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GIOVE, PALAZZO DUCALE

a cura di Daniele Amoni

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 Giove  Giove


 

 

      


Epoca: XI-XII secolo, su precedente struttura (e con successive modifiche).

Conservazione: buona.

Come arrivarci: autostrada A1, uscita Attigliano. Superstrada Orte-Terni, uscita Orte, direzione Penna in Teverina. Ferrovia Roma-Firenze, fermata Attigliano da cui si prosegue in pulman.  

     

Cenni storici.

Si tratta del più bello e imponente palazzo privato sorto sulle fondamenta di un antico maniero del quale conserva ancora alcuni tratti caratteristici.

L’antico castello sorse probabilmente sulle rovine di un tempio dedicato a Giove Elicius ed ebbe notevole importanza durante l’impero romano per la presenza di un porto sul fiume sottostante. Nel 1191 era chiamato Castel di Iuvo, presentandosi come un agglomerato ben fortificato a protezione della valle del Tevere.

Todi riuscì a strapparlo a Ranieri di Ugolino dei Baschi, durante la discesa di Enrico VI (1165-1197), figlio di Federico Barbarossa che per ben tre anni assediò inutilmente Todi.

Per tutto il secolo XIII fu sempre al centro di violente contese tra Orvieto e Todi, finché quest’ultimo nel 1256, dopo l’accordo tra Orvieto e Perugia, ne riprese il possesso mettendovi a capo il conte Raniero dei Baschi, capo dei ghibellini, il quale, dopo essersi alleato con Spoleto, assediò nel 1259 Camerino; l’odio di Raniero verso la città marchigiana risaliva ad alcuni anni prima, quando in sua assenza truppe camerinesi al comando di Crescio dei Monaldi avevano arrecato danni al castello di Giove, infierendo contro alcuni suoi parenti. I Baschi, fedeli ghibellini, si trovarono sempre in sintonia con Todi che verso di loro dimostrò amicizia e solidarietà in parecchie occasioni.

Nel 1308 Giove fu occupato dai guelfi di Amelia guidati da Carolus Nicolai e da Offreduccio II d’Alviano.

Nel 1320 se ne impossessò Sciarra I Colonna (podestà di Narni nel 1297, capitano di milizie todine nel 1310); nel gennaio 1328 Sciarra I, anziano capitano del popolo a Roma, incoronò Ludovico IV il Bavaro (1286-1347) imperatore; scacciato da Roma il Colonna morirà in esilio nel 1329.

Nel 1333 Giovanni Orsini, cardinale Legato in Toscana, assediò Giove e dopo assersi macchiato di efferati delitti distrusse buona parte della rocca. Papa Giovanni XXII (1316-1334), adirato per il grave episodio, fece imprigionare l’Orsini nella carceri di Amelia il 20 marzo 1333.

Dal 1359 divenne feudo di Tommaso d’Alviano figlio d’Ugolino, appartenente al ramo guelfo della famiglia; nel 1364 divenne la roccaforte della Compagnia Nera di Anichino Bongardo che per oltre tre anni devastò tutta la zona fino a Terni. La feroce compagnia mercenaria chiamata da Perugia nel 1364, si accampò a Pila dove arrivò ad un accordo con la Compagnia Bianca di Giovanni Acuto.

Nel 1378 la zona assistette al passaggio dei feroci Bretoni, seguaci dell’antipapa Clemente VII (1378-1394), mandati dai cardinali francesi in aiuto di Francesco di Vico, signore di Viterbo.

Dopo la metà del XV secolo Giove cadde in mano di Everso d’Anguillara, signore di vasti domini e uomo d’armi al servizio ora del papato ora dei ribelli; i suoi figli, Francesco († 1473) e Deifobo († 1490), dopo la morte del padre (4 settembre 1464), continuarono ad occupare feudi e castelli, forti dell’amicizia del nuovo pontefice Paolo II (Pietro Barbo, 1464-1471), loro padrino. Il papa, però, stanco dei numerosi richiami dovuti all’efferatezza del loro comportamento, li scomunicò e con l’aiuto di Federico II da Montefeltro e di Nicolò II Orsini riprese Giove sotto il dominio di Roma nel 1465. La lotta intrapresa contro gli Anguillara si concluse con il loro annientamento e con lo smembramento delle proprietà che essi avevano acquisito (Caprarola, Ronciglione e Capranica). Nel 1503 l’antica fortezza cadde sotto l’attacco di Cesare Borgia che ne smantellò anche tutte le opere difensive. Nel 1545 vi s’insediò con la carica di governatore Ottavio Farnese, duca di Castro e Ronciglione e signore di Attigliano, che vi mandò la figlia Contarina Farnese.

Il 4 luglio del 1597 Matteo Farnese alienò il feudo ai fratelli Ciriaco e Asdrubale Mattei, parenti degli Orsini e dei Colonna, il quale provvidero ad innalzare lo splendido palazzo rinascimentale, poi trasformato in residenza nobiliare. Papa Urbano VIII (1623-1644) nel 1643 concesse infine a Girolamo Mattei, marchese di Giove, il titolo di duca. Dai Mattei, famiglia romana che diede alla Chiesa ben otto cardinali (Alessandro Mattei, insigne porporato, era proprietario del palazzo nel 1816), passò ai Mattei-Canonici. In seguito Caterina Mattei, ultima erede, lo trasmise a suo figlio marchese Carlo Canonici.

Morto Carlo senza eredi, il palazzo fu ereditato dalla duchessa Maria Anna Mattei che sposò il marchese Carlo Teodoro Antici di Recanati, il cui figlio Matteo, senatore nel 1859, prese il cognome Antici-Mattei. Nel palazzo fu ospite la marchesa Adelaide Antici, madre di Giacomo Leopardi e nel 1910 il re Vittorio Emanuele III, in visita nella zona.

Dagli Antici passò ai Ricciardi, al generale Mario Nicolis Robilant (1855-1943) e nel 1936 ai conti d’Acquarone.

Il corpo principale dell’edificio si articola su cinque piani, mentre le torri angolari presentano un ulteriore piano abitativo; nelle facciate si aprono ben 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno. Per la costruzione di una torre fu utilizzata l’antica torre della rocca secondo moduli architettonici già adottati per la fortezza di Alviano.

I saloni interni sono decorati con pitture di argomento mitologico, attribuite a Domenico Zampieri (1581-1641) detto il Domenichino, con dipinti di Paolo Caliari (1528-1588) detto il Veronese, e di Orazio Alfani (1510-1583).

Nel 1985 è stato acquistato dallo statunitense sig. Charles Robert Band, nato a Los Angeles nel 1951, figlio di un produttore cinematografico di Hollywood ed anche lui produttore di film fanta-horror. Oggi è diventato un raffinato Relais ed il proprietario sta mettendo all’asta tutta la preziosa suppellettile che arreda le stanze della suntuosa dimora.

 

    

  

©2004 Daniele Amoni. I video non sono stati realizzati dall'autore della scheda.

     


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