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GALATONE, CASTELLO

(ex palazzo marchesale Belmonte Pignatelli)

a cura di Giuseppe Resta

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pag. 1  -  pag. 2    scheda    cenni storici    i documenti    analisi delle fonti iconografiche    genesi del castello    la torre    il Rinascimento e il palazzo barocco    l'età contemporanea


Veduta esterna del castello.

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Galatone  Galatone  Galatone

 

Il castello  Scorcio del castello  La torre  La torre, lato interno  Particolare di un angolo del castello  Cortile interno

 

Scorcio interno del castello  Scorcio del cortile


Epoca: citato per la prima volta in un documento del XV secolo.

Conservazione: recentemente consolidato e restaurato.

Come arrivarci: vi si arriva facilmente giungendo da Lecce (prima uscita per Galatone della SS 101, secondo semaforo e svolta a sinistra sino alla piazza) o prevenendo da Maglie e Galatina e fermandosi con l’auto in Piazza Umberto I; sulla destra, a soli cento metri, si trova la piazza. 

    

Cenni storici. Il Castello di Galatone, in provincia di Lecce, si trova al centro del paese, verso nord-est rispetto al centro storico, ubicato nella piazza SS. Crocifisso di fronte al santuario omonimo.

Il complesso architettonico insiste in un’area di circa tremila metri quadrati e si articola in tre bracci edificati disposti intorno ad un cortile centrale chiuso, sul lato nord verso la piazza, da una torre maschio e da un portale monumentale cinquecentesco con le insegne degli Squarciafico.

    

DOCUMENTI

Le fonti documentali che lo riguardano si possono così riassumere:

Una prima citazione scritta del castello, si ha in un documento di sposalizio, risalente al 1480, tra certo Raimondo Zuccaro e la figlia di un Tommaso de Pirro celebrato in una «sancte Marie de Castello», ancora non bene identificata1.

– Un’ulteriore testimonianza scritta della consistenza del castello al 1603 si ha in un documento del Notar Pietro Torricchio che, alla morte di Cosimo Pinelli, inventaria: «… uno castello cum diversi membri: sala, camera, torre, cortiglio, stalle cantine, giardene, et altri membri, con un puzzo seu trozza, cisterne tre, sito dentro la terra di Galatone»2.

– L’unica fonte documentaria antica estesa, certa, puntuale ed attendibile, sullo stato e sulla consistenza del palazzo è rappresentata da un dattiloscritto posseduto dal ricercatore locale Vittorio Zacchino. Concerne l’Apprezzo di Galatone, anno 1734, ossia la descrizione tecnica del bene immobile, del suo stato e consistenza che un mandato napoletano fornisce alla principessa Anna Francesca di Belmonte prima dell’accettazione dell’eredità paterna. Il documento è stato redatto copiando l’originale, distrutto poi nell’incendio che bruciava a Nola, nel 1943, la Villa Montesano con il Grande Archivio di Napoli

--Il documento oggettivo più recente è rappresentato dal rilievo depositato in Catasto ed eseguito, negli anni Trenta, dall’ing. Calignano di Galatone. L’elaborato grafico, in vero poco preciso nelle misure (va considerato più come un rilievo a vista che come un rilievo rigorosamente scientifico), riporta, abbastanza fedelmente, la planimetria distributiva e la consistenza della fabbrica prima delle radicali trasformazioni fatte nel secondo dopoguerra dai “Monaci Spagnoli”. Importantissime sono, ad esempio, le piante del piano terreno che tracciano la consistenza originaria e la disposizione dei bassi ad uso di rimesse e depositi, ora definitivamente cancellati.

   

Analisi delle fonti iconografiche

La pittura più antica che riporta un panorama di Galatone con l’immagine della Torre e del Palazzo è quella di S. Oronzo. La tela è posta nella prima cappella a destra della chiesa Matrice galatonese: la chiesa di S. Maria Assunta.

Si sa che la tela venne commissionata nella metà del XVII secolo dalla comunità cittadina in devozione di S. Oronzo per tenere lontana la peste dalla città. Nonostante lo stato non perfetto della tela, a destra si scorge chiaramente la Torre con almeno due torrette d’angolo, la finestra centrale e la ripida scarpa. In secondo piano, subito a fianco della torre ed appena dietro le mura urbiche, si nota un edificio basso, probabilmente di due piani fuori terra, con copertura a tetto a due spioventi. Immediatamente dietro questo si nota un palazzo posto ortogonalmente al primo, di maggiore mole.

Quest’ultimo è più alto e con la copertura a tetto molto schiacciata, non presenta finestre  di forma chiaramente intelligibile. In angolo alle due costruzioni, dove si è presunta la presenza di un’antica torre normanno sveva per la tipologia di murature riscontrate, si nota un torrione di forme parallelopipede, alto più che la stessa Torre con scarpa, ma segnato da un forte squarcio murario sulla parete est.

La seconda immagine pittorica, in ordine di tempo, che ritrae la Porta Castello e i suoi dintorni è quella che si trova in basso alla tela posta nella prima cappella a destra del santuario del SS. Crocifisso. La tela è dedicata a S. Antonio ed alla Sacra Famiglia. L’opera è di autore sconosciuto e deve risalire alla metà del 1600 in quanto riporta la vecchia sagoma del santuario crollato nel 1682. Sono perfettamente leggibili le immagini della torre sormontata dalle  torrette d’angolo ed i gettatoi e la facciata della Chiesa Matrice, già costruita da almeno cinquant’anni.        

Si legge benissimo un alto campanile in affianco alla Vecchia Chiesa di S. Sebastiano, la porta del Castello con l’apparato a sporgere gattonato (più esteso che nella tela di S. Oronzo), ed una seconda torre, al posto di quella che si suppone normanno-sveva. Quest’ultima è senza scarpa basale, presenta un toro marcapiano e solo due finestre, in asse su due piani, prospettano la piazza in direzione nord. La parte terminale è cinta da un cornicione.

La terza immagine iconografica, in ordine di tempo, è quella riportata nella parte inferiore della tela di S. Francesco da Paola, posta sull’altare del transetto sinistro del Santuario del SS. Crocifisso. La tela, sempre di autore ignoto, è databile negli ultimi anni del XVIII secolo. Infatti si nota come il santuario sia perfettamente finito in ogni sua parte. Si leggono precisamente anche i due corpi ortogonali che costituiscono le due ali edificate del Palazzo. Entrambi gli edifici sono coperti a capanna con tetto in tegole. Non si nota, però, se l’angolo monumentale del Palazzo sia già presente.

La Torre presenta una sola torretta sommitale completa, mentre quella che ora contiene lo sbarco della scala sembrerebbe all’epoca diruta.

   

GENESI DEL CASTELLO

Per quanto riguarda il centro antico di Galatone, fuori da ogni supposizione più lontana nel tempo essendo ben consci che solo in epoca carolingia si afferma diffusamente “l’ideologia urbana”, si deve obiettivamente ed autenticamente far risalire l’origine della fortificazione attuale a quando il casale galateo, tra l’XI ed il XVI secolo, proteggeva e vigilava quel ramo dell’antico percorso istmico, che collegava Otranto (Hidruntum) con Gallipoli (Anxa) passando per Muro Leccese, nel punto in cui si dipartivano le biforcazioni verso Nardò ed il suo porto Nauna, l’odierna Santa Maria Al Bagno – Santa Caterina.

La terra salentina era soggetta a questa rete di percorsi obbligati, dal Vicino Oriente e dalla Terra Santa al Gargano, a Roma e viceversa. Si spiega così l’esistenza di ospedali, ospizi e xenodochia. A Galatone, a dimostrazione dell’antica posizione nodale sui percorsi pellegrini e commerciali, ne rimangono tracce di varie epoche, più o meno ben conservate, a Fulcignano, presso la Chiesa di Odegitria, in Via Ospedale, nei dintorni del Santuario del SS. Crocifisso e nei vari conventi maschili e femminili, anch’essi attrezzati per l’ospitalità.

Poche e nebulose, però, sono le notizie attendibili del periodo medievale, così come ancor meno del precedente periodo bizantino.

Si può dedurre che Galatone entrò a far parte della contea di Nardò che, dal 1092, era retta da Goffredo di Conversano. Fu costui a volere l’edificazione di una struttura castellare a Nardò. Qualcosa di più emerge solo in riferimento al tempo (1156) delle guerre contro i conti di Lecce di Guglielmo detto il Malo, re di Napoli (morto nel 1166) e storico persecutore di Tancredi. In questo periodo, a causa delle distruzioni perpetrate dalle truppe del Malo contro numerosi villaggi vicini (Fulcignano, Tabelle, Casale Piccolo, S. Cosimo ed altri), molti loro abitanti si ritirarono in Galatone per trovare maggiore protezione essendo questo «luogo più opportuno per poter vivere, e più munito per difendersi da dette guerre»3, contribuendo ad ingrandire il villaggio una volta cessata la guerra. Ma da ciò si evince che già all’epoca predetta esisteva una forma di fortificazione che, a dar retta a fonti cinquecentesche (Cieco di Forlì), era stata restaurata (o riedificata su ruderi romani o bizantini?) dai Normanni assieme a quella di «Santo Pietro in Gallatina».

Tutto questo fa pensare che una primitiva forma di recinzione già esistesse a Galatone in periodo normanno; forse non delle mura vere e proprie, ma un vallo munito di palizzata ed una struttura difensiva robusta, quasi sicuramente una torre in muratura; forse, a dare il necessario credito alla Musardo Talò4, già un piccolo nucleo castellare murato, tale da poter essere denominato castello.

Si conoscono i feudatari di Galatone appena solo dal 1192, anno in cui si apprende che i casali di Galatone e Fulcignano furono donati al “milite Falcone”, alias Maurizio Falconi, da Ruggero re di Sicilia. Anche Veglie e Copertino furono assegnate a certo “Spinello delli Falconi”.

Sarebbe di questo periodo la muratura che si rintraccia nell’angolo sinistro del cortile del Castello. La tessitura muraria, infatti, non è del tipo squadrato come usava nei periodi successivi: ricorda più i paramenti murari dei castelli d’Oltremare costruiti durante le Crociate.

Alla famiglia Falcone successe, nella prima metà del 1200, la famiglia Gentile da Nardò, alla quale fu assegnato il casale da Federico II. Questa potrebbe essere l’epoca dei reperti murari d’età federiciana, rinvenuti durante gli ultimi restauri alle facciate interne del Palazzo, caratterizzati soprattutto nella foggia degli archi passanti a sesto acuto e a doppia centina e dall’insieme compositivo e decorativo. Potrebbe anche essere sotto i Gentile che si inizia la costruzione del mastio quadrangolare, anche se, come si vedrà più compiutamente in seguito, lo si era sempre pensato quattrocentesco.

Potremo ipotizzare che i Gentile furono coloro che, durante il loro feudalesimo dinastico, diedero inizio all’edificazione di un castello secondo le quadre planimetrie sveve, partendo, forse, dalla prima torre, che, considerate le premesse precedenti, si presume già esistente all’epoca normanna.

Nel 1265 il regno passò agli Angioini. Carlo I d’Angiò, appena un anno dopo aver avuto il potere, fondò la contea di Copertino che si estendeva nei territori di Veglie, Leverano e Galatone. Si successero nel feudo svariati signori.

Nei primi decenni del XIV secolo, nel 1334, si accerta l’esistenza della prima estesa fortificazione urbana, durante l’edificazione della quale risultano infeudati i baroni Bellotti o Bielacto o Billot o Bilotta o Bilocius, cognome di certa origine saracena (il significato sarebbe torrigiani). Bisogna ricordare, infatti, che già nel 1334 Galatone, trasformandosi da casale aperto a casale murato, fu dotata da una prima cinta muraria che contornava il primo nucleo del centro abitato, coeva a quella di Galatina, di Soleto e Sternatia: «…le mura prime che si fecero in Santo Petro furo fatte nell’anno 1334 e nel medesimo si murò Galatona, Solito et Sternatia»5.

Avendo valutato i reperti murari precedentemente menzionati, avendo scoperto alcuni brandelli pittorici, le aperture, i fregi e i dipinti, finora soffocati dagli strati d’intonaco e rinvenuti solamente durante gli ultimi restauri, bisogna considerare che il corpo murario del castello, posto a destra dell’ingresso nel cortile, per il piano terreno ed il primo, compreso il ballatoio porticato ora distrutto, dovrebbe risalire, dall’analisi comparativa e tipologica, al periodo che spazia dal 1220 al 1330.

Nella ipotesi di datazione, non bisogna neanche sottovalutare la distribuzione funzionale degli ambienti posti a piano terra, preesistenti alle modifiche del XX secolo: nel rilievo dell’ing. Calignano si notano degli stretti vani, sicuramente voltati, di chiara origine medievale. Si nota pure un grosso muro di orientamento nord-sud, dello spessore di circa due metri, che separa la parte dotata di vani più angusti, posta verso il cortile interno, da quella più ampia e regolare, prospettante Via Castello, certamente più recente. La suddetta struttura potrebbe essere stata la muraglia esterna, quel «muro della Terra (di Galatone)» riportato nell’Apprezzo, non più esistente e appartenente alla prima cinta fortificata, in seguito inglobata nella fabbrica rinascimentale. Sarebbe stata questa muraglia a collegare due torri ora scomparse ma, delle quali ci rimane qualche traccia.

Rilevante è la foggia dei beccatelli e dei relativi archetti posti a coronamento della parte sommitale delle due facciate del Palazzo che prospettano il cortile interno. La prima parte a destra dell’entrata appare come la più antica e si caratterizza per un’alternanza disordinata di archetti cuspidati con altri a cuspide inversa ed altri ancora a tutto sesto. I beccatelli si alternano tra quelli a motivo modanato a sagoma quadra, con cordonature toroidali degradanti, diffusi sino a tutto il Cinquecento, e quelli tronco piramidali scannellati e rovesciati. L’insieme richiama motivi stilistici saraceni. Questa alternanza formale tra gli archetti ed i beccatelli si fa meno costante nel secondo tratto della stessa facciata, quella che presenta ancora il muro a scarpa, per poi sparire del tutto nel corpo frontale del palazzo, dove si rilevano solo archetti a tutto sesto e beccatelli modanati a sagoma quadra, tutti di fattura più regolare. Notevole è la diversità di questi elementi decorativi più antichi con quelli già trecenteschi, più regolarizzati, di S. Maria del Casale di Brindisi, della “Lizza” di Alezio, di S. Caterina di Galatina, di S. Stefano di Soleto. Sono invece straordinariamente simili a quelli riscontrabili nell’ala angioina e angioino-durazzesca del castello di Copertino, anche se la foggia, in questo caso, è più regolare e meglio conservata.

Anche la conformazione delle aperture rimesse in luce è simile a quelle riscontrabili nel castello di Copertino: stesse cornici in leccese, stese architravi con sottotrave in legno. Solo che queste, poste a Galatone del corpo laterale destro, sono state ricavate su precedenti aperture dotare di arco ogivale. Questo testimonia l’esistenza di questa parte della struttura già sicuramente prima della costruzione della parte tardo angioina del castello copertinese.

Negli squarci di un arco ogivale al piano terreno, sono stati rinvenuti degli stipiti affrescati. Si tratta sicuramente dei residui brani pittorici di una nicchia, quella che nell’Apprezzo viene denominata cappella. Lo stato e la consistenza degli affreschi, allo stato, non è ottimale: occorrerebbe un’opera di pulitura magistrale. Le zone pittoriche che si percepiscono chiaramente, però, sono di matrice bizantineggiante, del tipo databile tra il XIII ed il XIV secolo.

In special modo va messa in rilievo il rinvenimento, attorno ad un’apertura muraria dismessa, di una ghiera lapidea ornata da un fregio, sagomato su pietra leccese, a dente di sega, o a zig-zag. Contorna un residuo brano d’arco a sesto acuto, sostituito in seguito con un portale rettangolo architravato, di foggia cinquecentesca. Il motivo decorativo, semplice e primitivo, è d’indubbia matrice normanno-saracena, spesso rintracciabile in ambito normanno-siculo.

Questo motivo si riscontra, molto simile, sulla finestra rettangola, posta al piano primo del versante sud della Torre in Leverano, fatta costruire, secondo la tradizione, da Federico II nel 1222 (o nel 1220 secondo altri, finita più tardi secondo altri ancora, ma sempre in pieno XIII secolo), che trova similitudini anche in altri elementi compositivi e costruttivi.

Si riscontra inoltre una netta similitudine formale e decorativa tra il brano di arco decorato succitato e quello che recinge la porta cuspidata, posta all’accesso della cappella, all’interno del cortile maggiore di Castel Lagopesole, in provincia di Potenza, d’indiscutibile origine e frequentazione federiciana. La soluzione decorativa, qui, è però già più complessa e articolata, facendo supporre una più matura raffinatezza artistica, e quindi un’epoca successiva, rispetto alle dure e primitive linee di Leverano e di Galatone.

Una parziale similarità decorativa si riscontra anche in un’altra architettura romanico-gotica del leccese, questa di tipo religioso e non militare: il “Cappellone” del Santuario di S. Maria della Lizza in Alezio. L’arco cuspidato del “Cappellone”, pare risalga al 1330, presenta anch’esso un motivo zigzagante, esteso alla sola cuspide e non ai piedritti, dove s’interrompe con un’elegante soluzione formale.

Quella che rappresenta, invece, una straordinaria somiglianza con elementi presenti nel Palazzo di Galatone è la scala a chiocciola che porta sulla sommità del pronao-torre aleutino. Questa si compara con quella, recentemente scoperta, posta nel portale del castello di Galatone. Ad entrambe le scale si accede tramite una stretta postierla di proporzioni slanciate, chiusa da un arco; in entrambe il piano d’accesso alla postierla è a quasi due metri dal suolo; in entrambe la scala si svolge a chiocciola, con la soluzione dei gradini a ventaglio, poggianti su di un nucleo centrale cilindrico; in entrambe la sede del collegamento verticale è inserita ed occultata nel pilastro a lato dell’arco d’ingresso.

Altre similitudini le abbiamo con la torre inserita nel Castello di Copertino che viene datata come risalente al 1267, o comunque in periodo angioino. Proprio qui, sulla torre, ritroviamo la traccia incassata del ponte levatoio perfettamente simile a quella di Galatone; tipologia particolare che non si ritrova nelle torri di epoche successive, con unico bolzone e ponte-porta. Ad avvalorare la parentela tra le due torri bisogna ricordare come i due casali di Galatone e Copertino, con Veglie e Leverano, sono stati per secoli riuniti nelle successioni feudali.


1 Agostino Gabrieli, Riflessi di vita galatonese in un Obituario del Cinquecento, in « Almanacco salentino 1968-69». Francesco Potenza, Per una mappa di anagrafe medievale, in «Bollettino Storico di Terra d’Otranto«, 8 (1998).

2 Vittorio Zacchino, dall’Archivio di Stato di Lecce, Sezione Notarile, Due monumenti galatonesi della rinascenza, in «Rassegna Pugliese».

3 Memoria dattiloscritta citata da Zacchino.

4 M. Talò, I castelli nella storia, in La Puglia dei Castelli.

5 F. Vacca, Un’inedita cronaca galatonese del Cinquecento, estr. da «Annali dell’Università degli Studi di Lecce».

  

   

©2004 Giuseppe Resta.

  


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