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LA CASA EDITRICE

Cristiano Caracci, Né Turchi né ebrei, ma nobili Ragusei, Edizioni della Laguna, Mariano del Friuli (GO) 2004.

Le vicende della Repubblica Marinara di Ragusa (Dubrovnik) sono trattate in otto capitoli corrispondenti ai principali avvenimenti che, nel tempo, hanno interessato la Repubblica dedicata a S. Biagio: e, cioè, 
1) le origini e la fondazione risalenti al 615 d.C., titolato “Dopo Epidauro”; 
2) la dominazione veneta, “La Serenissima IV Crociata”; 3) quella ungherese, “Il Danubio sfocia in Adriatico”; 4) l’indipendenza e la specialità delle relazioni con gli Ottomani, “Mezza Luna”; 5) l’apice della fortuna dello Stato, “Il secolo dei Ragusei”; 6) i primi segni di crisi e decadenza, “La scala di Spalato”; 7) il distruttivo sisma del 1667, “Terremoto”; 8) la fine per mano napoleonica nel 1808, “Tempi moderni”. 

NEL SITO:
La luce di Ragusa
Castelli della Croazia
Quando la Serenissima controllava le Tremiti

G. B.

 

Né Turchi né ebrei, ma nobili Ragusei

 

La storia della bella Ragusa in un libro di Cristiano Caracci

 

  

La «tradizione culturale italiana è ricca di figure che possono essere definite "grandi dilettanti" che offrono contributi spesso fondamentali alla conoscenza", mossi da passione e interessi culturali, che esulano spesso dall'attività professionale praticata». Questa definizione di Marino De Grassi, editore del libro e colto bibliofilo, si adatta perfettamente a Cristiano Caracci, autore del bel libro sulla storia di Ragusa, l'odierna Dubrovnik.

Avvocato, cultore di storia del diritto italiano, è soprattutto innamorato di Ragusa e delle sue vicende. Difficile dargli torto per chi abbia una volta passeggiato lungo la cerchia di mura lunga 2 chilometri e percorso le strette calli in salita, che si affacciano su panorami marini mozzafiato, dove il blu cobalto del mare contrasta con le pietre dorate delle costruzioni.

Nel volume di agevole e facile lettura, Cristiano Caracci descrive i più importanti avvenimenti della città: dall'abbandono della antica colonia greca di Cataro alla fondazione di Ragusa, l'adesione alla IV crociata, dalla dedizione alla corona magiara, argomento approfondito da Adriano Papo in prefazione, all'indipendenza della città dopo la fine della monarchia ungherese, dallo splendido rinascimento raguseo alla concorrenza del porto di Spalato e al terremoto del 1667. Questi due ultimi fatti minarono le sorti della città marinara finché nel 1808 Napoleone sancì la fine della repubblica indipendente di Ragusa, pochi anni dopo aver decretato la fine dell'eterna rivale, Venezia accomunata dallo stesso destino dopo secoli di lotte.

Con un occhio attento agli aspetti legislativi e istituzionali, l'autore descrive una repubblica ragusea che riuscì abilmente e pacificamente a destreggiarsi tra vicini pericolosi: la Repubblica di Venezia, che tentò in tutti i modi di minarne i traffici marittimi confiscandone le navi, e l'impero turco di religione mussulmana. 

Ragusa fin dal secolo XIV aveva invece decretato l'italiano come lingua ufficiale dello stato, rigorosamente cristiano tanto da scegliersi come protettore San Biagio, la cui immagine decora tuttora tutte le porte della città. Ragusa fu dunque una enclave italiana e cristiana, circondata da popoli slavi e maomettani. 

Ragusa, di lingua e cultura latina riuscì tuttavia a convivere con le popolazioni circostanti, slave e ortodosse e fu da sempre alleata fedele del regno di Ungheria, legato a sua volta, con gli angioini di Napoli e con il rinascimento italico. La città fu il naturale sbocco dei Balcani verso l'Adriatico e intrattenne fitti rapporti con lo stato della chiesa, cui faceva comodo un presidio contro il pericolo turco.

Motto della repubblica fu «Non bene pro toto libertas venditur auro» (La libertà non si vende per tutto l'oro del mondo) e fu scelto come modello il paladino Orlando, che campeggia nella piazza principale. Ragusa amministrò saggiamente la sua libertà, barcamenandosi tra vicini potenti, facendosi quasi scudo della sua arrendevolezza e capacità di trovare compromessi. Protesse così gli ebrei cacciati da Spagna e Portogallo, vietò il mercato degli schiavi, espresse una classe dirigente amante del bene comune, anche se le istituzioni erano piuttosto attardate. Nel testo si mettono in evidenza particolari che la dicono lunga sulla civiltà ragusea: qui si inventò l'istituto della quarantena delle navi per meglio tutelare gli abitanti dalle pestilenze, che menavano strage in Europa e si giunse a rimborsare il valore delle suppellettili bruciate agli appestati.

Il libro è completato da una appendice, curata da Giovanni Gardernal, con gli indici degli statuti cittadini. Raffinata è anche la veste tipografica delle Edizioni della laguna con una serie di riproduzioni di litografie del 1883, mappe, costumi d'epoca.

La storia di Ragusa si ferma al 1808; chissà che non possa essere stampata anche la continuazione dall'annessione all'Impero asburgico alla guerra degli anni Novanta, che tanti danni inflisse alla cittadina.

 

G.B.

    

 

 
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da "La vita cattolica" del 9/10/2004, e dal sito nobiliragusei.it

 

  

 

 

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