colle di quasi 600 metri d'altezza lungo la strada che collega Londa alla frazione di Vierle, nella valle del torrente Moscia. Nel medioevo tutta la zona era feudo dei conti Guidi di Battifolle i quali eressero più di una fortificazione a controllo dell'importante via di comunicazione che da qui portava in Casentino. Di questi castelli S. Leolino è quello che conserva ancora i resti più imponenti, gli altri sono o definitivamente scomparsi o trasformati in ville senza più tracce delle antiche fortificazioni. La presenza della roccaforte di S. Leolino è testimoniata fin dal 1100 e la sua importanza è confermata dal fatto che dava il nome anche alla contea circostante, che nel 1367 fu lasciata in feudo dalla Repubblica Fiorentina al conte Guido, figlio del conte Ugo di Battifolle. In seguito alla ribellione del conte stesso contro Firenze, l'area ritornò sotto il controllo fiorentino e fu assegnata al Vicariato di Poppi. Temendo un ritorno dei signori sconfitti i castelli di Vicorati e S. Leolino, i più importanti, vennero distrutti nel 1375 e non risulta siano stati in seguito riadattati per fini bellici. La situazione restò immutata fino al circa la metà del XVII secolo, quando il feudo passò per diritto di successione a Ortensia di Francesco Guadagni, che per amministrare il territorio fece erigere un palazzo a poca distanza dal castello, già diruto. Detto palazzo fu poi trasformato in villa dai successivi proprietari Dufour-Berte. Le rovine del castello sono molto suggestive e rendono bene l'idea della sua potenza passata. Stupendo è il potente torrione a forma poligonale con angoli smussati che ancora si erge fra gli scarsi resti delle mura, uno dei più alti e rari esempi di fortificazione medievale di siffatto aspetto. I locali sotterranei del castello sono stati invasi dall'acqua filtrata da una falda, creando una specie di lago e aumentando così la particolarità del luogo. La leggenda vuole che da qui partisse un cunicolo scavato nella roccia collegato agli altri manieri vicini. L'area dove sorge il castello è privata e recintata, essendo parte dei terreni della sopracitata vicina villa. Non sono libera,mente visitabili ma, se fortunati, è possibile convincere il contadino che ha in cura i terreni a lasciarvi esplorare le suggestive rovine».

http://www.castellitoscani.com/italian/leolino.htm


San Martino a Gangalandi (castello di Monte Orlandi)

La collina di santa Lucia, dal sito www.ebay.it   La collina di santa Lucia, dal sito www.ebay.it

«Fortilizio distrutto che diede il titolo a una chiesa parrocchiale (S. Michele) nel luogo dove attualmente è fabbricato il convento e chiesa di S. Lucia de'Frati Riformati di S. Francesco nel popolo di S. Martino a Gangalandi, Comunità e mezzo miglio a ostro della Lastra a Signa, Giurisdizione di Empoli, Diocesi e Compartimento di Firenze. Il Castello di Monte Orlando al pari di quello vicino di Monte Cascioli fu antico resedio dei conti Cadolingi di Fucecchio e di Settimo. Ma qualora uno si figura ciò che potevano essere cotesti due fortilizi che mossero i primi sdegni del popolo fiorentino contro la prepotenza dei nobili di contado, non si può fare a meno di concludere, o che le forze di quei magnati erano straordinarie, o che i mezzi di chi voleva abbatterle fossero assai piccoli, o che i primi storici della capitale della Toscana per pompa municipale ingigantissero di troppo le prime scaramuccie battagliate dai loro avversari. Avvegnaché il Castello di Mont'Orlando è il primo a comparire nella storia fiorentina di Ricordano Malespini, ricopiata dal Villani, e tenuta per vera da tutti gli scrittori meno antichi. Il qual Malespini ne avvisa, qualmente nel 1107 il Castello di Mont'Orlando fu preso di mira e combattuto dai Fiorentini, allorché vennero costà, sette miglia distanti, a combattere il conte Ugo del fu Uguccione della stirpe de'Cadolingi, il quale con i suoi fedeli nel resedio di Mont'Orlando si difendeva, sicché dopo non piccoli sforzi de'Fiorentini cotesto castello fu preso e disfatto (R. Malespini, Istor. Fior., cap. 70)».

http://www.archeogr.unisi.it/repetti/dbms/skcm.php?id=2960


San Piero a Sieve (fortezza medicea di San Martino)

Dal sito www.colonialvoyage.com   Foto di Azzonzo, dal sito www.minube.it

«Domina l’intero abitato di San Piero a Sieve e il corso della Sieve, nonché le principali vie di accesso e di transito, la Fortezza di S.Martino, che insieme alla Villa di Cafaggiolo e al Castello del Trebbio è parte dei principali luoghi medicei del Mugello. Costruita dai Medici a baluardo e monito sulla via di Firenze, su disegno di Baldassarre Lanci, venne iniziata sotto Cosimo I il 30 giugno 1569 e ultimata, alla fine del secolo, da Ferdinando I a cura di Bernardo Buontalenti (l’autore del Forte Belvedere in Firenze), subentrato alla scomparsa del Lanci. L’imponente costruzione consta di una cinta muraria lunga oltre un miglio concepita in modo da rendere sempre vulnerabile il nemico che vi si accostasse. Gli ampi bastioni potevano comodamente contenere numerose bocche da fuoco anche di grosso calibro (cannoniere e fuciliere sono tuttora oggetto di meraviglia per il visitatore). All’interno del fortilizio, nel suo punto più alto, protetto da una ulteriore serie di baluardi, sorge il “mastio”, cuore della difesa, detto “il cavaliere a cavallo”, che ospitava le abitazioni del comandante e degli uffiziali, il corpo di guardia ed una cappellina preesistente, mentre la truppa era alloggiata in accoglienti casermette. Completavano l’audace costruzione, capacissime cisterne, mulini a vento, magazzini di ogni genere, fucine per la fusione delle armi e quant’altro potesse servire a dare al complesso una lunga autonomia in caso di assedio (sembra addirittura che una scala sotterranea consentisse di raggiungere il corso della Sieve anche con i cavalli, per assicurare l’approvvigionamento idrico). Nel 1570 un bando granducale concedeva l’uso gratuito di appezzamenti di terreno all’interno delle mura a coloro che vi avessero costruita una casa per fini agricoli (in occasione dell’ultimo conflitto bellico la fortezza è stata per i Sanpierini un valido rifugio antiaereo). Acquistata dai Borghese prima e dai Bargellini poi, oggi il complesso è di proprietà privata e le visite non sono di facile realizzazione, resta comunque estremamente interessante una passeggiata intorno ai bastioni. Dalla valle offrirebbe un maestoso spettacolo se venisse sfoltita la fitta vegetazione che infesta il terreno circostante e nasconde i poderosi bastioni».

http://www.ilfilo.net/arte/FORTEZZA.HTM


Sant'Ilario (castello di Monte Cascioli)

Dal sito www.lastraonline.it   Dal sito www.lastraonline.it

«Castello che controllava la Via Pisana, posto su una piccola collina ad est di Sant'Ilario, residenza dei conti Cadolingi dal X secolo. Assalito nel 1113 e 1114, fu definitivamente distrutto nel 1119 dai fiorentini. Oggi in quel luogo, situato nel comune di Scandicci, sorge la Villa Cascioli. Nelle vicinanze del castello, il toponimo "Vallemorta" o "Valimorta", indica (probabilmente) dove i fiorentini sterminarono i difensori del castello».

http://www.lastraonline.it/p/storia.php?idpag=47


Santo Stefano (castello)

Dal sito www.montaione.net   Ricostruzione del castello, dal sito www.montaione.net

«In epoca romana e soprattutto nel periodo delle invasioni barbariche, questo scosceso sperone era ben difendibile e si popolò con la rocca nella parte più alta e il borgo nella parte sottostante, ma sempre ben difesa dalla natura del terreno. Più tardi vennero anche le mura, la cisterna e la chiesa fuori del Castello. Secondo lo storico tedesco Schneider, Santo Stefano esisteva in epoca prelongobarda, come pure altre due località oggi nel Comune di Montaione e cioè Barbialla e Castelfalfi, quindi intorno al 500-600 dopo Cristo, quando i Goti di Teodorico si fermarono nella zona di Lucca, risalendo le valli degli affluenti dell’Arno fino a Volterra, formando quella che fu detta la Barbaritana. Visti i ritrovamenti etruschi, la cosa è possibile, perché difficilmente si fonda una città nuova, ma si popola l'esistente. Il Castello di Santo Stefano è fra quelli menzionati nel secolo XI, ma è nel XIV che lo conosciamo con vari dati. Era un castello fortificato con una cinta di mura su uno sperone naturale di tufo, con un suo territorio compreso fra i confini naturali del torrente Aia che lo separava dalla Comunità di Montaione, poi dell'Orlo al confine con la Comunità di Coiano e con quella di Castelluccio e Collepatti, con una striscia di territorio oltre il torrente. Santo Stefano faceva parte del Distretto di San Miniato, un piccolo “Stato cuscinetto” fra le repubbliche di Firenze, Pisa e Lucca e, come tutti i Comuni che ora formano Montaione e SanMiniato, nel 1369-70, si sottomise alla Repubblica guelfa di Firenze. Dal libro delle Deliberazioni del Comune di San Miniato della fine del Trecento, troviamo che i confini del Comune di Santo Stefano con Castelluccio e Collepatti erano: “dalla Rocharella insino al luogho detto Cholle migliore et seguita insino al poggio detto Ceo et seguita insino al luogho detto al Cholle di Bertino”. ... Una ricostruzione del Castello di Santo Stefano come poteva essere in epoca medievale: la parte fortificata in alto sullo sperone di tufo, difeso dalla configurazione del terreno e dalle mura, ospitava il palazzo del municipio, il cassero con i soldati, la torre di avvistamento, le case delle famiglie più ricche. Fuori dall'unica porta si trovava il borgo con le abitazioni delle classi più umili, ma anche le botteghe degli artigiani (fabbro, falegname, maniscalco, armaiolo, panettiere, vinaio ecc.). Qui si faceva anche il mercato per i contadini del contado. In caso di pericolo gli abitanti della campagna si rifugiavano nel borgo e, ultima difesa, anche nel cassero. Sebbene piccolo anche Santo Stefano aveva il Consiglio, il Gonfaloniere, e le altre cariche pubbliche, ma non un esercito, in caso di assedio tutti gli abitanti prendevano le armi e diventavano soldati».

http://www.montaione.net/wp-content/uploads/.../Storia-di-Santo-Stefano.pdf  (a c. di Rino Salvestrini)


Scandicci (castello dell'Acciaiolo)

Dal sito www.ikuviumrestauro.it   Dal sito www.comune.scandicci.fi.it

«Il Castello dell'Acciaiolo è un complesso monumentale costituito da villa con annessi, giardino e parco che si trova nel centro di Scandicci a Sud di Firenze. La sua storia plurisecolare risale, secondo le fonti documentarie, già al XIV secolo. L' allora proprietà dell'area, la famiglia Rucellai, una delle storiche casate fiorentine che vantava molti possedimenti nel contado, fece edificare il nucleo più antico del Castello, una casa torre fortificata con merlature ghibelline, in località Calcherelli. Il Castello prese il nome iniziale dal luogo d'ubicazione. Nel secolo successivo la proprietà passò ai Davizzi, il cui stemma campeggia ancora sulla torre Nord. Nel 1546 fu acquistato da Roberto di Donato Acciaioli e dal nome del proprietario prese la denominazione di Castello dell'Acciaiolo. Ne seguì un periodo di adeguamenti e arricchimenti con elementi architettonici pregiati, come l'ingresso, la scala, il grande camino al pianterreno e i soffitti a cassettoni visibili ancora oggi. Il Castello perse la funzione difensiva originaria, ma la struttura militare trecentesca rimase sostanzialmente inalterata. Nei due secoli di appartenenza agli Acciaioli ne venne rafforzato il ruolo di residenza signorile strettamente collegata alle attività agricole. Al periodo tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo risalgono la cappella dedicata alla Santa Croce, esempio originale di stile tardo barocco e il giardino all'italiana con un ninfeo e una limonaia. Nel corso dell'Ottocento il Castello non ha subito modifiche sostanziali, conservando l'immagine di antica fattoria fortificata fino al nostro tempo. Nel 1999 il Castello dell'Acciaiolo fu acquistato dal Comune di Scandicci. è un edificio vincolato dalla Soprintendenza ai Beni ambientali ed architettonici di Firenze. È stato finemente ristrutturato (architetti De Vita-Gurrieri) con varie fonti di finanziamento, tra cui quelle della Comunità Europea. Attualmente il Castello, con il suo parco di 36.000 mq è fruito dai cittadini, lo spazio del Pomario, nell'estate ospita iniziative teatrali, musicali e culturali come "Open City". Il maggior spazio della struttura del Castello è destinato ad uso del "Centro polifunzionale della pelletteria italiana"».

http://www.zoomedia.it/Firenze/luoghi/scandicci/acciaiolo/index.html


Scarperia (palazzo dei Vicari)

Dal sito www.colonialvoyage.com   Dal sito www.fototoscana.it

«Il Palazzo dei Vicari è frutto di un processo di successivo accrescimento intorno ad un nucleo originario costituito dalla torre. Nel corso del '300 alla torre doveva essere stato accorpato un nucleo per la residenza del Capitano; nel 1366 si procedeva a fare numerosi lavori al castello, fra cui interventi "alla camera del cassero", "restauro" del "saettamento" e "sula tore della guardia del chastagno si faccino quattro merli che son disfatti e chaduti". Il XVI secolo è stato un momento chiave nella configurazione del Palazzo; a seguito del terremoto del 1542 si ebbero, infatti, ingenti danni alla costruzione, cui seguirono interventi di ripristino che dettero al palazzo una sistemazione definitiva, prossima all'attuale (almeno per ciò che riguarda la residenza del Vicario e le sale di rappresentanza). La ricostruzione aveva anche portato alla definitiva sistemazione delle prigioni, alloggiate negli ambienti voltati al piano terreno (oggi loggia). Modifiche e riparazioni interessarono ancora il Palazzo nel corso del '600, a seguito di un nuovo evento sismico verificatosi il giorno 8 settembre 1611. I lavori di riparazione giunsero a termine nell'agosto del 1612, ed alla fine degli interventi il palazzo aveva in parte mutato la sua fisionomia. Barbacani per rinforzare le murature, tetto spiovente sulla facciata, intonacatura della facciata, sistemazione e arricciatura della grande parete laterale verso porta S. Agata, sono i lavori più evidenti all'esterno.

Con poche altre modifiche il Palazzo assunse le caratteristiche morfologiche che rimasero invariate fino alla metà del XIX secolo, quando l'edificio fu nuovamente interessato da interventi di restauro e rimaneggiamenti. I danni verificatisi a seguito del terremoto del 1960, unitamente alla precarietà del terreno di fondazione, sono stati oggetto di un impegnativo intervento di consolidamento e restauro (a partire dal 1980) conclusosi nel 1999 con il recupero degli ambienti monumentali e la ricostruzione dell'ala nord, in cui è ospitato il Museo dei Ferri Taglienti. La facciata è ornata da numerosi stemmi, poiché ogni Vicario era obbligato a lasciare l'emblema della propria casata. Particolarmente interessanti quelli in terracotta invetriata di provenienza dalle botteghe dei Della Robbia e di Benedetto Buglioni. Anche l'atrio interno è decorato con fregi ed insegne araldiche. Inoltre sulla sinistra si trovano due affreschi riferibili alla scuola fiorentina del XIV secolo, "L'incredulità di S. Tommaso" e una "Madonna in trono con Santi", con S.Barnaba, il protettore di Scarperia, che tiene in mano l'effigie del Palazzo. ...».

http://www.comune.scarperia.fi.it/opencms/opencms/MenuPrincipale/Il_Territorio/Il_Palazzo_dei_Vicari/index.html


Scarperia (resti del castello di Montaccianico)

Dal sito www.facebook.com/filippo.bellandi1   Dal sito www.museisantagata.it

«Da Sant’Agata, proseguendo verso l’Appennino, superata l’elegante villa antica proprietà degli Amerighi e oggi bella fattoria Casa Bianca, percorrendo la panoramica che conduce a Mulinuccio e Cavallico, al bivio per queste località si prende a sinistra e, prima del successivo bivio per Vallappero e Isole, si lascia la macchina e, ponendo attenzione ad una pronunciata collinetta sulla destra, tra faggi e castagni s’intravedono i resti del Castello di Montaccianico. Costruito nel 1251 dal cardinale Ottaviano degli Ubaldini costituì per lungo tempo la principale roccaforte di un complesso difensivo che controllava le principali vie di accesso dal Norditalia. Nel 1302 pare vi si rifugiasse anche Dante Alighieri fuoriuscito da Firenze. Nel 1306, con la fondazione di Scarperia, la Repubblica Fiorentina deliberava la distruzione di tutte le rocche Ubaldine. Oggi su quella collinetta sono ancora apprezzabili le dimensioni della possente costruzione con doppia cinta muraria e la sua posizione strategica e, penetrando nella fitta vegetazione si possono intuire resti di muratura, fondamenta di torri, e tratti di camminamenti. Del complesso fortificato degli Ubaldini facevano parte anche i castelli di Ascianello, del quale è stata riportata alla luce parte della cinta muraria e quello di Ago, situato sulla cima di un poggio detto “Castellare” del quale non rimane traccia se non nel toponimo di alcune case».

http://www.ilfilo.net/arte/scarperiaCastellodiMontaccianico.htm


Sesto Fiorentino (borgo, palazzo Pretorio)

Foto Gimmi/Cuboimages, dal sito www.cuboimages.it   Dal sito www.clubausonia.it

«Alla fine del secolo, Sesto divenne il capoluogo di una delle leghe del contado nella Repubblica Fiorentina. Insieme a Fiesole costituì "podesteria" e il podestà, per non dispiacere a nessuno, risedeva alternativamente nei due luoghi. La sede sestese era Palazzo Pretorio, in piazza Ginori. La carica durava solo sei mesi e, a ogni cambio della guardia, il nuovo podestà faceva applicare il suo stemma alla facciata del palazzo che, in breve tempo, fu letteralmente tappezzato. Alcuni stemmi erano, addirittura, robbiati in terracotta invetriata. Lo stemma mediceo sopra il portale è vicino al Pontormo, forse si può datare prima della cacciata dei Medici del 1527. La facciata della sede è quattrocentesca (portale datato 1477) restaurata nel 1932. Nella vicina via G. Verdi, sulla facciata del numero 64, è murato un ciborietto quattrocentesco in pietra serena».

http://www.comune.sesto-fiorentino.fi.it/Engine/RAServePG.php/P/25571SFI1000/M/25501SFI1201


Sesto Fiorentino (torre di Baracca)

Foto di virgixx, dal sito http://commons.wikimedia.org   Dal sito www.geoplan.it

«Tra i monumenti di interesse turistico a Sesto Fiorentino c’è sicuramente la Torre di Baracca, sita sulle pendici del Monte Morello. La struttura è molto simile alle altre torri presenti nella zona di influenza fiorentina. Probabilmente la torre è nata per controllare la vecchia mulattiere che attraversava l’intera zona, per giungere verso l’Appennino e dunque a Bologna. La Torre di Baracca, costruita in pietra alberese, fu distrutta dai ghibellini durante la battaglia di Montaperti. Ciò che resta della torre è testimonianza del piccolo nucleo adibito a residenza, ancora abitato nel XIII secolo. Per molto tempo l’edificio fu abitato da nobili della zona. L’unico modo per poter ammirare la Torre di Baracca è raggiungerla a piedi, partendo dalla Chiesa di San Bartolomeo e percorrendo alcuni suggestivi sentieri, verso il monte Morello».

http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-firenze/cartina-monumenti-sesto-fiorentino...


SETTIGNANO (castello di Mezzaratta)

Dal sito www.weagoo.com   Dal sito http://annunci.ebay.it

«Attorniata da belle guglie di cipressi, la villa, anticamente dei Rucellai, fu riedificata dalla famiglia Tedeschi verso il 1920 su progetto dell'architetto Adolfo Coppedè e prese il nome di Mezzaratta perché si trova a metà salita fra il Ponte a Mensola e Settignano. Il possente edificio, in stile neogotico, è impostato soprattutto sulla presenza dominante della torre merlata realizzata in pietra forte, il materiale più adatto alla costruzione di edifici a carattere medievale. Pur risultando stilisticamente dissonante nell'armonioso e sereno paesaggio della collina, il castello s'impone scenograficamente, ma passandovi accanto perde molto della sua attrattiva, perché palesa i segni di una recente e falsa ricostruzione».

http://www.provincia.fi.it/sentieri/scheda/sentiero/apfi06/18048060007/?cHash=1e89ee8a3f1d852df4fc42707f0dc0c0


Signa (mura, resti del castello)

Dal sito www.prolocosigna.it   Dal sito www.lastraonline.it

«Le mura cingono la parte più antica della città, il castello, che si formò prima dell'anno Mille. Esso è situato nella parte più alta del paese, sulla rive destra del fiume Arno e vicino alla confluenza col fiume Ombrone, in una zona di grande importanza strategica come avamposto delle truppe fiorentine del Quattrocento. Nonostante i mutamenti avvenuti nei secoli consisteva in una cerchia di mura abbastanza schematica e ovoidale, costruita circa nel IX secolo per difendersi dai saccheggi dei predoni barbari, ed in particolare, di quello avvenuto nell'825 quando alcuni vascelli vichinghi risalirono l'Arno per depredare il palazzo del vescovo di Fiesole. L'edificazione della cinta attuale risale al XIV secolo e nel 1424 vennero ristrutturate dai Fiorentini con l'ausilio del grande architetto Filippo Brunelleschi, nel quadro della fortificazione degli avamposti sull'Arno in difesa contro Pisa. Le mura sono in parte distrutte e tutt'oggi visibili solo in alcune zone del paese come nel convento delle suore passioniste mentre sono rimaste intatte quattro alte torri (tra cui il Torrino e la Torre di Settentrione). Il Castello di Signa disponeva originariamente di tre porte, situate in punti strategici per la sicurezza del paese: la porta di San Miniato, l'unica ancora esistente, nella zona a Sud-Ovest e tutt'oggi ornata dagli stemmi del Comune di Firenze, della casa d'Angiò e della parte Guelfa; la porta di via Dante Alighieri nella parte a Nord-Est di cui, nonostante sia stata distrutta, è possibile vedere alcuni resti; la porta di via dell'Orologio, destinata a mettere in comunicazione il Castello con il ponte sull'Arno».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Signa


Signa (villa Castelletti)

Dal sito www.sceltedivino.it   Dal sito http://quello-che-mi-pare.blogspot.it

«La Villa di Castelletti è situata su una collinetta lungo la strada che porta a Lecore, nei pressi del torrente Ombrone. Non conosciamo il motivo per cui si chiami Castelletti, si possono solo avanzare delle ipotesi. Si può pensare che sia sorta in un luogo dove una volta ci poteva essere una fortificazione e da ciò il termine di Castelletti. Abbiamo letto inoltre, che le prime ville campestri erano munite di torrette e di merli aventi funzioni difensive e da poter, quindi, vagamente ricordare un piccolo castello. Nessun documento, però, conferma l’una o l’altra ipotesi. Sappiamo che questa Villa è anteriore al 1400 e che la famiglia che la fece costruire fu quella degli Strozzi. Era allora molto più piccola di quella attuale, comprendeva solo l’ingresso e le due ali laterali. Era formata dal pian terreno e da un piano superiore, l’ingresso era posto sul retro rispetto all’attuale facciata; essa era considerata la “gemella” della Villa Moretti delle Selve. L’orologio, infatti, posto sulla facciata di quest’ultima è uguale a quello di Castelletti. Dopo gli Strozzi, molte sono state le famiglie che si sono succedute nella proprietà di questa Villa, ricordiamo i Lapi e gli Uguccioni. Nel 1500 sappiamo che vi erano i Cavalcanti, famiglia potentissima già nel 1000. Esiste un inventario del 1577 in cui viene elencato tutto ciò che vi era allora in questa villa, registrata, appunto, come proprietà Cavalcanti. Fra il 1600 e il 1700 la villa subì profondi restauri; alla primitiva struttura furono aggiunte le due ali laterali e fu costruita una loggetta-belvedere. L’ingresso principale fu spostato al lato nord dell’edificio. ... Nel 1900 abbiamo avuto, come proprietari, i Cabrini e i Kroff. Intorno agli anni 50 il conte Kroff istituì in questa Villa una Scuola per ragazzi provenienti da famiglie povere. Questa villa è sempre stata al centro di una tenuta agricola molto vasta; ne sono prova le registrazioni dei possedimenti descritti nei vari Catasti. Il Catasto Lorenese del 1700 ci elenca una serie di possedimenti fra i quali una quindicina di coloniche, una decina di case, due corti e tanti appezzamenti di terreni coltivati a prato, grano, viti ed olivi. C’erano anche zone destinate a bosco e zone destinate alla coltivazione dei gelsi. ...».

http://www.prolocosigna.it/storia-e-arte/il-patrimonio-storico-culturale/villa-castelletti


Signa (villa San Lorenzo)

Dal sito www.geoplan.it   Dal sito www.geoplan.it

«Nei pressi della Pieve di San Lorenzo di Signa è possibile ammirare la Villa San Lorenzo, un complesso composto da due ville, una del XV secolo e l’altra del XVI secolo. Non si hanno notizie storiche certe in relazione alle varie fasi che hanno portato alla realizzazione della struttura più antica, mentre si sa che i committenti del secondo edificio furono i Del Rosso, una importante famiglia fiorentina nota soprattutto per la collezione di opere d’arte. La Villa San Lorenzo fu, nei secoli, di proprietà di personaggi illustri tra cui Leon Battista Alberti e i Mori Ubaldini. La più grande costruzione è a L in pianta; secondo alcune testimonianze un tempo il monumento conteneva importanti affreschi e opere d’arte».

http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-firenze/cartina-monumenti-signa/monumenti-signa...


Tavarnelle Val di Pesa (castello Del Nero)

Dal sito www.castellodelnero.com   Dal sito www.31dicembre.info

«Il suo nome, Tabernulae, indica chiaramente un luogo di sosta sulla via Cassia che da Firenze andava a Roma. Tavarnelle conserva infatti la struttura urbanistica di borgo stradale. La sua visita è comunque gradevole in quanto la parte medievale è ben conservata e le strade strette talvolta si aprono in slarghi divenuti colorate piazzette. ... Situato in posizione invidiabile davanti al paese di Tavarnelle, il Castello del Nero venne costruito dall’omonima famiglia nel XIII secolo. L’edificio appare ancora oggi in tutta la sua grazia e eleganza. Appartenuto dal 1700 al 1984 alla famiglia dei Torrigiani, l’attuale società proprietaria ha in mente importanti progetti di potenziamento».

http://www.about-chianti.com/tavarnelle-val-di-pesa/


Tavarnelle Val di Pesa (castello di Poggio Petroio)

Foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org   Foto di Vignaccia76, dal sito it.wikipedia.org

«Ancora una volta abbiamo traccia degli importanti accampamenti militari romani della zona: il nome di questo castello deriva infatti dal pretorio, ovvero la dimora del comandante delle armate. Ricordato già prima del Mille, il castello era uno dei tanti che la famiglia dei Gualberto possedeva nella zona. Sembra addirittura che il santo Giovanni Gualberto sia nato nei suoi dintorni. Nel 1302 il castello venne distrutto dai Guelfi Neri e da quel momento non risorse più nella sua primitiva grandezza. Recenti restauri hanno restituito dignità al solido torrione e il complesso è diventato una prestigiosa villa proprietà della signora Elena Gioia Conti».

http://www.about-chianti.com/tavarnelle-val-di-pesa/


TIGNANO (borgo murato, palazzo dei Begliuomini)

Dal sito www.hi-land.it   Palazzo dei Begliuomini, dal sito www.colonialvoyage.com

«Tignano è una frazione del comune di Barberino Val d'Elsa, in provincia di Firenze. Nei pressi della paese sono stati rinvenuti reperti archeologici di epoca etrusca ma le prime testimonianze sicure risalgono all'XI secolo. Nel XII secolo i conti Alberti fortificarono l'altura di Tignano. L'opera venne realizzata per garantire alle popolazioni della zona una certa sicurezza e per poter piantare un cuneo tra le due città nemiche di Firenze e Siena. Nel XIII secolo Tignano entrò a far parte della Repubblica di Firenze. La parte di maggior interesse è costituita dall' antico borgo murato che si presenta perfettamente conservato nella sua originaria struttura circolare. Si tratta di uno dei migliori esempi di villaggio fortificato del XII secolo. Si è conservata quasi per intero la cinta muraria, costituita dalla parte retrostante delle case. L'accesso al borgo avviene attraverso una porta ad arco in laterizio decorato con uno stemma di un capitano di ventura. La porta si appoggia ad una torre che aveva la funzione di cassero. Dalla porta, attraverso l'unico tracciato viario interno, si arriva nella piazzetta circolare sulla quale si affacciano alcune abitazioni, il cassero e la chiesa dedicata a San Romolo. A destra della porta di ingresso sono presenti il pozzo o cisterna, realizzato in ciottoli di fiume e dietro di esso si staglia la mole del Palazzo dei Begliuomini, realizzato nel XIV secolo».

http://it.wikipedia.org/wiki/Tignano


Tonda (castello)

Il castellare oggi, dal sito www.neckermann-reisen.at   Foto di marcot, dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«Viene citato per la prima volta in un diploma del 28 dicembre 1212 in cui Ottone IV assegnava il feudo che conteneva il Castello di Tonda a due nobili fratelli pisani, Ventilio e Guido di Ildebrandino. La donazione fu confermata poi dal legato imperiale Corrado vescovo di Spira nel 1221. In seguito il castello andò al conte Ranieri della Gherardesca. Fu poi venduto nel 1267 al Comune di San Miniato per 833 lire, 6 soldi e 8 denari. Dopo la sottomissione a Firenze del 1370, nel 1379 fu staccato dalla comunità di San Miniato e assegnato a quella di Montaione. La podesteria di Montaione comprendeva Montaione, Figline e Tonda e il podestà risiedeva per metà a Montaione e per metà a Tonda. Il borgo è proprietà di una società svizzera ed è attualmente magistralmente restaurato ed adibito a struttura turistica» - «Il borgo di Tonda si raggiunge da Montaione percorrendo la strada che porta a San Vivaldo, e svoltando a destra circa un chilometro prima di San Vivaldo, oppure seguendo la strada che porta a San Miniato svoltando a sinistra oltre il ponte sul torrente Egola, oltrepassando la frazione Alberi, salendo sulle colline e svoltando al bivio a destra. Tonda e il suo castello risalgono probabilmente al 1212 quando l'imperatore germanico Ottone IV assegnò il feudo con il castello, le abitazioni vicine e tutti i suoi abitanti a due nobili fratelli pisani. Acquistato nel 1267 dal comune di San Miniato e sottomesso ai Medici signori di Toscana e di Firenze nel 1370, il Castello di Tonda era caratterizzato da mura di cinta con all'interno una chiesa, una torre, una cisterna per la raccolta di acqua piovana e il palazzo del comune. Assegnato al comune di Montaione nel 1379, Tonda comprendeva un ospedaletto e una podesteria. Nel 1551 a Tonda risiedevano 290 abitanti mentre nel 1839 erano ben 353. In epoca più recente, l'area di Tonda si sottomise a Montaione di cui tutt'oggi è una frazione comprendente le località di Piaggia, il Castellare, Orzale e Collelungo. Rimasto disabitato dopo la seconda guerra mondiale, il borgo è stato ristrutturato e trasformato in una delle parti più accoglienti della Toscana, comprende un residence turistico e nel Castellare si trova un ristorante».

http://www.eventiesagre.it/citta_Montaione/_Montaione_FI.html - http://www.visitmontaione.com/it/montaione-toscana-italia/localita...


Vicchio (borgo, torre dei Cerchiai)

La torre dei Cerchiai, dal sito www.fototoscana.it   La torre dei Cerchiai, dal sito www.comune.vicchio.fi.it   Una delle porte del borgo, dal sito www.fototoscana.it

«Fulcro del centro storico è la Piazza Giotto, già piazza dell’antico Castello fiorentino, dove sorge la Pieve e si affaccia il Palazzo Comunale. Intorno ad essa si possono ancor oggi vedere tratti delle antiche mura ed edifici che conservano in tutto o in parte le caratteristiche strutture medievali. Le due porte che delimitavano l’antico decumano, gravemente danneggiate dal terremoto del ’19 e distrutte nel corso delle seconda guerra mondiale, sono state ricostruite in foggia, assai riduttiva, di sottopassaggio. Prima del terremoto erano ancora in piedi ben sette torri lungo le antiche mura. Al Palazzo Comunale, che si affaccia sulla piazza, si accede dalla via Garibaldi che conduce in Piazzale della Vittoria dove l’edificio continua con un loggiato ad archi di mattoni e si conclude con la Torre dei Cerchiai, bella memoria degli antichi bastioni. Sul Corso che univa la Porta Fiorentina a la Porta a Dicomano, si nota fra tutti un antico portone di legno con lo stemma della Misericordia scolpito sul portale e sovrastato da una finestra dalla foggia inconfondibile. È l’ingresso alla Cappella dedicata a S. Filippo Neri, meglio conosciuta come l’Oratorio della Misericordia. Vicino all’Oratorio si trova la casa che fu di Benvenuto Cellini nella seconda metà del ‘500 ma, restaurata e intonacata, non è riconoscibile se non per una lapide che lo ricorda. Dal Centro Storico, in Piazzale della Vittoria, ha inizio un bel viale fiancheggiato da alti pini che costeggia il lago del parco pubblico di Montelleri» - «...Purtroppo i terremoti e gli eventi bellici hanno fortemente depauperato il patrimonio storico di Vicchio. Delle mura e delle porte trecentesche si possono solo scorgere alcuni resti. Delle torri rimane in piedi solo quella dei Cerchiai, vicino al comune. Ma una visita a Vicchio rimane comunque interessante. ...».

http://www.ilfilo.net/arte/vicchioCentroStorico.htm - http://www.fototoscana.it/mostra-gallery.asp?nomegallery=vicchio


Vicchio (casa di Cellini, casa di Giotto)

Casa di Cellini, dal sito www.comune.vicchio.fi.it   Casa di Giotto, dal sito www.comune.vicchio.fi.it

«La vita avventurosa e intensa di Benvenuto Cellini si intreccia, negli anni della piena maturità artistica, con la storia di Vicchio, dove l´artista fiorentino soggiornò saltuariamente dal 1559 al 1571. L´acquisto di una casa nel centro storico di Vicchio e di un piccolo podere "il quale si è a due miglia discoste da Vicchio inverso l´alpe", come ricordato dallo stesso Cellini nella sua vita, avviene nel 1559, dopo la copiosa produzione artistica fiorentina (busto di Cosimo I de´ Medici, Ganimede, Il Perseo ecc) e la condanna a quattro anni di carcere, che il Duca fiorentino commutò in arresti domiciliari. L´acquisto del podere, il soggiorno dell´artista a Vicchio, il suo incontro con la gente e con il paese sono riportati con l´inconfondibile stile narrativo del Cellini, in alcune affascinanti pagine della sua autobiografia "Vita", nelle quali si incontrano luoghi, nomi e personaggi dell´epoca. Narra, tra l´altro, di quando, durante la sua permanenza a Vicchio, fu invitato a cena da Pier Maria d´Anterigoli, detto "Sbietta". In quell´occasione gli fu offerto cibo avvelenato, per causa del quale fu costretto a curarsi per un anno intero. I documenti storici e catastali forniscono dati certi circa l´appartenenza dell´edificio all´artista. La casa si trova nell´attuale corso del Popolo, al suo lato estremo, in quel complesso di edifici che circondavano la Torre Fiorentina, minata e demolita durante la seconda guerra mondiale. Il primo documento di cui disponiamo è una mappa catastale del 1825, conservata presso il Catasto Generale Toscano dell´archivio di stato, che certifica "l´esistenza della Casa Cellini col n. 995, edificio con portico antistante ed annessa corte interna". Recuperata e completamente ristrutturata di recente, la casa di Benvenuto Cellini, inserita nell´Associazione Case della Memoria è dotata di moderne attrezzature e apparecchiature per la lavorazione orafa e costituisce uno spazio prestigioso per incontri, corsi, esposizioni. ...

La "Casa di Giotto" è sicuramente una delle tappe più interessanti di un viaggio a Vicchio. Situata sull´incantevole colle di Vespignano, sottostante la chiesa di San Martino, era un´antica e sobria costruzione di epoca medievale che nel corso del tempo ha subito più di una modifica. Dopo un primo e sostanziale intervento, avvenuto nel 1840, ne sono seguiti altri verso la fine del secolo (testimoniati da una lapide applicata sulla facciata) che ne modificarono l´aspetto originale arricchendola con applicazioni di riquadri di pietra alle finestre e con un portale di gusto goticizzante. Con il terremoto del 1919 la casa subì gravissimi danni. Tra questi il crollo dell´intero primo piano. Da allora, con una copertura di fortuna in sostituzione del solaio, rimase dimenticata ed esposta a lento deperimento. L´acquisto del fabbricato, che dai primi del ´900 era stato utilizzato come annesso colonico, da parte del Comune di Vicchio ed il definitivo restauro del 1967 (affidato alla Soprintendenza ai Monumenti), riportano a nuova vita la "Casa natale di Giotto". Da segnalare come gli studi della Soprintendenza abbiano chiarito, con certezza, che il piccolo fabbricato era una appendice di una più grande casa signorile, costruito come ampliamento della stessa. Una ristrutturazione, nel 2002, apportando miglioramenti strutturali e museografici alla Casa di Giotto, ha reso possibile la fruizione di nuovi percorsi culturali. La nuova Casa di Giotto, secondo la ristrutturazione del 2008, non si presenta come un museo, nel senso tradizionale del termine, ma come spazio di esperienza, di incontro e di produzione artistica».

http://www.comune.vicchio.fi.it/opencms/opencms/MenuPrincipale...Casa_Benvenuto_Cellini/index.html - ...Casa_di_Giotto/index.html


Vignale (resti del castello)

La zona di Vignale, dal sito www.weagoo.com   La zona di Vignale, dal sito www.tenutadivignale.it

«Situato all'interno di un'ampia area boschiva denominata "Selva di Camporena", il Castello di Vignale è ricordato la prima volta in un documento di Federico Barbarossa risalente all'anno 1161. Più tardi, nel 1186, Arrigo VI cedette una parte di Vignale, insieme a Barbialla e Castelfalfi al Vescovo di Volterra, Ildebrando Pannocchieschi, e un'altra parte ai conti Della Gherardesca, nobile ed antica famiglia della Toscana. Dopo alcune guerre, venne sottomesso a San Miniato, poi a Pisa e infine a Firenze, dopodiché il castello fu abbandonato. Tutt'oggi è possibile ammirare i resti del castello con la chiesina, ed il vicino vecchio mulino» - «Si trova citato per la prima volta nel 1161, nei diplomi di Federico Barbarossa. Qui passava il confine di Firenze con Pisa e qui Firenze e Volterra firmarono il patto di concordia del 9 giugno 1338. Durante l’ultima guerra subì un massiccio bombardamento da parte dell’aviazione americana e fu abbandonato. Oggi si possono veder il giro dei bastioni, la chiesa con la canonica (entrambe abbandonate) e un vecchio mulino».

http://www.visitmontaione.com/it/cosa-visitare/castello-di-vignale.html - http://www.girando.it/montaione/castelli.htm


Vinci (castello dei conti Guidi)

Dal sito www.toscananelcuore.it   Dal sito www.toscananelcuore.it

«Il Castello dei Conti Guidi è una tipica fortificazione del medioevo della Toscana risalente all'XI secolo, la cui cinta muraria, seguendo l'andamento del terreno, conferisce un caratteristico aspetto ovale, all'interno della quale spicca la rocca dei Conti Guidi, creando un profilo simile a quello una imbarcazione a vela. Per tale motivo, secondo la tradizione popolare, il Castello dei Conti Guidi viene chiamato anche Castello della Nave. La torre della Rocca, risale al XII secolo, aveva una funzione puramente difensiva, poiché dato lo spessore dei muri di due metri era impossibile abitare al suo interno. Alla torre è legata la Leggenda di Cecco Santi, una tradizione popolare che viene rievocata ogni anno con una manifestazione che si svolge alla fine di luglio. Di fianco al Castello, e al di fuori della cinta muraria, scorreva un ruscello, indispensabile per alimentare il mulino, mentre ai piedi del Castello con l'intersezione della strada direttrice per Empoli e quella per il Montalbano si apriva la piazza dove avvenivano gli scambi commerciali. Il nucleo abitativo è caratterizzato da strade strette, case e loggiati tipiche dell'epoca medievale, al centro del quale sorge la Rocca, un tempo residenza del podestà. Al suo interno, ospita dal 1953, oltre al Museo Leonardiano, si conservano stemmi e affreschi delle famiglie nobili della Toscana che avevano ricoperto la carica di podestà e una splendida ceramica invetriata raffigurante la "Madonna con il Bambino" risalente al 1523 e attribuita a Giovanni della Robbia. All'interno del perimetro delle mura dell'antico castello, si trova la Chiesa di Santa Croce con il fonte battesimale presso il quale si ritiene essere stato battezzato Leonardo, la Biblioteca Leonardiana che espone le riproduzioni dei manoscritti e disegni di Leonardo oltre a tutte le edizioni a stampa delle sue opere. Seguendo la Via Montalbano, ed entrando in quelle che erano le antiche cantine del castello, si trova il Museo Ideale di Leonardo Da Vinci una collezione privata che raccoglie documenti e ricostruzioni su Leonardo, mentre proseguendo più avanti si incontra la Biblioteca Leonardiana. Nella piazza panoramica retrostante l'ingresso al castello è collocata la grande scultura lignea di Mario Ceroli ("L'Uomo di Vinci", 1987) che interpreta e visualizza l'immagine dell'Uomo Vitruviano di Leonardo».

http://www.visitvaldelsa.com/toscana/11-comuni-della-valdelsa/vinci/cosa-visitare/castello-dei-conti-guidi.html


VINCIGLIATA (castello)

Dal sito https://www.facebook.com/castello.vincigliata/photos_stream   Dal sito www.fiesolelifeart.it

  

«...La prima volta che troviamo la località citata con il nome di "Vincigliata" è in una carta del 1031che parla di una vendita immobiliare della famiglia dei Visidomini, ma la presenza del castello non è ancora certa. Per certo invece fu nel 1384 che il castello assunse un aspetto definitivo in seguito al restauro condotto dai nuovi proprietari, la famiglia degli Alessandri. Dal 1673 gli Alessandri non risiederono più nel castello e nel 1764 il "Palazzaccio rovinato degli Alessandri" divenne un deposito per lo strame dei contadini. Quando John Temple Leader si invaghì della rocca di Vincigliata e decise di acquistarla il 5 marzo 1855, non rimaneva dell'antica fortezza che un diruto mastio, le cui mura cadenti assalite da edera e pruni servivano da riparo a pastori e greggi. La cinta muraria sarebbe risorta e così il mastio e le alte torri, i beccatelli e i piombatoi; ma dietro alla ricostruzione c'era anche un sogno, una visione romantica della storia e del passato, una necessità di evocare più che descrivere. Nel 1857, momento in cui affidava i lavori all'architetto Giuseppe Fancelli, il sig. Leader non escludeva di integrare ecletticamente la "fedele ricostruzione" con il nuovo dei monumenti storici della città. Restauro filologico e insieme creativo,"parente" delle rivisitazioni medioevali di tanti castelli francesi restaurati sotto Napoleone III dall'architetto Viollet-le-Duc. L'architetto Fancelli iniziò a studiare, insieme al suo mecenate, i resti delle antiche mura della rocca, le tracce delle fondamenta e viaggiò nella campagna toscana disegnando antichi castelli e palazzi comunali. Nonostante l'improvvisa morte dell'architetto (1867), l'opera di restauro e arredo venne portata a termine dal "direttore" Leader e dalla sua valente squadra di scalpellini, scultori e pittori.

Prima dell'intervento del sig. Leader il terreno delle colline di Vincigliata, Maiano e Montececeri, abbandonato dagli agricoltori e sfruttato solo per le cave, si presentava in uno stato di abbandono e nudità. I testi coevi descrivono il paesaggio di quei luoghi tristemente brullo, senza alberi ne vegetazione alcuna al di fuori di erbe selvatiche e rovi. Insieme con l'architetto Fancelli e all'esperto di idraulica Papini il proprietario di Vincigliata si dedicò ad uno studio attento del terreno della zona, verificando la necessità di incrementare i corsi d'acqua e rimboschire le pendici spoglie della collina. I l paesista inventò quindi il tipo di piantagione del cipresso a macchia intervallato da pini e lecci, creando così una "commistione di Medioevo e paesaggio toscano". Acquistati tutti i terreni intorno al castello, Temple Leader nel 1867 riuscì ad ottenere dal demanio anche la storica Cava delle Colonne, dalla quale era estratta nel Quattrocento la pietra serena per le colonne della chiesa di San Lorenzo; pochi anni dopo creò in questo bacino naturale la piscina per i suoi bagni, riempiendolo con le acque del torrente Mensola. Nel fitto e oscuro bosco medioevale fu edificata quindi una severa torre in stile gotico, coronata da un ballatoio sporgente con merlatura guelfa, molto simile alle torri di guardia del castello».

http://xoomer.virgilio.it/tenomis/rocca.htm ss.


VOLOGNANO (castello)

Dal sito www.volognano.it   Dal sito www.toskana-traumhaus.de

  

«Posto sulla cresta di una delle ultime colline che dal Poggio di Firenze degradano sull’Arno, domina da una posizione strategica e panoramica la confluenza tra quest'ultimo e la Sieve, i territori di Pontassieve, Vallombrosa, Pratomagno e Valdarno. L'origine dell'insediamento sembra risalire all'epoca Romana, resti di una costruzione di questo periodo sono stati rilevati a podere Bertinga, sulla pendice ovest del castello. Si tratta delle fondamenta di un muro – dello spessore di 60 cm – in opus coementicium, affiorate durante i lavori agricoli, mentre sulla superficie del terreno furono rilevati detriti di laterizio e di ceramiche del periodo classico, pezzi di anfore e colaticci di piombo. La località è ricordata per la prima volta nel 1214 in documenti riguardanti la chiesa di San Michele a Volognano, mentre il castello viene nominato in una carta del monastero di Vallombrosa del 1220 ed in un atto del 1299 stipulato in 'castro de Volognano'. Nel Medioevo il castello è stato residenza della famiglia da Quona, signori del castello omonimo sopra a Remole, dopo la distruzione dello stesso da parte dei fiorentini (1143). Stabiliti a Volognano, ne adottarono il nome per distinguersi da altri rami della famiglia. I Da Quona da Volognano furono coinvolti nell’incendio doloso del centro di Firenze, durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini, per questo nel 1304 il governo Guelfo fece occupare e disfare il castello, incamerandone i beni.

Nel secolo XV il castello era posseduto in parte dai Da Volognano (che adottarono il nome Del Rosso Da Volognano) e per il resto dai Martellini della Cerva. I contrasti fra le due famiglie erano forti e i Del Rosso continuarono ad affermare anche più tardi i loro diritti sulla chiesa di San Michele della quale mantennero il patronato. I Martellini della Cerva diventarono poi proprietari di tutto il castello, che poi passò alla famiglia Anforti o attraverso una vendita oppure per vie ereditarie attraverso il matrimonio (1788) di Teresa Arnaldi (morta nel 1793), figlia di Giuseppe Arnaldi e di Gostanza Verginia Martellini (ultima discendente della sua famiglia), con Luigi di Francesco Anforti (1764-1806). Dagli Anforti il castello passò ai Della Ripa e poi in eredità alla famiglia D’Ancona. Il torrione cimato, tratti di muratura costituiti da pietre di alberese di disposte in corsi regolari e paralleli, un portale tamponato con arco a sesto acuto, la finitura delle pietre ancora visibile su un lato della torre, rendono plausibile una datazione della struttura originaria alla seconda metà del XIII secolo. L’aspetto attuale è quello di una villa-fattoria di gusto spiccatamente neo-gotico, dominato ancora dalla possente torre merlata del mastio. La chiesa di San Michele è ubicata all'interno del castello, al centro di una piazzetta. L’insieme è circondato da una cinta muraria dalla forma ellittica attraversata da un'unica strada alla quale si accede attraverso due porte con arco a tutto sesto, parzialmente conservate. All’interno sono sorte nel corso dei secoli abitazioni e infrastrutture».

http://castelliere.blogspot.it/2011/12/il-castello-di-sabato-3-dicembre.html


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