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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI RAGUSA

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Acate (castello dei principi di Biscari)

Dal sito www.donnalucata.it   Dal sito www.donnalucata.it

«L'atto di nascita del feudo e del Castello si legge nella lapide, un tempo murata nella nicchia dell'androne di accesso, ed oggi nella parete della Sala Agatino Paternò Castello, nell'ala speculare a questa dove ci troviamo In essa, datata 1494, si legge che "QVISTV CASTELLV ET SITV DI LA TERRA FICHI FABRICARI LV MAGNIFICV SIGNVRI GVLLM RAMVNDN LV CASTELLV". Nel 1492 infatti Gugliemo Raimonda Castello aveva ricevuto la concessione di edificare un fortilizio con barbacani ed un borgo e di popolarlo e certamente grazie alle migliori condizioni di vita offerte dal luogo e dalle concessioni del barone, la costruzione del Castello e delle case fu compiuta in appena due anni. Non è da escludere che vi fosse nel sito del Castello un presistente baglio fortificato, poi evolutosi nella forma del castello-fondaco, un'alta cinta quadrangolare, con torri agli angoli e con diversi ambienti addossati al suo perimetro interno ed affacciantesi sulla corte centrale, destinati ad abitazioni, magazzini per le derrate agricole e ricoveri per gli animali. L'ingresso principale del Castello doveva allora essere quello nord, direttamente aperto verso il primitivo borgo, edificato contestualmente sullo sperone roccioso, noto come quartiere San Vincenzo, riguardante il fondo valle verso quella contrada Canale-San Biagio, dove cospicue erano le tracce di vita associata già nei secoli precedenti. Dell'edificio tardo quattrocentesco restano la torre di Nord-Ovest e parte della struttura muraria sul lato nord, mentre per il resto si deve pensare ad un inglobamento nelle opere successive. La torre presenta un'alta base scarpata, separata dalla parte superiore cilindrica da uno spesso cordolo. Vi sono visibili alcune feritoie, mentre i finestroni, oggi murati, sono stati sicuramente aperti di età successiva. La merlatura è completamente scomparsa. Data la collocazione di questa torre, riguardante l'intera valle, ci piace pensare che l'utilizzo come parte della Chiesa di San Vincenzo, di cui oggi costituisce la sacrestia, derivi da una persistenza culturale: era infatti uso che la Torre Mastra dei castelli medievali fosse dedicata alla Madonna (o ospitasse una cappella), affinché proteggesse la fortezza e i suoi abitanti, costituendo l'ultimo baluardo per gli assediati. ...

La modifica settecentesca più importante fu quella della facciata sud, dove le torri quadrangolari e l'avancorpo dell'ingresso vennero compresi nel filo continuo di un corpo basso avanzato basamentale lungo tutto il prospetto, con importante funzione statica di rafforzamenti di muri preesistenti e di raccordo fra le torri. Su questo muro si aprono le finestre dalla sommità ad arco e dalle piatte cornici terminanti in basso a motivo curvilineo. Cornici della stessa pietra di Comiso disegnavano le paraste e gli angoli delle torri, costituendo elemento coloristico, che conferisce sobria eleganza all'insieme. Invariati dovettero rimanere i soprastanti ordini di aperture. L'ingresso principale (portale a cornice piatta con arco a tutto sesto, sormontato da un balcone con portale a timpano spezzato) è probabilmente di età successiva. Dal principato di Vincenzo in poi non vi sono stati interventi di particolare rilievo: il Castello rimase com'era, raggiungendo in epoche recenti lo stato di progressivo e totale abbandono. Il centro urbano continuò a crescere secondo le linee prefissate dal disegno seicentesco. Riguadagnato oggi alla collettività, auspichiamo che possa riqualificare lo spazio urbano circostante che pure, come abbiamo visto, presenta notevoli motivi di interesse».

http://www.comune.acate.rg.it/home/index.php?option=com_content&view=article&id=180&Itemid=76&limitstart=3


Acate (castello di Odogrillo, non più esistente)

Dal sito www.acateweb.it   Dal sito www.viscarani.it

«Ubicazione: contrada Casale. Si raggiunge dalla strada statale 115, voltando a sinistra (est) al km 283,300 e percorrendo la vicinale Macconi-cozzo Perrera per oltre 2 km. Localizzazione storica: Val di Noto. Cronologia delle principali fasi storico-costruttive: il castello è attestato dal XIV secolo; era in rovina già alla metà del XVI. Notizie storiche: 1282, Odogrillo è attestata come universitas; 1392, il castrum Odogrilli è concesso a Bernat Cabrera; XVI (metà), in rovina; Proprietà attuale: privata. Uso attuale: nessuno. Stato di consistenza: ruderi che non consentono una ricostruzione neanche parziale dell'impianto. Impianto planimetrico: non rilevabile. Rapporti ambientali: il sito si trova sulla riva meridionale del fiume Dirillo o Acate. Descrizione: in contrada Casale si conservano i resti di un grande muro, comunemente indicato come il sito del casale Odogrillo. La muraglia si sviluppa in direzione nord-sud per una sessantina di metri ed è alta fino a 6 m. dal piano di campagna. Presenta la facciavista rivolta verso ovest e corre verso il fiume in due tratti rettilinei prima di ispessirsi in un baluardo angolare sulla sponda del Dirillo».

http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=130


Chiaramonte Gulfi (arco dell'Annunziata, porta di Ragusa)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.siciliaterradelsole.com

«Arco dell'Annunziata [XIV secolo], una delle porte della cinta muraria di Chiaramonte, chiamata fino al XVIII secolo Porta di la Chaza perché confinava con la prima piazza del paese, oggi in parte scomparsa. Porta di Ragusa, oggi scomparsa, era un'altra delle porte della cinta muraria, da cui si accedeva alle strade per Ragusa e Gulfi. Oggi esiste l'insegna viaria con la sola dizione via porta, essendosi perduta la memoria storica di questo ingresso che sorgeva nei pressi del "baglio del castello"».

http://it.wikipedia.org/wiki/Chiaramonte_Gulfi#Architetture_civili


Chiaramonte Gulfi (borgo fortificato, castello non più esistente)

Dal sito www.siciliaterradelsole.com   Dal sito www.gulfi.it

«Acrillae sarebbe stata distrutta dagli Arabi del califfo Ibn Al Furat nell'827 durante la conquista della parte orientale dell'isola. Gli abitanti fondarono un nuovo abitato alle pendici del monte Arcibessi, che prese il nome di Gulfi', con il significato in arabo di terra amena. Ruggero di Lauria durante i Vespri Siciliani assediò e prese Gulfi per gli Angioini nel 1299: l'abitato fu completamente distrutto e fu commesso un eccidio. Manfredi Chiaramonte, che era stato creato conte di Modica dal re aragonese Federico III nel 1296, fece spostare i superstiti in un luogo più elevato e fortificato, detto "Baglio", attorno a cui sorsero le prime case che fece circondare da mura e all'interno di queste costruì il castello. Chiaramonte nel 1366 contava 200 famiglie ed il paese si estendeva all'interno delle mura. Nel 1593 il paese si era esteso oltre le mura, principalmente con i quartieri "Burgo" (297 case) e "Salvatore" (258 case). All'interno delle mura il quartiere più antico ("Baglio") era costituito da 278 case e Chiaramonte contava in tutto 5.711 abitanti. In quel tempo, due porte davano l'accesso alla città fortificata: la "Porta dila chaza" a nord e la "Porta di Ragusa" a sud. Chiaramonte aveva una cavalleria che, nel 1614, contava 42 cavalieri armati di spada e archibugio per la difesa della contea di Modica. Nel 1693 un terremoto, esteso da Catania fino a Malta, distrusse quasi interamente il paese ed il suo castello. La ricostruzione avvenne sempre sul medesimo impianto medioevale. Nel XVIII secolo gli antichi quartieri di Chiaramonte scomparvero per il fenomeno della sacralizzazione ed il paese fu suddiviso in 4 quartieri con nomi di santi».

http://it.wikipedia.org/wiki/Chiaramonte_Gulfi#Storia


Comiso (castello dei Naselli d'Aragona)

  Dal sito www.donnalucata.it   Dal sito www.telenovaragusa.com   Dal sito sicilia.indettaglio.it

  

«Detto comunemente "palazzo del conte" questa signorile, fortificata dimora, posta al centro della piccola città che la circonda, fu innalzata sopra gli avanzi di un antico maniero che si vuole appartenuto a Giovanni Chiaramonte, per acquisto da Berengario de Lubera. Smentendo tale ipotesi, lo Stanganelli sostiene invece, con buoni argomenti, che la Comiso appartenente ai Chiaramonte sarebbe stata quella della Val di Mazara e non questa in Val di Noto. Approfittando infatti di tale equivoco pare che Bemardo Cabrerà, nel 1392, sarebbe riuscito ad ottenere da re Martino l'inclusione nella contea di Modica, a lui assegnata, di questa città anziché dell'altra dei Chiaramonte spogliati dal re di tutti i loro beni. In tal caso il Cabrerà, con l'astuzia e la frode, l'avrebbe usurpata a Federico Speciario, castellano del tempo. Nel 1453 circa, il castello fu venduto a Pariconio Naselli, barone della Mastra, il cui lontano discendente Gaspare Naselli venne creato conte di Comiso da re Filippo I di Sicilia, nel 1571. In successive eredità, sul 1812, pervenne a Baldassare Naselli Galletti conte di Comiso e principe di Aragona. Della parte più antica del castello, al quale un tempo si accedeva da un ponte levatoio, rimane oggi una torre cilindrica, chiamata "fossa", nonché due portali ogivali e la interessante porta ferrata a grosse bugne del 1400, mentre la grande torre quadrata non sarebbe anteriore al 1575. Nei lugubri sotterranei si trova una «sinistra» porticina dalla quale venivano tirati fuori i corpi dei giustiziati che vi precipitavano dall'alto attraverso un trabocchetto. Il terribile terremoto del 1693, che tanta distruzione arrecò alle Valli di Demone e di Noto, fece crollare il piano superiore del castello che in seguito fu restaurato. Nel marzo del 1729, per l'annunziato arrivo del viceré Cristoforo Femandez de Cordova, che compiva un giro di ispezione alle fortezze dell'isola, grandi lavori vennero eseguiti al castello dove egli avrebbe preso dimora assieme a tutto il seguito. Al tempo dei Borboni rimase abbandonato finché, nel 1841, una parte di esso venne trasformato in teatro comunale. Oggi vi si trovano gli uffici della pretura e nella parte bassa il carcere mandamentale. Al castello è associata la leggenda detta «del conte assediato», la quale narra di un conte Naselli che, assediato assieme al popolo nel castello, allontanò il nemico applicando il noto stratagemma di farsi credere ricco di provviste. Una grande quantità di ricotta sarebbe giunta infatti, miracolosamente, in seguito ad una apparizione del patrono S. Biagio che in una fredda notte, mentre lo sconsolato castellano vagava per le buie sale, lo avrebbe confortato e consigliato di gettarne gran parte fuori le mura».

http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=76


Donnafugata (castello)

Dal sito www.donnalucata.it   Dal sito http://discover-sicily.com

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Rosa Maria Buccellato Dentici (https://www.facebook.com/rosamaria.buccellatodentici)   Foto di Rosa Maria Buccellato Dentici (https://www.facebook.com/rosamaria.buccellatodentici)   Foto di Rosa Maria Buccellato Dentici (https://www.facebook.com/rosamaria.buccellatodentici)   Foto di Rosa Maria Buccellato Dentici (https://www.facebook.com/rosamaria.buccellatodentici)

«Ad una ventina di chilometri da Ragusa, in mezzo ad un paesaggio di tipiche ed ancora incontaminate campagne siciliane, costellate di muretti a secco, sorge il castello di Donnafugata. Il maniero appare quasi all'improvviso, su una bassa collina, che sovrasta campi nei quali fanno ogni tanto capolino alberi di carrubo o olivi. Alle sue spalle, invece, all'interno della recinzione, fa capolino il verde fitto dell'ampio parco annesso al castello. L'aspetto del maniero è curioso e può tratte in inganno il visitatore: un ampio prospetto ai cui lati si trovano due torri circolari, un terrazzino panoramico ed un bel loggiato con archi a sesto acuto. Le merlature nella sua sommità fanno effettivamente pensare ad una struttura difensiva ma non è così. Il maniero è un condensato di stili di epoche e di gusto differenti. Così lo volle il barone Corrado Arezzo De Spuches. Visitare il castello equivale un po' ad immergersi nelle atmosfere del "Gattopardo". In realtà né il celebre romanzo né il film di Luchino Visconti vennero ambientati in questo luogo. Ma l'epoca del castello, lo status sociale della famiglia che vi viveva e le ambientazioni sono identiche. Il castello è infatti composto da ben 122 stanze di cui 22 sono fruibili al pubblico e contengono gli arredi originari dell'epoca. Attraversandole si compie un vero e proprio "salto" nel mondo dell'aristocrazia siciliana dell'Ottocento. Terminata la visita al maniero sarà poi piacevolissimo immergersi nel parco annesso, ampio ben otto ettari e coltivato con specie vegetali tipicamente siciliane ed esotiche. Per arrivare all'ingresso del castello di Donnafugata si percorre un largo viale fiancheggiato da ambo i lati da bassi caseggiati: alcuni sono stati trasformati in ristoranti ed attività commerciali, altri sono in attesa di restauro o adibiti ad edifici rurali. La facciata del castello ci trae subito in inganno. Difficilmente riusciremo ad individuare uno stile omogeneo o a definire un periodo storico. L'aspetto che il castello ha è quello voluto dai suoi eclettici proprietari, in primis il barone Corrado Arezzo. I possenti torrioni laterali potrebbero far pensare ad una struttura difensiva ma in realtà si trattava solo di una residenza signorile di campagna dell'aristocrazia siciliana ottocentesca. L'ingresso al castello è contraddistinto da un largo portale, pensato per fare entrare le carrozze. Da un lato è ubicata la biglietteria, dall'altro la chiesetta che faceva parte integrante della residenza. La pianta del castello è rettangolare con un largo cortile centrale. Come in tutte le residenze aristocratiche, il piano terra era adibito ai magazzini ed alla servitù mentre i piani superiori costituivano i "piani nobili". Oggi il piano terra viene spesso utilizzato per mostre temporanee o per altre iniziative particolari. Nel corso del settecento e dell'ottocento faceva parte integrante del castello anche un largo latifondo di terreni agricoli che i proprietari controllavano. La famiglia Arezzo, cui si deve l'aspetto odierno del castello, era così potente da riuscire a far deviare anche la costruenda ferrovia da Ragusa. Per questo motivo ancora oggi Donnafugata possiede una propria autonoma stazione ferroviaria.

Uno scalone monumentale ci conduce al primo piano ed agli ambienti visitabili del castello. Le stanze sono solo una piccola parte del totale ma hanno il grande pregio di contenere ancora gli arredi originali dell'epoca. Passeggiando per le sale si avrà l'occasione di rivivere gli ultimi anni dell'aristocrazia siciliana, lo stesso periodo descritto da Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo "Il Gattopardo". Prendendo spunto da questo occorre anche dire che l'autore prese in prestito il nome "Donnafugata" per l'omonima residenza del suo libro. Geograficamente però questo era localizzato in un altro luogo della Sicilia. Si dice che anche il regista Luchino Visconti, al momento di girarne il celebre film visitò il castello per usarlo come set ma poi, essendo all'epoca in stato di abbandono, ripiegò su altri scenari. Ciò non toglie la grande suggestione che ancora oggi le sale hanno su di noi. Quello che sicuramente colpisce il visitatore è il grande lusso e sfarzo che faceva da padrone ovunque, pur essendo Donnafugata soltanto una residenza estiva. Molte stanze hanno uno scopo specifico. E' così che ci si imbatte nell'elegante sala della musica con diversi pianoforti o nella pinacoteca che contiene una interessante collezione di quadri neoclassici. Ma vi sono anche stanze di puro divertimento come la sala del biliardo e la sala degli specchi oppure quelle dedicate alla conversazione. Questa era separata: il salotto dei fumatori per gli uomini e il salotto delle donne per il gentil sesso. Ognuna di queste stanze contiene ancora le carte da parati, le consolle, i divanetti ed i soprammobili che le caratterizzavano. L'angolo più antico del castello sono le cosiddette stanze di Bianca di Navarra alle quali è legata la leggenda del rapimento della vicaria del regno di Sicilia. A detta di alcuni il bizzarro nome del castello viene proprio da questa leggenda. Chiudono il percorso del castello le cosiddette "stanze francesi", quelle utilizzate nei tempi più recenti dagli ultimi discendenti che abitarono il castello e che i loro lunghi soggiorni in Francia le arredarono nello stile di quel paese. Infine, prima di tornare sui nostri passi c'è ancora da ammirare il salone degli stemmi sulle cui pareti trovano posto gli stemmi di tutte le famiglie nobili siciliane. Il castello ed il Commissario Montalbano. Molti visitatori troveranno alcuni scorci del castello familiari, pur non essendovi mai stati. Questo perché in anni recenti Donnafugata ha fatto frequentemente da set per le riprese del serial "Il Commissario Montalbano". Il terrazzino esterno così come alcune delle sale hanno fatto da location per la villa del capomafia Balduccio Sinagra. Il parco è stato poi più volte utilizzato come sfondo per altre scene degli episodi del telefilm poliziesco. Dopo un lungo periodo di ripristino anche il largo parco che circonda il castello è nuovamente fruibile. ...».

http://www.hermes-sicily.com/itinerari/donnafugata.htm


Giarratana (ruderi del castello dei Settimo)

Foto di Diego Barucco, dal sito www.siciliafotografica.it/   Foto di Diego Barucco, dal sito www.siciliafotografica.it/

«In provincia di Ragusa furono censiti 64 castelli, di cui due trovansi nel territorio di Giarratana. Il primo sorgeva nell'antico borgo di “Ceratanum” distrutto dal terremoto del 1693 ed il secondo in cima all'attuale sito. Vogliamo parlare del Castello della famiglia dei Settimo di Fitalia, una delle prime costruzioni sorte in cima all'attuale centro abitato di Giarratana. Quando i giarratanesi superstiti al terremoto del 1693, decisero all'unanimità di ricostruire il nuovo paese a circa 4 chilometri più a sud, su una collina denominata “POJO DI LI DISI”, i Settimo, in cima a tale collina, posero la prima pietra del loro palazzo baronale: 24 marzo 1703. Lo storico Vito Amico, nel suo Dizionario Topografico della Sicilia a pag. 503, vol. I, edito a Palermo nel 1855, così scrisse: “nel novello paese, primo ed ammirabile il palazzo baronale di non poca eleganza e grandezza”; passato al rango di castello, diviene roccaforte dei Principi di Fitalia. Antonio dell'Agli, storiografo locale, nel 1886, nel suo volume Ricerche storiche di Giarratana a pag. 166 paragrafo 3, così scriveva: “ne è inferiore per ispesa e senso artistico l'incompleto Castello, oggi in parte diruto per economica speculazione dei censualisti del Settimo. è un fabbricato colossale, fra le cui macerie osservansi tuttavia delle colonne, dei grandi vestiboli, qualche balcone tracciato alla romana e delle muraglie coperte di nero e verde muschio. è bella anche la sua posizione, per la quale i quattro venti principali si frangono alle quattro cantonate, poste in direzione del Greco, dello Scirocco, del Libeccio e del Maestro. ...».

http://www.parcoiblei.it/Int_10_rel.htm


Ispica (resti del fortilitium o Palazzeddu di Cava d'Ispica)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.costierabarocca.it

«Il fortilitium (secc.XIV -XVIII). Con tale termine si identifica la fortezza a guardia della Cava presso l’abitato di Ispica e nell’attuale Parco della Forza. Il terremoto del 1693 ha distrutto gran parte dello spiccato dell’antico edificio e solo negli ultimi anni stanno venendo alla luce le tracce del “palazzo marchionale” e della chiesa della SS. Annunziata ubicata dentro le mura. Oggi si vedono solo i ruderi dell'antico castello, che costituiva il nucleo principale dell'antico abitato di Spaccaforno (oggi Ispica). Era un grande castello costruito a picco sulla Valle e praticamente imprendibile. Vi si accedeva mediante un ponte elevatorio ed un grande portone. Dentro le mura, ma anche all'esterno, nella parte esposta a mezzogiorno, erano le case dei notabili e dei marchesi.  Era un immenso castello difeso dagli strapiombi naturali e, dalla parte del macello, da un fossato che si poteva superare tramite un ponte levatoio. Si entrava nel castello attraverso un grande portale di legno fiancheggiato da altre due porte più piccole. Oggi non restano che poche mura che resistettero al terremoto del 1693. Alcuni scavi hanno messo in luce la parte del palazzo marchionale e il pavimento dell'antica chiesa esistente dentro il castello, la SS. Annunziata. Interessante da visitare é la scuderia, (m. 10 per m. 10) un'enorme grotta dove venivano custoditi i cavalli del "Fortilitium". Vi sono ancora le mangiatoie ricavate nella roccia e gli occhielli per legarvi gli animali. Esiste anche una parte alta dove veniva sistemato il fieno, ambienti adibiti a magazzino, e la sala degli armigeri. Nelle pareti si notano buchi scolpiti nella roccia, dove venivano infissi degli assi di legno per appendervi le armi, gli indumenti e i finimenti degli animali. Il palazzo marchionale sta venendo lentamente alla luce. Si possono notare avanzi di un ballatoio e di una grande finestra, tracce di strade lastricate con ciotoli, altri resti di costruzioni, un pavimento rivestito di mattoni di creta cotta, in buon stato. Sopra la porta del ponte levatoio c'era una lapide ... Qua e là si notano capaci cisterne scavate sotto il piano della roccia che servivano per ripostiglio delle derrate alimentari, profonde fino a 6 metri per 2. Esse venivano coperte da lastre di roccia con anelli di ferro».

http://www.costierabarocca.it/curiositatre_ita_000007.htm


Ispica (resti del palazzo Marchionale)

Dal sito http://federicocalv.wordpress.com   Dal sito www.lasiciliainrete.it

«Il palazzo, collocato sul lato meridionale della fortezza, ha impianto planimetrico a L; lo spazio antistante è occupato da un cortile pavimentato con ciottoli. Sul lato destro sono individuabili gli ambienti di servizio, con granai incassati nel piano del pavimento. Difficile dare indicazioni sugli altri vani tra cui un corridoio con piastrelle di pietra asfaltica e un vano con pavimento lastricato in rosso pompeiano; la base di una colonna posta nell'angolo Nord-Est fa ipotizzare un impianto monumentale scomparso. Il rinvenimento di frammenti ceramici bizantini fa pensare a una struttura riferibile a quel periodo, mentre nell'articolazione dei resti attuali è da individuare il palazzo della famiglia Caruso prima (XV secolo) e degli Statella dopo. Il palazzo, demolito dal terremoto del 1693, non fu ricostruito».

http://it.wikipedia.org/wiki/Cava_d%27Ispica#Il_Palazzo_Marchionale


Marina di Ragusa (torre Mazzarelli o della Dogana)

Dal sito www.lealidiermes.net  

«Fu fatta edificare da don Ludovico o Luigi Enriquez-Cabrera, conte di Modica. Detto signore fece costruire la torre a proprie spese e dello stesso stile di quelle progettate dal Camillani, forse in ossequio alla delibera parlamentare del 9 aprile 1579 che erogava, a domanda del viceré don Marco Antonio Colonna, diecimila scudi per riparare le torri esistenti e edificare altre (Mongitore, Parlamenti di Sicilia, vol I, pp. 390-391). Possiamo dire che il fortilizio di Mazzarelli venne eretto negli anni intercorsi tra, il 1584 ed il 1596. Anteriormente alla torre, oltre allo scaro (piccolo porto), esistevano a Mazzarelli i magazzini di una tonnara».

http://www.marinadiragusa.eu/index.php?option=com_content&task=view&id=27&Itemid=29


Modica (castello dei Conti)

Dal sito www.donnalucata.it   Dal sito www.lasiciliainrete.it/

  

«Il Castello dei Conti di Modica è il simbolo visivo della città. Posto sulla sommità di uno sperone roccioso ha costituito per secoli un vero e proprio monito per i nemici, una difesa naturale per la Capitale della Contea. La frammentaria documentazione finora acquisita per la rocca del Castello non consente di poter formulare un quadro insediamentale completo nel corso della storia locale. ... Il Castello dei Conti, così come si presenta ad oggi, è il frutto di una massiccia ricostruzione che ha interessato le sue strutture non solo dopo il terremoto, ma, soprattutto, dopo il 1779. Il progetto per la ricostruzione della abitazione dell’allora Governatore della Contea fu realizzato dal magistrum Ignazio Scifo. Nel nuovo progetto il palazzo viene ad occupare quasi per esteso l’area settentrionale della rocca, doveva essere affiancato alla chiesa e posto di fronte alla Concelleria. Il portale d’ingresso che immetteva nell’atrio era particolarmente curato. Nell’atrio era prevista una pavimentazione con basole di pietra quadrate poste a scacchiera di colore nero e bianco, con una scala pavimentata in lastre di pietra pece nera che si sviluppava intorno ad un colonnato con capitelli. Dalla scala si accedeva alla casa del Governatore che era formata da undici stanze, compresa di cucina e anticucina con una cisterna. I soffitti erano realizzati in canne e gesso e pavimentate con pietra di Scicli, il camerone era pavimentato con mattoni di Valenza. Le stanze erano sostenute da undici dammusi le cui fondamenta poggiavano sulla rocca. Ogni stanza doveva avere un balcone sostenuto da mensole decorate o con motivi antropomorfi. Lungo tutti i quattro lati del Palazzo correva un cornicione di ordine corinzio. La Cancelleria, formata da una saletta d’ingresso e da tre camere, una delle quali era adibita ad archivio per l’ingente mole di documenti prodotta nel corso dei decenni, era ubicata sul versante orientale dello sperone roccioso. Sul cortile inferiore si affacciava la residenza del castellano. Sotto la cucina di questa residenze era ubicata la sede degli alabardieri e, a lato, una cappella (San Leonardo?). In fase di ricostruzione si provvide anche all’adeguamento delle carceri distinte in carceri criminali, civili, per donne, galantuomini e fosse, nel 1825 fu aggiunto un carcere destinato alla detenzione degli ecclesiastici regolari o secolari. Nel medesimo cortile inferiore, oltre alle carceri, alla casa del castellano, alla sede degli alabardieri e alla cappella si affacciavano la camera di subizione (dove venivano custoditi cautelativamente i testimoni di rilievo per i processi) e la casa del boja.

Schematizzando la distribuzione degli insediamenti nell’area dello sperone roccioso lungo 230 m. e largo 30 m. possiamo distinguere, al di sotto della abitazione del Governatore collocata nella parte settentrionale, un cortile superiore e uno inferiore. Nel cortile superiore si collocavano i locali amministrativi: cancelleria e archivio e la Chiesa di San Cataldo. La parte meridionale dello sperone roccioso era occupata da quello che, in senso stretto, viene definito come Castello, ossia come fortilizio militare oltre che carcere (casa del castellano, stanza delle guardie, casa del boja, camera di subizione e carceri). Il cortile superiore era in collegamento con quello inferiore tramite una scala che passava sotto il camerone della cancelleria (grazie a questa scala si era creato un percorso diretto con uno dei luoghi della tortura posto a oriente della rocca). All’area meridionale della rocca si poteva accedere anche attraverso una scale posta lungo la strada pubblica e che immetteva direttamente al piano del cortile inferiore. A margine delle testimonianze fornite dal Carrafa e alle relazioni relative alla ricostruzione di fine Settecento, una precisazione va fatta. Con il temine rocca non va intesa solamente una emergenza fisica ma una fortificazione avente una complessa tipologia con permanenza sia di forze armate, sia, specie dal XIV secolo, ma già in precedenza con Federico II, della residenza del Signore, oltre a cappelle, magazzini e prigioni. Non mancava a Modica un giardino e un frutteto di federiciano riferimento. La difesa del territorio non era affidata esclusivamente al Castello. Presidi e attrezzati punti di riferimento per i commerci marittimi erano le grandi torri sui caricatoi o scari a mare. Di esse, più rilevante, nella Contea di Modica, l’“ingens et magnifica” torre di Pozzallo. Dal Caricatoio di Pozzallo i Conti di Modica esportavano le 12.000 salme di frumento che provenivano dal canone che i sudditi pagavano per le terre concesse in enfiteusi e che i Conti avevano il privilegio di esportare in franchigia».

http://www.modica.it/turismo_castello_dei_conti.htm


Modica (palazzo De Leva)

Dal sito www.studiofloridia.com   Dal sito www.comune.modica.rg.it

«Il Palazzo De Leva, a Modica Bassa, è uno antico edificio nobiliare appartenuto per secoli ad una nobile famiglia Modicana della quale lo stemma araldico domina ancora sulla facciata principale. Per decenni il palazzo è stato location ideale per la installazione di mostre artistiche ed importanti eventi culturali. All'interno, in un piccolo suggestivo patio dall'atmosfera moresca, si può ammirare un elaborato portale medioevale dal caratteristico stile gotico-chiaramontano; il portale ed altre parti architettoniche ad esso connesse, che in origine facevano parte della struttura di un edificio religioso, furono inglobate al palazzo nella ricostruzione post-terremoto (sec. XVII)».

http://www.sicilie.it/sicilia/Modica%20-%20Palazzo%20De%20Leva


Monterosso Almo (castello non più esistente)

Una casa palazzata, dal www.donnalucata.it   Panoramica di Monterosso Almo, dal sito www.geosearch.it

«Il: castello di Monterosso Almo (castrum Montis Rubei) era ubicato nel centro urbano del comune di Monterosso Almo in Val di Noto. Cronologia delle principali fasi storico-costruttive: non precisabile. Alla metà del XVIII secolo, secondo la testimonianza di Vito Amico, ne sussistevano solo pochissime rovine. Notizie storiche: 1296, nel sito dell'attuale centro abitato di Monterosso sorgeva il casale Lupino, possedimento di Russo Rosso; 1308-1310, è nuovamente attestato il casale Lupino; XIV (prima metà), ampliamento e fortificazione del casale Lupino per iniziativa di Enrico Rosso, successore di Russo; da allora il centro assumerà la denominazione di Monterosso; 1366, a Monterosso esistono un castrum e 137 case fiscalmente capaci; XIV (ultimo quarto), Monterosso passa a Federico Alagona cui verrà confiscata da Martino I; 1400, Monterosso viene aggregata alla contea di Modica e concessa quindi a Bernardo (Bernat) Cabrera; la storia patrimoniale della baronia di Monterosso seguirà quindi, fino all'abolizione della feudalità, quella della contea di Modica. Stato di consistenza: attestazione documentaria in mancanza di resti visibili. Impianto planimetrico: è verosimile, in base alla topografia del luogo, 1'ipotesi di un impianto quadrangolare con tre lati a strapiombo sulla valle dell'Amerillo (in direzione di Vizzini) ed un quarto muro che avrebbe difeso il fortilizio sul lato dell'abitato, all'altezza del muro absidale della chiesa madre. Rapporti ambientali: la tradizione locale ubica il castello all'estremità nord-occidentale dell'abitato, alle spalle dell'attuale chiesa madre, in un'area edificata già fin dopo il terremoto del 1693. La realizzazione della strada di circonvallazione, negli anni '60, e recenti lavori di costruzione di case popolari, hanno messo alla luce vecchi muri che potrebbero essere appartenuti al castello».

http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=136


Pozzallo (caricatore)

Dal sito www.nauticaserra.it/   Dal sito www.blusicilia.it

«Pozzallo è un antichissimo borgo marinaro, già conosciuto dagli Arabi, tanto da essere citato dal geografo Al Idrisi. Se ne fa menzione anche nel censimento di Martino I. Scrive Fazello che il paese "appellasi Pozzo vecchio, si osservano le fondamenta di antichissimo paese, dalle quali distano un caricatojo ed una magnifica torre eretta da Bernardo Incaprera un tempo Conte di Modica, la quale si ha nome Pozzallo ed è lambita dal mare; di là è il più breve traghetto alla isola di Malta, di non più che 60 miglia". Il brano di Fazello sintetizza molto bene le caratteristiche di questo Centro che si è sviluppato progressivamente attorno al Caricatore, edificato dai Chiaramonte, signori della contea di Modica, della quale fino alla soppressione del feudo nei primi anni dell'Ottocento Pozzallo farà parte. Il Caricatore, con gli annessi magazzini e le altre strutture di servizio, costituiva lo sbocco portuale di Modica e di Ragusa, così come sul versante ionico il Caricatore di Vendicari, era in quello stesso periodo lo sbocco a mare di Noto. Il Caricatore di Pozzallo venne successivamente potenziato e arricchito sotto il profilo difensivo dai conti Cabrera, subentrati ai Chiaramonte. La necessità infatti di dover proteggere le strutture e le attività commerciali, che si svolgevano nel porto, dagli assalti dei pirati barbareschi, indusse Giovanni Bernardo Cabrera a costruire nel 1429 una imponente torre d'ispezione [torre Cabrera], alta originariamente una trentina di metri. La fortezza, armata più tardi di solidissime artiglierie, costituì un valido presidio militare sotto il comando di un prefetto a difesa del Caricatore e del porto reso così sicuro, per le imbarcazioni, ma anche per il territorio circostante, liberando gli abitanti dalla paura delle incursioni piratesche, molto frequenti allora lungo tutte le coste siciliane».

http://www.entasis.it/Comuni/ProvinciaRagusa/ProvinciaRagusa08.htm


Pozzallo (centro storico, castello Di Marino)

Dal sito www.cncpozzallo.com   Dal sito www.casevacanzapozzallo.it

«Nel Centro Storico troviamo le "Vanedde 'i Vicci", ovvero le prime strade e le prime case del Paese, fatte di vicoli stretti e intercollegati; case antiche e caratteristiche e la vecchia "fontana": un "piccolo paese nel paese". Nelle vicinanze della Chiesa Madre, si può visitare la casa che diede i natali a Giorgio La Pira, il più illustre cittadino Pozzallese, che sarebbe divenuto Sindaco di Firenze. Nella zona Ovest, lungo il viale alberato, che conduce al Porto di Pozzallo, troviamo il Castello Di Martino che domina sul mare da una collina di fronte al Porto».

http://aspozzallo.altervista.org/citta.htm


Pozzallo (torre di Santa Maria della Pietà o torre Cabrera)

a cura di Giuseppe Tropea

  


Punta Braccetto (ruderi della torre Vigliena o del Bracello)

Dal sito www.casuzze.it   Dal sito www.donnalucata.it

«La Torre Vigliena (chiamata anche "Torre del Bracello" o "Torre Brazzetto" o "Torre Colombara") è una torre di difesa costiera che si trova all'estremità del Braccio della Colombara. Siamo in sostanza a Punta Braccetto (frazione balneare sul confine tra i comuni di Ragusa e Santa Croce Camerina) che all'estremità del suo promontorio presenta i resti di un importante complesso militare di fine cinquecento che culmina con i ruderi della torre. Fu Giovanni Battista II Celestri, giureconsulto di grande fama che, per proteggere il territorio e il casale dai corsari, fece restaurare nel 1595 la torre Scalambri, e diede inizio ai lavori della torre di Mezzo e della torre Vigliena. Lavori che furono ultimati nel 1607. Alla torre, a base quadrata, fu dato il nome di Vigliena perchè fatta costruire sotto il viceregno di Giovanni Fernandez Pacheco, marchese di Vigliena, da cui trasse uno dei nomi. Oggi non rimangono che solo pochi ruderi, ma i pochi resti ci forniscono una chiara visione dell'imponenza originaria. Infatti essa mostra un notevole spessore murario di almeno 4 metri tanto da poter resistere ad eventuali attacchi di artiglieria e al contempo supportare il peso di pesanti cannoni. La torre infatti era dotata di notevole armamento ed era assistita da quattro soldati. Dalla sua posizione controllava perfettamente i due golfi laterali, anticamente chiamati canaletti. A lato della torre è visibile un trinceramento murario con strette feritoie in direzione del molo d'attracco delle navi, mentre in una posizione retrostante vi sono ancora scarsi ruderi di un edificio fortificato attribuibile ai locali della guarnigione. Questa torre comunicava verso sud con le vicine torri di Pietro e Scalambri. Oltre all'azione erosiva del tempo, contribuì alla sua distruzione lo sbarco alleato durante la seconda guerra mondiale. Sulla scogliera di ponente è stata realizzata una passeggiata che permette di seguirne il profilo in sicurezza ammirandone la naturale bellezza, principalmente al tramonto».

http://www.casuzze.it/torre-vigliena.html


Punta Secca (torre Scalambri)

Dal sito www.casuzze.it   Dal sito www.donnalucata.it

«Detta anche "Torre Scalibro” o “Torre Rosacarami”, si trova nella località di Punta Secca, frazione balneare di Santa Croce Camerina, divenuta famosissima perché appare in più scene della celebre serie televisiva “Il Commissario Montalbano”. Infatti sulla piazzetta, accanto alla torre, è anche ubicata la villetta sul mare che è la casa del commissario Montalbano nella fiction televisiva. La Torre Scalambri era una torre che aveva il compito di difendere l'approdo, fu fatta costruire, sull'omonima punta costiera, dalla famiglia Bellomo di Siracusa nel XVI secolo. Era discretamente armata e difesa, secondo i periodi, da 3 a 5 soldati. La sagoma si presenta rigidamente parallelepipeda, articolata su tre piani, con pianta pressoché quadrata di metri 8,5 x 9,20. Faceva parte del sistema difensivo di avvistamento di navi saracene ed era in collegamento visivo con la torre di Mezzo (o di Pietro) e la torre Vigliena di Punta Braccetto a 4.2 km a nord da Punta Secca e la torre Cabrera di Mazzarelli (Marina di Ragusa) a 5.5 km ad est. Ha subito modifiche durante i secoli come ad esempio balconi ed intonaci di cemento».

http://www.casuzze.it/torre-scalambri.html


Ragusa (borgo, palazzi)

Ragusa Ibla nella foto di Pippo Palazzolo, dal sito www.lealidiermes.net   Palazzo Zocco, dal sito www.settemuse.it

«La Città di Ragusa è situata ad un'altezza che varia dai 500 metri del nucleo originario, Ibla, ai 600 metri della parte nuova, edificata tra il Sette-Ottocento nella zona denominata Patro. L’abitato in generale ha impronta tipicamente barocca, pur non mancando esempi di edifici medievali. Suggestivo l'ambiente di lbIa con le sue strette strade, slarghi e piazzette, rimaste praticamente intatte rispetto a sconvolgimenti moderni che ormai siamo abituati ad osservare ovunque. ...  Non mancano i palazzi signorili di notevole pregio artistico: Palazzo Cosentini, ornato da balconi con mensoloni apotropaici di carattere zoomorfo; Palazzo La Rocca, dotato di artistici balconi barocchi; Palazzo Di Quattro; Palazzo Arezzi con un celebre arco; Palazzo della Cancelleria. Fra tutti primeggia Palazzo Donnafugata, compositivamente realizzato con un misto di stili eclettici, dal gotico veneziano della loggia al tardo rinascimentale dei torrioni. è stato costruito nella seconda metà dell'Ottocento per volontà del barone Corrado Arezzo, ampliando un preesistente edificio. è circondato da un parco lussureggiante, con episodi architettonici frammisti alla ricca vegetazione. ...».

http://www.entasis.it/Comuni/ProvinciaRagusa/ProvinciaRagusa09.htm


Santa Croce Camerina (palazzi)

Dal sito www.guidasicilia.it   Dal sito utenti.lycos.it/santacroce

«A pochi metri dalla Piazza [Vittorio Emanuele] sorge il Palazzo Vitale-Ciarcià, esempio di dimora signorile con struttura forte e massiccia, che riassume interventi di ampliamento e miglioramento protrattisi dal XVIII al XIX secolo. Il palazzo ha saloni, istoriati con gusto da abile mano, scale interne in pietra asfaltica, vastissimi bassi, alcuni dei quali furono dal 1854 al 1875 sede degli uffici comunali. Sulla piazza si affaccia il Palazzo Portelli, già dei Rinzivillo, famiglia di arrendieri, censualisti, proprietari terrieri, governatori. L'edificio copriva anche l'area oggi occupata dalla Lega di Miglioramento, che incorpora una parte residuale della muratura sei-settecentesca. Sulla via dei Martiri Romeo sorge il Palazzo Carratello, in stile tardo-barocco, con elegante prospetto, scalinata in pietra asfaltica, numerosissime stanze e ampi bassi. Più a sud, nella Piazza G. B. Celestri (già C. Battisti) sorge il grande Palazzo Celestri-Sant'Elia, che i Celestri, signori di Santa Croce, costruirono a partire dal XVI secolo. Comprendeva gli uffici del segreto e del capitano d'arme e ampi magazzini in stile moresco, il carcere e un piano nobile. Lungo la via Roma e nella Piazza Vittorio Emanuele sorgono alcune abitazioni dalle linee architettoniche estremamente fini, esempio di stile liberty originalmente interpretato da murifabbri locali».

http://www.itcgvittoria.it/files/virtur/sitiner.htm (a cura di Francesco Fumeri)


Santa Croce Camerina (torre di Mezzo o di Pietro)

Dal sito http://www.donnalucata.it   Foto di Gianni Giacchi, dal sito http://ragusaturismo.blogspot.it

«La Torre di Mezzo (detta anche "Torre di Punta di Pietro" o "Torre di Pietra" o "Torre di Pietro" o "Torre di Santa Croce") è una torre di difesa costiera e si trova in provincia di Ragusa sulla costa del Mediterraneo. Per raggiungerla ci si deve districare fra una numerosa serie di piccole stradine che fiancheggiano serre e villette, spesso incrociate con strade d’accesso al mare. A grandi linee possiamo dire che si trova su un promontorio poco elevato, a metà strada tra la torre Scalambri (a sud) e la torre Vigliena (a nord), con le quali è in contatto visivo (per questo fu chiamata "Torre di Mezzo"). Nelle vicinanze c'è una sorgente d'acqua dolce dalla quale i corsari spesso attingevano questa risorsa. Questa torre di avvistamento e di difesa costiera fu fatta edificare, a proprie spese, dal nobile modicano Pietro Celestri, alla fine del ‘400 (nel periodo in cui il nobile s’impegnò nel ripopolamento di Santa Croce Camerina), all'interno della rete di controllo della costa sud contro le incursioni dei corsari turchi. Della torre, a base quadrata, oggi non rimangono che solo pochi ruderi che furono parzialmente restaurati negli anni 1995-96. Lo sbarco americano del 1943 l'ha parzialmente distrutta. Di essa rimangono l'angolo nord, costituito da conci squadrati, una parte dell'interno e la zona interrata della cisterna».

http://www.casuzze.it/torre-di-mezzo.html


Scicli (Castellaccio, castello dei Tre Cantoni)

a cura di Giuseppe Tropea


Vittoria (castello Colonna Enriquez)

Dal sito www.compagniadelmediterraneo.it   Dal sito www.comunevittoria.gov.it

«Il 4 marzo 1607 viene appaltato il Castello Colonna Enriquez, il cui piano superiore risale all’Ottocento (Areddia). Il 6 marzo 1607 vengono appaltati i Magazzini frumentari della Corte e la prima chiesa di San Giovanni Battista, Patrono della città, e nel 1608 i due mulini. Il quartiere Castello comprende anche le case concesse ai funzionari, agli impiegati, al cappellano della chiesa e inoltre il palazzo baronale che, oggi, corrisponde alla proprietà Gucciardello. Altre case, casaleni e botteghe ampliano la zona del Castello sino al 1623, determinando i seguenti quartieri: San Giovanni, Piazza, San Vito, Grazie, Sant’Antonio Abate, San Giuseppe, San Francesco di Paola il vecchio e San Biagio. Prima del terremoto al Castello furono aggiunti altri locali ed eseguiti lavori di restauro e di completamento fino al 1687. Il Castello, l’antica chiesa di San Giovanni Battista, i Magazzini del Conte furono in parte distrutti dal terribile cataclisma, l’11 gennaio 1693. Nell’area dell’antica chiesa esiste oggi la chiesetta della Madonna dei Sette Dolori “Trinità” consacrata nel 1724, il cui portale sembra essere stato recuperato dai ruderi della vecchia chiesa del Patrono. Il Castello dal 1816 al 1950 viene adibito a carcere dal Comune di Vittoria. Abbandonato per alcuni anni, viene in seguito restaurato divenendo Museo Civico Polivalente, intitolato al prof. Virgilio Lavore, insigne grecista. Accanto al Castello e ai Magazzini del Conte sorgevano la vecchia chiesa di San Giuseppe e il Monastero di Santa Teresa. Nel 1902, al posto delle suddette strutture, nasce l’Officina Elettrica Municipale, utilizzata per la fornitura dell’energia necessaria al territorio vittoriese. Oggi l’insieme monumentale-architettonico è stato ristrutturato, e un’ampia sala è stata intitolata al grande pittore vittoriese Giuseppe Mazzone, utilizzata per esposizioni d’arte. I locali del Castello e i Magazzini Frumentari, in corso di restauro, saranno destinati ad ambienti museali mentre nei locali del pianoterra è allocata, provvisoriamente, la sede del Consorzio di Tutela del Vino Cerasuolo DOCG di Vittoria».

http://www.comunevittoria.gov.it/index.php?content=luogo&id=99


Vittoria (centro storico, palazzi)

Dal sito www.comunevittoria.gov.it   Dal sito www.nozio.com

«Il Centro abitato sorse nella prima metà del Seicento sotto gli auspici di Giovanni Alfonso Henriquez e deve il nome a sua madre Vittoria Colonna Henriquez. Vittoria Colonna era figlia del Viceré di Sicilia e moglie del conte di Modica, Luigi III Enriquez Cabrera. Nel l607 spinse il figlio a popolare una zona boscosa della Contea di Modica posta tra i fiumi Ippari e Dirillo, chiamandovi, con agevolazioni di vario tipo, abitanti dei paesi vicini. ... L'impianto urbano, tipicamente seicentesco, costituito da larghe strade pianeggianti e rettilinee ospitò subito il Duomo intitolato a Giovanni Battista, patrono del Centro, e ben otto Chiese minori ma di elegante fattura, Palazzi civili e un tessuto di case private, formando un insieme degno di ammirazione, tanto che alla cittadina fu dato l'appellativo di "bella". ... Belli i Palazzi signorili che si trovano lungo il tracciato delle vie: Palazzo Pavia (con un cortile interno in stile rinascimentale), Palazzo Trama (che ricorda il gotico di modelli veneziani), palazzo Piazzese (con sculture liberty che disegnano il prospetto)».

http://www.entasis.it/Comuni/ProvinciaRagusa/ProvinciaRagusa12.htm


 

 

 

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