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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI SIRACUSA

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Augusta (castello di Federico II)

Dal sito www.cinesicilia.eu   Dal sito http://utenti.multimania.it/mario1943/

«L'aspetto originario del castello di Augusta, circondato e protetto dalle imponenti opere bastionate di XVI e XVII secolo, appare fortemente alterato dalle numerose e profonde trasformazioni e modifiche subite all'esterno ed all’interno dal complesso nel corso dei secoli, fino alla recente utilizzazione carceraria cui si deve la sopraelevazione e la copertura complessiva delle ali edilizie con grandi spioventi di tegole. Il nucleo svevo del castello è costituito da un quadrato murario di m 62 di lato (spessore delle murature m 2,60) con un vasto cortile interno lungo il quale si disponevano tre ali edilizie parallele alle mura pèrimetrali per tutta la loro lunghezza sui lati nord, est ed ovest. Tre torri angolari a pianta prossima al quadrato si ergono a nord-ovest, sudovest e sud-est: la torre di sud-ovest è stata inglobata e chiusa dalle modifiche dovute alla utilizzazione carceraria del complesso; quella di nord-est, in origine senza dubbio esistente, è andata distrutta. Due torri di cortina rettangolari aggettano a metà dei lati ovest ed est. A metà del lato sud, a difesa dell'ingresso al castello, si erge un torrione attualmente a pianta pentagonale (lato centrale m 5,70; lati minori m 4,60; lati mediani m 5; larghezza complessiva m 12,30): si imposta su base a scarpa (fortemente interrata) e presenta un bellissimo paramento bugnato. Secondo le ultime ricerche il torrione era in origine un mastio ottagonale costruito quindi a cavallo del muro di cinta sul lato meridionale del castello; la sua attuale altezza è quasi certamente di molto inferiore a quella originaria e si deve, probabilmente, ad un intervento di cimatura cinquecentesco. La costruzione del torrione è invece senza subbio coeva a quella del castello. Un'altra torre mediana, rettangolare, doveva ergersi sulla cortina settentrionale, in corrispondenza del torrione poligonale.

Dall'ingresso, che si apre a ovest del torrione, si accede all’ampio cortile interno di perimetro rettangolare (m 26 a nord e sud, m 32 a ovest ed est), fiancheggiato lungo i lati est, nord e ovest da un portico a arcature ogivali, pilastri e volte a crociera costolonate. Il portico era aperto fino alla metà del '600; attualmente risulta completamente libera solo la nave del lato ovest che presenta nove campate scompartite da archi acuti e caratterizzate da costoloni ad angolo abbattuto: archi e costoloni scaricano sulle mura perimetrali a mezzo di capitelli a goccia con abaco a profilo di semiottagono. La data di costruzione di questo portico non è del tutto certa: potrebbe essere coevo all'impianto originario ma anche, come ha ipotizzato L. Dufour (Augusta da città imperiale a città militare, 1989, p. 30), successivo di qualche decennio, risalendo quindi ad età angioina o al '300. Sopra il portico incombono attualmente i piani delle celle che risalgono all’adattamento a penitenziario del 1890 e le coperture a spiovente, di recente restaurate. È però estremamente probabile, per non dire certo, che un piano superiore fosse previsto fin dal progetto originario. L. Dufour (ibidem) ipotizza che esso esistesse almeno fin dal XIV secolo, quando è attestata l'utilizzazione residenziale del castello (soggiorno coatto della regina Maria). Giuseppe Agnello (L’architettura sveva in Sicilia, 1935, p. 187) aveva ipotizzato l'esistenza di un piano superiore medievale ed il suo abbattimento in epoca spagnola, per adeguare il castello alle nuove esigenze dettate dall'uso delle artiglierie. Nell'ala edilizia occidentale, al piano terreno, si può in parte ammirare la configurazione interna originaria dell'edificio svevo: si tratta di una lunga navata, suddivisa in sette crociere a base quadrata di m 7,40 di lato, compartite da grossi archi ogivali alla cui imposta è una cornice bianca a profilo di semiottangolo da cui si dipartono anche i robusti costoloni ad angoli abbattuti delle volte».

http://www.iccd.beniculturali.it/medioevosiciliano/index.php?it/112/catalogo-generale/19/castello-di-augusta (Santalucia F., Reale E., Maurici F., Augusta, in Castelli medievali di Sicilia, Palermo 2001, pp. 384-386)


Augusta (forte Garcia, forte Vittoria)

Il forte Garcia, dal sito www.artecoria.com   Il forte Vittoria, dal sito www.touring.insw.net

«Furono edificati nel 1567, durante la dominazione spagnola, sulle due isolette che si trovano all'interno del porto di Augusta, verso nord nelle vicinanze dell'area dell'idroscalo e del Parco dell'Hangar. Essi nacquero per volere del Viceré di Sicilia Don F. Garcia de Toledo, che impose loro il suo nome e quello della consorte, al fine di dotare la città di un adeguato sistema difensivo, tale da poter fronteggiare la preoccupante minaccia delle incursioni Ottomane. Erano difficilmente raggiungibili dall’artiglieria di minor calibro posta sopra alle possibili navi attaccanti che erano, invece, alla portata della più efficace artiglieria fissa posta nei forti. Appare, pertanto, strana la capitolazione della città ad opera della flotta francese nel 1675 tanto da far pensare al tradimento del comandante della piazzaforte. Cessato il pericolo delle incursioni, i due Forti vennero adibiti a carceri quindi, a partire dal 1743, utilizzati come lazzaretto a causa del diffondersi dell’epidemia di peste prima, e di colera un secolo più tardi. A questa fase risalirebbero le tracce di forni crematori ancora visibili all’interno del Forte Vittoria. Nel 1878 le sorti del forte Garcia migliorarono, grazie al passaggio al demanio militare, che se ne servì per depositarvi il carbone impiegato per le navi da guerra. Il forte Vittoria invece, in questo periodo venne destinato a stazione sanitaria per la quarantena delle navi mercantili. A tale scopo esso fu sopraelevato di un piano e trasformato in vero e proprio ospedale. Agli inizi del Novecento, Augusta divenne “base passeggera” per le operazioni navali di conquista della Libia. In tale circostanza le vecchie fortificazioni trovarono un riutilizzo per scopi militari: forte Vittoria ospitò il Comando piazza, e forte Garcia servì come deposito. Dal 1950 vennero lasciati in un pietoso stato di abbandono pur facendo parte del demanio marittimo ed essendo testimonianza della grandezza e dell'importanza strategica di Augusta. Furono saccheggiati di tutto ciò che era stato lasciato dalla Marina Militare e che avrebbe potuto costituire documentazione per un uso successivo. Prima di essere abbandonati al degrado vi si organizzarono delle rappresentazioni teatrali tra cui l'Amleto di Shakespeare che fu un successo anche per l'ambientazione naturale della fortezza ,dove la scenografia ebbe un'importanza primaria per la realizzazione di una tragedia che si svolge appunto in un castello.

Questi due esempi di architettura militare, se restaurati, potrebbero essere un'attrazione di indubbio valore turistico e inoltre potrebbero essere impiegati come museo o centro studi e serviti di un servizio di motobarche che li colleghi alla terraferma. Il maggiore dei due, il Garcia, situato sul lato Ovest, occupa una superficie di 3.100 mq. ma è anche il più basso in quanto costituito solo da spessi bastioni all’interno dei quali furono realizzati alloggiamenti bui umidi (con aperture solo sulla corte interna e non verso l’esterno per non aumentare la vulnerabilità della costruzione). Una scala interna conduce alle terrazze, articolate su due livelli per consentire l’impianto di un doppio ordine di fuochi. La copertura degli ambienti del forte Garcia fu realizzata sicuramente con robusti archi in pietra dimensionati per poter reggere il peso dei grossi pezzi d’artiglieria che, nelle epoche in cui il forte fu usato per gli scopi difensivi, erano posti dietro gli spessi spalti in apposite piazzole semicircolari ancora visibili. Il forte Vittoria, esteso 1.300 mq e di forma pressappoco quadrangolare, ha subito nel tempo vari rimaneggiamenti. Mostra ambienti sopraelevati con numerose finestre verso l’esterno. Vi si accede dal lato Ovest attraverso un istmo d’una cinquantina di metri che lo collega al forte Garcia. Su questa striscia di terra, dal lato del forte Vittoria, esiste un attracco per piccole imbarcazioni. Uno dei 21 vani del piano terreno, reca ancora visibili le strutture del forno crematorio, installatovi al tempo della stazione sanitaria. Come per l’altro fortilizio, anche qui una rampa di scale conduceva alle terrazze, articolate su due livelli, su cui erano inizialmente disposte le bocche di fuoco. Esse sono state del tutto obliterate dalla costruzione della stazione sanitaria. Forte Vittoria è stato recentemente restaurato, inaugurato alla presenza della Sovrintendenza e delle autorità civili e militari. Fa parte del patrimonio della Port Authority, nonostante il grande interesse storico e culturale continua ad essere tenuto chiuso al pubblico. Come pubblicato nel sito dell'ITIS di Augusta, a cura del dott. Luca Di Giacomo, i forti sono visitabili previa autorizzazione dell'Autorità Portuale di Augusta. Su richiesta, il servizio di traghettamento viene svolto dal gruppo barcaioli che ha sede presso la vecchia Darsena».

http://castelliere.blogspot.it/2011/06/i-castelli-di-lunedi-27-giugno.html


Augusta (porta Spagnola o porta di Terra)

Dal sito www.siracusaturismo.net   Dal sito www.infohotelsiracusa.it

«La costruzione risale al secolo XVII, durante la dominazione spagnola. Le fortificazioni della città, di cui la porta fa parte, furono costruite per ordine del viceré Benavides su progetto dell'architetto militare Carlos De Grunembergh. Era l'ingresso principale alla città a cui si arrivava tramite due ponti levatoi installati dopo il taglio dell'istmo voluto per ragioni di sicurezza militare e per evitare gli attacchi da nord. Sulla sommità sono presenti due grifoni rampanti che sorreggono una cornice sormontata dalla corona di Carlo II di Spagna. è presente anche lo stemma del viceré Francisco Benavides rappresentante della corona. Sino alla costruzione del viadotto Federico II è stata l'unica via d'ingresso alla città, ha resistito per secoli a guerre e battaglie, è rimasta danneggiata durante il terremoto del 1990, è stata restaurata nel 2005 e riportata allo splendore della pietra e del marmo originali; i lavori di restauro sono partiti l'11 gennaio e terminati il 17 ottobre giorno dell'innaugurazione».

http://www.touring.insw.net/augusta/porta_spagnola.html


Augusta (ricetta di Malta)

Dal sito http://augustastorica.org   Dal sito www.augusta-framacamo.net

«I Cavalieri Gerosolimitani, abbandonata l’isola di Creta per via delle frequenti incursioni turche, si stabilirono a Malta, concessa loro in feudo da Carlo V nel 1525. Nel 1648, il Viceré Giovanni d’Austria concesse al Gran Maestro dell’Ordine, Loscaris, la costruzione in Augusta di una base permanente per l’approvvigionamento ed il sostegno della flotta dei Cavalieri, a condizione che venisse assicurato il mantenimento delle riserve necessarie al sostentamento della città. Intorno al 1650 risultano costruite le caserme per i militari, i granai, un mulino a vento, forni per la cottura del tipico pane a biscotto di grano duro (galette), oltre alle dispense per la conservazione delle derrate alimentari. La “Ricetta di Malta” doveva all’epoca occupare l’intero isolato delle attuali vie Epicarmo-Cordai, anche se oggi di essa non restano che pochi ruderi. La Ricetta era governata da un Cavaliere dell'Ordine di Malta con l’incarico di Ricevitore Capo, aveva la gestione organizzativa e amministrativa e restava in carica per tre anni. Il porto di Augusta nel 1676 fu teatro di diverse battaglie, fra cui la battaglia d'Agosta; qui si affrontarono la flotta francese e la flotta olandese, quest’ultima alleata degli spagnoli. La battaglia navale si concluse senza vincitori ne vinti. La Ricetta cadde successivamente sotto il dominio Francese, dal 1676 al 1681. In seguito i franco-olandesi furono cacciati e la città tornò sotto il dominio spagnolo. La Ricetta avendo avuto considerevoli danni fu ricostruita per volontà del viceré Francesco Benavides conte di Santo Stefano che la riportò ad una attività produttiva e fiorente. La facciata, che si apre sulla via Epicarmo, lascia trasparire ancora oggi tracce della passata importanza; il portale è sormontato da ricchi cartigli coronati, con inserite le insegne dell’Ordine. La parte posteriore, che doveva in origine esserne il prospetto principale data la sua vicinanza al mare, lascia intravedere i resti di un corpo su due livelli dove, nel superiore, insistono tre finestre equidistanti fornite di davanzali e cornicioni ben lavorati, realizzati in pietra arenaria. La struttura è oggi completamente abbandonata...».

http://www.augusta-framacamo.net/monumenti-ricetta.asp


Augusta (rivellino dei Ponti)

Dal sito http://augustastorica.org   Dal sito www.augusta-framacamo.net

«In origine, un istmo congiungeva alla terraferma l'isola su cui sorge Augusta. Nel 1671, nel corso dei grandi lavori di potenziamento della Piazzaforte, l'istmo fu tagliato creando un fossato, da quel momento questa zona fu chiamata "la tagliata". Al posto dell'istmo furono costruiti in architettura militare tre Rivellini: Quintana, Sant'Anna e Santo Stefano. Il collegamento con la terraferma fu assicurato da due ponti levatoi, sostituiti nel 1800 da due ponti in muratura. L'unico oggi esistente è il Rivellino Quintana, di forma tortile, posto su un isolotto triangolare costruito contestualmente alla fortificazione della città. Negli anni '30, nel primo ammodernamento e ampliamento dei ponti, furono eliminati i Rivellini di Sant'Anna e di Santo Stefano. Nel 1978, per esigenze di traffico, un ulteriore ampliamento dei ponti viene effettuato con la sistemazione a giardino dell'unico Rivellino ancora esistente, appunto il "Quintana"».

http://www.augusta-framacamo.net/monumenti-rivellino.asp


Augusta (torre Avalos)

Dal sito www.infohotelsiracusa.it   Dal sito http://fattiemisfatti.over-blog.it/

« Uno dei più autorevoli monumenti storici di Augusta è di sicuro la Torre Avalos. Essa fu fatta costruire intorno al 1570 dal Viceré Don Francisco Fernandez Avalos de Aquino marchese di Pescara, da cui prende il nome, sulla più meridionale di due secche presenti all'interno della rada di Augusta, in una posizione strategica a sud della stessa isola. Dopo l'estate del 1551, a seguito di un attacco effettuato da 150 galere turche, il governo spagnolo con il viceré Garcia de Toledo ideò un sistema di difesa del porto: nel 1567 fece costruire il Forte Garcia e Vittoria e nel 1570 Avalos D'Aquino, successore di Garcia, Torre Avalos, ubicato sopra una secca. Un'inusuale conformazione a settore circolare di 280 m, a due livelli e con all'estremo sud dell'asse di simmetria del forte una torre elicoidale per favorire l'avvistamento ed ospitare in sommità una lanterna. La breve permanenza ad Augusta dei francesi, iniziata nell'estate del 1675, si concluse il 18 marzo 1678, con il cessare della "Guerra d'Olanda". Tra le distruzioni cui dettero mano nell'abbandonarla, vi fu anche quella dell'originale lanterna del forte.  I grandi lavori di rafforzamento della piazzaforte, effettuati entro il 1685 dagli spagnoli, come testimonia ancora oggi la lapide affissa sulla Porta Spagnola d'ingresso ad Augusta, interessarono anche Torre Avalos nel 1681.  Il terremoto del 1693 danneggiò il forte e fece crollare la nuova lanterna, che poi venne riedificata nell'attuale posizione. Nel 1823, lo scoppio accidentale della polveriera mutilò il forte lungo il semiarco di ponente, mai più ricostruito. Si provvide però a restaurare la torre, portandola all'altezza di 26 metri, per aumentare la portata della lanterna fino a 14 miglia. La costruzione delle fortificazioni doveva necessariamente continuare, ma non ci riuscì a farlo, prima della seconda metà del XVII secolo.  ... Torre Avalos si trova in uno stato avanzato di degrado. La Marina Militare effettua opera di vigilanza, ma non sono di sua competenza le opere di manutenzione. Ai danneggiamenti accumulati nei secoli, si aggiunge il degrado dovuto agli agenti ambientali. Mancano infissi, processi di ossidazione, muffe a radici di piante infestanti minano l'intera struttura. Un intervento della Soprintendenza su un aggrottamento del paramento a ponente, programmato già da qualche anno, non si è ancora materializzato.  A queste opere nessuno sembra prestare adeguata attenzione e, totalmente abbandonate al degrado, rischiano di non essere più recuperabili. La Torre Avalos dovrebbe essere inserita, come è stato fatto per gli altri due forte spagnoli, in un'azione programmata di fruibilità tutelata».

http://www.antoniorandazzo.it/MONUMENTI%20SIRACUSA%20HOME%20PAGE.htm


Brucoli (castello)

Dal sito www.lasiciliainrete.it   Dal sito www.coloridisicilia.it

«A protezione dello scalo commerciale di Brucoli, il governatore della Camera regionale, Giovanni Cabastida da Barcellona, fece erigere il primo nucleo di una fortezza (1467) su cui dovevano prendere posto le artiglierie del comitato d’accoglienza per le navi dei pirati che insidiavano il caricatore, il borgo e le genti che vi abitavano. L’alleanza tra il cristiano re di Francia ed il pirata musulmano Ariadeno Barbarossa che funestava le coste mediterranee, rese, nel XVI secolo, molto vulnerabili gli insediamenti costieri siciliani. L’imperatore Carlo V si rese subito conto di come, sia la fortezza di Brucoli, sia la maggior parte delle altre opere di difesa delle coste siciliane, non fossero più in grado di contenere le incursioni piratesche sull’isola; diede ordine quindi di rifondare il sistema difensivo costiero affidando all’architetto bergamasco Camillo Camillani il compito di rafforzare le opere di difesa già esistenti o di edificarne di nuove lì dove occorresse. La fortezza di Brucoli fu quindi ricostruita assumendo l’aspetto che ha oggi esclusa la merlatura andata irrimediabilmente perduta nel XIX secolo».

http://www.bandw.it/gallery%20foto/Castelli/Castello%20di%20Brucoli/album/index.html


Buccheri (resti del castello)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito it.wikipedia.org

«La più formidabile fortezza del Val di Noto; un luogo di cui oggi scorgiamo solo pochi resti. Buccheri (820 m s.l.m.) è il più alto Comune della provincia di Siracusa. Un luogo caratteristico del paese è il castello, che chiude a settentrione il centro abitato. Fu abitato ed attivo nel periodo compreso tra il XIII e il XVI secolo. Aveva la forma di un quadrilatero con due torrioni nella parte anteriore, l'ingresso rivolto a sud e un'altra torre maestra al centro. Le fonti storiche ci dicono che il castello di Buccheri era “la più formidabile fortezza del Val di Noto”. Fu al centro di diverse vicende storiche, legate alla guerra fra siciliani e angioini, alle guerre civili scoppiate fra le potenti famiglie baronali del regno. Sicuramente attivo nei periodi della Contea e della Baronia, era già distrutto al tempo del Principato. Da quell'altezza lo sguardo si perde lontano sulla vasta pianura di Catania, il Mongibello, il mar Ionio e il promontorio calabrese. Le fatiscenti strutture furono demolite dagli abitanti per ricavarne materiale utile alla ricostruzione delle loro case, ferite dal sisma del 1693. La storia ha celebrato l'importanza di questo fortilizio. Del castello di Buccheri parla anche un documento conservato presso la biblioteca di Palermo: "Si va detegendo che quella rocca intorno la quale pria del terremoto dell'anno 1693 era situato il paese, nel modo che dicesi volgarmente castello, sia stato fabricato sino da allora che era in fiore la città di Leontini per difesa nelle guerre civili. Tuttora vi si vedono esistenti rimasugli di grosse mole di fabbriche crollate a terra senza il menomissimo scompaginamento, ammirandosi nel tempo stesso la forte lega della calce co' rena di fiumara. Si dice essere da quel tempo colonia di Leontini, difendendosi gli abitanti in questo ben munito castello e dall'arte e dalla natura...". Oggi scorgiamo solo pochi resti a testimonianza di quelle antiche difese».

http://www.siracusaweb.com/main/buccheri/monumenti/il-castello-di-buccheri.html (articolo di AA.VV., dal quotidiano "La Sicilia", 24 marzo 2006)


Buscemi (castello Requisenz o del Principe)

Dal sito www.lasiciliainrete.it   Dal sito www.comune.buscemi.sr.it

  

«Il castello di Buscemi o castello Requesenz è attestato con certezza a partire dal XIV sec. d.C. Tuttavia per i secoli precedenti le fonti documentarie accennano all’esistenza di un sito forte strategicamente importante. Edrisi, intorno al 1150 d.C., ricorda Buscemi in qualità di qal’a/fortezza da “farvi affidamento e appogiarvisi. Giace in mezzo ai boschi”. La descrizione, sintetica, rivela le principali caratteristiche del luogo, sul quale si ritiene sorgesse già un fortilizio legato alla dominazione araba (fortellicium di Abu Sàmah). ... Sulla sommità di contrada Monte si osservano pochi ruderi dell’originaria fortezza. Le numerose tracce sulla roccia testimoniano l’origine rupestre del complesso. Il nucleo originario del castello è da ricercarsi nella parte più alta del rilievo. I resti presenti in questa porzione del colle, essenzialmente un cavo di fondazione e parte di una bastionatura settentrionale, si suole interpretarli come i resti dell’antica fortezza di Abu Samah. Il taglio di fondazione appare praticato con cura e restituisce materiale edilizio composto da pezzami grossolanamente sbozzati e cementati con pietrame minuto e cocci. Simile tecnica edilizia si osserva nell’opera di consolidamento della roccia sottostante, nel riempimento di bastioni e fessure delle rocce. Questo primo ridotto fortificato risultava protetto da una cinta muraria spessa più di due metri e salvaguardato ad est e nord da due torri (una con probabile funzione di barbacane) di cui oggi rimangono i soliti tagli nella roccia e i resti delle scalette del pianterreno. Ad oriente doveva trovarsi anche l’ingresso principale. Si conserva una porzione della via di accesso, che da meridione consentiva di raggiungere la fortezza. Si tratta di una rampa lastricata in pietra lavica quasi del tutto ricoperta da detriti provenienti dal dilavamento del colle. In epoca normanna l’area fortificata si estese oltre il perimetro del forte musulmano. Il colle, infatti, offriva altro spazio che venne progressivamente occupato. Ad est del fortilizio si apre un altro pianoro dove trovano posto i ruderi di un complesso edilizio costruito durante la seconda metà del XVIII secolo (1765). Il caseggiato, probabilmente un convento, venne innalzato sfruttando il materiale proveniente direttamente dalla fortezza progressivamente spogliata della muratura residua.

A metà strada tra i ruderi del castello e dell’edificio settecentesco ancora oggi si può osservare la presenza di una cisterna e di una scala giudicati facenti parte del complesso castrale normanno ma antecedenti allo stesso, come parrebbe dimostrare il congruo numero di frammenti ceramici legati al periodo tardo imperiale e bizantino, frammenti riutilizzati nelle malte dei bastioni e della cortina più esterna del castello. Studi relativamente recenti ritengono, inoltre, che la facies tardo imperiale/bizantina fosse rappresentata da un villaggio in parte rupestre che si estendeva immediatamente a nord della cortina esterna del castello e proseguiva attraverso le numerose grotte, che tutt’ora giungono fino al monastero del S. Spirito. Il villaggio sembra che si distinguesse anche per la presenza di una torre, probabilmente demolita nel corso del XVIII sec. e di cui oggi si riconoscono solo tracce delle fondazioni. Sull’estensione del castello durante il periodo normanno poco si conosce. è probabile che la fortezza si ingrandisse fino ad occupare la restante superficie del pianoro attraverso una cortina muraria edificata tra la fine dell’XI e gli inizi del XII. Allo stesso periodo si daterebbero due torri, una nei pressi della porta di ingresso, un’altra posta a nord. Si ritiene che alla fine del periodo normanno, forse al tempo del Miles Paganus, si innalzasse un’altra cinta in direzione est, a protezione della cisterna bizantina e della torre musulmana posta ad oriente, e si intraprendesse un rifacimento complessivo delle fortificazioni, che vennero ricostruite o rinforzate per mezzo di piccoli blocchi di pietra locale, ai quali si attribuisce un muro a nord e parte dei bastioni ancora visibili. Dal XIII sec. sembra abbiano inizio alcune radicali trasformazioni. Per volontà dei Ventimiglia si edifica un palazzo fortificato (un dongione?) con cortile interno e baglio esterno, del quale si preserva memoria in un documento (documento Rau). Il sisma del 1542 colpisce il castello, causando ingenti danni e accelerando la decadenza delle strutture. Nel 1604, essendo il complesso passato alla famiglia Requesenz, si decide di aggiungere un’ampia stalla, trasformando quel che rimaneva del complesso fortificato in un semplice casale utile per le attività agricole della zona. Il terremoto del 1693 demolisce e rade al suolo l’insieme degli edifici presenti sul pianoro, ormai fatiscenti e presumibilmente disabitati. Dopo il sisma del 1693, l’abbandono dei luoghi risulta pressoché totale e i ruderi fungono da cava di pietra per l’edificazione dell’attiguo caseggiato».

http://www.medioevosicilia.eu/markIII/castello-di-buscemi-o-castello-requesenz  [a c. di Giuseppe Tropea; nel testo originale i riferim. bibliografici)


Capo Passaro (fortezza di Carlo V)

Dal sito http://castelli.qviaggi.it   Dal sito www.siracusaturismo.net

«Il forte, che si erge maestoso sul punto più alto dell'Isola di Capo Passero, poggia con il suo imponente "massiccio" sulla tenace roccia calcarea che affiora diffusamente sull'isola e che, nel tempo, ha garantito stabilità alla struttura. La costruzione ha perimetro quadrato, con lati di 35 metri. Il basamento, scarpato e privo di aperture, si innalza fino alla quota di 4 metri dal piano campagna; da detta quota si snoda il primo livello, raggiungibile dall'esterno attraverso una rampa di scale a forma di L. Sopra il portale d'ingresso si staglia un grande stemma costituito da un'aquila che regge uno scudo con insegne araldiche. Lo stemma appartiene al Re Filippo III, salito al trono di Spagna e di Sicilia nel 1598. I muri esterni del forte sono costituiti da blocchi regolari di arenaria ai quattro angoli e, per il resto, da muratura di pietrame calcareo rivestita di intonaco. Tutta la costruzione è concepita attorno ad una corte quadrata, con lato di 12 metri circa. Al centro si trova una grande cisterna dove veniva convogliata l’acqua piovana proveniente dalla terrazza attraverso un sistema di grondaie. Gli ambienti del primo livello, quindici in tutto, non hanno aperture verso l'esterno e prendono luce ed aria unicamente dalla corte. Ai quattro angoli le stanze sono quadrate e con volte a vela, in muratura di laterizi; le altre, invece, sono rettangolari e con volte a botte. Subito a sinistra del vano d'ingresso si trovava una piccola cappella per le funzioni religiose; gli altri vani del primo livello costituivano invece gli alloggi del cappellano e dei soldati. All'entrata di uno di questi, su un'architrave, è scolpito il seguente motto: "Melius est invidia urgeri quam commiseratione deplorari, 1701", che dovrebbe significare "meglio sbrigarsi (agire, darsi da fare) che deplorare con commiserazione gli eventi (stando a guardare, rassegnandosi)".

Anche le sedici stanze del piano superiore sono per lo più prive di aperture verso l'esterno, fatta eccezione per otto piccole finestre disposte sui quattro lati del forte, senza un apparente criterio di simmetria. La disposizione e le dimensioni delle stanze riflettono per lo più quelle del piano inferiore, con lievi differenze. Un ballatoio, sostenuto da grandi mensole, contorna il perimetro della corte, disimpegnando le stanze di questo livello. Qui si trovavano gli appartamenti del comandante e degli ufficiali. Sull'ampia terrazza di copertura era piazzata l'artiglieria. In corrispondenza dello spigolo di nord-est spicca ora il faro della Marina Militare, la cui portata luminosa è di 10,8 miglia nautiche. All'angolo adiacente si riconosce un antico posto d'osservazione. Forse proprio da qui, nel lontano 11 agosto 1718, fu possibile seguire il drammatico epilogo della grande battaglia navale che vide la flotta inglese comandata dall'ammiraglio Binghs inseguire, distruggere e catturare in queste acque le ventisei navi della flotta "Angiovina" del vice-ammiraglio Castagneto. Recentemente il Forte di Capo Passero è stato restaurato (i lavori sono terminati nel 2007, dopo 3 anni di interventi) e recuperato dall'oblio in cui era sprofondato da molti anni grazie al Progetto Integrato Territoriale (PIT) "Ecomuseo del Mediterraneo", volto alla riqualificazione e valorizzazione delle risorse storiche, architettoniche e naturalistiche del territorio siracusano. Determinante è risultata la collaborazione tra la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, la Provincia Regionale di Siracusa e il Comune di Portopalo di Capo Passero, il cui intento è quello di rendere fruibile questo importante monumento e consentirne l’utilizzo per eventi e manifestazioni di carattere culturale».

http://www.siracusaturismo.net/public/cosa_vedere/Castello_Fortezza_Carlo_V_Portopalo_di_Capo_Passero.asp


Cassibile (castello del Marchese)

Dal sito www.sampognaro.it   Dal sito www.sampognaro.it

«Il Castello del Marchese di Cassibile sorge nei pressi della S.P. Cassibile-Cugni-Stallaini sulla sommità del Cugno Croce (sotto di cui vi è allocata la Necropoli del Cassibile). Esso venne costruito nei primi anni dell'800 per volere del Marchese Silvestro Loffredo sull'altura del Cugno Croce in modo da poter osservare tutto il suo feudo. Oggigiorno questo castello è diroccato ed abbandonato, anche se appartiene tuttora alla famiglia Loffredo. Architettonicamente il Castello presenta una pianta quadrangolare e presenta un portale d'accesso di forma arcuata. Su ciascuno dei quattro lati vi è una fila di tre finestre sormontate da un timpano triangolare. L'interno di questa residenza presenta stanzoni ormai spogli. Bisogna dire che nei pressi di questo Castello vi sono le rovine di alcuni fabbricati storici tra cui citiamo i due "Trappeti" ("Trappeto Vecchio" e "Trappeto Nuovo") in cui venivano macinate le olive per estrarre l'olio d'oliva e l'uva per estrarre il vino».

http://itinerariprovsr.altervista.org/index.php?mod=04_Siracusa/06_Luoghi_da_visitare/07_Cassibile...


Castelluccio di noto (resti del castello)

Foto di Diego Baruscco, dal sito www.siciliafotografica.it   Foto di Mboesch, dal sito www.wikiwand.com

«Ubicazione: rovine del 'Castello Vecchio'; km 1,5 a nord della masseria e del borgo Castelluccio. Da Noto e da Palazzolo Acreide mediante la strada provinciale Noto-Testa dell'Acqua-Palazzolo; a 4 km a Nord di Testa dell'Acqua (o 10 km da Palazzolo), bivio per Castelluccio (quindi si procede per 6 km in discesa fino al castello). Da Noto o da Ragusa, tramite la strada statale 115; imboccando la diramazione con l'indicazione 'Giarratana'; dopo 13 km s'incontra il bivio per Castelluccio; l'abitato si trova a meno di 2 km. il castello a 4 km. Cronologia delle principali fasi storico-costruttive: non precisabile con esattezza; Il castello è ricordato alla metà del XIV secolo e dovrebbe essere una fondazione trecentesca sorta comunque su un sito pluristratificato, presumibilmente su preesistenze d'età bizantina e preistorica (Orsi 1893, p. 31 n. 4, insisteva "sull'alta antichità di una porzione degli avanzi di codesto Castelluccio"); in età moderna sorse una nuova masseria distante in linea d'aria km 1,5 in direzione sud dal vecchio castello. ... Rapporti ambientali: dalla forte posizione del Castelluccio (il sito, occupato da un insediamento preistorico, è eponimo di una cultura della prima età del bronzo identificata da Paolo Orsi) si domina la valle del fiume Tellaro: essa costituisce un'importante via di comunicazione tra i centri del settore sud-orientale dell'isola, come Noto, ed i centri abitati dell' altopiano ibleo, come l'odierna Palazzolo Acreide. Dopo la fase preistorica, una fortificazione fu presumibilmente eretta a difesa di un abitato tardoantico e bizantino, testimoniato da un gran numero di ipogei cristiani, fra cui particolarmente celebre è la cosiddetta 'Grotta dei Santi'. Il successive castello trecentesco, oltre a divenire il centro del feudo che da esso prese il nome, svolse importante funzione strategica per il controllo della via del Tellaro in difesa di Noto. Nel 1358, infatti, durante le lotte tra 'parzialità latina' e 'parzialità catalana' i Chiaramontani provenienti da Lentini e diretti a Noto, s'impadroniscono del fortilizio e decapitano il castellano Giovanni Landolina che aveva tentato di fermarli. Descrizione: va ritenuta parte essenziale della fortificazione un'area sub divo avente pianta di triangolo isoscele (ca. m 50 x 50 x 30), che, con porta di accesso sul lato breve (sud), e protetta da due bastioni convergenti impostati sulla parte finale delle pareti di un contrafforte affacciantesi sul Tellaro. Di questo impianto si conservano la porta, qualche rudere nel lato orientale e, sul lato occidentale, un tratto di muro lungo m 15 e spesso m 2, costruito a doppio paramento con blocchi di media dimensione cementati mediante malta. ... Degli edifici veri e propri del castello rimane ben poco...».

http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=120


Castelluccio di Noto (torre Messinella)

Foto di di Roberto Capozio, dal sito www.antoniorandazzo.it   Dal sito http://sudestsicilia.altervista.org

«Posta in una felice posizione panoramica, quella che fu una casina di caccia dei Marchesi di Castelluccio, è una costruzione a due piani con terrazza merlata, la sua realizzazione, probabilmente, risale alla seconda metà dell'Ottocento» - «Ad est del sito archeologico di Castelluccio, seguendo la S.P. 81 la strada costeggia un'area di rimboschimento della Forestale (che secondo alcune mappe molto probabilmente si troverebbe su di un cimitero abbandonato, appartenente al limitrofo feudo di Castelluccio) fino a quando sulla nostra destra (andando verso Rigolizia) vi è una sbarra facilmente scavalcabile che non è altro che il sentiero che conduce alla Cava Messinella. Qui vi è ubicata la Torre Messinella, posta in posizione panoramica sulla limitrofa cava iblea. Essa è di costruzione relativamente recente e si ispira alle torri medievali poiché si presenta merlata sulla sommità. Essa è formata da un accesso arcuato e da finestre con balaustrini scolpiti ad arco cuspidato con timpano arcuato. L'interno di questa torretta ospita una piccola casa-vacanza».

http://www.wwfgiarre.org/notizie/30-escursioni/escursioni-2015/353-castelluccio-di-noto.html - http://sudestsicilia.altervista.org...Torre_Messinella


FERLA (resti del castel di Lega)

Resti del Castel di Lega, dal sito www.antoniorandazzo.it   Resti del Castel di Lega, dal sito www.antoniorandazzo.it

«Ubicazione: contrada 'Castello': la zona è raggiungibile dalla strada di collegamento Cassaro-Ferla, nei pressi della periferia sud-est del centro abitato. Localizzazione storica: Val di Noto. Cronologia delle principali fasi storico-costruttive: non precisabile; il castello fu distrutto nel 1693. ... Proprietà attuale: l'area su cui sorgeva il castello è privata. Uso attuale: l'area è adibita ad uso agricolo. Stato di consistenza: scarsi resti fuori terra non consentono una lettura ricostruttiva dell'impianto. Impianto planimetrico: non rilevabile. Rapporti ambientali: il castello sorgeva sopra una collina, vicino la chiesa di San Paolo. Tale notizia si ricava da un atto di vendita di case del 10 dicembre 1653: Gerolamo Failla vende ad Angelo Lanteri due case solerate esistenti nella terra di Ferla e in contrada di lo castello seu S. Paolo. ... Descrizione: nel 1693 il castello venne distrutto dal terremoto e il suo materiale venne riutilizzato per la riedificazione delle nuove abitazioni. ...».

http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=118


Francofonte (castello di Chadra)

a cura di Giuseppe Tropea


Francofonte (castello di Francofonte)

Dal sito http://web.tiscalinet.it/itcalaimo   Dal sito http://web.tiscalinet.it/itcalaimo

«Il castello di Francofonte è situato nella parte più alta del paese, detta "motta "e occupa un’area in declivio nord-ovest, sud-est. Il nucleo del castello è costituito da 2 massicce torri cilindriche con un diametro di m 5,70 legate al pianterreno da una sala disposta in direzione nord. Il complesso aveva due ingressi entrambi sul lato orientale che dopo il terremoto del 1693 sono stati sostituiti dall’ala del palazzo marchionale. All’interno del palazzo si conservano ancora notevoli resti dai volumi delle due massicce torri e della torre scalare detta "Garigol" anche se ridotte in altezza. Non esistono dati che documentino l’origine del castello, ma sulla base dei caratteri propri dell’edificio è possibile ipotizzare che esso sia stato costruito intorno al 1350 con l’innalzamento del torrione centrale, il cosiddetto mastio che aveva uno spessore murario di 2,20 e a pianterreno non aveva ingresso; in una fase successiva furono costruiti la torre gemella, il muro di cinta e le torri angolari. Alla fine del Medioevo furono aggiunte le quattro torri mediane e fu costruita la sala sotterranea per collegare il pianterreno con le torri sul lato nord. Le torri erano coronate da terrazzi merlati ed erano servite da una scala a chiocciola scavata in una torretta addossata alla torre occidentale. Le torri erano disposte su tre elevazioni e contenevano gli alloggi baronali , mentre nella parte meridionale si trovavano gli edifici destinati al deposito, ai servizi, alle stalle. Una cinta muraria rettangolare rafforzata agli angoli e nella parte mediana da otto torri e collegata da un camminamento per le ronde chiudeva il tutto. Dopo il terremoto del 1693 buona parte del castello fu demolita per essere ricostruita e le demolizioni continuarono anche nei secoli successivi».

http://web.tiscalinet.it/itcalaimo/comenius/ITALIANO/Castello%20italiano.htm


Francofonte (palazzo Gravina Cruyllas o palazzo Marchionale)

Dal sito http://web.tiscalinet.it/itcalaimo   Dal sito www.siracusanews.it

«Nel 1629 il Marchese Ludovico Gravina-Cruyllas viene nominato 1° Principe di Palagonia dal Re Filippo V. La sua signoria non è però tra le più felici per Francofonte così come non lo sarà tutto il sec. XVII, costellato da una serie di eventi negativi in parte dovuti al malgoverno spagnolo. Guerre, epidemie, rivolte popolari e il violento terremoto del 1693 mettono in ginocchio l’economia della Sicilia Sud-Orientale: sessanta tra città e paesi sono colpite dal sisma. A Francofonte vi furono 345 morti su 2.039 abitanti. Il palazzo, sorto a ridosso del castello, fu fatto costruire, per volontà di Don Ignazio Sebastiano Gravina, nel 1705, come si evince dalle iscrizioni sulle lapidi poste ai lati dell’ingresso principale, e ultimato nel 1710, come si può leggere sul timpano del balcone laterale sinistro. Alla fine dell’ottocento il palazzo subì le prime modifiche: le pericolanti balaustre dei balconi furono sostituite da ringhiere in ferro; le finestre inferiori furono trasformate in porte d’accesso ai locali interni e l’unica finestra che ha mantenuto intatto il suo aspetto originario può osservarsi sul lato sinistro del palazzo. Nel lato nord vi è un bassorilievo romano-gotico raffigurante la Vergine con Bambino ed Angeli, e in ginocchio un cavaliere (Artale Alagona?) in atteggiamento di preghiera. Divenne sede Municipale nel 1919. ... Il palazzo marchionale ha caratteristiche rinascimentali e barocche. In alto corre un cornicione a balaustra che poggia su mensole scolpite, raffigurante maschere grottesche l’una diversa dall’altra. Ai lati sì notano saldi contrafforti in pietra lavica di forma piramidale con sfaccettature in rilievo sormontati da due balconi angolari, di fattura architettonica uguali al balcone centrale. I balconi poggiano su mensole scolpite e le aperture presentano stipiti trattati in bugnato, quello centrale più fittamente decorato porta al centro lo stemma della famiglia del Principe di Palagonia. Il portone è delimitato da una coppia di pilastri sovrapposti che sorreggono un arco a tutto sesto. Il palazzo poggia su una piattaforma sopra elevata che nella parte anteriore si snoda in un ampia scalea formata da sei gradini in pietra nera. Sul lato nord del muro dei castello, vi è una lunetta romanico-bizantina dalle linee elegantissime. Lo stemma attuale rappresenta una torre all’estremità di un ponte a più arcate con acqua scorrente ed un cavaliere medievale a cavallo, munito di lancia alle prese con la leggendaria Idra».

http://www.comune.francofonte.sr.it/Turismo%20e%20Cultura_file/page0002.htm


Lentini (castrum vetus o Castellaccio)

a cura di Giuseppe Tropea


Lentini (castello di Xirumi Serravalle)

   Dal sito www.novedicembre.it      Dal sito www.icastelli.net

«Il Castello Xirumi di Serravalle è un magnifico edificio del XVI secolo, da centinaia di anni proprietà dei Baroni Grimaldi di Serravalle. Situato ai confini della piana di Catania, rientra come territorio nel comune di Lentini, e, con la sua azienda agricola, il feudo costituisce uno dei più grandi agrumeti della Sicilia orientale. La proprietà inoltre rappresenta un’area di grande interesse archeologico, essendovi una necropoli dell’età neolitica. Al castello si accede tramite un viale fiancheggiato da palme e flora mediterranea. Il castello di Xirumi è formato da una corte interna sulla quale si aprono diversi magazzini: un palmento, un frantoio e un magazzino del grano che, perfettamente restaurati, si prestano per ricevimenti e congressi di ogni tipo e numero. Il mobilio antico è arricchito da bellissimi trompe-l’oeuil, mentre il pavimento, in cotto siciliano antico, ha disegni che cambiano da stanza a stanza. Grandi camini in pietra riscaldano i salotti. Completano i servizi offerti dal castello una bellissima piscina, con vecchia stalla adibita ai servizi ed a spazio bar, ed una suggestiva chiesetta consacrata».

http://www.icastelli.net/localita-112-1-castello_di_xirumi_serravalle_wedding.html


Melilli (castello di Altavilla, non più esistente)

  Melilli oggi, dal sito www.comune.melilli.sr.it    

«Il castello di Altavilla è da localizzarsi in Val di Noto, nel comune di Melilli in provincia di Siracusa. Il castello, attestato dal 1374, subì distruzioni per i terremoti del 1542 e, soprattutto, del 1693. ... Il castello sorgeva nel pianoro soprastante il paese di Melilli, in località che ancor oggi è denominata 'Castello' e fu sconquassato dal terremoto del 1542 e distrutto da quello del 1693. Vi era inoltre una torre, munita di artiglieria e ben capace, posta sotto il castello a difesa immediata del paese, precisamente nell'altipiano che tramanda il nome, attualmente incorporato nell'abitato tra la casa feudale dei Moncada e Cugno dei Cappuccini. Secondo l'Amico la fortezza sorgeva un tempo "... nella parte suprema, componevasi tutta di pietra quadre e talmente tra se ben combaciate da sembrare quasi una mole intera". Da una lettera del 1740 del notaio Bartolomeo Albani indirizzata al monaco don Giacinto, apprendiamo che la torre antica venne ricostruita, denominata 'nuova' e portava sopra la porta uno stemma. ".... Spero in questa settimana di impegnarmi a fare diligente lavoro per copiar sopra luogo lo stemma che trovasi sulla porticella ..."».

http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=117


Melilli (castello di Curcuraci o Curcuraggi, non più esistente)

Nella foto di S. Leggio, i resti del castello o masseria fortificata di Monte Climiti presso Melilli, dal sito www.hermes-sicily.com   Nella foto di S. Leggio, i resti del castello o masseria fortificata di Monte Climiti presso Melilli, dal sito www.hermes-sicily.com

«Ubicazione: contrada Curcuraggi, m 152 s.l.m, km. 3 a sud-est di Villasmundo (frazione di Melilli) e a km 7,5 dalla costa (porto megarese). Vi si perviene mediante la strada statale 114, Catania-Siracusa, fermandosi al km 143, ad est del quale e la masseria Curcuraggi. Localizzazione storica: Val di Noto. Cronologia delle principali fasi storico-costruttive: non precisabile; è ipotizzabile una fondazione trecentesca. ... Proprietà attuale: privata. so attuale: azienda agricola. Stato di consistenza: attestazione documentaria e resti inglobati in strutture successive. Impianto planimetrico: non accertabile. Rapporti ambientali: sorgeva sull'importantissima arteria Catania-Siracusa e non distante dal porto di Megara. Descrizione: il fortilizio medievale fu inglobato in costruzioni posteriori trasformate poi in una moderna masseria, per cui non è più riconoscibile alcun elemento architettonico originario».

http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=117


Noto (porta Reale)

Dal sito www.siracusaturismo.net   Dal sito www.bluffton.edu

«Eretta in onore di re Ferdinando II di Borbone, una porta che segna l'ingresso della città giardino di pietra. L'asse principale è corso Vittorio Emanuele, scandito da tre piazze. In ogni piazza una chiesa, il corso è annunciato dalla Porta Reale, monumentale ingresso a forma di arco di trionfo, eretto nel XIX sec. La porta è sormontata da un pellicano, simbolo dell'abnegazione nei confronti di re Ferdinando. Ai due lati si trovano una torre, simbolo di fortezza ed un cirneco (antica razza canina siciliana), simbolo di fedeltà. Alle spalle si stende un viale alberato fiancheggiato dal bel Giardino Pubblico caratterizzato dalle macchie viola della bougainvillea e dai ciuffi delle palme tra i quali emergono i busti marmorei di famose personalità locali. è uno dei luoghi di ritrovo degli abitanti».

http://www.siracusaturismo.net/public/cosa_vedere/Porta_Reale_Noto.asp


Noto (resti del castello Reale o castello di Noto Antica)

Dal sito www.facebook.com/note.php?note_id=405958418427   Foto di Mboesch, dal sito it.wikipedia.org

  

«Il castello di Noto, conosciuto anche come castello vecchio o castello reale di Noto, sorge in località Noto Antica, sul monte Alveria, a circa 10 km da Noto, in direzione nord-ovest. Le prime notizie del castello risalgono all'XI secolo, per l'esattezza al Normanno Giordano, figlio di Ruggero d'Altavilla. La fortezza venne poi ampiamente rimaneggiata nel corso dei secoli, specialmente in epoca aragonese. Il mastio quattrocentesco (1430 circa) è stato riutilizzato variamente nel corso dei secoli XVI e XVII (la torre circolare viene utilizzata quale carcere come si apprende da iscrizioni e graffiti sulle pareti interne con varie date). Resti di strutture murarie si conservano presso la cortina del mastio sulla quale si appoggiavano. Queste ultime, indagate con saggi di scavo, risultano distrutte, probabilmente a causa del terremoto del 1693 che determinò la distruzione e l'abbandono della città e del castello, già precedentemente colpiti dal sisma del 1542. L'edificio, costruito su un masso roccioso che scende ripido sui fianchi di nord-est, ha una visuale ampia fino alla zona costiera. Controlla inoltre le vicine vallate e la via di collegamento con l'esterno della città nel suo percorso iniziale verso nord. Il complesso architettonico è collegato con il complessivo sistema difensivo della città e si inserisce in un più ampio complesso dalle notevoli valenze archeologiche e ambientali comprendente la necropoli sicula nord di Noto Antica con 120 tombe a grotticella dell'età del ferro ... L'impianto planimetrico è formato da una torre 'mastra' affiancata da muro di cortina entro fortificazione quadrilatera (il lato settentrionale incompleto ed irregolare perché si attesta in parte al ciglio roccioso). Vi sono poi 3 torri, di cui due angolari e una centrale, nel lato meridionale del quadrilatero. A nord una piattaforma di appendice al quadrilatero è inclusa nelle poderose strutture dei bastioni cinquecenteschi della città. Si ammirano resti dell'edificio su piattaforma calcarea con sezioni oblique in corrispondenza dei fossati. Macerie del castello in gran parte all'interno del perimetro. Arbusti con radici entro le strutture murarie. Grata metallica nella torre circolare per la tutela dei graffiti all'interno. Dinanzi alla torre stessa altri graffiti. Tra il 2007 ed il 2009 l'area del castello reale di Noto è stata sottoposta a lavori di restauro e consolidazione. L'area del castello, così come tutta l'area archeologica di Noto Antica, è comunque in abbandono è soggetta dunque ad un continuo degrado».

http://www.icastelli.it/castle-1234820721-castello_di_noto-it.php (a cura di Andrea Orlando)


Ossena (castello)

a cura di Giuseppe Tropea


Pachino (ruderi della torre Fano)

Dal sito www.pachinoglobale.net   Dal sito www.pachinoglobale.net

«Fin dalle antiche epoche storiche, e comunque a partire dal periodo greco-siracusano ellenistico, fu edificata, in contrada belvedere di Torrefano, una Torre di segnalazione e controllo del mare. Principalmente destinata alle comunicazioni con capo Murro di Porco (Plemmirio), e Siracusa. La costruzione di questa torre fu voluta da Siracusa, capitale del mondo ellenistico occidentale e della Magna Grecia. Dunque, in un periodo storico che ha inizio intorno al 700 a.C. Il fano veniva principalmente utilizzato come guida ai naviganti che doppiavano il Pachino, ma, anche, sito di controllo e guardia del mare africano a protezione contro le incursioni puniche. Il fano ebbe le stesse funzioni nel periodo romano e bizantino. Il transito nel promontorio era necessario per la comunicazione marittima fra la Capitale, Siracusa, e le sua colonia nel mare africano occidentale Camarina La quale fu edificata e costruita intorno al 589 a.C. I fani, in sistema, intesi come punti di segnalazione contro gli assalti provenienti dal mare sono quelli costruiti a partire dal periodo Normanno, Svevo e Aragonese. Anche se, vista la sua posizione (terza punta della Sicilia) una grande importanza strategica l’ha sempre avuto e la avrà nel tempo storico contemporaneo».

http://www.siciliasud.it/luoghi-Torre-Fano-Portopalo


Pachino (ruderi della torre Xibini o Scibini)

Dal sito www.legambiente.info   Dal sito www.legambiente.info

«La torre Scibini, ubicata nei pressi dell’abitato di Pachino, fu eretta nel 1494 dal barone Antonino Xurtino o Sortino, signore dei feudi Scibini, Bimmisca e Belludia. Il barone Antonino apparteneva ad una illustre e nobile casata stabilitasi a Noto alla fine del XIV secolo, sotto il Re Martino il Giovane. Il privilegio di investitura del feudo Scibini e degli altri feudi fu concesso ad Antonino il 10 luglio 1492 dal viceré Ferdinando de Acugna, in nome e per conto di Ferdinando II detto il Cattolico, re di Aragona e di Sicilia. Antonino fece costruire la torre per suo prestigio personale e per difendere le sue terre e i raccolti dalle razzie dei pirati barbareschi. Quel che rimane oggi della torre sono il basamento a scarpa, a pianta quadrata con volta a botte, e il lato orientale delle mura del piano superiore. Nel 1994 la torre è stata oggetto di un intervento di consolidamento e restauro conservativo ad opera della Soprintendenza di Siracusa. Il rudere, allo stato attuale, raggiunge l’altezza di circa dieci metri mentre i lati della base misurano ciascuno 10,30 metri. Sul prospetto orientale si osservano ancora: una porticina ogivale, integra e sospesa nel vuoto, uno stemma scolpito nella pietra calcarea e una lapide con iscrizione in lingua latina. Lo stemma è quello della famiglia Sortino, qui delimitato da un’elegante cornice in rilievo di forma romboidale. All’interno della cornice si riconosce ancora l’insegna della casata, costituita da uno scudo con tre barre oblique in basso sormontate da una barra orizzontale al centro. Nella parte superiore, dove doveva trovarsi una rosa, lo stemma è stato rovinato dai processi erosivi. Il disfacimento della pietra ha intaccato anche la lapide posta sopra lo stemma, non consentendo di leggere, nella sua interezza, l’iscrizione.

Nella parte alta della torre si protendono dei mensoloni, o quel che resta di essi, che forse sorreggevano un coronamento aggettante. Nella parete interna del primo piano è sopravvissuto alle ingiurie del tempo un bel pilastro dai conci squadrati, che termina con un ringrosso a guisa di abaco, destinato a sostenere la volta del secondo solaio. I documenti antichi testimoniano che vicino alla torre si trovavano delle stalle, un magazzino per il deposito del grano e di altre derrate agricole, un pozzo e dei piccoli caseggiati ad uso dei contadini che lavoravano nel feudo. Quel che è certo è che la torre non fu mai presidiata da una guarnigione militare né tantomeno fu utilizzata come punto d’avvistamento e segnalazione. In essa, infatti, si teneva solamente un custode per la sorveglianza del luogo e per i lavori di manutenzione. Ne è la prova un atto notarile dell’ottobre 1547 con il quale il gabelloto che aveva in affitto il feudo Scibini assoldava come guardiano della torre un certo mastro Santoro Carnemolla di Noto ... La torre fu seriamente danneggiata dal terribile terremoto del 1693 e da allora, forse, mai più rimessa in sesto. Il disegno più antico della torre Scibini risale al 1780 ed è opera del sacerdote Antonino Maria Tedeschi, autore di un trattatello manoscritto sulla storia di Noto e sul suo territorio. Nell’agosto del 1987 la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Siracusa propose al sindaco di Pachino di acquisire la torre al demanio comunale, avvalendosi della L.R. n. 80/77, in modo da poter procedere a tempestivi interventi di restauro. Il Comune di Pachino divenne proprietario della torre nel 1992».

http://www.legambiente.info/legambiente-pachino-la-torre-scibini-o-xibini/1472 (autore: Antonello Capodicasa)


Palazzolo Acreide (resti del castello normanno)

Dal sito www.geolocation.ws   Dal sito www.palazzoloacreidecasevacanza.com

«...La vita della cittadina cessa nell’827 quando ad Acre si concentrarono le forze bizantine dell’isola per cercare di fermare l’avanzata araba e dar tempo a Siracusa di fortificarsi e prepararsi all’assedio. In questa circostanza o l’anno successivo, Acre fu messa a ferro e fuoco e distrutta per sempre. Dell’antica Acre si perderà il ricordo; nel XVI sec. se ne cercavano le vestigia in altri siti. Il centro medievale sorse vicino all’antica Acre, su un piccolo e ben difeso sperone roccioso sottostante, in posizione strategica di controllo sul territorio e sulle vie di comunicazioni là dove sorgeva un “palatium” imperiale che sicuramente ha determinato il nome del nuovo abitato: “Palatiolum” od anche “Palatiolus”, come si trova nei più antichi documenti. Qui, nei primi anni del regno normanno, venne edificato un castello che dal lato settentrionale si ergeva su un’inaccessibile parete rocciosa. Intorno al castello si sviluppò, a Sud-Sud-Est, e con una particolare struttura urbanistica caratterizzata da strette strade a semicerchio e concentriche, il borgo. Inizialmente il borgo era protetto da una cinta muraria. L’enorme incremento urbano del XIII e XIV sec. determinò l’espansione dell’abitato in una grande area circostante. La cinta muraria non poté più seguire l’ingrandimento del paese. Si pensi che già nel ‘500 Palazzolo, scendendo verso le moderne zone di espansione, aveva assunto, escludendo le moderne zone di espansione, l’attuale assetto urbanistico. ... Ma il terribile terremoto del 1693 fu sicuramente l’evento che ha modificato la storia del nostro paese spezzandone “la continuità della vita socio-economica e culturale”. Circa 700 furono i morti mentre gravissimi risultarono i danni nelle campagne e in tutto il territorio. Il centro abitato in gran parte si sgretolò; caddero le chiese grandi e piccole, sparirono per sempre antichi monumenti ed opere d’arti, archivi, libri, documenti; scomparve gran parte della cultura e della storia di Palazzolo. Anche il vetusto Castello normanno, dimora dei “baroni” di Palazzolo, fu distrutto: di esso rimangono ancora vestigia nella zona  denominata, appunto, di “Castelvecchio”».

http://www.palazzolo-acreide.it/notizie_storiche.htm


Portopalo Capo Passaro (castello Tafuri)

Dal sito www.giovis.com   Dal sito www.siciliasud.it

«Castello maestosissimo, costruito in stile Liberty, incredibilmente tutt'ora abbandonato. Il Castello, contrariamente a quanto può sembrare, è di realizzazione piuttosto recente. La sua costruzione fu iniziata nel 1933 su iniziativa del marchese Bruno di Belmonte usando materiale della grande cava di pietra dell'Isola delle Correnti. L'opera, progettata dall'architetto Saverino Crotti di Firenze, fu portata a termine nel 1935 e divenne proprietà della famiglia Tafuri alla fine degli anni '50».

http://www.sicilie.it/sicilia/Portopalo_di_Capo_Passero_-_Castello_Tafuri


Rosolini (resti del castello Platamone)

Dal sito www.comune.rosolini.sr.it   Dal sito www.rosolini.net

«Rosolini, borgo feudale, si è sviluppata in un arco di tempo di oltre due secoli. La sua origine può farsi risalire alla metà del XV secolo in seguito al matrimonio tra Antonio Platamone e Margherita De Podio, la quale porta in dote il feudo Cugni d’Incumbao, più conosciuto come Li Salini, cioè il nostro attuale territorio. Fu allora che venne richiesta a Ferdinando il Cattolico l’autorizzazione a costruire un castello per dare origine a una città che fosse poi riconosciuta come gli altri nobili feudi del regno. Tale autorizzazione venne concessa il 15 gennaio 1485. Essendo il feudo pertinenza della città di Noto, la concessione venne annullata due anni dopo su pressione della nobiltà netina. Il conflitto tra i Platamone e i giurati di Noto durò circa due secoli, tra concessioni e revoche, poiché le autorità non intendevano rinunciare al privilegio di riscuotere le terze parti del raccolto. In questa lite furono protagonisti anche i coloni che nel frattempo avevano popolato il territorio del feudo e che si ribellarono al pagamento dei tributi. Arriviamo così al maggio del 1704 quando il Principe di Lardaria, Don Francesco Moncada Cirino, sposa Eleonora Platamone, unica erede del patrimonio della sua famiglia. Francesco Moncada, con il suo prestigio, riesce a fare ciò che ai Platamone non era stato permesso di realizzare: egli ottiene, infatti, il 1° agosto del 1712, la “Licentia Populandi” con il benestare delle autorità netine. I nuovi coloni si stabilirono attorno al così detto “Castello”; in effetti era l’abitazione della famiglia Moncada-Platamone, quando d’estate veniva da Palermo per brevi periodi, a incassare le gabelle. Oggi di tutto il palazzo ci rimane solo l’ampio cortile, la torretta campanarial'antica torretta campanaria del "castello Platamone" vicino al portone d’ingresso e qualche muro diroccato. Tuttora, nel dialetto locale, questo posto viene chiamato a Curti (la Corte) proprio per indicarne la funzione giuridica e il luogo che vide sorgere le prime case della città. Se del “Castello” non è rimasto quasi nulla, tuttavia è possibile ammirare una stupenda basilica paleocristiana ipogea, inglobata nel complesso e che ha dato origine al nome di Rosolini».

http://www.comune.rosolini.sr.it/guida/cenni.htm


Siracusa (castel Maniace)

Dal sito www.regione.sicilia.it   Dal sito www.galleriaroma.it

  

«Volgendo le spalle alla mitica fonte Aretusa, possiamo scorgere la possente mole del Castello Maniace, sulla punta estrema dell’isola. L’edificio è fra i più importanti monumenti del periodo svevo e certamente quello che ancor oggi vede formulate il maggior numero di congetture. Il castello sorge su un luogo dove la tradizione narra di precedenti fortificazioni; i recenti scavi, tuttavia, non hanno portato alla luce alcuna traccia del maniero che dal condottiero bizantino Giorgio Maniace prende il nome. È probabile che le profonde escavazioni del banco roccioso fatte in età sveva per le nuove fondazioni abbiano completamente cancellato ogni traccia del probabile fortilizio preesistente... Ma cos’era veramente il Maniace? Era davvero quella macchina da guerra che la tradizione ci tramanda? Possiamo, innanzi tutto dire, che se c’è una scienza che ha buona memoria storica, che non abbandona un sito per un altro, è proprio l’architettura militare. A Trapani la fortezza è all’estremità della città, verso il territorio e non sulla punta; a Messina è nel punto dove l’abitato incontra il territorio; ad Augusta – che ha una conformazione geografica del tutto simile a Siracusa, con due porti – il castello è posto a difesa del porto e della città. Federico II, uomo intelligentissimo, che sapeva costruire i castelli nel punto giusto, ne avrebbe mai costruito uno a Siracusa con scopi difensivi all’imboccatura del porto in posizione eccentrica rispetto alla città? Ben sapeva che la difesa di Siracusa era garantita da un lato dal mare e dall’altro da un castello ancora efficiente, il Marieth, posto sulla terraferma, all’imbocco dell’istmo per Ortigia. Per capire l’importanza strategica del sito basti pensare che proprio dal lato dove sorgeva il Marieth si diramava il complicatissimo sistema difensivo voluto da Carlo V per Siracusa. Anche i dati costruttivi accrescono i dubbi. Manca infatti baglio, cioè la piazza d’arme: quello spazio interno che consentiva le manovre delle macchine da guerra, le ingombranti catapulte, o trabucchi, destinate a lanciare pietre o altro. Né l’interno viene in nostro soccorso. Abbiamo detto che si trattava di una grande sala ipostila, cioè piena di crociere e di colonne che ha soltanto nel modulo centrale un prezioso cortile ma che non ha niente a che vedere con lo spazio di manovra. Le torri stesse, ingombrate all’interno dalle scale, non potevano servire a scopi difensivi. Inoltre l’assenza di strutture abitative, dei depositi per le derrate alimentari e per il munizionamento, accrescono ancor di più il fascino ed il mistero di questa imponente costruzione.

Nel bene e nel male, nei momenti di gloria come in quelli di più bassa decadenza, la storia del castello si è intrecciata con quella di Siracusa: fu qui che Federico firmò il rescritto per la fondazione dell’Università di Napoli. Nel 1288 vi dimorò con la famiglia il re Pietro d’Aragona. Federico II d’Aragona nel 1321, qui convocò il Parlamento siciliano che sancì l’eredita del figlio Pietro II d’Aragona. Nel periodo in cui Siracusa fu sede della Camera Reginale (1305 – 1536) il castello ha ospitato le Regine Costanza d’Aragona nel 1362, Maria d’Aragona nel 1399, Bianca d’Aragona nel 1416, e l’ultima che ebbe in dominio la Città, Germana de Foix, seconda moglie, ora vedova, di Ferdinando il Cattolico. Nel 1540 qui alloggiò anche l’ammiraglio Andrea Doria durate la spedizione organizzata da Carlo V contro i Musulmani. Purtroppo nei secoli la struttura dell’edificio è stata rimaneggiata, dovendola adattare a residenza, a caserma, a prigione. Per tutto il XIV sec. il castello non fu adibito a scopi militari: in alternativa al Marieth veniva impiegato come luogo di contenzione. Soppressa la Camera della Regina, Carlo V, collaborato attivamente dal Viceré di Sicilia Ferrante Gonzaga, intraprese un programma di ampio respiro di consolidamento delle fortificazioni esistenti e di edificazioni di nuovi baluardi. In tale articolato sistema difensivo il castello Maniace doveva diventare il punto di forza: non più in una visione decentrata dalla città, ma punta di diamante protesa sul mare. Dal XVI sec. si inizia un nuovo sistema di munizionamento dell’edificio con l’uso dell’artiglieria. Comincia così un progressivo rafforzamento del castello con opere e strutture complementari (batteria Vignazza, casamatta borbonica, polveriere) con il rischio non solo di vedere stravolta l’antica struttura ma addirittura demolita. Altri guasti vennero dai due potenti terremoti che nel 1542 e nel 1693 hanno sconvolto la città, e dello scoppio, nel 1704, della polveriera del castello che danneggiò irrimediabilmente tutta la parte Nord Ovest: crollò l’intero torrione e una parte della cinta muraria. Nei pressi della torre Ovest si trova il Bagno della Regina: vi si accede da una porticina aperta nel paramento murario e si scende per una scala intagliata nella viva roccia. Si giunge in un ambiente sulle cui dimensioni ed utilizzo molto si è fantasticato. Si narrava che fosse spazioso ed adorno di marmi, con sedili e vasche. Nella realtà si tratta solo di un minuscolo ambiente di circa 1 m. per lato ed altro non è che una fonte di approvvigionamento idrico del castello, che sfrutta una delle polluzioni di acqua dolce delle quali un tempo era ricca Ortigia».

http://www.comune.siracusa.it/Politiche_Culturali/Turismo/Itinerari_Ortigia/Castello_Maniace.htm


Siracusa (castello Eurialo)

Foto di Fabio Cardile, dal sito www.lafrecciaverde.it   Dal sito http://arengario.net

«A circa 7 km da Siracusa, in direzione di Belvedere, sorge il Castello Eurialo (dal greco "eurvelos", chiodo dalla larga base), la più grande e completa opera militare che sia rimasta del periodo greco. Esso ha una superficie di circa 15.000 mq., munito di larghi fossati, torri d'avvistamento, un ponte levatoio e trincee sotterranee, che rendevano la città di Siracusa inespugnabile. Fu fatto costruire, a difesa della città, da Dionisio il Vecchio in sei anni, fra il 402 ed il 397 a.c., periodo in cui Siracusa fu in lotta con i Cartaginesi. Per rafforzare la difesa della città, oltre a costruire nuove navi ed ampliare gli arsenali, Dionisio decise di fortificare l'Epipoli (città alta) che, durante l'assedio Ateniese di qualche anno prima, aveva rappresentato il punto debole del sistema difensivo. Ai lavori parteciparono 60.000 uomini, che costruirono in 20 giorni un muro lungo 5.000 metri, a difesa della parte Nord dell'Epipoli; il resto venne poi edificato nei successivi 6 anni. L'entrata di questo castello è protetta da 3 fossati. Il primo, oggi interrato, è lungo 6 m. e profondo 4 m.; il secondo, a 86 m. dal primo, è lungo circa 50 m., largo 22 m. e profondo 7 m.; il terzo fossato è largo 17 m., profondo 9 m. e lungo 80 m.. Quest'ultimo fossato era il più importante, in quanto collegava tutto l'apparato di difesa della fortezza. A Nord è sbarrato da un muro, a Sud vi sono 3 grandi pilastri che sostenevano il ponte levatoio. Le 5 torri che notiamo dopo il terzo fossato servivano per ospitare le baliste, che, situate più in alto di quelle dei nemici, potevano colpire senza essere da queste danneggiate. Dietro queste torri si apre un grande cortile, che ha ospitato, in periodo bizantino, le caserme dei soldati; al centro del cortile vi erano le cisterne. Dall'altro lato del castello, il sistema difensivo era costituito da due muri posti davanti alle porte di accesso, che impedivano gli attacchi in massa del nemico. Tutta questa struttura a forma di imbuto permetteva una più facile difesa. All'interno del castello, tutto un susseguirsi di gallerie dava la possibilità di spostare le truppe da un punto all'altro della fortezza senza essere visti, al fine di accerchiare facilmente il nemico».

http://www.ibmsnet.it/siracusa/eurialo.html


Siracusa (fortificazioni cimquecentesche)

Il bastione di S. Giovannello, dal sito www.sicilink.com   Il bastione di Santa Lucia prima della demolizione, dal sito www.galleriaroma.it

«Il piano di incastellamento e di generale fortificazione delle città siciliane fu iniziato da Gonzalo de Cordova ma trovò la sua realizzazione sotto la reggenza del viceré Ferdinando Gonzaga. In quel tempo venne ingaggiato uno dei più noti architetti militari dell'epoca, Ferramolino da Bergamo; e venne pianificata una serie di lavori interessanti principalmente le città della costa orientale della Sicilia e, naturalmente, Palermo. "All' 11 aprile 1537 fece Don Ferrante le sue proposte. Minacciandosi una invasione turca della Sicilia ... e non potendo l'imperatore da solo ottenere tutte le spese occorrenti alla difesa, era necessario che il Parlamento non solo facesse il solito donativo dei 300.000 fiorini, ma offrisse altresì una somma per il mantenimento dei soldati... Proporre ... che, come si erano dati una volta 100.000 fiorini per fortificare Siracusa, Milazzo e Trapani, se ne dessero altrettanti per mandare a termine quei lavori. .. Furono concessi i 300.000 fiorini di donativo ordinario ... e inoltre 100.000 fiorini da erogarsi nel termine di cinque anni, esclusivamente per opere di fortificazione" (G. Capasso). Purtroppo il sistema della fortificazione di Siracusa, cioè d'Ortigia, fu realizzato operando in massima parte la distruzione dei grandi monumenti greci che il tempo aveva risparmiato e che vennero utilizzati come cave di pietra. Venne completamente distrutta la ancora intatta scena del teatro greco; non si trattava più dell'antica scena greca ma di quella ricostruita in periodo romano; sempre nel teatro greco gli ordini superiori delle gradinate, realizzati in muratura, vennero demoliti. Uguale sorte toccò alle parti realizzate in blocchi di calcare dell'anfiteatro romano, che altrimenti, data la possanza della sua struttura, ci sarebbe arrivato del tutto integro. L'ara di Ierone venne smantellata, e ne fu lasciato il solo basamento. In pratica si lasciarono intatte solo quelle parti dei monumenti greco-romani scolpite nella roccia; il resto lo si asportò. In più, nel corso delle opere di fortificazione, venne distrutto quasi tutto il tempio di Apollo: ogni blocco di pietra venne asportato e messo in opera nelle nuove mura d’Ortigia. Di contro vi è da osservare che le opere di ingegneria militare se in sé furono notevoli, non ebbero mai alcuna vera funzione e ben presto nemmeno una guarnigione le presidiò. Brydone osserverà che queste cose non debbono fare meraviglia quando di mezzo vi è il re di Spagna, ed aveva ragione.

Il piano generale di fortificazione della città realizzò due zone chiave tattiche ai due punti estremi d’Ortigia, e tutta una muraglia, scandita da grandi bastioni che la recingevano da ogni lato. Le due grandi fortezze vennero realizzate una all'imboccatura dell'isola e l'altra venne ad essere innestata sulle preesistenti strutture del castello Maniace. La prima era una grande fortezza completamente isolata e dalla terraferma e dall'isola attraverso una ingegnosa serie di canali. In tal modo questa vasta fortezza veniva ad assumere un ruolo autonomo nella difesa dell'isola ed, eventualmente, caduta questa, poteva continuare a resistere. Dalla parte di terraferma avevamo una prima opera fortificata o controscarpa, poi un primo canale, indi una nuova zona fortificata detta opera coronata, avente la funzione di rivellino. Un nuovo canale separava questa opera dalla fortezza vera e propria che protendeva dal lato di terra i due suoi grandi bastioni, il S. Michele e il Campana. Dalla parte dell'isola vene realizzato un nuovo canale, di andamento irregolare, tagliato in mezzo da un rivellino avanzato e quindi le mura cittadine vere e proprie. Nella zona del castello Maniace si procedette a una fortificazione analoga. Il castello svevo venne conservato all'interno delle nuove opere e ne assunse il ruolo di mastio. Tutt'intorno fu realizzata una muraglia, di linea più bassa che non quella delle mura sveve. Fra l'opera fortificata e il retroterra si scavò un fossato che in tal modo venne ad isolarne le fabbriche dal resto d'Ortigia. Le muraglie spagnole furono poi rimaneggiate fino ad assumere quella forma che oggi si nota, intervallate dalle grandi cannoniere, protese fin sulla punta dello scoglio. Ritornando all'ingresso d'Ortigia, piantati nell'isola, di rimpetto alla grande fortezza, che ripetiamo stava a mezzo fra questa e la terraferma, stavano due grandi bastioni la cui spigolatura è rimasta ancora a segnare la topografia del luogo anche dopo la loro demolizione (le odierne riviere Garibaldi e della Posta). I due bastioni venivano chiamati rispettivamente di S. Filippo e di S. Lucia.

Dal baluardo di S. Lucia si partiva un sistema assai complesso di opere, in quanto avvenuto in più stratificazioni di fortificazioni, comprendente (dal lato dell'odierno Foro Italico) una bassa e massiccia costruzione atta ad ospitare una batteria di cannoni e la porta Marina, splendido relitto delle fortificazioni catalane. Fra la linea delle mura, ancora oggi chiaramente visibile, e il mare era una zona destinata al passeggio, la stessa che oggi, con il nome di Foro Italico, conduceva, fino a pochi anni addietro, alla Capitaneria di Porto. Questo muro andava a terminare nel bastione detto della Fontana che era nella zona compresa fra la odierna Capitaneria di porto e lo sbocco a mare della fonte Aretusa. Occorrerà dire che tutti i bastioni dei quali era munita Ortigia non erano grandi, ad eccezione dei primi due, di S. Lucia e di S. Filippo, grandissimi e di bell'architettura. Dal bastione della Fontana il muro fortificato correva fino al rivellino prospiciente il castello Maniace per continuare nell'altra sponda dell'isola, e ricongiungersi al bastione di S. Filippo, afforzato dai baluardi della Cannamela (nello spazio proteso verso il mare oggi compreso fra lo sbocco della via Privitera e l'inizio della via Nizza), della Ferraria (nella zona dove la via Vigliena termina sulla passeggiata a mare), della Gradiglia (dove è il largo S. Giovannello). Questi ultimi due bastioni si chiamarono in seguito forte di S. Giovannello e forte Vigliena. Fra i due bastioni di S. Lucia e di S. Filippo, dalla parte dell'isola era ricavata la magnifica porta reale, demolita nell'Ottocento. Questo sistema di fortificazioni venne rimaneggiato più tardi, conseguentemente al progresso della tecnica delle artiglierie; ma nella struttura generale esse non cambiarono fino al secolo XIX quando fra demolizioni, innalzamenti del piano stradale, arrangiamenti di ogni tipo, tutta questa vasta opera che deve ritenersi uno dei capolavori dell'ingegneria militare dell'epoca, venne del tutto a scomparire».

http://www.casaoggi.it/eh/eh165.php (a cura di Elio Tocco)


Siracusa (palazzo Bellomo)

Dal sito www.sicilink.com   Dal sito http://visitarelasicilia.blogspot.it

«Il palazzo, oggi sede della Galleria Regionale di palazzo Bellomo, è un’importante costruzione di origine sveva: i particolari costruttivi e decorativi sono così simili al castello Maniace da poter supporre facilmente che il palazzo avesse una grande rilevanza agli occhi della committenza. L’aquila sveva posta nel concio di chiave della volta del vestibolo ne è un chiaro indizio. I successivi riadattamenti non hanno tuttavia cancellato le tracce della costruzione federiciana. L'aspetto originario del palazzo doveva richiamare quello delle case-torri, dalle anguste feritoie strombate aperte nella compatta cortina muraria e con il portale dall'ogiva cordonata e la lunetta cieca asimmetrico rispetto all'asse della costruzione. All'interno, nel vestibolo, sono ancora più evidenti le analogie con il Castello Maniace: dai quattro pilasti angolari ascendono i costoloni serrati in alto dall'aquila imperiale scolpita nella chiave. Più sobria è la decorazione degli altri ambienti duecenteschi. Un'ampia porta ogivale immette nel portico: benché ampiamente rimaneggiato, possiamo intuire l'originaria struttura a ferro di cavallo. Nel 1365 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Bellomo venuta al seguito di Federico II d’Aragona. L’istituzione della Camera Reginale in Siracusa fece della città quasi uno stato dentro lo stato, posta sotto la diretta giurisdizione della regina. La città era, in effetti, amministrata da Governatori per lo più provenienti dalla Catalogna che con sé portavano i gusti, le abitudini e le mode della terra natia. Risalgono a quel periodo i rimaneggiamenti. Il prospetto viene così articolato su due livelli: a quello inferiore, svevo, ne viene sovrapposto un altro, catalano.

Il massiccio prospetto si alleggerisce nella parte superiore. Nel nuovo piano, delimitato dal primo da una piccola cornice, vengono aperte delle bifore e delle trifore, scandite da esili colonnine dal capitello quadrato riccamente traforato, ampia reminiscenza dell’architettura catalana. Esse sono chiuse in altezza da un’alta piattabanda monolitica con il caratteristico punto centrale. Il piano nobile si inonda così della luce che passa indisturbata dalle finestre: il prospetto del palazzo, grazie alla disposizione in senso Est-Ovest, è baciato dal sole sin dal suo sorgere. Al primitivo unico motivo decorativo del prospetto originario - la piccola immagine sacra inserita nell’architrave - fu aggiunto lo stemma gentilizio dei Bellomo racchiuso dalla cornice, priva del setto inferiore. All’interno il portico venne ampiamente modificato e ridotto alla sola fronte meridionale; scomparse le crociere, queste furono sostituite da volte a botte; gli archi ribassati si impostano sui pilastri ottagonali. Nell’arioso cortile viene innestata una scala a cielo scoperto decorata con lastre traforate. L'arco a carena e la decorazione in stile gotico fiammeggiante (elementi caratteristici dell'arte gotica del XV secolo) dell'edicoletta posta al culmine della prima rampa della scala, ci lasciano immaginare la presenza a Siracusa in quegli anni di maestranze altamente specializzate. I Bellomo tennero il palazzo fino alla seconda decade del XVIII secolo quando fu acquistato dalle monache dell’attiguo convento del monastero di San Benedetto. Poco meno di un secolo dopo, con le leggi che sopprimevano gli ordini religiosi e ne incameravano i beni (1866), la struttura subì un uso assolutamente improprio. Passato all’amministrazione delle belle arti, dal 1958 il palazzo ospita il museo di arte medievale e moderna».

http://www.comune.siracusa.it/Politiche_Culturali/Turismo/Itinerari_Ortigia/Palazzo_Bellomo.htm


Siracusa (palazzo Beneventano del Bosco)

Foto di Welshtraveller111, dal sito http://tripwow.tripadvisor.com   Dal sito www.galleriaroma.it

«Il Palazzo Beneventano del Bosco prospetta su Piazza Duomo, nell’isola di Ortigia. Eretto nel Quattrocento dalla famiglia Arezzo, fu sede della Camera Reginale e del Senato cittadino. Nel 1778 l'immobile fu acquistato dal barone Guglielmo Beneventano. Su disegno dell’architetto Luciano Alì, cominciò subito il rinnovamento dell’edificio: la semplice ma possente struttura quattrocentesca, si trasformò nel più rappresentativo palazzo dell’Ortigia barocca. I lavori di restauro durarono più di dieci anni. Nel 1788 si mise mano alle decorazioni: gli stucchi sono del palermitano Gregorio Lombardo, mentre gli affreschi e le pitture dei sopraporta sono di Ermenegildo Martorana; i cristalli furono fatti venire da Malta e da Venezia. Nella facciata spiccano il monolite con le armi gentilizie dei Beneventano e l’epigrafe che ricorda la visita del Re Ferdinando di Borbone (25 aprile 1806). Per un vestibolo con volta decorata, si accede al primo cortile, dall’agile prospetto che richiama i modelli della facciata. L’effetto di profondità è aumentato dalla sapiente distribuzione delle proporzioni dello scalone centrale e dei due fornici laterali che aumentano l’effetto scenografico e volumetrico. In alto, severi mori, muti guardiani, scrutano i visitatori. La pavimentazione del cortile è formata da un bellissimo acciottolato bianco e nero, che disegna per terra un fantasioso tappeto di pietra. I due piccoli vestiboli che fiancheggiano lo scalone centrale immettono nel secondo cortile nel quale spiccano la fontanella pensile figurata con mascheroni e la balaustra fiorita traforata del terrazzino. All’interno, elegante e sobria è la cappella, con il pavimento in ceramica policroma».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/siracusa/palazzo-beneventano-del-bosco/


Siracusa (palazzo Mergulese-Montalto)

Dal sito www.sicilink.com   Foto di Giovanni Dall'Orto, dal sito it.wikipedia.org

«Il Palazzo Mergulese-Montalto sorge in Via del Mergulense, nelle vicinanze di Piazza Archimede. Fu eretto nel 1397 – da un architetto rimasto sconosciuto – per volere della nobildonna Macciotta Mergulese. Nel Quattrocento, Costanza d'Aragona lo donò alla famiglia Montalto. Nel 1837, fu adibito a lazzaretto a seguito del colera e nel 1854 accolse la comunità religiosa delle Figlie della Carità. L’edificio, perfetta fusione di degli stili aragonese e catalano, è uno dei migliori e più riusciti esempi di gotico chiaramontano, del tutto inconsueto a Siracusa, nell'edilizia dell'epoca. L’edificio presenta un pregevolissimo prospetto trecentesco, con pietre scure ben intagliate. La porta ogivale nel corpo inferiore serve anche da basamento: nel secondo livello, si notano tre grandi finestre archiacute, con decorazioni geometriche e floreali, una bifora, una trifora e una monofora. All'interno delle singole lunette sono inseriti dei piccoli rosoni, Sopra la porta ogivale, sta una bella edicola, decorata, con vari stemmi di famiglia. Un po’ sotto spicca lo stemma dei Mergulese, sovrastato da una grande M e l’iscrizione in latino: HAEC MIRGULENSIS MAC / CIOTTA PALATIA STRUXIT / CUI SUARUM SUMMA VIRTUTUM / COPIA SURGIT / ANNO MILLENO TERCEN / TENO NONAGENO / SEPTENO MUNDO VERNO / VENIENTE SUPREMO. All'interno è un atrio con scala scoperta, addossato a un porticato rinascimentale sormontato da un loggiato».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/siracusa/palazzo-mergulese-montalto


Siracusa (palazzo Vermexio o del Senato)

Foto di croisbeauty, dal sito http://members.virtualtourist.com   Dal sito http://italypicgallery.com

«Il Palazzo del Senato, sede del Municipio, occupa l'angolo N-E di piazza Duomo, in un'area di grande importanza fin dall'età greca: parti delle fondazioni ricadono sui resti di un tempio ionico della fine del VI secolo a.c. Commissionato nel 1629 dal Senato della città, fino ad allora ospite nel Palazzo della Camera Reginale e successivamente nel Palazzo Beneventano del Bosco, all'architetto siracusano di origine spagnola Giovanni Vermexio (a causa di ciò il palazzo è detto anche Palazzo Vermexio), fu consegnato nel 1632. Il "quadrato" edificio si presenta con peculiari caratteristiche architettoniche dovute alla progettazione del Vermexio, caratteristiche che avranno uno straordinario riscontro in tutta l'edilizia cittadina dei secoli successivi. L'artista in questa sua opera riuscì a fondere la nobiltà delle passate civiltà con lo sfarzo spagnolo: timpani dei balconi, cornici spezzate e sporgenti, nicchie, capitelli ornati di conchiglie e maschere. Le nicchie vuote avrebbero dovuto ospitare, secondo il progetto originale dell'architetto, statue marmoree dei re di Spagna, commissionate a Gregorio Tedeschi che, a causa della morte prematura, portò a compimento solo la grande aquila a due teste coronate simbolo dell'impero spagnolo (tale statua sovrasta il balcone centrale). Dopo il 1850 la struttura originale del palazzo è stata modificata con l'aggiunta del piano attico per l'ampliamento degli uffici del Comune. Nelle vicende del palazzo, che non subì danni per il terremoto, va ricordata la funzione di teatro, cui venne adibita una parte del salone di rappresentanza nel 1740, successivamente rimosso (1880). Vermexio, chiamato il lucertolone forse in riferimento al suo aspetto fisico o semplicemente perché il nome Vermexio in spagolo significa "vermicello", firmò alcune sue opere scolpendo, in angoli più o meno in vista, una lucertola. Il palazzo in questione è stato autografato dall'artista nell'angolo sinistro (fra due stipiti) del cornicione del prospetto principale».

http://www.ibmsnet.it/siracusa/senato.html


Siracusa (porta Marina)

Dal sito http://lasicilia.forumfree.it   Dal sito www.siracusain.it

«La Porta Marina (chiamata in siciliano "A Potta ra Marina") è ubicata nel cuore del quartiere siracusano della Marina (Via Mazzini). Essa è l'unica porta di origine spagnola rimasta in piedi dopo la demolizione delle mura e delle porte spagnole avvenuta nella seconda metà dell'800. La costruzione della Porta Marina avvenne in epoca quattrocentesca, ma l'aspetto attuale è dovuto ad un rifacimento avvenuto in epoca cinquecentesca, quando Siracusa passò sotto la dominazione dei Borboni, che fecero fortificare l'isola di Ortigia con possenti mura che, come detto prima, vennero demolite. Va detto che la Porta Marina ha resistito anche alla furia distruttrice del terremoto dell'11 gennaio 1693 conservando il suo aspetto originario fino ai giorni nostri. La Porta Marina è caratterizzata da un arco d'accesso sormontato da una nicchia quadrata merlata contenente un'epigrafe con cui viene testimoniata la costruzione della suddetta porta d'accesso all'antica città aretusea. Sopra di essa vi è una sporgenza merlata utilizzata come postazione di guardia».

http://itinerariprovsr.altervista.org/index.php?mod=04_Siracusa/06_Luoghi_da_visitare/03_Ortigia%2C_centro_storico_di_Siracusa/37_Porta_Marina


Siracusa (resti della porta urbica)

Dal sito http://itinerariprovsr.altervista.org   Dal sito www.ortigia.it

«In via XX Settembre, in uno scavo nella sede stradale vediamo i resti dell’antica porta urbica, fatta erigere da Dionigi il Grande ed inserita nella cinta muraria che, partendo da Ortigia, cingeva completamente tutta la città fino al castello Eurialo, per una lunghezza di circa 30 Km. Oggi vediamo il basamento di due torri quadrangolari di oltre 8 metri per lato, le quali, probabilmente, davano accesso ad una strada che collegava il tempio di Apollo e quello di Athena».

http://www.comune.siracusa.it/Politiche_Culturali/Turismo/Itinerari_Archeologici/Porta_Urbica.htm


Siracusa (torre Milocca)

Dal sito www.antoniorandazzo.it   Dal sito https://divisare.com   Dal sito https://divisare.com

«La torre, che fa parte del sistema difensivo costituito dalla rete di torri di avvistamento a protezione del suolo Siciliano, è sottoposta a tutela con D. A. 6156 del 31/05/1999. Sorge a circa sette chilometri da Siracusa ed a poco meno di due chilometri dal porto grande ad est, e dall’omonima baia di Milocca ad ovest. La equidistanza dalle acque dei due opposti versanti, le conferisce un’evidente posizione strategica: isolata in una vasta pianura non segnata da alcun rilievo collinoso o da peculiarità topografiche, dalla sua sommità si dominava il territorio circostante e le poco sicure vie del mare. La costruzione originaria (XV secolo), gravemente danneggiata dal sisma del 1693, fu ricostruita nel 1697. La ricostruzione conservò impianto e caratteristiche della torre preesistente. La destinazione difensiva della torre Milocca è evidenziata dalle pareti contraffortate, dalle feritoie, e dal ponte levatoio (oggi ponte fisso in legno). La sua architettura esterna è, oggi, immutata: la torre è formata da tre elevazioni, la prima delle quali, munita di contrafforti a scarpa, è caratterizzata da piccole aperture sguinciate a feritoia. L'impianto planimetrico è un semplice rettangolo.

All’esterno l’edificio è caratterizzato da una rigida simmetria (finestre rettangolari, due per ciascuno dei piani, disposte sulla stessa verticale); la novità di maggior rilievo, nell'opera di ricostruzione, fu la realizzazione, alla quota del secondo livello, dei quattro grandi balconi d'angolo sostenuti da mensole. La porta, che all'altezza del primo livello rompe la simmetria dell'impianto, è il solo punto che consente la comunicazione tra interno ed esterno dell'edificio; era collegata alla scala esterna mediante ponte levatoio, ora sostituito da una passerella fissa in legno. Le campiture del paramento murario esterno sono finite ad intonaco; la pietra calcarea tagliata in conci squadrati caratterizza i cantonali ed i rifasci delle aperture. L'attico è definito da una teoria di merli limitati ai quattro angoli da elementi piramidali. La distribuzione originaria degli ambienti interni, al primo ed al secondo piano, è stata alterata ed adeguata alle attuali necessità d'uso; negli anni ’70 i solai del secondo interpiano e di copertura furono sostituiti con solai in latero cemento. Solo il piano terra conserva le caratteristiche distributive originarie: ambiente voltato a botte in conci di pietra calcarea e diviso in due da un setto in muratura di pietrame. Nell'angolo di sud ovest è ubicato il pozzo che , come in passato, garantisce il rifornimento idrico all'immobile.  Successivamente la torre è divenuta centro di aggregazione di dimore rurali, e dopo il sec. XVII ha assunte funzioni abitative in sostituzione di quelle difensive. ...» (testo di Enrico Reale).

https://divisare.com/projects/98791-enrico-reale-consolidamento-e-risanamento-di-torre-milocca


Sortino (resti del castello)

Una ricostruzione del castello, ad opera di Gioacchino Bruno, dal sito www.sicilianticasortino.it   Ruderi della Sortino medievale. Foto Dario Minnalà, dal sito www.sicilianticasortino.it

«Secondo un antico testo citato dal Gurciullo in Memorie spettanti a Sortino, il castello venne fatto costruire dagli arabi nel "Casale di Ksutiah" intorno all'anno 1000. Nonostante la fonte sia affidabile, essendo estratta da un manoscritto appartenente alla Cancelleria araba del tempo e pubblicato nel 1789 col titolo Codice Diplomatico Arabo", resta da chiarire se davvero il casale di Sortino e quello di Ksuthia siano la stessa cosa. Come abbiamo già detto i dubbi sulla questione sono molti e tuttora irrisolti. Se non si hanno sicurezze sull'origine del castello le si hanno sulla sua collocazione e la sua distruzione. Sia la torre che il castello erano ubicati nella parte sommitale della costa Sortino, a 396 metri s.l.m., e costruiti su una balza rocciosa alta circa cinque metri. Questo "trucco" faceva sembrare le due costruzioni ancora più grandi ed imponenti, soprattutto agli occhi di chi proveniva dai quartieri collocati nella parte bassa dell'abitato. Nel quadro il castello e la torre vengono raffigurati su un ordine di tre piani. La torre, raffigurata con merli alla guelfa, nascondeva un piano interrato (7m x 7m), diciamo pure un sotterraneo, utilizzato come prigione: una porticina si affacciava sullo strapiombo di Cava del Marchese ed era utilizzata per disfarsi dei cadaveri dei giustiziati. Il sotterraneo è ancora oggi visibile anche se in cattive condizioni. Rimane visibile anche il cunicolo che collegava il castello alla torre (in parte modificato dagli attuali proprietari) e la spianata rocciosa sulla quale sorgeva il castello. Per il resto, sia della torre che del castello non rimane quasi nulla: i resti di un tramezzo intonacato e colorato d'azzurro e qualche blocco di pietra ben lavorata e incastonata nei vicini muri a secco. Sulla sinistra del castello sono ancora presenti, a poca distanza l'uno dall'altro, due fossati di fortificazione paralleli, larghi circa tre metri ed alti quattro (le misure originarie erano sicuramente diverse, almeno per quanto riguarda l'altezza), mentre il pozzo-cisterna raffigurato nel quadro è ancora oggi visibile e funzionante. Della piccola torretta d'avvistamento, raffigurata nell'estremo sperone orientale, rimane soltanto l'intaglio quadrangolare della roccia. La spianata del castello, utilizzata per circa due secoli come cimitero ("u cimiteru vecchiu"), è adesso una piccola area verde chiamata Villa delle Rose. Nel 2000 sono stati realizzati qui sei murales raffiguranti altrettanti scorci di Sortino Diruta. Nel 1542 un terremoto danneggiò gravemente il Castello nel quale rimasero sepolti la Baronessa con il figlio ed altre 12 persone. Il Castello venne poi ripristinato, compresa la cappella al suo interno nella quale venivano celebrate quattro messe al giorno. Con i terremoti del 9 ed 11 gennaio termina la vita del castello della Sortino medievale, ricostruito nel nuovo paese accanto alla Chiesa Madre, esattamente dove oggi sorge l'edificio scolastico "Specchi"».

http://www.sicilianticasortino.it/sortino_diruta.php#castello


Vendicari (torre sveva)

Dal sito www.siciliaorientale.com

a cura di Giuseppe Tropea



 

 

   

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