|
ASSORO, CASTELLO DEI VALGUARNERA
a cura di Giuseppe Maria Amato
scheda cenni storici il castello bibliografia
Veduta dei resti del castello.
clicca sulle immagini in basso per ingrandirle
Epoca: X secolo (primo impianto); prime testimonianze scritte: XIV secolo.
Conservazione: in passato utilizzato come cava dai cittadini di Assoro, il castello è oggi inserito in un Parco urbano di recentissima creazione.
Visitabilità: del castello sono visibili resti fuori terra.
Come arrivarci: da Enna, con la strada statale 121; il castello è ad est del centro abitato.
Paese
con impianto urbanistico medievale con stradine contorte e vicoletti chiusi,
con cortili e piccoli bagli, Assoro vanta da sempre un vasto territorio,
citato già da Cicerone nelle Verrine, capace di dare una cospicua
coltivazione di grano, olive, uva e frutta.
Il
primo nucleo abitato nacque nel periodo protostorico, prima dell'influsso
ellenico, cosi come ci testimoniano Diodoro Siculo, Cicerone e Plinio il
Vecchio. Durante il periodo romano repubblicano, anche in virtù della grande
vicinanza linguistica e di tradizioni tra siculi e latini, Assoro godette di
prosperità e fama.
Dominato
certamente da una acropoli ellenica della quale rimasero resti visibili sino
all’età moderna, ma che oggi è quasi del tutto illeggibile, venne
presidiato da fortificazioni certamente sin dall’età bizantina.
Il
centro fu conquistato dagli Arabi entrando a fare parte della Taifa
di Qasr Jani (Enna) e nel 1061 dalle truppe dei normanni
Altavilla. Successivamente venne infeudato al vescovo di Catania.
La
chiesa dei Carmelitani del 1400 che conserva il sepolcro marmoreo del nobile
Francesco Valguarnera scolpito nel 1491 e quasi certamente espressione di una
ottima scuola artistica con contatti anche esteri di gran livello (Laurana?).
Fra
le strutture urbane è rilevante il Palazzo Valguarnera con singolari mensole
figurate, un impianto massiccio e dominante sulla vallata del Crisa Dittaino,
ed un interessante passaggio su archi verso il priorato di San Leone.
Inoltre
vanno ricordati l'abbazia di Santa Chiara, oggi sede del Comune, i ruderi
della chiesa di Santa Caterina e quelli della chiesa di San Biagio, la
cosiddetta Porta Romana, i resti del castello e della acropoli antica di
contrada Rito, oggi inclusi in un bel Parco urbano dalla panoramicità
strabiliante, i resti delle vaste necropoli scavate dall'archeologo Jean Paul
Morel ed i cui corredi sono oggi conservati anche al Museo regionale
Archeologico di Palazzo Varisano in Enna.
Il
centro moderno è attestato proprio sopra la città antica e si è
recentemente espanso verso Ovest sui luoghi che dovevano essere le necropoli
del periodo arcaico, classico e romano.
Il
centro è ancora fortemente pervaso dall'atmosfera medievale che i suoi
monumenti irradiano.
è
dall'acropoli che la natura di Assoro diviene chiara, infatti dalla cima del
colle la vista spazia su uno dei maggiori panorami di Sicilia. Le mura
rovinate del castello prospettano verso la Piana di Catania, gli Iblei e
Morgantina, ad Ovest verso Enna e l'Altesina ed a Nord verso la lunga catena
dei Nebrodi mentre su tutto domina il cono dell'Etna eternamente fumante.
Una
posizione, quindi, di grandissima importanza strategica che fece di Assoro un
centro piccolo ma importante sin dal periodo classico.
Diodoro Siculo cita Assoro come l'unica città dei Siculi che non defezionò dall'alleanza siculo-dionigiana a favore del punico Imilcone (Diod. XIV, 58, 1) e che venne ripagata dal potente tiranno siracusano, per il gesto di fedeltà, con il patto concluso con i Cartaginesi sconfitti (Diod XIV, 78, 6). Cicerone, citerà pure gli assorini e la loro città, esaltandone proprio la estrema fedeltà ai patti intrapresi (Cic. Verr. IV, 44, 96: «Assorini viri fortes et fideles»).
Assoro
riceverà poi lo status di Civitas Foederata dalla Repubblica Romana ed entrerà
a far parte della Lega di Venere Ericina, una sorta di comunità tra città
libere sotto l'egida della divinità patrona dei romani e degli ericini.
Questa
particolare indipendenza consentirà al centro di rimanere meno soggetto alla
legislazione romana durante tutto il periodo repubblicano, sino al punto di
coniare moneta bronzea propria con legenda latina.
Con
questi importantissimi natali, Assoro fu nel passato meta di molti dei
viaggiatori stranieri che facevano il Grand Tour nell'isola alla ricerca delle
antiche vestigia. Qui passarono prima il Fazzello, abate domenicano saccense
autore di una enciclopedica opera sulla Sicilia antica ove più volte dimostrò
una capacità indagativa non comune, l'abate Vito Amico, ma anche il Cluvier,
lo Holm, lo Houel.
Questi
grandi indagatori del passato ci hanno lasciato molte testimonianze delle
vestigia che emergevano nella Assoro medievale e moderna consentendone una
ricostruzione abbastanza credibile.
Sulla
scia di questi studi, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, un
archeologo della Scuola francese di archeologia di Roma, il professor Jean
Paul Morel, diresse i suoi sforzi nella comprensione moderna del passato
dell'importante centro ereo.
Così
si poté fissare con certezza il luogo dell'acropoli, sulla contrada Rito e
nelle rocche poi occupate dalle fortificazioni medievali, ma anche quello del
famoso Tempio del dio Crisa, la personificazione divina del fiume che si
sarebbe poi chiamato Dittaino.
Purtroppo
molte delle importanti scoperte e intuizioni dello studioso francese finirono
o dimenticate o utili per aprire la strada ai clandestini, cosicché, già nel
1984, chi scrive stentò a riconoscere i luoghi ed oggi del tempio dorico
rimangono solo le foto delle colonne e la collina deturpata da una costruzione
privata posta proprio su quello che doveva essere lo stilobate dell'edificio
sacro.
Ulteriori
testimonianze elleniche e romane si trovano nelle pianure che circondano la
città, Qui doveva sussistere una vasta curtis, un insieme di ville signorili
utili all'otium ma anche alla gestione delle feraci terre della zona. A
testimonianza di questa diffusione dell'abitazione campagnola e di
villeggiatura sono i diversi, sporadici rinvenimenti nelle contrade Aiutu,
Pipituna, Maddalena, e soprattutto nel Piano di Murra ove furono rinvenute
diverse tombe terragne ellenistiche e un frammento di pavimentazione di strada
romana in basole di calcare.
Il
castello di Assoro, abbandonato già nella prima età moderna e poi dato in
cava ai cittadini che ne deturparono l'andamento sino a renderne
difficilissima la comprensione degli apparati, è oggi inserito in un bel
parco urbano di nuovissima creazione che comprende tutta l'area alta del paese
con i resti delle fortificazioni e della acropoli antica.
Le
fortificazioni medievali sono, come non è raro nella provincia ennese tutta,
ricavate con un sapiente gioco architettonico tra i volumi scavati nella
roccia e quelli costruiti con murature forti e solide.
Planimetricamente
il castello, posto sui luoghi della antica acropoli classica, doveva avere un
andamento poligonale irregolare, modulato assecondando le forme delle rocce
della sommità della rupe su cui insiste l’antico abitato (901 m. s.l.m.)
Il
castello assume una importanza notevole non solo come luogo di controllo di un
vastissimo feudo (Assoro ancora oggi è tra i comuni siciliani con territorio
più vasto) ma anche come postazione lungo la strada che da Catania ad Est
consentiva di raggiungere Palermo attraversando i principali centri
dell’interno isolano.
Ancora
si vedono una grande cortina muraria conclusa da un torrione pieno a pianta
circolare, munito sino a pochi anni addietro di beccatelli in pietra e unico
esempio di “torre albarrana” in Sicilia, quasi una prova della ibericità
della famiglia Valguarnera che certamente sul castello dovette più volte
intervenire.
Una
seconda cortina munita di finestre che guarda verso la valle, un ambiente
sotterraneo di passaggio munito di una scala elicoidale scavata nella roccia,
altri ambienti ricavati nella roccia e voltati a crociera che, ad un primo
esame paiono aver avuto funzione di magazzini anche a giudicare dalle
canalette di scolo delle acque ricavate sul fondo degli stessi.
Nelle
rocce adeguatamente scolpite per dar agio alle murature si nota poi una
particolarità veramente interessante: accanto ai grandi fori per le travature
dei pavimenti e dei solai compaiono in più punti lunghe serie di petroglifi
lineari, tutti uguali, la cui interpretazione è veramente ardua.
Le
notizie storiche del castello sono alquanto rare, certamente qui doveva essere
in uso una fortificazione bizantina che venne espugnata nel 939 da una
gualdana araba capitanata dal capo Chalil.
Costui
una volta guadagnato il sito forte vi ricostruì il castello e modificò le
forme delle muraglie. Conquistato dai normanni il castello passò, con un atto
di vendita firmato da Ruggero II, al vescovo di Catania che ne acquisì il
diritto feudale.
Pervenne
poi a Scaloro I degli Uberti, parente del Farinata di dantesca memoria.
Durante la lunga guerra delle fazioni fu confiscato a Scaloro degli Uberti una
prima volta nel 1340, anno in cui viene affidato al Duca di Randazzo,
Giovanni, fedele al partito catalano; nel 1347 l’Uberti venne perdonato e
rientrò in possesso dei feudi e quindi del Castrum Asari dove, in una
ulteriore vicenda bellica, nel 1351 perderà la vita.
Nel
1364 Federico IV concede la terra ed il castello a Matteo d’Aragona, un
parente della famiglia reale catalana che però muore lo stesso anno senza
eredi.
Nel
1366, il castello perviene a Antonio Moncada che la detiene sino al 1397,
durante il periodo più buio della guerra delle fazioni. In quest’anno, il
Moncada perde ogni diritto feudale e viene e sostituito nella signoria di
Assoro dai fratelli Vitale e Simone Valguarnera, nobili catalani, fedelissimi
alla casata aragonese, la cui famiglia rimarrà in signoria di Assoro e del
vicino villaggio di Caropepe sino alla fine del feudalesimo in Sicilia,
facendone importante fulcro del loro vastissimo territorio feudale.
Amico V.,
Dizionario topografico della Sicilia, tradotto e annotato da G. Di
Marzo, 2 voll., Palermo 1855-56, I, pp.
111-114;