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     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


  


Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. LE EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


 3.3.1 L'alchimia

 

Un capitolo ed una storia a sé sono occupati dall’Alchimia, nome che potrebbe derivare da KHEM, che era il nome dell’Egitto, o da KHEMIA, parola greca che si riferisce alla coltivazione delle piante da frutto.

Ne deriverà la “chimica.

In seguito alla conquista dell'Egitto da parte dei Musulmani con la presa di Alessandria del 640, gli alchimisti greci vi si trasferirono da Bisanzio.

L'alchimista più noto di questi anni è Khalid ibn Yasid, principe della stirpe degli Omniadi e considerato il fondatore dell'Alchimia araba, seguito dall’alchimista arabo Jabir conosciuto nella tradizione latina come Gebero Gheber, nell’VIII secolo.

Egli riteneva che la materia solida contenesse un principio metallico (il mercurio) ed un principio infiammabile (lo zolfo) e che dalla particolare manipolazione di questa due sostanze fosse possibile formarsi l'oro.

Si cercava di individuare la sostanza di costituzione solida (pietra filosofale) o liquida (elisir di lunga vita), ossia con il principio della panacea universale in grado di porre rimedio a tutte le malattie e di fermare la decomposizione delle materie organiche o di rinnovarle per dare all'uomo l'eterna giovinezza.

Si immaginò che una sostanza capace di far accadere una tale trasmutazione potesse essere isolata sotto forma di polvere. Gli arabi chiamarono questa sostanza "al iksir" (la sostanza asciutta) che divenne poi "elisir".

Le antiche opere di alchimia islamica vengono tradotte a partire dal XII secolo e sono una vera novità: a Toledo l'arcidiacono Domenico Gundisalvi indica l’alchimia come una delle otto parti della “scienza naturale”.

La notizia della preparazione dell’"oro spagnolo", indicava l’esistenza di pratiche alchemiche in diverse località del Mediterraneo, rinomate per la falsificazione del prezioso metallo e per la diffusione dei primi scritti alchemici di un rinomato negromante quale Michele (Duns) Scoto, l'intellettuale astrologo della corte di Federico II. Egli fu filosofo e teologo francescano, forse originario della Scozia (1265/66 – Colonia 1308), beatificato nel 1993.

    

Scrisse almeno due opere di argomento alchemico: un Magistero dell'arte dell'alchimia e un Magistero minore. Pare che conducesse esperimenti di alchimia, talvolta con la collaborazione di ebrei e musulmani, descrivendo allumi, sali, spiriti, vetrioli e numerose ricette per la trasmutazione dei metalli, usando una gran varietà di sostanze, come erbe e minerali provenienti dalla Calabria, dall'India, da Alessandria, oltre a ingredienti insoliti, come polvere di talpa, sangue di gufo, oppio.

       

La comprensione del significato dell'alchimia si sviluppò lentamente. Solo attorno alla metà del ‘200 Alberto Magno  (1205-1280) e Ruggero Bacone (1214-1292), riuscirono a cogliere il senso filosofico dell'alchimia, che risiede essenzialmente nel fatto che l'artefice effettua il proprio opus (processo di laboratorio) seguendo le dinamiche naturali per dirigere la natura stessa ai suoi scopi.

Il tedesco Albert von Bollstaedt, noto come Alberto Magno si servì dell’alchimia per la stesura del suo trattato De Mineralibus: tuttavia continuò a considerare l'alchimia solo come produzione dell'oro.

Proclamato santo da papa Pio XI e acclamato ufficialmente dottore della Chiesa nel 1931, Alberto fu gran conoscitore di Aristotele; aveva un particolare gusto per la ricerca del fatto puntuale, e si occupò anche di geologia, botanica e zoologia.

Studiò a Padova dove, nel 1223 (o forse nel 1229), prese contatti con l’ordine dei Domenicani, da cui fu attratto e cui si unì. Insegnò a Padova, Bologna ed in altri conventi in Germania.

Più di ogni altro alchimista della sua epoca, Alberto Magno fu considerato guida e modello da intere generazioni di successori, e a buon diritto è forse la figura più importante della cultura latina e delle scienze naturali del XIII secolo. 

Si interessò di parassitologia (De animalibus) ed anche di ostetricia (De natura rerum) scusandosi di ciò, in quanto monaco, ma giustificandosi col fatto che le levatrici causavano molti danni nei parti.

Nella prefazione ad uno dei suoi testi alchemici, egli, domenicano, elencò gli errori nei quali cadevano più frequentemente gli alchimisti ed accennò alle regole a cui dovevano attenersi; la prima di esse, la più importante, era la segretezza. Morì a Colonia.

Una forma nuova e perfetta (per esempio quella dell'oro) esponeva la materia all'opportuno influsso celeste e l’alchimista collaborava con la natura (perché solo essa era capace di produrre la forma perfetta nei corpi corruttibili) e così produceva la salute nei corpi malati.

                       

Simbolismi alchemici

La facoltà medica affiancò presto quella teologica e quella giuridica.

In questo contesto di rinnovamento culturale l'alchimia fu oggetto d'attenzione da parte degli scolastici, anche se non venne mai insegnata nelle università medievali e anzi suscitò ben presto sospetti e ripetute condanne ecclesiastiche.

L'affinità della ricerca alchemica con quella medica, riconosciuta da Alberto Magno come analogia di procedure operative, venne spinta molto oltre da Ruggero Bacone, filosofo inglese. Questi venne a lungo considerato un vero scienziato, in quanto dava più valore alla ricerca personale che a quanto trovava scritto da altri.

La maggior parte dei suoi studi riguardarono l’ottica, ma è conosciuto soprattutto per i suoi studi di alchimia.

           

Simbolismi alchemici

Tutto l’interesse di Bacone mutò quando scoprì il libro islamico The Secrets of Secret: tale lavoro ispirò a Bacone lo studio di Medicina, Astrologia e Alchimia e fu il primo seme per la visione di una scienza universale.

Egli apprese dal libro che la medicina è molto utile perché fornisce un regime per la salute e, combinata con l’alchimia, insegna come prolungare la vita umana.

Bacone sosteneva che, con la conoscenza dei principali esperimenti alchemici, «Truly, whoever knows how to do these things would have the perfect medicine, which the philosophers call the Elixir, which immerses itself in the liquefaction as it is consumed by the fire and does not flee»… [«Veramente chiunque avrebbe avuto la medicina perfetta, che i filosofi chiamano Elisir, che si immerge nella liquefazione ed è consumata dal fuoco e non evapora»].

La medicina alchemica non solo procurava l’oro (non quello comune, aurum vulgi, ma quello prodotto artificialmente, il corpo più perfetto dal punto di vista dell'equilibrio degli elementi), ma anche ciò che è infinitamente più importante; il prolungamento della vita, che è strettamente legata alla moralità: Bacone infatti identificò il corpo perfetto prodotto nell'alchimia con il "perfetto temperamento", ovvero l'equilibrio delle quattro qualità elementari (caldo, freddo, umidità e siccità) nel corpo sano.

                       

Disegni di apparati alchemici

Egli scriveva anche: «La sostanza temperata al quarto grado è l'oro … la più affine di tutte alla natura [umana]. E se si potesse ottenere con operazioni efficaci il migliore che esiste, o almeno assai migliore di quanto natura e arte alchemica possano fare … allora opererebbe meraviglie nel corpo umano».

L’elixir, inoltre, poteva essere definito in termini astratti come «il perfetto temperamento ottenuto con il lavoro manuale»; e, più concretamente, come medicina dei corpi sia metallici che umani: «La pietra eccelsa di tutti i filosofi … che trasforma ogni corpo imperfetto in un agente che produce all'infinito vero oro e vero argento … e ha virtù ed efficacia superiore a quella di tutte la altre medicine, perché può risanare realmente tutte le malattie del corpo umano, di natura sia fredda che calda».

  

 

©2004 Raimondo G. Russo

   


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