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GIOMICI, CASTELLO

a cura di Daniele Amoni

scheda    cenni storici


Recenti immagini del castello; in evidenza la torre merlata alla guelfa.

 

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Giomici  Giomici


Epoca: tra X e XII secolo.

Conservazione: ottima.

Come arrivarci: autostrada Roma-Firenze, poi superstrada Terni-Cesena e strada provinciale Perugia-Gualdo Tadino, oppure in treno con fermata a Perugia (Roma-Firenze) o Gualdo Tadino (Roma-Ancona); autobus di linea Gualdo Tadino-Perugia.

     

Cenni storici

Lo splendido maniero, oggi sede di un avviato agriturismo, si trova lungo la provinciale Perugia-Gualdo Tadino, tra Valfabbrica (comune dove ricade la sua giurisdizione) e il borgo medievale di Casacastalda.

Posto sopra un colle a dominio della vallata sottostante, si presenta architettonicamente elegante ed armonioso, con alto torrione merlato alla guelfa, inserito in un ambiente naturale di incomparabile fascino. Un corpo laterale mette in bella evidenza piani alternati di bifore e monofore che conferiscono alla struttura una notevole eleganza formale.

All’estremo lembo della giurisdizione eugubina, in vicinanza con il territorio di Assisi, rivestì un’enorme importanza strategica per il controllo viario medievale.

Secondo la leggenda il castello avrebbe preso il nome da tale Glomisso, nobile tedesco sceso in Italia al seguito di Ottone III di Sassonia (980-1002), che ne fu il primo signore.

Successivi feudatari furono i conti Suppolini, signori di Casacastalda e Compresseto, ed i conti di Coccorano di discendenza Longobarda.

Federico Barbarossa (1122-1190) ne assegnò il possesso prima ad Assisi (1160), poi a Gubbio (1163), privilegio confermato anche dagli altri imperatori: Enrico VI (1165-1197), figlio del Barbarossa, e da Ottone IV (1182-1214).

Nel documento del Barbarossa del 1160 i confini erano ben delineati: «…dalla selva dei figliuoli di Mastinello, scendevasi al fiume della Puglia per Gorgo tiberino arrivando così alla via che menava di là da Pacigliano e sino al castello che chiamatasi Mortamila, e indi per infino al Tevere; poi si scendeva per Santa Cote sino alla Pieve di Casaluccio per lo piano del Pozzo e via via si scendeva al fossato di Barcamara, d’onde si saliva al canneto di Glomisco (Giomici) pel Formicaio…».

Fino al 1217 restò sotto la giurisdizione eugubina, quando con l’arbitrato del podestà Pandolfo di Figura, Perugia ne fece un suo castello. Pandolfo ricoprì per diversi anni la carica di podestà perugino (1209, 1210, 1217 e 1218) e fu l’artefice della sottomissione di altri castelli.

Sebbene legalmente sotto la giurisdizione perugina, di fatto restò sempre con Gubbio che vi inviava ogni sei mesi un castellano con un manipolo di fanti.

Nella seconda metà del XIII secolo fu sotto il dominio di Ugolino di Albertino e Giacobuccio di Ugolino dei conti Bigazzini di Coccorano insieme ai castelli di Petroia, Biscina, Peglio e Collalto.

Dopo la seconda metà del ‘300 passò sotto il dominio dei Gabrielli.

Un fatto curioso avvenne a Giomici nel 1378: Senso di Francesco di Bino Gabrielli aveva rioccupato il castello, quando un fante, tale Petruccio di Ciuccio da Villamagna, rifiutò la resa, racchiudendosi in una torre merlata. Il Gabrielli, stanco di aspettare, fece demolire la torre, cosicché Petruccio rovinò pesantemente sopra un tetto di una casa vicino: catturato, venne sottoposto a torture. Ma il comune di Gubbio il 20 agosto 1380, per il valore dimostrato, lo ricompensò con 15 fiorini d’oro. Senso Gabrielli morì senza lasciare eredi maschi in quanto padre di tre femmine, Enfeligia, Cornelia e Proserpina, per cui il castello passò agli eredi dei rami collaterali.

Giomici ritornò sotto Assisi ma nel 1387 subì un nuovo attacco dalle soldatesche di Giovanni di Cante Gabrielli, potentissimo cavaliere eugubino, che accusava Assisi di aver permesso a Boldrino da Panicate di compiere furti e saccheggi nei territori posti sotto il controllo di Gubbio.

Assisi protestò vibratamente ma Giovanni Gabrielli pretese il pagamento dei danni fatti da Boldrino dopo di cui avrebbe provveduto a restituire a Giomici i beni sottratti, soprattutto il bestiame, con i relativi prigionieri. La pace venne firmata nel marzo del 1383.

Nel 1390, dietro pagamento di un forte riscatto a Giovanni Ordelaffi di Forlì, con la mediazione di Jacopo Celloli, Giomici ritornò sotto Gubbio. L’Ordelaffi militava con il grado di capitano con la Compagnia della Rosa di Giovanni Ubaldini che in quei turbolenti anni imperversava nell’alta valle del Tevere.

Nel 1410 fu rifatto il ponte levatoio e dal 1432 al 1434 la popolazione fu impegnata nella ricostruzione della cinta muraria gravemente danneggiata da Braccio da Montone nel 1419.

Secondo gli attuali proprietari, il castello divenne luogo ameno di ospitalità e villeggiatura. Nel ‘500, infatti, ospitò per qualche giorno in luna di miele Francesca Baglioni, sorella del famoso Gian Paolo, che il 2 giugno 1515 aveva sposato il nobile Filippo di Bernardino Ranieri, Conte di Schifanoia, castello quasi confinante con Giomici.

Nel Rinascimento Giomici seguì il destino di Gubbio e per circa 250 anni fece parte del Ducato di Urbino, sotto la Signoria dei Duchi di Montefeltro, di cui costituiva l’estremo confine a Sud.

Nel 1524 passò a Nestore di Ippolito Gabrielli, mentre nei decenni successivi la proprietà risultava suddivisa tra le più importanti famiglie eugubine: Mosca, Benamati e Ranieri per eredità dei Conti di Coccorano che storicamente possedevano 1/6 del castello e del territorio, mentre altre famiglie locali, come i Giappichini e i Cenci, possedevano alcune abitazioni.

A metà del ‘700 fu acquistato dai Vagni, famiglia di origine locale, già proprietaria di vasti terreni e di una grande villa costruita poco sotto il castello. Nel 1807 un ramo della famiglia Vagni si trasferì nel castello, nella ex casa dei marchesi Benamati, e vi abiterà stabilmente.

Nell’Ottocento passò sotto la giurisdizione di Gualdo Tadino che era stato elevato al rango di capoluogo di Cantone del Dipartimento del Trasimeno.

La fortuna dei Vagni si consolidò certamente con il matrimonio celebrato il 10 febbraio 1807 tra Giuseppe di Francesco Vagni e Maria Anna Granella, nata l’11 maggio 1786 dai nobili gualdesi Francesco Granella e Maria Teresa Coppari, portando i Vagni ad imparentarsi con altri nobili, soprattutto delle Marche, come gli Zonghi di Fabriano e i Cameletti di Pergola.

Durante la Repubblica Romana (1798-1799), Luigi Vagni risultava uno dei più ricchi proprietari terrieri, con un capitale di 6000 scudi che gli fruttava 340 scudi l’anno.

Nel 1837, Luigi e Giuseppe Vagni ottennero il titolo di nobili a seguito dell’elevazione di Gualdo Tadino da territorio a città. La nomina portava la firma del Segretario di Stato del Vaticano cardinal Antonio Domenico Gamberini, vescovo di Orvieto.

La sistemazione del castello ad abitazione signorile proseguiva con grande impegno di capitali da parte dei proprietari anche se questi lamentavano il cattivo stato delle rete viaria.

Nel 1873 gli abitanti di Giomici, Caresto e Carbonesca inviarono, infatti, un’istanza al comune di Gubbio, nella quale si lamentavano che per arrivare al capoluogo dovevano percorrere strade impossibili e minacciavano che, qualora dovessero rimanere nell’attuale situazione, di aggregarsi ad altro Comune.

Nel 1944, nonostante il periodo bellico, Ulderico Vagni provvide ad eseguire notevoli opere di consolidamento e restauro sulla primitiva struttura medievale.

Tutto il complesso, composto dal castello, dal borgo fortificato e dalle antiche abitazioni circostanti, è diventato con il passare del tempo un importante centro agricolo ove risiedono stabilmente circa 30 persone dedite soprattutto all’agricoltura ed agli allevamenti zootecnici.

Negli ultimi 40 anni la famiglia Balestra ha acquistato quattro fabbricati nel castello ristrutturandoli adeguatamente, mentre i Vagni hanno provveduto a rendere confortevole gran parte del castello, adeguandolo alle esigenze ricettive moderne che ne fanno un incantevole luogo di villeggiatura.

Adiacente al castello si trova la parrocchiale di S. Michele Arcangelo, sorta intorno al 1154, nel cui interno si trovano frammenti di affreschi di Matteo da Gualdo e una pala d’altare in ceramica di stile robbiano, mentre nell’abitazione di residenza della famiglia Balestra si conservano gli affreschi degli antichi conti di Giomici, Rinaldo e Ugolino II.

Recentemente il Castello di Giomici è stato dichiarato di interesse storico-culturale e vincolato ai sensi della L.M. n° 1089/39.

è interessante notare che in oltre mille anni di storia il castello ha cambiato più di venti volta la propria denominazione: Glomisso, Glomisco, Glomiscio, Glomischo, Glomisis, Glomisci, Glomisi,Glomice, Chiomisci, Chiomiscio, Ghyomisti, Glomischi, Iomi, Giommei, Glomesi, Chiomisce, Goliniscio, Glomescim, Giomisi, Jomiscio, Jomice, Giomesci, Giomisci, Giomici.

        

Il castello è visitabile su prenotazione: tel. 075/901 243-5058028.

        

      

©2004 Daniele Amoni

        


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