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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA

in sintesi, pagina 2

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Molare (castello Chiabrera o Gaioli Boidi)

Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito www.iatovada.it

«All'ombra del castello verso il 1250, per ragioni di maggior sicurezza si addensò la maggior parte della popolazione delle campagne, ossia l'antichissimo borgo di Cerriato e di Campale. In seguito, avendo Agnese, figlia ed unica erede di Guglielmo, marchese del Bosco, ramo alermico, sposato Federico dei marchesi Malaspina di Gavi, gli portava in dote metà delle terre di Molare, Cremolino, Cassinelle, Morbello. Tomaso Malaspina, figlio di Agnese, si fece costruire un castello con attigua torre e vi stabilì la sua residenza; anno 1278 Isnardo Malaspina, succeduto a Tomaso, portò la sua residenza in Cremolino e nel 1327 emanò gli Statuti che regolarono le vicende della comunità di Molare fino al 1467, anno in cui si estinse la Signoria dei Malaspina di Cremolino e la comunità di Molare si diede in balia dei marchesi del Monferrato, dai quali ottenne particolari concessioni di autonomia. Il castello ha subito nel corso dei secoli moltissimi rimaneggiamenti. L’ultimo intervento a cura di Alfredo d'Andrade, architetto portoghese all´epoca direttore dell´Ufficio Regionale per i Monumenti di Piemonte, Liguria e Valle d´Aosta, risale alla fine del 1800. Oggi il Castello di Chiabrera si presenta come un edificio medievale goticheggiante, circondato da alte mura in pietra e mattoni e sovrastato da una torre rotonda. Al suo interno sono conservate alcune opere del pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo».

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php?DR=all&URL=marchesidelmonferrato.com...


Molare (palazzo Tornielli)

Dal sito http://palazzotornielli.net   Dal sito www.castelliaperti.it

«Il palazzo sorge dove, un tempo, era l'antico castello medievale. Ottone del Bosco, signore di Campale e di Molare, aveva ceduto a inizio del XIII sec. Molare a Genova in cambio dell'investitura. Nel 1267, gli succede Tommaso Malaspina, figlio di Federico e di Agnese del Bosco, il quale farà costruire il castello di Cremolino e lì si trasferirà. Il castello di Molare, non più sede del feudatario, verrà demolito nel 1625. La torre (1812) e la ‘porta del ponte' (1834) vennero abbattute nei primi anni del XIX sec. quando il conte Celestino Tornielli acquistò l'area del castello e vi fece costruire un palazzo. I Tornielli sono una nobile famiglia che, a Molare, fin dal Cinquecento, ebbe un ruolo di rilievo: segretari, procuratori, Sindaci del Comune, abati, ecc. Originari di Novara, i Tornielli, a partire del XII, XIII sec. ebbero molti feudi nel Novarese e in Lombardia. Il ramo di Molare ricevette dai Savoia il titolo comitale e da Carlo Alberto il predicativo di Crestvolant. I lavori del palazzo, di gusto neoclassico, pare siano stati fatti realizzare dal capomastro dallo stesso Celestino Tornielli. Alla sua morte, nel 1840, l'edificio era composto dal piano terreno e dal primo piano (piano nobile), fu il figlio, Giovanni, a far costruire il terzo piano e ad aggiungere le due torrette. Il palazzo all'interno è affrescato per opera di Ignazio Tosi (1811-1861), pittore di Ovada a cui si deve anche il ritratto di famiglia che, ancora oggi, è visibile nel salone di piano terra».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=25


MOLO BORBERO (torre)

Dal sito www.provincia.alessandria.gov.it   Dal sito www.provincia.alessandria.gov.it

«Sulla sommità del colle dove era situato il castello abbaziale, rimane oggi la torre in buono stato di conservazione. Risalente al sec. XIII, è situata in posizione dominante rispetto all'abitato e dai suoi piedi si possono vedere il Bric Carmagnola, il Monte Leco, il Monte Tobbio, la Madonna della Guardia di Gavi, Monte Spineto, Precipiano e il Castello di Sorli. Al suo interno vi si accede tramite una porta e sotto il piano davanti all'entrata esiste ancora la cisterna per la riserva idrica, in perfette condizioni. Il suo interno è in pietra a vista, privo di impermeabilizzazione e vi si accede tramite una rottura in una parete.Seppur di grosse dimensioni, 30m cubi circa, in base alla disposizione dei ruderi si ipotizza l'esistenza di una riserva idrica ulteriore in altri vani interrati. L'acqua piovana arrivava attraverso dei fori quadrati posti sulla parete settentrionale ad un'altezza di circa due metri. Sulla stessa parete è visibile, presso l'apertura originaria usata per attingere acqua dai piani superiori, l'incavo rettangolare lungo il quale il secchio poteva essere calato. Sotto la torre vi era anche uno stretto trabocchetto la cui imboccatura è stata cementata. Il castello era parte integrante del complesso monastico di Molo composto dalle ville, il monastero e la chiesa situati fuori dalle mura, in basso sulla strada principale, in località ancor oggi chiamata "Monastero" e con, in alto, il borgo protetto dalle sue mura dotate di una sola porta d'ingresso».

http://www.comune.borghettodiborbera.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=30560


Mombello Monferrato (palazzo Tornielli già palazzo del Pretorio)

Dal sito www.prolocomombello.it   Dal sito www.palazzotornielli.com

«...Una fornace per la produzione di mattoni, risalente al XII secolo, fa da collegamento con la storia del comune, in quanto, nel medesimo secolo, nel capoluogo vi era una imponente rocca ed un superbo palazzo, dimora saltuaria dei principi Monferrini (nel 1133 vi erano presenti Raineiro, Guglielmo ed Ardizzono). Già durante il periodo in cui il Marchesato fu dominio della dinastia degli Aleramo, ebbe grande importanza politica il Comune di Mombello, tanto che fu proprio Giorgio di Mombello, nel 1199, a fare da mediatore fra il marchese Bonifacio e le città di Alessandria, Asti e Vercelli. Occasione del matrimonio del marchese Guglielmo con Isabella di Glocester (circa nel 1250) fu la rocca di Mombello a essere data in cauzione della dote della sposa. Da Monte, Corrado Cavallo, Facino, Andrea ed Enrico Falcimagna parteciparono ai lavori del Parlamento Generale, convocato a Trino nel 1305, durante il quale si invitò l’imperatrice Jolanda, unica erede del marchese Giovanni, a prendere possesso degli Stati Monferrini. Nel 1306, Teodoro, figlio dell’Imperatrice Jolanda, prese possesso del Marchesato, Mombello ne divenne una delle sedi permanenti.  ... Palazzo Tornielli (già Palazzo del Pretorio). Le sue origini risalgono al XV-XVI secolo. Nel 1711 era la dimora del castellano Giovanni Giacomo Paltro. Alla fine del XIX secolo sull’arco del portico sotto il palazzo vi era la data del 1462, che si riferisce, con ogni probabilità, a lavori di ripristino ed ampliamento. A seguito del Trattato di Utrecht, anche qui giunsero le armate francesi di Napoleone che, proprio nel palazzo, firmò, il 5 giugno 1797, la pace con la Repubblica di Genova. Fu fra la fine dell’800 e i primi del ‘900 che l’ing. Tornelli (ideatore del castello di Cereseto), che lo ristrutturò nel 1910 e lo arredò con mobili d’epoca. Abbandonato nel 1960 è stato restaurato negli anni ’90 dall’attuale proprietario con risultati eccellenti. Architettonicamente è molto bella la parte loggiata che conferisce leggerezza all’edificio, aprendolo verso il bellissimo panorama antistante, sulle colline del Monferrato. ... Giardino di Palazzo Tornielli. L’origine del palazzo (in alcune fonti citato come castello) corrisponde probabilmente, con l’edificazione delle mura difensive dell’antico nucleo di cui sono rimasti alcuni tratti datati XV-XVI secolo. L’edificio, che in alcune fonti viene citato come “castello” è dovuta al fatto che, trattandosi di un edificio di una certa mole, fosse stato la sede dei feudatari. Un documento catastale datato 1674 attesta che il castello era sede del palazzo pretorio mentre, con il passare degli anni diventò residenza nobiliare. Ubicato su un’ampia terrazza sostenuta da antiche mura di contenimento, il giardino fu progettato nella prima metà del XX secolo dal torinese Giuseppe Roda, uno dei più affermati paesaggisti in ambito piemontese e lombardo del periodo. Il suo «progetto di sistemazione a giardino a fiori del cortile di casa Tornielli in Mombello Monferrato», conservato presso l’Archivio di Stato di Torino, prevedeva una composizione formale impostata sull’asse centrale della facciata prospiciente il giardino rispetto al quale convergevano una serie di percorsi a raggiera che delimitavano aiuole disegnate da siepi di bosso. ...».

http://www.palazzotornielli.com/palazzo-tornielli/storia


Momperone (resti del castello)

Nel borgo, dal sito www.comunemomperone.it   Un antico mulino ad acqua, dal sito www.comunemomperone.it

«Un castello sorgeva sicuramente a Momperone nella località che ancora porta quel nome, anche se non ne rimangono che le fondamenta inglobate in edifici più moderni. In questo castello abitò anche una poetessa famosa alla fine del '400, quella Camilla Scarampo (moglie di Ambrogio Guidobono, titolare del feudo di Momperone e dama di corte della duchessa di Milano) di cui Matteo Bandello scrisse: "Si può con verità chiamare un'altra Saffo a' nostri tempi". Momperone era uno dei tanti castelli che nel 1200 Federico II riconfermava a Tortona come aveva fatto suo nonno Barbarossa e suo padre Enrico IV. Non si sa bene per quali strade, il feudo passò poi a Tedisio Frascaroli di Montacuto ed in seguito ad Ambrogio Frascaroli (detto anche Ambrogio da Gremiasco), un grande personaggio poco conosciuto, che firmava le sue lettere firmandosi "soldato e dottore". A metà del '400 Ambrogio lasciò il feudo alla sorella minore Margherita, che aveva sposato Cavalchino Guidobono. In questo modo il paese pervenne ai Guidobono che lo tennero per secoli. Qui nacque quell'Antonio Guidobono che venne processato a Tortona per aver collaborato con i franco-piemontesi di Tomaso di Savoia che nel 1642 avevano assediato e preso Tortona. Il feudo venne confiscato e poi restituito a lui e ai suoi fratelli. ... Il Castello sorgeva sopra una vicina altura; di lui non rimangono che pochi ruderi; sussiste invece un palazzo signorile edificato in basso. Momperone ne seguì le sorti; col trattato di Utrecht del 1713 nuovi padroni furono gli Austriaci. Del Castello non rimangono che pochi ruderi, così della casa dei Guidobono, adiacente alla chiesa attuale, costruita incorporando parte della cappella del Palazzo, si è persa ogni traccia».

http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f18


MonCESTINO (castello villa Del Carretto)

Dal sito www.arcase.it   Dal sito www.immorialto.it

«Sul territorio di Moncestino esistevano insediamenti abitativi prima dell' anno Mille (978) come si può evincere dall' investitura di Villamiroglio da parte del vescovo di Vercelli Eusebio De Curtis de Bugiella a favore di Uberto de Miroglio ed a suo fratello Filippo. Con questa investitura si concedeva il dominio su svariati beni tra cui le frazioni di Coggia e Seminenga di cui era signore Corrado di Miroglio. L' investitura di Moncestino avvenne invece nel 1245, quando, il 12 settembre, il marchese Bonifacio di Monferrato, per sé e per i suoi eredi investe Giacomo, Guglielmo, Carlo, Alcheria e Giacomino di Miroglio, riuniti in consortile, di un monte chiamato Moncestino che giace sulla sponda destra del Po, nei possedimenti di Miroglio, fra Gabiano e Verrua, con ogni diritto relativo allo stesso Moncestino ed alle sue pertinenze. I signori Miroglio dovranno incastellare detto monte e in esso abitarvi con trenta famiglie o più se vorranno ed è per questo che il 12 settembre 1245 è ritenuta la data di nascita del Comune di Moncestino. I due territori rimasero totalmente ai Miroglio fino al 1407, anno della divisione territoriale delle due comunità. Molte famiglie nobili si succedettero dopo l'estinzione dei Miroglio avvenuta nel 1790: Scarampi, Callori, Del Carretto (il cui ultimo erede fu sindaco di Moncestino dal 1946 al 1951) e molti furono anche gli invasori che in epoche diverse saccheggiarono il borgo ... L'attuale costruzione nobiliare sorge sulle rovine dell'antico Castello di Moncestino. Edificato dai conti Miroglio dopo l'investitura del 12 settembre 1245 ed importante avamposto per il controllo delle zone guadabili del Po, venne più volte occupato e saccheggiato; in particolare nel 1613 durante le guerre tra i Savoia ed i Gonzaga; nel 1629 le truppe franco-savoiarde lo distrussero. Attualmente di proprietà privata è stata chiusa al pubblico quando venne ampliata la chiesa parrocchiale nel 1832».

http://www.comune.moncestino.al.it/tur-1-1.html - ...1-2.html


Monleale (resti del castello)

Il centro abitato di Monleale Alto sormontato dal campanile della chiesa parrocchiale, dal sito www.comune.monleale.al.it   Dal sito www.comune.monleale.al.it

«In un documento del 7 novembre 1172 è esplicitamente indicato l’atto di nascita dell’attuale centro di Monleale collocato su di un colle intorno al castello del quale sono ancora oggi visibili i resti. La località fu donata dai proprietari, fra i quali un certo Marinario di Volpedo, al vescovo Oberto ed ai consoli di Tortona affinché fosse costruito un castello che fu poi dato in feudo agli stessi donatori. La fondazione del castrum di Monleale è dunque da collocarsi nel XII secolo ad opera di Tortona ed è uno dei pochi esempi di tutta la Val Curone di castello costruito con funzioni esclusivamente difensive. Agli inizi del XV secolo era controllato dagli Opozzone di Montegioco; successivamente fu infeudato nel 1412 dal duca Filippo Maria Visconti al condottiero Perino Cameri capostipite di una famiglia nota come i da Tortona. Morto nel 1727 Stefano, ultimo maschio dei da Tortona, il feudo passò in parte tramite la nipote Ottavia ai Calcamuggi di Alessandria e per un’altra quota al lombardo conte Agesilao Cane de Bisnati. Il feudo fu abolito nel 1797» - «Con il diploma di riconciliazione del 1176 tra Federico Barbarossa ed il Comune di Tortona, il fortilizio veniva assegnato al contado della città. Già feudo degli Opizzoni, nel 1412 la località, assieme a Volpedo, Volpeglino, Sarezzano e Castellaro fu investita dal duca Filippo Maria Visconti al prode suo capitano Perino Cameri, detto da Tortona, la cui pronipote Despina, figlia di Tristano, ne portò in dote la metà al marito Giulio Guidobono, che ne fu investito nel 1555. Altra quota, attraveso Ottavia, figlia di Lorenzo Bartolomeo, passò nel 1702 nei Calcamuggi, che ne godettero il possesso sino all'abolizione della feudalità.
Su di un colle, al centro dell'abitato, sussistono le ultime vestigia del castello, che era munito di tre torri».

http://beatrice.netribe.it/database/urp/tortona... - http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f20


Montacuto (castello dei Frascaroli)

Montacuto, dal sito www.comune.tortona.al.it   Montacuto, dal sito www.comune.montacuto.al.it

«Compare per la prima volta come località del Comitato di Tortona. Il castello sorge isolato su di un erto colle, a 437 m. s.l.m.; è compreso tra quelli tolti ai Tortonesi dal Barbarossa e restituiti nel 1176. Fin dal 1200 il paese era legato ai Frascaroli, patrizi tortonesi, che ancor oggi possiedono il castello. Il feudo di Montacuto nel momento della sua più vasta estensione, quando un Frascaroli giurò fedeltà a Carlo V, comprendeva anche Gremiasco, Giarolo e Restegassi. Fugacemente vi apparirono gli Spinola, i Doria, Giudobono Cavalchini, ma nel 1700, ritroviamo solamente i Frascaroli, con il titolo di marchesi. L'attuale castello e gli edifici che lo compongono compaiono costruiti nei secoli XVII e XVIII, ma sono ancora evidenti i resti del primitivo maniero, certo molto più antico: forse era stato edificato da Tedisio, il capostipite della famiglia Frascaroli che nell'ambito della Val Curone è stato giudicato una personalità storica che più spicca per ardimento e doti politiche. Montacuto nel medioevo era luogo di passaggio, e una strada proveniente da Costaserra e da Varzi, proseguiva per Cantalupo, Rocchetta, Sisola e Crocefieschi. Questo territorio ebbe la sua maggiore importanza nel VII secolo, quando una linea di castelli fortificati servì a sbarrare la strada agli invasori barbarici. ... L'antica struttura del maniero venne rimaneggiata ed ampliata durante i secoli XVII e XVIII dalla famiglia Frascaroli, che ha il privilegio di possederlo ininterrottamente dal XII secolo».

http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f30


Montaldeo (castello Trotti)

a c. di Glenda Bollone e Federica Sesia


MonTALERO (castello)

Foto di Pmk58, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.marchesimonferrato.com

«Montalero è un piccolo agglomerato sulla sponda sinistra del torrente Stura, ora facente parte del comune di Cerrina. La sua chiesa, che è parrocchiale, fu, fino al 1648, chiesa gentilizia dei signori del castello. è questo un massiccio fabbricato che porta le tracce di molti adattamenti e ristrutturazioni. Sorse intorno al Mille come scolta sulla Valle Cerrina: infatti lo troviamo citato in un diploma del 1070. I Montaleri, signori del luogo, furono investiti nel 1388 del maniero che ristrutturarono. Il castello pervenne nel XVII secolo alla famiglia Mazzetti e nel XVIII secolo alla famiglia Calcamuggi, legata alla corte dei Savoia. Dopo alcuni passaggi ora è proprietà dei fratelli Mietto di Casale. In questo ultimo ventennio il maniero fu ristrutturato, adibito a galleria di antiquariato ed in parte a ristorante. Interessanti sono le parti più antiche, un elegante pozzo nel cortile ed un fresco parco».

http://www.monferrato.net/scheda.php?tCat=3&cId=6&pcode=0000000268


Montecastello (castello)

Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito www.marchesimonferrato.com

«Montecastello si trova a 10 km da Alessandria e costituisce una delle ultime balze del corrugamento collinare del Basso Monferrato di fronte alla confluenza tra Tanaro e Bormida. Il promontorio che domina l’ansa del Tanaro offre un’ampia veduta della pianura di Marengo tra Bormida e Scrivia sullo scenario del pre-appennino tortonese che sfuma nell’Oltre Po pavese. L’abitato, insediamento antichissimo, era situato nella piana ad est della collina. Sulla collina si ergeva un’antica torre saracena adibita a colombaia, precorritrice del telegrafo ottico dell’Ottocento che al castello ebbe tra il 1849 e il 1852 una stazione funzionante per il collegamento di Torino con Genova e Piacenza. ... Montecastello nel 967 viene infeudato da Ottone I ad Aleramo dei Marchesi del Bosco, quindi ne vengono investiti i Bellingeri di Pavia con facoltà di fortificarlo. All’antica torre saracena, per dare maggior peso difensivo vengono aggiunte, in tempi diversi, mura e barbacane, due torri bertesche e quattro torrioni angolari con merlatura ghibellina, mentre una prima linea difensiva di sbarramento viene predisposta a metà colle con l’erezione di un robusto torrione con doppio ponte levatoio (per pedoni e carri) per il controllo dell’accesso al ricetto. Il torrione poteva contare sull’apporto difensivo naturale del Rio Sgorgione a sud ove sorgeva la casamatta denominata Forte Fuentes rovinata nel sottostante Corneto in seguito alla piena del Tanaro del 1666, mentre ad est sorgeva la casamatta dello Spalto detta di Macallè dominante la strada di Santa Caterina e demolita, per pericolosità, nel 1965».

http://www.comune.montecastello.al.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4&Itemid=125


Montegioco (castello)

Dal sito www.locationmatrimonio.it   Dal sito www.locationmatrimonio.it   Dal sito www.castellodimontegioco.it

«La località, appartenente al distretto di Tortona, possedeva anticamente un castello infeudato alla famiglia Opizzoni, nonché ad un ramo della stessa, che dal luogo assunse il caratteristico predicato de Montegioco. Durante la lotta tra Guelfi e Ghibellini, che insanguinò a lungo il Tortonese, gli arbitri milanesi Guido e Mosca della Torre nel 1305 imponevano a Pietro di Montegioco di consegnare loro quel castello, liberando i carcerati che vi erano rinchiusi. Gli Opizzoni, come signori di Montegioco nel 1337 sottoscrivevano la tregua tra Intrinseci ed Estrinseci; il castello apparteneva ancora a questa nobile famiglia sia nel 1406, quando con altri fortilizi di quel territorio venne occupato e distrutto da numerosi "banditi" genovesi, cui avevano dato manforte i Fieschi in odio ai ghibellini tortonesi, fedeli ai Visconti; sia nel 1452, allorché Francesco Opizzoni, castellano di Nazzano aveva modo di lamentarsi col duca che da parte del Comune di Tortona non si osservasse l'esenzione dai carichi, che gli era dovuta. Successivamente passò ai Doria e nel 1689 al Marchese di Avolasca fino all'estinzione della feudalità. Il castello, eretto nella seconda metà del secolo XVII, dalla famiglia Busseti, ora restaurato e ridotto a privata abitazione, non conserva quasi più nulla della sua originaria fisionomia: è un palazzo con pianta ad H, sormontato da una torre merlata completamente ricostruita e con gli spigoli della costruzione ornati da bertesche».

http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f21


Montemarzino (ruderi del castello dei Malaspina)

Dal sito www.provincia.alessandria.it   Foto di Claudio Quaglia, dal sito www.panoramio.com

«Fu uno degli antichi castelli della contea tortonese, su cui vantava diritti la nobile stirpe obertenga. Come tale, nel 1801 una sua metà insieme ad altrettante parti di Grondona, Gattorba e Nazzano erano cedute da Guido II q. Adalberto a Girvino, suddiacono. I suoi eredi, i marchesi di Gavi ne investirono un ramo della supponide-viscontile famiglia dei signori di Montemarzino, i quali il 10 settembre 1181 sottoscrivevano l'atto di sottomissione al Comune di Tortona. Il possesso della località passò, nella prima metà del XIV secolo, alla nobile famiglia Busseti, insieme a Bagnara e Montebore e nel 1685 a Paolo Spinola, marchese di Los Balbases, già feudatario di Paderna, Casalnoceto e Pontecurone. Il castello sorgeva su di una piccola altura, che domina l'abitato: di esso non rimangono che poche vestigia, sufficienti però a testimoniarne l'importanza. Doveva godere qualche rinomanza, perché è segnata nell'affresco geografico dipinto nelle Logge Vaticane. Presso il maniero era localizzato un mulino, costruito all'inizio del XV sec. da Michele Busseti di Montebore, in sostituzione di un più vecchio opificio detto de bove andato in precedenza distrutto».

http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f22


Morbello (ruderi delle torri del Marocco e del Ciglione)

Dal sito www.grupporicerche.it   Panorama di Ciglione, dal sito it.worldmapz.com

«Altri resti medievali sono i ruderi della Torre del Marocco e della Torre del Ciglione. In particolare la Torre del Marocco appartiene al modello più antico di sistema fortificato, costituito da un unico recinto intorno alla torre in cui si trovano sia le abitazioni signorili sia quelle popolari. Interessanti conferenza sono state sostenute al fine di esplicare la sua caduta così particolare e così simile alle altre Torri del circondario».

http://mag.corriereal.info/wordpress/?p=41854


Mornese (castello Doria)

Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito www.mornese20.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Distretto del Novese (www.facebook.com/DistrettoNovese), foto di Norm76

«L’attuale luogo di Mornese, durante il X e l’XI secolo, costituiva una tappa per coloro che, mulattieri e commercianti, attraversavano il giogo in direzione di Genova. Questo territorio, quindi, si costituì come punto di raccordo tra la costa e la pianura e come luogo di importanza rilevante per il commercio del sale e di altre merci preziose, elementi che richiamarono nel 1065 un’attiva presenza dei monaci di San Siro, un potente monastero genovese. Si trattò di una delle prime mosse di penetrazione genovese nell’Oltregiogo. Ma fu soprattutto a partire dal XIII secolo che Mornese, in seguito all’aggregazione delle ville di Voltignana e di Ponticello e alla vicinanza con il nucleo abitato di Casaleggio, divenne un centro viario di notevole interesse. Secondo la tradizione, l’abate del Sant’Eremo di Ponticello nel 1271 ordinò la costruzione di un castello nel luogo dove oggi sorge la chiesa parrocchiale, castello a cui se ne affiancò un altro eretto nei medesimi anni dalla famiglia genovese dei Rosso della Volta sul colle di Berguato, oggi Borgo Alto, proprio di fronte alla fortificazione dell’abate. Il XIV secolo si aprì con una serie di lotte e conflitti in tutto il territorio e, dopo un cinquantennio di dominio dei Rosso della Volta e la pestilenza del 1348, Mornese passò sotto il comando della famiglia Doria, la quale nel 1352 acquistò anche la villa del Ponticello. I Doria, in pieno contrasto con la Repubblica di Genova, diedero inizio ad un periodo di ostilità con la città ligure; questa rivalità culminò con il passaggio del nostro paese sotto la protezione dei Marchesi del Monferrato e comportò numerosi scontri ed avvicendamenti politici sul territorio, tra cui quelli degli Sforza e dei Gonzaga. Intorno alla metà del XVI secolo, Mornese tornò in possesso dei Doria, nella figura di Cristoforo, ma vi rimase per un breve periodo conclusosi con la morte del successore di Cristoforo, Ugone Doria, avvenuta nel 1574. La moglie di quest’ultimo, infatti, dodici anni dopo la scomparsa del marito, vendette il feudo a Filippo da Passano, il quale, a sua volta, nel 1601, lo consegnò per ventimila scudi a Nicolò, della famiglia dei Pallavicino. Anche il possesso dei Pallavicino fu destinato ad una breve durata e si estinse nel 1628, quando il castello e tutto il feudo passarono nelle mani di Giovanni Battista Serra. ...».

http://www.comune.mornese.al.it/storia


Morsasco (castello dei Pallavicino)

Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito wwww.comune.morsasco.al.it   Dal sito www.micecastle.it

«è un superbo maniero posto in posizione dominante sulla valle della Bormida, dalla cui torre era possibile controllare la vastissima zona che va dalle colline di Acqui ad Ovest sin oltre Alessandria ad Est, dal massiccio del Monte Rosa a Nord sino all'Appennino Ligure a Sud. Un tempo il castello era di più modeste dimensioni, fu ingrandito in diverse riprese dai vari padroni che si succedettero: dai Malaspina nel corso del XV secolo, dai trentini conti di Lodrone nel XVI secolo ed all'inizio del 1700 dai principi Centurione genovesi. All'interno del Castello si trovano un ampio salone un tempo adibito al gioco della pallacorda, gli appartamenti dei castellani, due bellissime sale affrescate ed ornate da antichi camini, infine orride prigioni ove si leggono ancora graffiti ed iscrizioni che vi lasciarono gli antichi e sfortunati prigionieri. Sul torrione di sud-est è ancora perfettamente visibile una formella in pietra dove è stato scolpito lo stemma dei Centurione Scotto; sugli angoli della stessa torre sono presenti teste di leone, simbolo araldico dei conti di Lodrone. I Centurione, diventati principi del Sacro Romano Impero nel 1654, ebbero il diritto di esercitare la giurisdizione criminale (anche capitale)sui loro sudditi di Morsasco; a testimonianza di ciò esiste ancora oggi una casa detta "del Boia" vicino alla "porta dell'orologio" prospiciente la piazza del paese. L'edificio conserva questo nome perché qui era posta la trave dove pendeva il "canapo" atto ad infliggere i "tratti di corda": il reo era spogliato ed era "tirato su" con i polsi legati ad una corda passante per una tagliola. Egli rimaneva appeso per qualche minuto, poi era lasciato cadere. Il cigolio della tagliola unito alle urla dell'incriminato, che dopo un qualche tempo si tramutavano in gemiti, offrivano alla scena una spettacolarità che doveva essere di deterrente al ripetersi di episodi delittuosi. Non esistono più il ponte levatoio ed il fossato, sostituiti nel 1740 da un ponte in pietra e successivamente interrati. All'inizio del recinto si può notare un bel campanile con orologio che risale al 1697 e fa ancora bella mostra di sé nella Piazza Vittorio Emanuele II».

http://www.comune.morsasco.al.it/sito/monumenti


MuGARONE (castello della marchesa Pallavicini o di Cristina I)

Foto di Lukelead, dal sito www.panoramio.com   Dal sito http://immobiliare-terreni.vivastreet.it

«In quel di Mugarone, piccola frazione del comune di Bassignana, dove le acque del Tanaro incontrano il Po, si erge il Castello Cristina I. Il Castello, unico nel suo genere, ha origini antiche, addirittura risalenti all’epoca Longobarda. Situato in posizione strategica, arroccato su di una altura dalla quale si domina il corso del Po e la pianura sino alle prime pendici del Monferrato, fu teatro di passaggio di innumerevoli personaggi illustri, da Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, ai Visconti milanesi, dai Savoia a Napoleone. Allo stato attuale il Castello porta i segni del tempo e necessità di una adeguata e sapiente ristrutturazione che lo possa trasformare in dimora utilizzabile a fini abitativi o ricettivo-turistici. Si ha infatti una buona metratura per ospitare sale riunioni, banchetti, cerimonie e altro. La zona intorno al Castello è prevalentemente non residenziale, circondata di verde e molto tranquilla. Il Castello dista circa 8 km dalla città di Valenza Po, nota per la lavorazione orafa, ed è facilmente raggiungibile tramite le autostrade e le strade statali della provincia di Alessandria. ...» - «Il Castello doveva essere un complesso dalle mura massicce con tre o quattro torri; aveva infatti una cinta di mura perimetrali che cingevano tutta la collinetta su cui sorge ed inglobavano oltre all’edificio gentilizio dall’ampio cortile, la cappella privata dai pregevoli affreschi ed altri edifici per le soldatesche, magazzini, tre pozzi di acqua sorgiva ed un notevole numero di cunicoli e cantine. La cappella privata del castello con la torre (oggi trasformata in campanile) concepita più per motivi strategici di avvistamento che per ragioni religiose e che la sovrasta parzialmente, furono inglobate nella Chiesa attuale quando questa fu riedificata ed ingrandita nelle sue forme perimetrali odierne: ciò avvenne nel 1460 in seguito ad eventi bellici che distrussero parzialmente la precedente cappella. L’attuale Chiesa, trovandosi a ridosso del castello di origini longobarde (VIII sec.), sostituì quale parrocchia, l’indifesa e più antica chiesa campestre di cui non si ha più memoria e che probabilmente è andata distrutta in seguito a scorribande soldatesche o crollata in conseguenza. ...».

http://immobiliare-terreni.vivastreet.it... - http://www.diocesialessandria.it...t


Murisengo (castello dei Guaschi Gallarate)

Dal sito www.mepiemont.net   La torre merlata del castello, dal sito www.mepiemont.net

  

«Nel 1164 fu questa terra impegnata con altre a favore dell’imperatore Federico, da Guglielmo marchese di Monferrato, come narra il Benvenuto di S. Giorgio. Divenuto poi bersaglio per le guerre di successione al Monferrato nei secoli XIV, XV e XVI ebbe a patire e a esercitare il suo valore guerresco. Il Castello di Murisengo appartenne agli Scozia fino al 1873, nel quale anno, per il matrimonio di donna Tarsilla Scozia, esso passò al marito don Francesco Guasco Gallarati marchese di Bisio e di Francavilla. Come antico maniero non esiste che la merlata torre, così, della sua storia, si hanno pochi ed incerti dati. L’origine dell’edificio è velata di mistero. Da un registro di memorie dell’archivio di casa Scozia, compilato verso il 1730, risulta che tutte le pergamene e le carte anteriori al Quattrocento andarono perdute negli incendi e saccheggi dai quali furono più volte funestati il castello e gli umili edifici del villaggio rurale. La distruzione del primo e ben munito edificio guerresco deve essere avvenuta in epoca molto posteriore al 1400. Le caratteristiche del Castello fanno pensare che esso sia stato ricostruito non oltre il 1600. In un atto notarile del 1775 si legge la seguente iscrizione che, era incisa su una pietra della torre ora introvabile: “Hostibus arx fortis - Sed amicis gratior aula mei - Bernardinus Scocia - Stare dedit XII calen. Maij MDX (Per i nemici roccaforte, ma per gli amici miei, corte gradevole. Diede inizio ai lavori il 20 aprile 1510). Dall’epigrafe si può dedurre che la costruzione della torre rimonta al 1510. Da quell’epoca essa subì alterazioni e modificazioni dovute al tempo e agli uomini, alle mode e alla necessità. Nei mesi estivi ed autunnali, sulla torre, sventolava la bella bandiera giallo-azzurra (a simboleggiare l’oro superbo e l’azzurro fedele) dei Guasco di Bisio. Nella seconda metà dell’Ottocento, la parte alta dell’antica torre a base quadrata, venne arricchita di una merlatura tutt’oggi visibile. … L’entrata del castello è di recente costruzione. Falso antico. In stile medioevale, essa fu costruita nel 1891 su disegno del conte Giuseppe Ferrari d’Orsara. Tra la porta e la merlatura è stata murata una terracotta raffigurante l’Assunzione della Vergine di Luca della Robbia. ...».

http://www.murisengo.com/web-comuni-new/dettaglio_menu.aspx?categoria=fe61adcd-7859-4d89-8567-05fdfd157574...


Novi Ligure (castel Gazzo)

Dal sito http://novionline.alessandrianews.it   Dal sito http://novionline.alessandrianews.it

«Il nome di Castel Gazzo compare per la prima volta in un documento del 999, come possesso dei monaci del monastero di Pavia. Il castello, che versa in pessimo stato di conservazione, si presenta con una torre quadrata alla cui sommità è un loggiato ora mal tamponato. Le mura del castello, dotate di bertesche come ogni castello che si rispetti, mostrano non solo i segni del tempo ma di tanti rimaneggiamenti e ristrutturazioni. Nonostante il tempo, e il fatto di essere ormai da tempo inglobato in una azienda agricola, Castel Gazzo domina la piana tra Novi e Pozzolo ancora maestoso. Dopo i monaci di Pavia, il castello diventa feudo della famiglia novese dei Cavanna, fino a quando il re di Francia non assegna il castello alle truppe di Gilberto del Lafayette, nel 1402. Dopo il francese il castello sarebbe dovuto tornare ai Cavanna, ma finisce invece nelle mani di un’altra famiglia novese, gli Anfossi. Si consuma sulle mura di Castel Gazzo lo scontro tra la Repubblica di Genova e il Ducato di Milano. Se il duca di Milano Filippo Maria Visconti consegna il castello agli Anfossi, dopo pochi anni il doge di Genova Giano Campofregoso lo restituisce ai Cavanna. Nel 1447 Battista Fregoso, figlio del doge di Genova, viene investito del feudo di Novi e rivendica anche Castel Gazzo. I Cavanna però resistono, e il castello viene incendiato. Nel 1480 ancora il duca di Milano Gian Galeazzo Sforza difende i Cavanna, e fa riottenere loro il castello. Nel 1581 le mura del castello vedono la presenza addirittura di una imperatrice: Maria d’Asburgo, figlia dell’imperatore Carlo V e di Isabella del Portogallo, sorella di Filippo II di Spagna e moglie dell’imperatore Massimiliano II. Castel Gazzo è stato più volte attaccato, incendiato, ristrutturato. “Castrum Gadji notissimum ne dissolveretur in rudera” recita una iscrizione del 1678, a ricordo della ristrutturazione del castello già cadente da parte di Agostinus Salatius. Oggi Castel Gazzo è una delle più importanti memorie monumentali del territorio».

http://www.alessandrianews.it/cultura-spettacolo/castel-gazzo-mille-anni-storia-dimenticata-59618.html


Novi Ligure (palazzi, porta Pozzolo)

Palazzo Cambiaso-Negrotto, dal sito http://deqlok.com   Palazzo Durazzo, foto di Dapa19, dal sito http://commons.wikimedia.org   Porta Pozzolo, dal sito www.fondazioneteatromarenco.it

«Sulla piazza Dellepiane, al civico n. 1, si affaccia Palazzo Cambiaso-Negrotto poi Dellepiane ed attualmente di proprietà del Comune di Novi Ligure. Piazza Dellepiane è la piazza piú importante dell'antico centro sulla quale si affacciano Palazzo Durazzo, Palazzo Cambiaso Negrotto, Palazzo Negrone e la Chiesa della Collegiata. La struttura dell'edificio documenta due distinte fasi di costruzione: il nucleo più antico, contraddistinto da chiare influenze genovesi, che confina con via Paolo da Novi e l'ampliamento eseguito intorno alla metá del secolo XVIII che si sviluppa sul fronte piazza. Nel cortile del corpo piú antico del Palazzo si conserva un fondale ad elementi architettonici dipinti ubicato in asse al nel androne di ingresso. ... A lato di questo edificio, al civico n. 3, è ubicato Palazzo Durazzo che si affaccia su Piazza Dellepiane e confina con salita Ravazzano Santo. L'edificio presenta influenze stilistiche della cultura architettonica affermatesi a Genova a partire dal secolo XVII. Sul prospetto rivolto verso il cortile è ancora documentata la decorazione pittorica originale, anche essa risalente al secolo XVII, che sottolinea la struttura del loggiato attualmente tamponato. Di una certa importanza è pure il giardino del Palazzo ubicato ai piedi del Castello e collegato all'edificio per mezzo di un ponticello che oltrepassa via Durazzo. ... Al civico n. 37 di via Marconi si trova invece Palazzo Spinola, ... il palazzo novese in cui sono più spiccatamente evidenti gli attributi propri dell'architettura ligure: il fabbricato risale agli ultimi anni del secolo XVI o ai primi del XVII e si distingue per il bel loggiato aperto sul fronte affacciato verso il cortile e per l'arioso androne di ingresso caratterizzato da colonne tuscaniche; in alcuni ambienti del piano mobile sono conservati medaglioni con scene bibliche di ottima fattura assegnabili alla prima metá del Seicento che stanno a documentare un apparato decorativo ben più complesso ed articolato andato purtroppo perduto. Procedendo per via Marconi si raggiunge via Girardengo dalla quale, piegando verso nord si arriva in corso Marenco. All'innesto delle due strade sorgeva un tempo Porta Pozzolo: attualmente si conserva soltanto un corpo della sistemazione ottocentesca eseguita su progetto dell'architetto Giuseppe Becchi in quanto l'altro corpo é stato demolito intorno al 1950. Porta Pozzolo può essere considerata il punto di partenza per un itinerario alla scoperta del territorio novese: in direzione della collina, verso Gavi si trovano alcune Ville che appartennero alla nobiltà genovese e che oggi non sono visibitabili in quanto di proprietà privata».

http://www.comunenoviligure.gov.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idArea=2059&idCat=44308&ID=4438 - ...4431 - ...4468


Novi Ligure (torre del castello)

Dal sito www.castelliaperti.it   La torre e antiche mura, dal sito www.distrettonovese.it

«Il primo documento certo della storia di Novi risale al 1153, già allora si parlava della presenza del castello e del borgo costituiti da un luogo fortificato sulla rocca e un agglomerato di case e botteghe non protetto da mura. La prima immagine del castello di Novi è del 1594, si tratta di un disegno schematico che riproduce una torre corona da merli ghibellini, che caratterizzava i feudi e i comuni fedeli all'imperatore e una cinta muraria. In un altro disegno del 1648 si evidenziano due costruzioni (l'abitazione del castellano e gli alloggi per le truppe) separate da uno stretto passaggio che conduceva allo spiazzo su qui sorge la torre e circondate da una cortina di mura. Fino alla metà del '400 solo la rocca era protetta da mura, il borgo era circondato da un semplice fossato. La costruzione della cinta muraria che doveva circondare tutta la città iniziò probabilmente ne 1447 anno della definitiva sottomissione a Genova. Le nuove mura erano più sottili rispetto a quelle che circondavano il castello ma erano rinforzate da 20 torri a pianta semicircolare, sormontate, come tutta la cinta da merli ghibellini, attorno alle mura correva un fossato. Durante la guerra di successione austriaca (1740-1748) il castello fu completamente abbandonato e nel 1776 venne demolito perché pericolante, venne conservata solo la torre, che benché ribassata di qualche metro, è giunta fino ai giorni nostri. La torre si presenta a pianta quadrata, alta quasi trenta metri e coronata nella parte terminale da un duplice ordine di archetti ciechi, primo accenno di un sistema difensivo che in altri castelli evolverà in un complesso apparato a sporgere. Nel corso dell' '800 la maggior parte della cinta muraria venne demolita ed il fossato riempito, ad oggi sono ancora visitabili i sotterranei» - «...La torre quadrata, costruita dai Tortonesi nel 1233, spicca in un parco fatto realizzare da Gerolamo Durazzo alla fine del Settecento. Nei pressi sono ancora riconoscibili parti della cinta muraria fatta erigere dalla Repubblica di Genova nel XV secolo e definitivamente abbattuta nella seconda metà del XIX secolo».

http://www.alexala.it/ita/risorse/castelli-fortezze/scheda... - http://www.piemonteitalia.eu/gestoredati...


Occimiano (ruderi del castello Cavalla, palazzo da Passano)

Dal sito www.comune.occimiano.al.it   L'ingresso del palazzo da Passano, dal sito www.comune.occimiano.al.it

«... Nel XII secolo il paese è possesso degli Aleramici di Occimiano che estendono la loro dominazione su varie terre della regione monferrina, conferendo loro proprietà e prestigio, tanto che Federico Barbarossa sverna nel castello di Cavalla e vi convoca una dieta. Nel frattempo, grazie a una donazione dell'area da parte dei monaci benedettini, i nuclei abitativi di Occimiano si trasferiscono dalle vicine colline e s'insediano nella pianura circostante. Dopo aver partecipato all' alternarsi di vicissitudini dei vari Signori che l'hanno tenuto in feudo, il borgo viene eretto in Contea nel 1587 da Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova ed è infeudato ad Antonio da Passano; nel 1713 passa sotto il dominio dei Savoia. Durante la seconda guerra d'Indipendenza Occimiano è teatro di un importante avvenimento storico: l'incontro tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III, alleati nella guerra contro l' Austria. ... Torre [la Tur]: rudere informe dell'antico castello di Cavalla, uno dei “sette castelli che ancor nei bassi tempi faccian corona ad Occimiano”, smantellato nel 1555 dal governatore francese di Casale Monferrato e poi abbattuto dagli spagnoli nel 1647. Palazzo da Passano: ampio edificio costruito dai marchesi di questo casato dopo la distruzione del castello dei Cavalla, e per questo ancora oggi chiamato castello. Ha un parco adiacente utilizzato per feste e spettacoli. Pregevole anche la cappella, ormai fatiscente».

http://www.casenelverde.eu/013paesi-castelli-monferratopaese.php?id=14


Odalengo Grande (castello)

Dal sito www.marchesimonferrato.com   L'ingresso del castello, dal sito www.comune.odalengogrande.al.it

«In origine esisteva un ricetto, con case e orti, delimitato dai propri bastioni e relative fortificazioni consistenti in muri che circondavano il castello con una bertesca e varie opere militari; il Saletta spiega che dopo l’acquisto dei Petrozzani era stato "ridotto in palazzo nobile con altri edifici. Ma il sig. marchese di Gozani lo aveva accresciuto di maggiori e più qualificate abitazioni che vi si può alloggiare ogni persona d’alta sfera". Il Niccolini afferma che avesse  "la migliore delle cantine che vanti il Monferrato" …"contenente vasi vinari per il valore di 50'000 lire"» - «Il castello ha subito notevoli rimaneggiamenti e trasformazioni nel corso dei secoli: oggi rimangono la muratura, a tratti solo in laterizio e tratti in laterizio misto a filari di tufo, e alcune bertesche inglobate in una struttura adibita a residenza».

http://www.comune.odalengogrande.al.it/monumenti.htm - http://www.marchesimonferrato.com/web2007...


Odalengo Piccolo (castello di Case Marco)

Dal sito www.collinarevalcerrina.it   Dal sito www.collinarevalcerrina.it

«La zona di Odalengo Piccolo è stata nel tempo caratterizzata dalla presenza di casali e villaggi sparsi. A causa delle pestilenze del XIV secolo, gli insediamenti isolati di Aulà, Tempia, Are, Marco e Tribecco, che sorgevano a mezza costa nei pressi delle fontane, si spopolarono a favore dei borghi che ancora oggi compongono il paese. Il Comune è costituito da alcuni nuclei abitati sorti presumibilmente sotto la protezione di un fortilizio ...  Anche in località Case Marco esisteva con tutta probabilità un castello. Oggi si presenta come una casa forte quattrocentesca con pianta quadrata e torre circolare addossata alla facciata. Fruizione: proprietà privata»

http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/ODALENGO.pdf


Orsara Bormida (castello)

Dal sito www.dimorestoricheitaliane.it   Dal sito www.orsara.com

«Nato come semplice torre di avvistamento intorno all’anno 1000, fu trasformato in Castello nel secolo XIV, con l’aggiunta di una torre ottagonale. È citato per la prima volta in un documento del 1196. Anticamente i feudatari, i marchesi Malaspina, sono ricordati da Dante Alighieri, nel “Purgatorio” (Divina Commedia) che li ringrazia per l’ospitalità ricevuta durante una sua visita. Terreni e Castello passarono poi, per il matrimonio di Violante Malaspina, in proprietà ai conti Lodrone che vi abitarono fino al 1530. Il castello venne ampliato nel XV e trasformato in residenza signorile nel corso del XVII e XVIII secolo. Dopo numerosi passaggi il Castello, dagli inizi del ‘900, è di proprietà della Famiglia Remondini di Genova che ha provveduto recentemente ad effettuare una profonda ristrutturazione degli interni, lasciati architettonicamente intatti, ma resi accoglienti per una continuativa fruizione abitativa. Anche gli arredamenti risalenti al Cinquecento e Seicento, sono rimasti intatti. Legata proprio all’immagine del Castello, è stata avviata dai proprietari un’attività di produzione vinicola. Il castello, dall’esterno, si presenta caratterizzato da tre torri: quella più antica e di dimensioni maggiori, posta nell’attuale zona residenziale, è la torre quadrata; ad un estremo della stessa zona è la torre ottagonale, mentre la torre di dimensioni minori, di forma cilindrica, parte integrante della cinta di mura di protezione del castello, ebbe funzione di torre di vedetta. All’interno delle mura perimetrali del maniero, vi è un esteso giardino su due piani. Nelle varie stanze del piano inferiore e nelle camere da letto del piano superiore vi sono arredi e mobili d’epoca intarsiati o dipinti; una stanza particolare è la biblioteca, insigne per la preziosa raccolta di libri storici su Orsara e sul castello stesso, come quelli sulle spese effettuate. Nei sotterranei, i locali in passato adibiti a prigioni ed oggi a cantine, hanno volte a botte e a crociera; vi sono cunicoli, passaggi a scala e a corridoio un tempo utili anche per emergenze o per segretezza di spostamenti ed oggi fruibili come accessi particolari dei locali naturalmente isolati da mura spesse in pietra».

http://archeocarta.org/orsara-bormida-al-castello/


Ottiglio (castello)

Foto di Antonio Aina, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.comune.ottiglio.al.it

«Arrivando da sud, il paese si presenta con le case deliziose a grappolo sulla collina. Alla cima del paese due dignitosi edifici, tra loro vicini, emergono sugli altri: il Castello, in posizione dominante e la Chiesa di San Germano poco più in basso. ... Il complesso di edifici civili che sorge sulla sommità del paese, ingentiliti e trasformati nella struttura e nella destinazione, non ha più nulla dell'antico maniero, tranne l'inespugnabile denominazione di "castello", che sopravvive nella toponomastica e nel linguaggio popolare. Solo quelli a picco sulla parrocchiale conservano ancora l'aspetto aggressivo della casaforte e, forse, qualche traccia dell'antica dimora feudale sepolta nell'oscurità delle cantine o abilmente celata dall'intonaco o dai muri divisori. Uscito indenne dalle guerre che hanno travagliato le terre monferrine nel Seicento, il castello di Ottiglio fu sottoposto ad interventi radicali nella seconda metà del secolo XVIII, all'epoca della costruzione della chiesa parrocchiale di S. Germano».

http://www.casaleonline.it/turismo/comuni/ottiglio


Oviglio (castello dei Calcaterra)

Dal sito www.torinopiupiemonte.com   Dal sito www.mepiemont.net   Dal sito www.castellodioviglio.it

«Le prime notizie sulla struttura difensiva risalgono al secolo XIV, quando venne conquistata da Galeazzo Visconti. Nei secoli successivi, il maniero fu infeudato a diverse famiglie nobili sino al 1823 in cui passò alla regina Maria Cristina di Savoia. Giunse poi, a metà Ottocento, alla famiglia Calcamuggi, la quale intervenne con una radicale opera di ristrutturazione in stile neogotico. Attualmente l'edificio presenta un impianto rettangolare con la base scarpata originaria, torri cilindriche d'angolo e poligonale d'ingresso». [Attualmente il castello ospita un fascinoso relais].

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php?DR=all&URL=marchesidelmonferrato...


Ozzano Monferrato (casa Bonaria-Simonetti)

Dal sito http://digilander.iol.it/ozzano   Dal sito www.comune.ozzanomonferrato.al.it

«La piazzetta [San Giovanni] si trova appena all'interno di quella che era la cinta muraria medioevale e per oltre otto secoli ha svolto la funzione di piazza pubblica. Su questa piazza sono passati tutti coloro che scrissero la storia del paese, su tutti il più noto feudatario, il cardinale Mercurino Arborio Gattinara (1521). Qui convergono tutte le strade del centro storico, Via Trento (delle fucine), Via Battisti, Via Sosso e Via IV Novembre (Mongarano). Sulla Piazza affaccia la casa Bonaria-Simonetti, raro esempio di architettura civile abitativa, risalente al XV secolo. Si tratta dell'edificio privato più antico del paese, con finestre ad arco acuto (gotico). La pianta è rettangolare (8 m x 6,10 m) per un'altezza di circa 6,00 m. Il fabbricato si sviluppa su due piani: il piano terra costruito con blocchi di tufo locale, dove si notano due archi chiusi che lasciano supporre la presenza di un locale commerciale medioevale ed il piano primo realizzato in mattoni a vista. Il solaio è in legno con pavimento in cotto, molto particolare è l'altana in legno, ad angolo, sorretta da grandi travi in rovere e sporgente di circa 1,30 m. dal muro perimetrale. L'edificio ha subito due restauri nel 1973 e nel 2000. Sulla Piazza prospetta anche l'edificio di origine seicentesca, anticamente sede della municipalità dove si fa notare il loggiato a tre arcate visibile da Via Trento. Sulla facciata dell'edificio che divide Via Sosso da Via IV Novembre è una stampa raffigurante il Santo patrono Giovanni Battista. L'originale, reinterpretazione dall'analoga opera di Tiziano conservata alla galleria dell'Accademia di Venezia è visibile in Municipio ed è stato eseguito dal pittore Gianfranco Bonaria».

http://it.wikipedia.org/wiki/Ozzano_Monferrato#Piazza_San_Giovanni_e_Casa_Bonaria_Simonetti (a cura di Monzeglio Mauro)


Ozzano Monferrato (castello)

Dal sito www.comune.ozzanomonferrato.al.it   Dal sito www.beccaria-vini.it   Dal sito http://digilander.iol.it/ozzano

«Il primo documento in cui si parla di Ozzano si colloca tra la fine del IX e l'inizio del X secolo. Negli Atti di sant'Evasio si racconta che il santo, per sfuggire alle minacce degli ariani, si rifugiò "...ad locum Orianum antiquitus nominatum in silvam cui vocabulum est Cornea...". Nel 901 Ludovico III investe il feudo al conte Gisalberto Supponide. Nel 999 Ottone III lo assegna a Leone, vescovo di Vercelli, citandolo tra le località del distretto di sant'Evasio: "...dixtrictus S.Evaxi a Pado usque ad Sturam, in Fraxaneto, Paxiliano, Ticinese, Sarmaza et Sancto Georgio et in Ozano ultra tria miliaria...". Quindi, il feudo passa nel 1164 ai marchesi di Monferrato. è presumibile che il nucleo originario del castello sia stato eretto proprio in quegli anni. Tra il XII e il XIV secolo il borgo sottostante il castello viene cinto da una cerchia di mura della quale un tratto e una torre di cortina sono ancora visibili. Nel 1434 è infeudato ai Colombo Teodonimo e nel 1492 il paese viene donato a Costantino Comneno, principe di Tessaglia. Risalgono proprio al XV secolo le strutture basali dell'attuale palazzo comunale e altri edifici collegati a quanto resta della cinta muraria. Nel 1521 viene ceduto col titolo di baronia a Mercurio Arborio di Gattinara, cancelliere di Carlo V. Poi, sotto il dominio dei Gonzaga, anche Ozzano viene coinvolto nelle guerre tra Francesi, Spagnoli e Savoia che imperversano per tutto il ‘600. è in questi scontri che la cinta muraria, il borgo e il castello subiscono danneggiamenti che ne modificano la struttura. Con il ‘700 e l’avvento, prima dei Sannazzaro di Giarole e poi dei marchesi di Montiglio, la costruzione muta ancora, assumendo l’aspetto di una grande villa nobiliare. Oggi è proprietà dei Visconti, residenza privata non aperta alle visite. L’ala ad est, caratterizzata dalla muratura con merlatura a coda di rondine, è sicuramente la parte più antica. Ma anche le strutture più recenti presentano elementi degni di nota, come la cappella gentilizia, il giardino pensile settecentesco e le grandi scuderie costituite da cinque lettiere in legno di rovere. Il pregio maggiore dal punto di vista artistico è forse costituito dalle tele e dagli affreschi di Pier Francesco Guala, pittore di rilevanza nazionale, nato a Trino nel 1698. Una menzione particolare, infine, va dedicata al parco che, attraversato da via Sosso, costituisce uno spettacolo suggestivo ...».

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php... (a cura di Giancarlo Patrucco)


Ozzano Monferrato (mura, torre di cortina)

Via Bianco e mura, dal sito www.beccaria-vini.it   Casa torre, dal sito https://opero.wordpress.com/ozzano-monferrato/

«Il Comune di Ozzano è sito in area collinare lungo la strada che collega Casale Monferrato ad Asti ed è suddiviso in tre nuclei abitativi corrispondenti a tre differenti fasi di urbanizzazione: il centro storico del XIII secolo sulla sommità del colle, la parte bassa, conosciuta sin dal XVIII secolo come Lavello, cuore delle attività commerciali ed artigianali, sviluppatasi nel XIX secolo nella valle ad ovest del capoluogo, ed infine Perbocca, l’area di collegamento tra le precedenti, vocata ai servizi. Il nucleo storico si estende sul versante sud della collina occupandone la parte più alta, il brich, ai piedi dell’antico castello e della romanica Chiesa di San Salvatore. Paese di promontorio dall’inconfondibile sagoma, Ozzano si caratterizza per il suo profilo contenuto entro la cinta muraria medievale riconvertita ad uso abitativo, per le semplici abitazioni rurali alternate a dimore signorili, per gli edifici di valenza storica come Casa Bonaria di fine ‘400 e di culto come la chiesa di Santa Maria Assunta del XVI secolo. Tra il XIII e il XIV secolo il borgo medioevale fu dotato di una cinta muraria a scopo difensivo. Le mura, realizzate in laterizio, con mattoni ornamentali disposti a scaletta, passando da Via IV Novembre salivano verso il castello e ridiscendevano da Via Trento, verso la piazza. Oggi si può ancora osservare parte della cinta all’inizio di Via Bianco, dove è stata utilizzata come appoggio da un edificio del XVI secolo, con logge su due piani e le suddette decorazioni a scaletta. Contigua alla stessa abitazione, è una torre di cortina a pianta quadrata in laterizio che costituiva uno dei due baluardi a difesa della porta d’accesso al borgo che si apriva a ridosso dell’attuale piazza San Giovanni».

http://www.beccaria-vini.it/IT/Beccaria_monferrato_valori.php#.VSDqPxoiu0c


Pareto (castello degli Aleramici)

Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito www.comune.pareto.al.it

«Il Castello di Pareto è in realtà un palazzotto signorile, molto restaurato in epoca romantica, costruito sul sito del vecchio maniero. Sulle pareti esterne del castello si notano curiosi bassorilievi cinquecenteschi o forse anteriori raffiguranti scene di caccia e teste. All’interno, formelle e statue di vario genere e di diverse epoche sono disposte nei giardini e nelle sale. Il castello fu costruito dagli Aleramici per mantenere il sicuro possesso dello spartiacque tra la Valle dell'Erro e quella della Bormida di Spigno. Nel 1224 il castello di Pareto viene attaccato di sorpresa dagli Alessandrini in guerra con Genova per il possesso di Capriata, ma vengono sconfitti duramente dalla guarnigione paretese. Sul finire del secolo XIV il castello di Pareto è teatro un importante fatto d'armi. Il 29 ottobre 1394 il luogotenente del duca d'Orléans occupa Altare e poi si dirige a Pareto, posto avanzato dei Genovesi, dal quale questi potevano rendere pericoloso il movimento delle truppe francesi fra Asti e Savona. Il castello di Pareto era posto tra i 16 fortilizi più importanti della Repubblica di Genova. L'attacco orleanista a Pareto inizia il 12 Novembre 1394 con moltissimi soldati che occupano il paese, ma il castello continua a resistere, anche se viene bombardato dal campanile della chiesa parrocchiale. Gli assedianti ricorrono anche all'astuzia: si fanno dire da alcuni Paretesi prigionieri i punti deboli del castello, ma tutto è inutile. A fine dicembre 1394 sono costretti a togliere l'assedio. I Paretesi dovevano scavare fossati e tenere in ordine gli spalti del castello, portare i materiali per tutte le opere di fortificazione. Queste prestazioni venivano fatte gratuitamente, di domenica. Ma il castello doveva anche essere difeso. Al castello di Pareto la Repubblica di Genova provvedeva una guarnigione di 12 fanti, che si vendette al duca d'Orleans. I Paretesi devoti al duca d'Orleans venivano esiliati dai Genovesi che requisivano tutti i loro beni. La milizia di Pareto difese strenuamente il castello; erano poche squadre di contadini, che però seppero fronteggiare per due mesi un esercito agguerrito. Il castello fu distrutto in parte dagli spagnoli nel 1638».

http://www.comune.pareto.al.it/public/comune/index.php?mod=01_Il_Comune/01_Il_Borgo/00_Il_Castello


PARODI LIGURE (palazzo Guarco)

Dal sito http://ontheroadinitaly.style.it   Dal sito www.welcomeinliguria.com

«Si giunge all'abitato con un breve tratto di strada in salita, che si stacca dalla SP 168 in località Croce. Due o tre case di recente costruzione, tra cui la residenza per anziani, quindi il Palazzo Guarco (scc. XV), appartenuto alla famiglia di Nicolò chc fu doge di Genova dal 1378 al 1383. È un interessante complesso, con un bell'ingresso al termine di una rampa acciotolata. Il muro del giardino con una garitta d'angolo e, di fronte, le pertinenze rurali: un'ampia corte con il pozzo, i fienili, le stalle. Le opere di manutenzione non sono state sempre rispettose della qualità originale del materiali: negli anni scorsi la cantina è stata svuotata degli arredi, da tempo la cappella ha necessità di un intervento di restauro».

http://www.archiviostorico.net/guide/pdf/Parodi.pdf


PARODI LIGURE (resti del castello)

Dal sito http://ontheroadinitaly.style.it   Dal sito www.ilmonferrato.info

«Le prime notizie sul castello di Parodi Ligure si hanno intorno al 1148: l'occasione è data dalla promessa fatta da Matilde, moglie di Alberto marchese di Parodi, ai Genovesi di vendere loro il castello, la torre e metà della curia, se avessero ottenuto la liberazione del marito tenuto prigioniero dai signori di Castelletto. Alberto viene liberato e finisce per vendere a Genova il castello di Parodi. Dell'imponente maniero medioevale, distrutto dagli Spagnoli nel XVII secolo durante la guerra di Successione, non rimangono che scarse vestigia sovrastanti l'abitato».

http://www.durandoimmobiliare.com/public/upload/Files/File/83a8ff205e5ecdb0807d5235eff06d9297646af3.pdf


Pasturana (castello)

Dal sito www.francavillabisio.com   Dal sito www.mondodelgusto.it

«...Con regio diploma datato 5 ottobre 1636 Pasturana venne infeudata al conte Filippo Spinola. Sui ruderi di una precedente fortificazione, proprio Filippo Spinola fece erigere un palazzo residenziale con bertesche sugli spigoli. Secondo alcune ricerche storiche tale costruzione fu da lui voluta per Massimiliano, suo prediletto fra gli altri dieci figli, nato nel 1626, al quale lasciò enormi ricchezze. Da quel momento Pasturana fu la residenza stabile dei marchesi Spinola per quel ramo che si era ormai diviso dagli Spinola tassarolesi. Rimasero ininterrottamente a Pasturana fino al 13 giugno 1933 quando, per difficoltà economiche, il castello di Pasturana fu ceduto, insieme ad altri terreni e cascine, da Carlo e Bendinelli Spinola alla nobildonna Emilia Balduino, moglie del marchese Gavotti le cui figlie sono le attuali proprietarie. Il castello sorge su un terrazzamento di alluvioni sedimentarie dal quale domina la campagna sottostante. Rispetto ai castelli che pure si trovano nel novese che evidenziano tutti opere di fortificazione, quello di Pasturana, pur integrato da qualche opera di difesa, mostra le caratteristiche architettoniche destinate a uso residenziale. Presenta, infatti, un corpo unico all’esterno semplice che, però, nasconde la bellezza degli interni studiati per ospitare il signore e la sua corte. Circondato da uno splendido giardino e boschi, l'edificio conserva l’importanza di una imponente residenza, cinta ancora in gran parte da un muro, ingentilita dalle belle logge della facciata principale. Superato il cancello di ingresso, sulla destra si scorgono una costruzione ottocentesca formata da una serie di porticati ad archi tricentrici di mattoni in cotto con pilastri rastremati alla base e la casa dei contadini. Subito dopo ci si imbatte nella bella torre feudale che reca lo stemma degli Spinola, unica testimonianza del luogo dove probabilmente all’epoca del potentissimo Opizzino Spinola sorgeva il maniero pasturanese. Senza dubbio meriterebbe una visita ma, essendo di proprietà privata e adibito ad abitazione, viene aperto solo in occasione di un annuale concerto e di qualche intrattenimento mondano».

http://castelliere.blogspot.it/2014/02/il-castello-di-giovedi-20-febbraio.html


PAVONE (castello)

Dal sito www.kijiji.it   Prima della ristrutturazione, dal sito www.giorcelliassociati.it   Dopo la ristrutturazione, dal sito www.giorcelliassociati.it   La torre longobarda abbattuta nel 1963, dal sito www.comune.pietramarazzi.al.it

«...Pavone (Paonum, dall’antico Pago) è già menzionata in alcuni diplomi di donazione da parte del re Liutprando (707, 708, 713) di alcuni beni al monastero di S. Pietro in Ciel d’Oro di Pavia e in altri, da parte di Ottone I allo stesso monastero, di diverse terre, fra cui la “corte di Pavone con la cappella di S. Germano” (850, 912) e di Ottone II (9 aprile 962)» - «Il Castello di Pavone era la ricca e articolata dimora di una aristocratica famiglia alessandrina - i Faa' di Bruno - costruita nel 1800 sulle rovine di un castello longobardo posto su uno sperone di roccia che si affaccia sulla piana in corrispondenza della confluenza dei fiumi Tanaro e Bormida. La complessa articolazione dei vari corpi di fabbrica strutturati su piani e livelli diversi, la presenza di una cappella consacrata e la vista su un paesaggio di rara bellezza hanno consentito il riuso dell'edificio per affascinanti abitazioni private».

http://www.comune.pietramarazzi.al.it... (a cura del prof. Gianfranco Calorio) - http://www.pltcostruzioni.it/pietramarazzi...


Pecetto di Valenza (resti della torre)

Foto di Davide Papalini, dal sito http://commons.wikimedia.org   Panorama, dal sito www.comune.pecettodivalenza.al.it

«Dei secoli successivi all’età romana ben poco si conosce con certezza e per quanto si riferisce al periodo precedente il Mille, vi sono documentate testimonianze di insediamenti longobardi. Di grande interesse storico sono le tombe rinvenute durante lavori agricoli: si tratta di sepolture in laterizio di recupero da precedenti strutture romane, raggruppate in necropoli e disposte secondo uno schema ben preciso. Verso il Mille, quando gli Aleramici fondarono la marca del Monferrato, fu compreso anche Pecetto nel feudo del potente marchesato. Si sa per che l’imperatore Enrico IV nel 1063 lo donò al vescovo di Vercelli, che lo cedette in feudo ai marchesi di Occimiano. Nel 1064 Pecetto era una cittadella circondata da una corona di mura, che raddoppiava all’altezza della rocca, punto più elevato, adibito a fortezza e osservatorio. Il castello viene citato in una bolla dell’aprile 1223 con la quale Federico II, imperatore e re di Sicilia, concede privilegi a Guglielmo di Monferrato. Nella seconda metà del XIII secolo le lotte violente tra guelfi e ghibellini sconvolgevano l’Italia, le rappresaglie si susseguivano e i passaggi da signoria a signoria si successero improvvisi. Il marchese del Monferrato nel 1289 si era impadronito di Alessandria e Tortona, i Visconti, patroni dei ghibellini, cercarono di paralizzarne il potere ma egli riuscì a occupare nuovamente Pecetto, Valenza e poi Casale. Durante la guerra franco-spagnola, nel giorno del Corpus Domini del 1557, il castello venne distrutto, come risulta da documenti conservati nell’archivio parrocchiale. Oggi rimangono solo le fondazioni di una torre di guardia che, dopo un pregevole lavoro di consolidamento e di messa in sicurezza, sono ridiventate fruibili. Vi si accede da una scala che parte sul retro del Municipio e lassù si può godere del piccolo orto botanico di specie vegetali autoctone e piante officinali, oppure della base per astrofili che vi è stata allestita».

http://archeocarta.org/pecetto-di-valenza-al-resti-romani-e-medievali


Pessine (castello ricostruito)

Dal sito www.lecolline.ch   Dal sito www.esserci.com

«Il Castello di Pessine, insieme a quelli di Durbecco, Livareto, Marco e Villadeati, già tutti distrutti nel XIV secolo, è presumibile che facesse parte di un sistema fortificato storicamente denominato Castrum Turris. Il Castello apparteneva al vescovo di Vercelli e fu poi ceduto ai Marchesi del Monferrato. Oggi l’edificio, che nella parte ancora in elevato si presenta in forma di casa gentilizia, è in fase di profonda ristrutturazione. Sul portale del Castello di Pessine un’antica pietra, simbolo del paese, raffigura l’Agnus Dei, l’Agnello di Dio, e porta la data 1386. Fruizione: proprietà privata» - «La località Castello di Pessine avrebbe potuto essere una meta di un qualche interesse poiché nel luogo sorgeva fino al 2004 il castello di Odalengo Piccolo. Il maniero fu purtroppo abbattuto poiché ritenuto pericolante a causa di un terremoto e per i danni provocati da una forte nevicata: al suo posto è stata eretta una costruzione a scopo ricreativo simile ad un castello turrito» (a c. di Claudio Trova).

http://www.beniculturali.monferratoastigiano.it/pdf/ODALENGO.pdf - http://www.alpioccidentali.it/escursioni/Pessine.htm


Piazza (resti del castello Pallavicini)

Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito www.itisacqui.it   Dal sito www.medioevolimesvitae.it

«Il Castello di Morbello si erge su un cucuzzolo di un’altura dalla forma perfettamente conica le cui pendici ripide sono circondate da profonde valli fluviali scavate per millenni dai rii Lavandera, Pezzale e Fossato. Gode quindi di un’ottima posizione naturale difesa. ... Probabilmente edificato per contrastare le incursioni dei ‘Saraceni', fu degli Aleramici e poi, nel XII sec., dei marchesi del Bosco; passò, un secolo dopo, ai Malaspina di Cremolino con il matrimonio di Agnese del Bosco e di Federico Malaspina. Nei secoli XIV-XV il castello subì una parziale distruzione, successivamente, nel 1589, il feudo venne acquistato da Bartolomeo Beccaria. Questo fu il momento migliore, il castello, infatti, fu ampliato ed abbellito. Seguirono gli Spinola e i Pallavicino, signori fino al 1795, questi ultimi non eseguirono opere di ristrutturazione edilizia fino a che, nel 1646, ad opera degli Spagnoli, il castello fu parzialmente distrutto. Oggi l'Amministrazione comunale ha provveduto a restaurare quel che rimane dell'antico castello. Entro i confini del Comune di Morbello svolge la sua attività la rinomata associazione culturale Limes Vitae nell'ambito della ricerca e della divulgazione della storia e delle tradizioni secolari costituenti l'identità socioculturale della Liguria e del Basso Piemonte. Obiettivo prioritario dell'associazione è la tutela delle vestigia del Castello di Morbello, il cui glorioso passato si dipana nel corso dei secoli, seguendo le intricate vicende politiche del Marchesato dei Monferrato e delle altre famiglie succedute loro. ...».

http://www.comune.morbello.al.it/index.php?option=com_content&view=article&id=118:il-castello&catid...


Pietra Marazzi (resti della rocca e delle mura)

Torre superstite, dal sito www.comune.pietramarazzi.al.it   Resti delle mura della rocca, dal sito www.comune.pietramarazzi.al.it

«I primi documenti relativi a Pietra portano le date del 967 e 999, riportati nel Codice Diplomatico Longobardo e nel Cartario Alessandrino. Nel primo il paese è denominato “locus Petra”, nel secondo “castrum Petra” ... Delle fortificazioni dell’antico castrum di Pietra restano alcuni tratti murari in blocchi di arenaria all’interno di alcuni edifici lungo l’attuale via Roma, all’angolo della stessa con piazza del Peso e sul retro della Parrocchiale, e due torri circolari in mattoni, per buona parte inglobate nei corpi di fabbrica edilizi d’epoca successiva; della cinta muraria, con buon margine di tolleranza, si può trarre una visione d’insieme da un quadro ad olio della prima metà del Seicento, conservato presso la chiesa parrocchiale. La torre quintangolare sul piazzale della rocca (resto superstite dell’antico Castello), già adibita nel XVI secolo a carcere e luogo di tortura, fu abbattuta nel 1801, per concessione del conte Cane-Bisnati, per l’allargamento della piazza della Chiesa, con spianamento del terrapieno che la circondava. L’antico fossato medioevale (che correva per 300 metri lungo il fronte ovest delle mura in via Mandamentale, attuale via Roma, largo 3 metri e di profondità variabile tra gli 80 cm ed i 2 metri, attraversato da “ponticelli” che permettevano il passaggio alle vie centrali e gli accessi alle abitazioni), viene coperto agli inizi del XX secolo (giugno 1907), opera resasi necessaria per le continue cadute incidentali, sia di animali che di persone. Già al principio del secolo XIV si fa menzione del porto della Pietra sul Tanaro, tenuto in consegna da un portinaio, e di diversi mulini natanti per la macina dei cereali».

http://www.comune.pietramarazzi.al.it/testi.php?id_testi=55 (a cura del prof. Gianfranco Calorio)


Piovera (castello Balbi)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito https://castlesintheworld.files.wordpress.com   Dal sito flickr.com

«Il castello Balbi di Piovera sorge nell'abitato rurale di Piovera e ne domina con l'imponente facciata la piccola piazza. Esso si trova in zona pianeggiante, vicino alle principali autostrade del Nord-Ovest a 5 km dall'uscita autostradale di Alessandria Est sull'A21 TO-PC. Si tratta di un complesso fortilizio a ferro di cavallo, tra i maggiori della zona, con torri ovali e due massicce torri quadrangolari, il tutto difeso da un fossato e da una cinta muraria. L'impianto di un vasto parco all'inglese di 30 ettari e la costruzione di edifici risalenti al XVIII sec., adiacenti al giardino con i suoi alberi rari e secolari, ha conferito a tutto l'insieme un aspetto decisamente romantico. Il complesso è interamente visitabile, arredato dalle cantine alle torri: nelle parti rimaste incantevolmente autentiche come abitazione, animate da manichini con abiti d'epoca, e attraverso il contrasto moderno e di straordinaria invenzione costituito dalle opere di Niccolò Calvi di Bergolo, poliedrico e autentico artista e proprietario del castello. Il borgo rurale sorse anticamente fronteggiando il castello con quelle case che ancora oggi gli danno riverenza, che diventarono i granai del tenimento e che oggi ospitano il museo degli Antichi Mestieri. ... Il castello di Piovera nasce come fortezza per la difesa del territorio nel XIV sec. su antecedenti accampamenti romano, longobardo e carolingio (Castrum Pioperae) e sulle rovine di un convento probabilmente templare; rimaneggiato nel XVI sec. e in età tardo barocca con rifacimenti che però non hanno intaccato la sua struttura originaria. Tra i rari castelli di pianura sorge come postazione in una terra prodiga perché benedetta dalla confluenza di molte correnti d’acqua, in una posizione privilegiata, per il passaggio dei ricchi mercanti sulla famosa "Via del Sale" e dei pellegrini che percorrevano la Via Francigena da Roma a Parigi. Passato indenne sotto molteplici dominazioni, dai Visconti di Milano, signori del territorio nel 1300, che ne ordinarono la costruzione, ai Mandelli, poi agli Sforza, ai Gallarati, ritornò ai Visconti. Dal 1500 andò al colonnello don Alvaro De Sandez, inaugurando con questa donazione il titolo marchionale. Quindi a don Carlo Omodeo e dal figlio di quest’ultimo al nobile genovese Francesco Maria Balbi che ne otteneva l’investitura come ultimo feudatario da Amedeo III di Savoia nel 1651. I marchesi Balbi mantennero il possesso del vasto territorio agricolo e del castello fino al XX sec. facendo ampie opere di ristrutturazione che trasformarono la poderosa fortezza trecentesca in dimora signorile conferendo all’insieme un aspetto romantico. Gli ultimi eredi, i nobili D’Oria e Odescalchi lo cedettero all’attuale proprietario, loro cugino, il conte Niccolò Calvi di Bergolo alla fine degli anni ’60. Quest’ultimo ha creato all’interno del castello e nel giardino suggestivi e interessanti percorsi storico-artistici aperti al pubblico che accompagna con la sua carismatica presenza».

http://www.castellodipiovera.it/index.php - http://www.castellodipiovera.it/storia.php


Pomaro Monferrato (castello Della Valle, ora Calvi di Bergolo)

Dal sito www.marchesimonferrato.com   Dal sito www.visititaly.it   Dal sito www.comune.pomaromonferrato.al.it

«Pomaro sorge su di un piccolo colle che costituisce l’ultimo baluardo delle colline del Monferrato, lambito dal torrente Grana, al margine della vasta e scoperta pianura della Lomellina. Non si sa precisamente quando sia sorto il paese ma è certo che verso il mille già esisteva. Dal XII secolo la storia di Pomaro si identifica con quella del suo castello. Posto di frontiera tra il Marchesato del Monferrato ed il Ducato di Milano, Pomaro, infatti, per quasi due secoli il XIV e il XV, oscilla con moto pendolare dall’uno all’altro dei due domini, tolto e ripreso in alterne vicende di conquiste e di riconquiste. Nel secolo XVII poi, secolo di quella guerra privata che il Monferrato deve pesantemente sopportare e che appunto prende il nome di Guerra di Successione di Monferrato, è ancora contro questo castello che si scatena l’ultima ira delle truppe spagnole sconfitte dai francesi nella piana di Casale Monferrato. Gli Spagnoli in rotta ed in fuga verso la sponda lombarda del Po “danno il guasto al castello di Pomaro”. Un eufemismo tecnico di quel tempo per alludere a una totale distruzione, tanto è vero che nella seconda metà dello stesso secolo XVII si dovrà dare inizio alla ricostruzione dell’edificio nelle forme quali sostanzialmente ancor oggi si presentano. Tuttavia numerose tracce sopravvivono a confermare una preesistente indubbia rilevanza di strutture direttamente ricollegabili all’importanza del luogo dal punto di vista strategico. Gli ultimi rimaneggiamenti risalgono al 1929, quando la marchesa Paola Dalla Valle affida un restauro alle mani dell’ingegnere Vittorio Tornielli. Dopo i Dalla Valle il Castello passò ai Conti Calvi di Bergolo che vi dimorarono fino agli anni settanta, è anche stato residenza estiva della Principessa Iolanda di Savoia, ora ulteriormente passato di mano risulta di proprietà privata. In pieno concentrico è stato recentemente restaurato il muro difensivo a sud del castello. Questo pregevole manufatto del XII-XIII secolo incorpora l’unica superstite, a pianta circolare, delle sette originarie torri. Altro notevole edificio è l’antica caserma del corpo di guardia, coeva del muraglione citato, oggi proprietà del Comune di Pomaro Monferrato».

http://www.comune.pomaromonferrato.al.it/cms/pomaro_monferrato/la_storia


Pontecurone (torre Civica)

Foto di arburent, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.vivitortona.it

«Pochi anni prima del Mille (nel 962) Ottone I donò al monastero pavese di San Pietro in Ciel d’Oro alcuni possedimenti tra i quali anche la località Ponte Coironum: è questa la prima testimonianza scritta dell’esistenza di Pontecurone. Nel 1155 Federico Barbarossa discese in Italia, assediò Tortona e, sapendo che la città si sarebbe dovuta arrendere per la sete, si ritirò, in attesa, a Pontecurone che in quel tempo faceva parte del comitato di Tortona. Tortona prima, e Pontecurone poi, furono distrutte e il Barbarossa prima di lasciare queste terre ordinò – secondo una tradizione locale – che in Pontecurone fosse costruito un palazzo imperiale in memoria sua e delle sue vittorie: a questo palazzo apparterrebbe una finestra gotica ancora superstite. Pontecurone è nell’elenco delle località sottratte a Tortona dal Barbarossa e poi restituiti alla città nel 1164. Nel corso del Trecento il borgo venne fortificato dai Visconti e nel 1482 entrò a far parte dei territori degli Sforza per poi passare sotto il controllo di Giacomo Medici. Gli ultimi feudatari furono gli Spinola di Los Balsassos; il feudo di Pontecurone fu quindi venduto nel 1668. Da questo momento in poi la storia di Pontecurone seguì quella del territorio circostante. Torre Civica. A pianta quadrata in mattoni a vista, è di origine non del tutto accertata: secondo alcuni avanzo del duecentesco castello, per altri fatta costruire da Gian Galeazzo Visconti nel 1392 insieme ad altre fortificazioni per meglio difendere Voghera. Venne modificata nella copertura e con l’inserimento dell’orologio. ... La Torre è in Piazza Matteotti».

http://archeocarta.org/pontecurone-al-torre-civica


Ponti (castello dei del Carretto)

Dal sito www.comuneponti.it   Dal sito www.prolocoponti.com

«Ponti è un piccolo borgo dell’acquese.  ... La storia del paese è indissolubilmente legata a quella della famiglia Del Carretto, marchesi di Savona e fin dagli inizi del ‘200 signori di Ponti, di cui fecero una fra le loro residenze preferite. Ne rimangono eloquenti testimonianze sui muri di molte case del borgo vecchio, dove campeggia ancora lo stemma gentilizio dei Del Carretto, e su molti registri parrocchiali dove numerose sono le trascrizioni di atti che vedono i Del Carretto protagonisti. Proprio lì, in cima al colle del borgo vecchio, accanto alla chiesa di Santa Maria, i Del Carretto fanno costruire il loro castello. La parte posteriore, con ogni probabilità edificata fin dagli inizi della signoria; la parte anteriore, eretta a palazzo nobiliare, aggiunta durante il Rinascimento. Intorno alla metà del XV secolo, avviene comunque una dislocazione della popolazione residente. Gli atti del notaio Giovanni Berruti citano in effetti un borgo novo Pontii, identificabile con l’attuale abitato di fondo valle. Tale borgo, o villa nova, sembrerebbe protetto da un fossato e non da mura. Le mura vecchie, infatti, discendevano dal castello, inglobavano l’area dell’Assunta e delle case intorno, arrestandosi all’inizio della mulattiera dove esisteva una porta, attraverso la quale si aveva accesso al recetto in cima. Del castello, maltrattato dalle milizie spagnole e cannoneggiato dalle truppe napoleoniche nel 1796, oggi resta ben poco: un vecchio torrione difensivo denominato “la battagliera”, tuttora in fase di restauro».

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php?...  (a cura di Giancarlo Patrucco)


Ponzano Monferrato (castello dei conti Cavallero)

Dal sito www.mepiemont.net   Dal sito http://castelli.qviaggi.it

«Della costruzione originale non rimangono che la torre e una parte del fabbricato, risalenti al XIII secolo, mentre la sistemazione generale risale al principio dell'Ottocento. Nel castello ora di proprietà degli eredi del generale Ugo Cavallero, sono raccolti preziosi documenti di interesse militare relativi alle due guerre mondiali, fra i quali meritano menzione il plastico su è stata progettata l'offensiva di Vittorio Veneto con autentica del generale Diaz, un epistolario di notevole valore storico con autografi dei massimi capi militari (Diaz, Badoglio, Cadorna, Foch, Weygand, Duca d'Aosta, Caviglia, Giardino, Arciduca Giuseppe) e una doviziosa biblioteca militare. Può essere visitato previa autorizzazione della proprietaria, famiglia Cavallero».

http://www.monferrato.net/scheda/3/6/0000000272/pth/Castello_di_Pozano.html


Ponzone (resti del castello)

Panorama, dal sito www.ilmonferrato.info   Scorcio del borgo, dal sito www.comuneponzone.it

«Ponzone, menzionato per la prima volta nella storia come “Pontianum” in un documento del X secolo, è un piccolo borgo collocato sul crinale tra l’Erro e il Visone, a circa 600 metri d’altitudine. Il suo centro, ancora tipicamente medievale, rappresenta un ideale belvedere sui paesi intorno e, allargando la vista, sull’Appennino Ligure, sulle Langhe e il Monferrato. Per concessione di Federico Barbarossa, nel XII secolo Ponzone diventa possedimento di un ramo degli Aleramici, da Anselmo III che lascia in eredità al figlio Ugo i diritti sul territorio che da Albisola e Varazze risaliva lungo le valli dell’Orba, della Stura e del Piota. Due dei figli di Ugo, Anselmo e Aleramo, danno così origine ai marchesati di Bosco e di Ponzone. Il primo si estendeva a Ovada, Belforte, Pareto, Mioglia e Monteacuto. Il secondo comprendeva Spigno, Celle, Varazze, Sassello e Albisola. Ma la divisione indebolisce entrambi i rami della famiglia, esponendoli alle pretese dei Comuni circostanti. è così che, dopo un ulteriore frazionamento patrimoniale che porta alla nascita del marchesato di Spigno, nel 1344 Ponzone cade in mano genovese. Passa poi, nel XIV secolo, ai marchesi di Monferrato e quindi ai Gonzaga, per essere attaccata e conquistata dagli Spagnoli nel 1646 e definitivamente incorporata nello Stato Sabaudo nel 1707. Non si hanno notizie certe delle sue prime fortificazioni, anche se è logico ritenere che esse, vista la posizione strategica del borgo, abbiano avuto origini antiche. In compenso, si sa molto della loro distruzione, pressoché totale, avvenuta nel ‘600. Coinvolto nelle guerre di successione, Ponzone viene occupato di volta in volta dai Francesi e dagli Spagnoli. Si è all’agosto 1646, quando le milizie spagnole guidate dal marchese Serra vanno all’assalto del castello, impiegando anche le mine. Il 15, gli assediati si arrendono. Il 16, “il Connestabile di Castiglia, governatore dello Stato di Milano si partì da Acqui per andare a visitare il suddetto castello di Ponzone, ove, tenuto consiglio, nel quale fu consultato e deciso di smantellare detto castello, il che fu eseguito il 19 agosto, sbalzandolo in aria”. ...».

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages...  (a cura di Giancarlo Patrucco)


Pozzol Groppo (castello dei Malaspina)

Dal sito www.alessandrianews.it   Dal sito www.isral.it

«Il castello di Pozzol Groppo fu edificato alla fine del XII secolo e rinnovato nel XVI secolo dai Malaspina. Sorge sul luogo di una torre di avvistamento romana facente parte di un sistema di avvistamento che partiva da Tortona per risalire le vallate appenniniche. L'edificio è massiccio, sormontato da tre torri merlate, di cui solo la più alta è antica. All'interno si trovano vasti saloni, impreziositi da camini cinquecenteschi con le armi dei Malaspina, Spina e Rampini, soffitti a cassettoni e pregevoli affreschi. Fino agli anni Settanta era adibito a ristorante mentre oggi è chiuso al pubblico».

http://www.comune.pozzolgroppo.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=6040


Pozzolo Formigaro (castello)

Foto di Dapa19, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.vecchiopiemonte.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di g@m2006, da Distretto del Novese (https://www.facebook.com/DistrettoNovese)   Foto di g@m2006, da Distretto del Novese (https://www.facebook.com/DistrettoNovese)   Foto da Distretto del Novese (https://www.facebook.com/DistrettoNovese)

«Le prime notizie di Pozzolo risalgono al sec. X, entrò ben presto nell'orbita del comune di Tortona e fu da essa fortificato alla fine dell'XI sec. Fu conquistato, con Tortona, nel 1155, dal Barbarossa. Passato nel XIII secolo tra i domini dei marchesi del Bosco, ritornò nuovamente ai tortonesi. Successivamente Pozzolo rimane al centro delle contese tra i Visconti di Milano e il Monferrato. Ai Visconti si deve la fortificazione del borgo di fine del XIV sec. Durante la guerra tra Milano e il Monferrato nel 1452 il castello viene distrutto dalle bombarde di Colleoni. L'anno successivo Bartolomeo Colleoni lo fa ricostruire dall'ing. Giovanni da Sale dandogli l'attuale aspetto in cui si riconoscono elementi architettonici sforzeschi sovrapposti a motivi viscontei. Nel 1527 fu venduto al genovese Domenico Sauli. Alcuni discendenti dei Sauli per due secoli risiedettero nel castello. Passò, poi, alla famiglia Scaglia e da questa, grazie ad un matrimonio, ai marchesi Morando. L'ultimo Morando lo lasciò in eredità al figliastro avvocato G. Battista Oddini che lo donò al Comune di Pozzolo Formigaro. Il Castello è, oggi, sede del Municipio. Un tempo, era munito di ponte levatoio e postierla: sono ancora intatte le feritoie per i bolzoni. Anticamente il mastio era isolato dagli altri corpi di fabbrica. L'arco posteriore, che dà accesso al cortile, era protetto da una poderosa grata di ferro. La botola al centro del voltone serviva ai difensori per salire, con scale retrattili, ai piani superiori, dopo aver alzato il ponte levatoio carraio e quello pedonale, e dopo aver calato la saracinesca; poteva avere anche la funzione di trabocchetto. La torre, un po' arretrata rispetto al filo degli spalti è ruotata leggermente in senso antiorario. Dietro ai merli correva il camminamento di ronda, provvisto di caditoie su beccatelli. Un tempo solamente una passerella, pensile e retrattile, consentiva il passaggio dal mastio al corpo di fabbrica centrale. In seguito fu aggiunto un corridoio di disimpegno; rimaneggiamento che ha sacrificato la cortina merlata e la scala esterna che portava dal "cortile d'onore" al piano nobile. L'ala signorile seicentesca dietro il palazzo fu aggiunta dai Sauli».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=45


Prasco (castello)

Dal sito https://castlesintheworld.files.wordpress.com   Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito www.gardeningincollina.com

«Il castello di Prasco, sede dei feudatari del luogo, è documentato a partire dal 1192, anno in cui risulta già costruito e luogo di esercizio di funzione pubblica. Feudatari furono, nel tempo, i Malaspina, i De Regibus, gli Spinola e i Piuma, tuttora proprietari del castello con l'attuale cognome Gallesio-Piuma. Il complesso edilizio consente di identificare gli spazi un tempo riservati all'abitazione dei feudatari e quelli destinati invece alla funzione pubblica di governo, di esercizio della giurisdizione e di difesa, come la sala d'armi, la soprastante sala delle udienze e la sovrapposta loggia della guardia. Questi ambienti sono dotati di autonomi accessi costituiti da un portone esterno con affaccio sulla piazza della Chiesa e da una autonoma scala. Il complesso, pressoché circondato dal parco storico è costituito dalla struttura castellata centrale, dalla foresteria, situata all'interno del primo cortile, dalla costruzione pertinenziale che definisce il lato est di tutto l'insieme. Il castello consta di un corpo centrale con tre torrioni addossati. La costruzione principale si erge su un ampio terrapieno, è dotata di tre cortili oggi tenuti a prato e si eleva sulla strada con una cinta muraria alta dagli otto ai dodici metri circa. All'interno il complesso si articola in varie parti: una assolve a funzione abitativa originaria; la parte un tempo destinata ad uso pubblico è utilizzata per eventi culturali; la parte pertinenziale e la foresteria mantengono anch'esse la funzione originaria. La costruzione medievale presenta la tipica muratura strombata in pietra a vista, quella seicentesca è ancora in parte intonacata, la copertura è lignea, con manto in coppi. Il grande parco è cintato da un muretto in mattoni e pietra interrotto da cancelli in ferro e chiuso da inferriate nella parte prospiciente la strada. Il parco, ove ha sede una splendida neviera seicentesca, è già documentato con la presenza di castagni, ma ebbe il suo momento più importante nel primo Ottocento per i lavori di consolidamento e per l'introduzione di una collezione di cultivar eccezionali di alberi da frutto da parte del conte Giorgio Gallesio, famoso scienziato, uomo politico, diplomatico e soprattutto pomologo che, per la sua fama, è sepolto a Firenze nel chiostro di Santa Croce.».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=17


Predosa (resti del castello)

Mura del castello, foto di L.Candiani, dal sito it.wikipedia.org   L'attuale municipio di Predosa, costruito su resti del castello, dal sito www.valdorba.info

«Nel 1100 in suo nome compare su alcuni documenti. Sicuramente verso la fine del 1300 Predosa fa parte di Gamondio (attuale Castellazzo Bormida). Nel XV secolo il centro è fonte di contesa per alcune nobili famiglie quali gli Sforza, gli Spinola, i Visconti che lo infeudano ai Beccaria. A quell'epoca risulta l'esistenza di un castello (come si evince da uno strumento datato 16 maggio 1567, in cui i Beccaria ne risultano i proprietari). Il castello fa del paese un avamposto dei Milanesi, per contrastare la presenza Monferrina da una parte e quella Genovese dall'altra. Nel 1500 diventa proprietà degli Spinola. Fonte di contesa è pure il controllo della strada detta "dei cavallari" corpo di corrieri istituito dagli Sforza nel 1454. Successivamente i Barnabiti contribuiscono al suo sviluppo con la costruzione di un mulino e con l'introduzione di nuovi sistemi di coltivazione e impianti viticoli. Nel 1619 è infeudato ai marchesi Guasco di Solero (altro centro in provincia di Alessandria) e in seguito al senatore Celebrino di Fossano. Nel 1707 il paese viene annesso definitivamente allo Stato Sabaudo di Savoia».

http://www.comune.predosa.al.it/testi.php?id_testi=2


Quattordio (castello di Lajone)

Dal sito http://castellodilajone.it   Dal sito http://castellodilajone.it

«Il Comune di Quattordio, grazie all'abbondanza di acque derivanti dai torrenti Gaminella, Chiesetta, Tagliarolo e S. Andrea che permetteva ricchi raccolti di cereali, canapa e uve nella campagna circostante, e la posizione strategica lungo un'importante via di comunicazione, attirò nel corso dei secoli numerose famiglie nobili che qui possedevano dimore signorili per la villeggiatura, nonché cascine e terreni la cui conduzione e coltivazione era affidata ai contadini locali. Sul finire del Cinquecento, tra i molti villeggianti che si recavano a Quattordio ci fu Cristierna, figlia di Cristierno II re di Danimarca, ospitata dai conti Civalieri. Quattordio era stato a lungo proprietà dei nobili Guttuari di Asti che, almeno sin dal XIV sec., oltre ai territori di Masio, possedevano tutti e quarantotto punti di giurisdizione feudale su questo luogo. Oltre ai Guttuari si sono avvicendati nomi risonanti quali i Civalieri, i Mantelli, gli Olivazzi, i Colli. Un po' per fede religiosa e un po' per distinguersi, in quel periodo storico si sviluppò la consuetudine tra le famiglie agiate di trasmettere ai posteri il nome del proprio Casato dotando le chiese del territorio sul quale vivevano di altari e cappelle. In genere, all'istituzione delle cappelle era collegato un lascito per assicurare, attraverso un beneficio a favore del cappellano, il culto religioso. Venne perciò a radicarsi l'uso di chiamare "cappelania" le istituzioni non parrocchiali. Alla famiglia concedente l'altare veniva accordato il diritto di patronato che, se laico come nel caso dei nobili, competeva oltre che al patronato anche ai suoi eredi. E proprio le vicissitudini conosciute da uno di questi lasciti, una "cappellania", svelano un pezzo della storia di un edificio conosciuto a Quattordio come il Castello di Lajone.

Tutto cominciò nel 1624, quando l'allora feudatario di Quattordio, Annibale Guttuario, fece testamento davanti al notaio Pietro Maccabeo istituendo una "cappellania" che comprendeva diverse proprietà, tra le quali anche gli Edifici Padronali e Rurali ad essa aggregati in questo territorio, denominati del Lajone. Il nobile Guttuario fece erigere una cappella nella chiesa parrocchiale di Quattordio, la intitolò alla Beata Vergine del Carmine e la dotò di una lista di possedimenti che riempiva diverse pagine di atto notarile, tra cui compare la proprietà del Lajone. In virtù del rango e dell'importanza del proprietario, l'Edificio Padronale andava via via assumendo l'aspetto di Dimora Signorile e di Castello. Estintisi i Guttuari, si contesero la proprietà del Lajone i conti Mantelli, i marchesi Inviziati Baggiani e Branciforte e i conti Cavalieri tanto che a un certo punto, nel 1824, per risolvere la lite dovette intervenire con un'ordinanza l'Eccellentissimo Real Senato di Torino. Gli Edifici Padronali del Lajone andarono al marchese Carlo Inviziati Baggiani di Braciforte, ultimo proprietario nobile della proprietà, che venne successivamente venduta a possidenti terrieri e ricchi borghesi, quali Croce, Berruti ed altri. Oggi il Castello di Lajone con il suo parco secolare è stato completamente restaurato ritornando alla sua antica bellezza. Caratteristiche della visita. Il visitatore verrà accompagnato nella visita al Castello, tra le sale affrescate arricchite da consolle dorate, trono dorato e lampadari di cristallo, da quadri dell'Ottocento e del Settecento con soggetti religiosi e ritratti. Nelle cantine, a volta, si possono ammirare bocche di lupo e l'infernott: cantina a pianta pentagonale fornita di vini pregiati situata sotto il torrione. Si procede alla visita del torrione: nella parte alta è stata mantenuta l'originalità delle pareti e, dopo una "scalata" di cento gradini, si può godere una vista panoramica a 360°. Il Castello è circondato da un parco secolare di calodendron recurrens, pino ispanico, silvestre e marittimo, sofora nipponica e querce, aiuole fiorite, statue e piscina».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=47


Quattordio (rocca Civalieri)

Dal sito www.hotelroccacivalieri.it   Dal sito www.roccacivalieri.it

«Sebbene la storia del Comune faccia risalire la propria nascita attorno all’anno Mille, ben poche sono le strutture di un certo rilievo storico arrivate fino ai giorni nostri. Rientrano nei provvedimenti di tutela la “Rocca Civalieri già Sparavera”, e i resti del “Castello dei Civalieri”, oggi entrambi di proprietà privata. Uno studio condotto per la redazione del P.RG.C. indica un metodo di classificazione degli edifici per epoca di costruzione. Per il capoluogo l’indagine ha evidenziato la sopravvivenza di “episodi” architettonici di qualche interesse documentario e ancora la conservazione dell’impianto viario “antico” pur se nella compromissione dei valori ambientali di insieme a seguito dei molteplici e numerosi interventi edificatori di epoca recente. Anche relativamente alle frazioni l’indagine ha evidenziato l’esistenza di edifici a carattere agricolo antecedenti al 1813 di qualche interesse documentario. Inoltre si è indagato sulle costruzioni e i cascinali agricoli esterni ai nuclei abitati, mettendone insieme in evidenza il corrente stato d’uso e quelli di impianto antecedente il 1813, già censiti in catasto Napoleonico e di interesse documentario. Tra queste, di particolare interesse storico, è la già citata “Rocca Civaleiri”, originariamente costruzione difensiva risalente al XII secolo. ... Oltre ai già citati edifici ricchi di storia esistenti a Quattordio, il castello e la Rocca Civalieri, il primo completamente scomparso e la seconda in un preoccupante stato di degrado e manomissione, bisogna ricordare la presenza di alcune notevoli dimore signorili, citate anche dal Casalis nella stesura del suo Dizionario. Goffredo Casalis, infatti, visitando Quattordio intorno alla metà del secolo scorso, fu colpito dalle “varie signorili case che vi esistono”, a quell’epoca in buona parte appartenenti alle famiglie degli ex consignori».

http://www.comune.quattordio.al.it/storia/storia6.asp - ...storia4.asp


Rocca Grimalda (castello Malaspina Grimaldi)

Dal sito www.marchesimonferrato.com   Dal sito www.castelloroccagrimalda.it   Dal sito www.castelloroccagrimalda.it

«Il castello, costruito alla sommità di uno sperone roccioso, si trova in un luogo strategicamente importante, sia perché facilmente difendibile, sia perché posto a controllo delle strade tra l'Oltregiogo ovadese e la pianura alessandrina, in un'area di forti contrasti tra il Monferrato e la Liguria. La costruzione del castello si è sviluppata nei secoli intorno alla possente torre circolare databile tra il XII e XIII secolo. Costituito inizialmente da una struttura poligonale destinata alle truppe di sorveglianza, il castello, compreso inizialmente nel feudo dei Malaspina, viene trasformato in residenza nobiliare dalla famiglia alessandrina dei Trotti intorno alla metà del '400. Successivamente, i Grimaldi, illustri patrizi genovesi, lo acquistano nel 1570 e vi risiedono per più di 200 anni, completandone la costruzione alla fine del 1700 con la maestosa facciata occidentale. La Torre è costituita da 5 ambienti sovrapposti, vi si accede attraverso una scala elicoidale all'interno del muro perimetrale. Piccole feritoie illuminano le stanze, mentre la merlatura è stata distrutta da un fulmine a fine '800. Utilizzata per secoli come prigione, conserva, attraverso la fuliggine sulle pareti e i graffiti incisi sui muri, memoria di chi vi è stato rinchiuso. La Cappella, di ampie dimensioni e tuttora in uso, è stata commissionata da Giovanni Battista Grimaldi III alla fine del'700 alla base dell'ala occidentale del castello. L'interno è riccamente decorato a trompe l'oeil, con l'aggiunta di stucchi policromi. Il giardino risale alla metà del '700 quando Battista Grimaldi decide di ampliare lo spazio antistante al castello per creare, uno splendido belvedere sulla valle dell'Orba. Il giardino, recentemente restaurato, è diviso in 3 parti secondo lo schema barocco: il giardino all'italiana, il boschetto o giardino romantico, e il giardino segreto con erbe aromatiche e officinali, di ispirazione monastico medievale».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=20


Roccaforte Ligure (ruderi del castello Malaspina)

Foto di Giacomo A. Turco, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.provincia.alessandria.it

«Su un elevato sperone roccioso a picco sulle valli Spinti, Sisola e Borbera si stagliano i ruderi del castello di Roccaforte Ligure. Si tratta della rocca che anticamente proteggeva il sottostante omonimo borgo, che nell’Alto Medioevo faceva parte dei domini temporali della scomparsa Abbazia di Vendèrsi. L’Abbazia fu potente e ricca filiazione del Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia, ma ebbe vita breve e sfortunata; saccheggiata dai Saraceni nel X Secolo, venne donata insieme con tutti i suoi possedimenti da re Ugo di Provenza al vescovo di Tortona. Ricostruita agli inizi del XIII secolo, fu definitivamente abbandonata a causa di una frana ed oggi non ne resta traccia. Roccaforte Ligure con il suo castello, pertanto, seguì le sorti dell'Abbazia cui era legata ed entrò a far parte dei mandamenti amministrati più o meno direttamente dalla Diocesi e poi dal 1295 dal Comune di Tortona. Dopo una breve parentesi malaspiniana, il tutto venne ceduto agli Spinola, che già possedevano feudi e castelli dall’immediato entroterra genovese fino a tutta la Bassa Valle Scrivia. Nel 1644 gli Spinola di Roccaforte vennero insigniti del titolo di Marchesi, ed autorizzati a battere moneta. Il dominio dei marchesi Spinola continuò ininterrotto fino all’arrivo di Napoleone che, nel 1797, abolì i Feudi Imperiali dei quali faceva parte Roccaforte, ma all’epoca il castello era già un rudere abbandonato da tempo».

http://www.panoramio.com/photo/66659831 (a cura di Giacomo A. Turco)


Rocchetta di SPIGNO (ruderi della rocca)

Dal sito www.spignomonferrato.com   Dal sito www.spignomonferrato.com

«Rocchetta, con i ruderi di una possente fortificazione quasi nascosti tra i calanchi di tufo, è posta sulla strada panoramica che conduce a Serole e alla Langa Astigiana. Attorno alle vestigia dell'antica rocca sono fiorite leggende di streghe e incantesimi».

http://www.comune.spignomonferrato.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=33667


Rocchetta Ligure (palazzo Spinola)

Dal sito www.rocchettavalborbera.it   Dal sito www.isral.it

«Rocchetta rinasce sulla riva destra del torrente Sisola intorno al 1673 con il nome di Borgonuovo. L'antico insediamento sorgeva sul versante sinistro, per volontà di Napoleone Spinola, discendente di una potente e prestigiosa famiglia genovese che, con grande lungimiranza, ne aveva capito l'importanza; infatti l'unica strada principale correva sull'asse nord-sud (ossia Milano-Genova) ed era percorsa giorno e notte da carovane di muli carichi di sale e merci varie, fatto questo molto importante per la comunità che poteva contare sul florido commercio di materie prime, quali vino (l'antico vitigno del Timorasso forniva una produzione di tutto rispetto di ottimo vino bianco, della fagiolana bianca, di formaggi e frutta, soprattutto mele carle ancora presenti fortunatamente nella nostra valle) con i mulattieri. Dell'antichissima villa di Roccaforte ancora oggi si vedono le rovine della rocca e il perimetro dell'antico palazzo. Vi fu sotto il suo dominio, un miglioramento generale delle condizioni di vita del feudo e la costruzione dela bellissima chiesa fu portata a temine nel 1666, fortissimamente voluta da Napoleone e da suo fratello Raffaele, ammiraglio e priore di Lombardia, generale delle galere dell'Ordine di Malta. A testimonianza di questi eventi nel centro del paese sorge ancora maestoso il bel palazzo padronale; con grande sforzo le amministrazioni comunali presenti e passate hanno cercato di preservare e conservare al meglio questi monumenti.

Palazzo Spinola fu voluto nel '600 da Napoleone IV Spinola, signore del feudo di Roccaforte Ligure nella prima metà del secolo, quale propria residenza estiva. Il palazzo ha una pianta rettangolare che si sviluppa attorno ad un atrio dalle grandi dimensioni, delimitato da quattro pilastri centrali che sorreggono volte a crociera al di sotto delle quali si affacciano le finestre del piano mezzano, attualmente adibito a spazio per mostre temporanee, nel quale vengono ospitate mostre fotografiche e di pittura organizzate dal museo. Le camere di questo piano sono tutte collegate tra loro, formando un camminamento continuo e, al di sotto di ogni finestra, ci sono ancora delle feritoie nelle quali venivano probabilmente inserite armi da fuoco che permettevano di tenere sotto controllo gli scambi commerciali che si svolgevano lungo la strada o eventuali malintenzionati che si trovassero all'esterno e, se necessario, anche nell'atrio dell'edificio. Di particolare rilevanza, grandiosità e interesse è il salone al piano nobile, con una volta alta nove metri dalla centinatura autoportante in castagno, sulla quale è inchiodato un canniccio a mezza canna intonacato. A Palazzo Spinola è conservata anche la mappa catastale del territorio (datata 1810), testimonianza del progetto voluto da Napoleone Bonaparte che con un suo editto del 1807 ordinò che si costituisse un catasto per poter censire e tassare tutto il territorio italiano, sotto la direzione del ministero delle finanze francesi . ... Per molto tempo il palazzo è rimasto disabitato e completamente in abbandono; attualmente ospita al piano terra gli Uffici Comunali, al Piano Nobile, oltre al Museo della Resistenza, gli spazi espositivi del Museo delle Arti Sacre (in corso di realizzazione a cura della Comunità Montana). Nei bellissimi locali del sottotetto, che per alcuni anni ha ospitato la sede Europea del Living Theatre di New York (il quale vi ha allestito e messo in scena lo spettacolo Resistance), oggi è a disposizione dei gruppi organizzati una vasta e suggestiva foresteria con numerose camere, cucina e sala didattica. ...».

http://www.isral.it/web/web/storiedel900/_rocchettaligure.htm


Rosignano Monferrato (castello di Rosignano)

Dal sito www.comune.rosignanomonferrato.al.it   La Rocca balconata, dal sito http://rosignanoqr.altervista.org

«Di fronte alla Torre civica si apre via Danesi che si inerpica verso l’antico Castello di Rosignano, posto alla sommità della rocca sede di presidio militare durante le guerre di successione del Monferrato e nel periodo delle lotte franco-spagnole in Italia. La struttura ha subito nel tempo diversi ampliamenti e rimaneggiamenti. Il nucleo centrale edificato direttamente nel tufo risale al sec. XVI da cui si gode un’eccezionale vista sulle Alpi e sul Monferrato, sul retro resti di un’antica cappella. Dal Castello si diramavano cunicoli sotterranei che consentivano ai soldati l’uscita dal paese fortificato. Di fianco al Castello la sede decentrata del Capitano del Popolo. ... Spostandosi ai lati del Castello di Rosignano si giunge d’un tratto su una naturale balconata con una vista stupenda: dalle Alpi alla pianura milanese, dal Monferrato agli Appennini Liguri. è la rocca su cui sorge Rosignano oggetto di recenti studi geologici (Università di Torino e Soc. Geologica Nazionale) per le peculiarità e le sue caratteristiche naturali. Chi volesse percorrerla per intero rasentando le numerose vie parallele che si diramano dal centro storico, scendendo poi le suggestive scalinate di via Rocciosa, e di via Ver Cella, fino alle torri merlate di Villa Mellana, avrà l’impressione di trovarsi in un borgo medioevale e poi ai piedi di una piccola Spoleto».

http://www.comune.rosignanomonferrato.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=31593 - ...31598


Sala Monferrato (resti del castello

Dal sito www.comune.salamonferrato.al.it   Dal sito www.comune.salamonferrato.al.it

«Sala Monferrato è un grazioso borgo in cima a un colle poco distante da Casale, a cui fanno contorno i dossi su cui stanno Ozzano, Cereseto e Treville. Il nome sembra rifarsi ad una matrice longobarda, visto che nella lingua di quel popolo sala stava a significare casa signorile di campagna. Insomma, cascina o fattoria, per noi. Ed è, probabilmente, intorno a questa fattoria, murata e trasformata in recetto, che si riuniscono i quattro nuclei demici di Casurcello, Colle delle Acque, Graffagno e Alzolo (o Alzellio), costituendo un unico abitato. L’impianto del primo recetto salese è distinguibile ancora ai nostri giorni, compreso tra via Olearo, via Matteotti e Sotto Castello, protetto da un sistema di mura e vigilato da un castro che veniva a far parte del perimetro difensivo stesso. è probabile che, sulla sommità del colle, si ergesse allora una torre con funzioni di vedetta. Il rinvenimento di resti murari e la posizione elevata fanno propendere per questa ipotesi. Ma, se il recetto è tuttora ben delineato, non altrettanto si può dire del perimetro dell’antica casaforte Di certo, esisteva là dove oggi sorge il palazzo neogotico che viene detto “castello”, ma che nulla ha più a che vedere con la fortificazione primitiva. Ai primi del ‘700 il complesso viene descritto così: “...vi sono alcuni edifici civili, nel più eminente si trova il Castello fabbricato di forti et antiche mura con ancora mezza la vecchia torre”. La quale dovrebbe riferirsi agli avanzi dello smantellamento del castello ordinato il 28 agosto 1555 da Raimondo di Salveyson, governatore francese del Monferrato, per evitare che vi si potessero rifugiare gli Spagnoli.

Di qui inizia un deterioramento progressivo, che porta il Casalis, nella sua relazione di metà ‘800, a non più distinguere la dimora signorile dalle altre case di civile abitazione. Finisce così una struttura fortificata che ha visto nei secoli succedersi molti Signori. Il primo di cui si ha notizia è un conte Gisalberto, che nel 901 ottiene dall’imperatore Ludovico III anche il dominio sui territori di Ozzano, Ottiglio, Torcello e Coniolo. Nel 1164 Federico Barbarossa infeuda a Sala Guglielmo IV di Monferrato. Nel 1369 i successori Paleologi concedono il feudo a Guglielmo “Bogeri” Bava, discendente di Gisalberto, che, da quel momento, assumerà per sé e per la sua famiglia il nome di “della Sala”. I della Sala reggono la signoria fino al 1546, quando Bartolomea, figlia di Giovanni Vincenzo, la porta in dote al marito, Paolo Emilio Bellone. Di qui in poi, il feudo viene spezzettato in parti, che vanno a numerose famiglie, più o meno note. Il castello risulta essere di proprietà di Enrico Barbotti nel 1770, poi di Carlo Piacentini nel 1833 e, successivamente, di Filippo Maranzana nel 1860. Nel 1921 la tenuta, che risultava ancora di 14.00 mq, è venduta ai Caire, che intraprendono negli anni successivi una lunga serie di rimaneggiamenti e di trasformazioni. Oggi, la porta d’ingresso al recetto non è più quella originale e la facciata è completamente rifatta, nuova di zecca».

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages/gen_array.php...  (a cura di Giancarlo Patrucco)


Salabue (castello Davico di Quittengo)

Dal sito www.salabue.it   Dal sito www.comune.ponzanomonferrato.al.it

«Il Feudo e Castello di Salabue, con il podere di Tomarengo, passarono di mano in mano dal XIV al XVII secolo tra i Natta, i Fassati,i Tizzoni ed i Nuvoloni, tutti infeudati col titolo di signore. Il castello, in particolare, è stato sempre frazionato in due distinte proprietà. Sul finire del 1500 i Nuvoloni ospitarono nella loro metà i fratelli Tabacchetti, intenti a decorare il Sacro Monte di Crea. Nel XVII secolo il feudo fu eretto in contea ed i Gonzaga lo concessero a Carlo Francesco Cozio, signore di Montiglio e Terruggia, patrizio casalese che ne divenne conte nel 1665. La famiglia Cozio riunì il castello in un unico complesso e trasformò il fortilizio in residenza di campagna prosciugandone il fossato, che, innalzato con arcate progressive venne a ridisegnarsi nell'attuale viale di accesso, ed abbassando le tre torri al livello della copertura. I Cozio di Salabue vi risiedettero per cinque generazioni. ... La successiva generazione dei conti Davico vendette la proprietà alla famiglia Guazzone-Bezzi che la tenne fino al 1935 quando i conti Corrado ed Elena Davico di Quittengo la riacquistarono. Il castello subì nuovi rifacimenti per adeguarlo ai canoni di comfort e piacevolezza della residenza di campagna attuale ad opera dell'architetto Gianni Ricci e dei decoratori Vittorio Accornero e Alfredo Parachini. Ne vennero ridistribuiti gli ambienti interni, decorati interni ed esterni, creato il giardino all'italiana e la loggia che ne illeggiadrisce l'ala est. Oggi vi risiedono i conti Davico che ne amministrano l'azienda agricola ed il b&b» - «Il castello feudo dei marchesi di Monferrato passò in seguito ai Natta di Casale, poi ai Cozzi e ai Bezzi. Poco resta dell'originario castello di Salabue in Comune di Ponzano che è stato trasformato, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, in residenza signorile di campagna. Il castello è ora proprietà della contessa Davigo di Quattengo».

http://www.salabue.it/storia.html - http://www.monferrato.net/scheda.php?tCat=3&cId=6&pcode=0000000273&pth=


San Cristoforo (castello degli Spinola e torre del Gazzolo)

Dal sito www.ovada.it   Dal sito www.comune.sancristoforo.al.it

«Il toponimo compare per la prima volta nell’anno 1251, quando il borgo fu oggetto di convenzioni tra i comuni di Genova e Pavia in quanto fondamentale via di collegamento tra zona alpina e riviera. Derivò dal titolo della chiesa locale. Il primitivo nome era quello di Torre del Gazzolo (voce di chiara origine longobarda) e derivava dall’alta torre che svetta molto al di sopra della sommità del castello. ... Posto sul crinale fra Gavi e Capriata d’Orba, il castello del X secolo ospitò il Barbarossa e Napoleone. La zona fu abitata sin dall’antichità, come dimostrano le numerose testimonianze archeologiche romane e pre romane ritrovate, ma si pensa che solo dopo la dominazione carolingia incominciarono a diffondersi forme d’organizzazione territoriale feudale, anticipate dalla curtis d’epoca longobarda. Proprio in questo periodo furono costruite le prime torri di difesa e d’avvistamento che determinarono la nascita di numerosi nuovi insediamenti umani. Nel X secolo il centro assume una forte importanza commerciale e militare con l’edificazione di un’alta e solida torre a poligono irregolare, con la funzione di avvistamento denominata Torre del Gazzolo. Diventa uno dei punti strategici di comunicazione stradale e di difesa da invasioni e incursioni predatrici effettuate dai Saraceni. La torre, contornata da boschi dove i re longobardi cacciavano i cervi in bandita, è stata costruita su un’altura a dominio della valle del fiume Lemme, da una parte, e del torrente Albedosa dall’altra. Nel XII-XII secolo, testimone delle lotte fra i marchesi del Gavi e il comune di Genova viene cinto di mura, con bastioni e fossati, un’ampia porta di ingresso con percorso a ritroso per il controllo e viene dotato di un’altra torre, merlata a poligono irregolare, tutt’ora esistente e caratteristica. La località appartenne agli Obertenghi del ramo di Parodi e, nel 1312, fu inserita assieme ad altri paesi della zona nel grande complesso feudale concesso dall’imperatore Enrico VII di Lussemburgo a Opizzino Spinola.

In questo periodo, alla poderosa torre viene aggiunto il castello, semplice e suggestivo con annesso cortile chiuso dai fabbricati degli artigiani, un piccolo centro commerciale del tessile, di farine di cereali e del ferro. Nel tempo si arricchisce di fabbricati militari e magazzini assumendo la fisionomia di un borgo rinascimentale ricco e potente Tra tutti i feudi del circondario, questo fu certamente il più importante in quanto dominava la strada che da Serravalle portava alla zona di Acqui. Il territorio fu sottoposto a continue scorrerie e ad alterne occupazioni, fu anche scenario per le battaglie delle grandi potenze: dominato dai francesi tra il XVII e il XVIII secolo, non venne risparmiato dalle truppe imperiali. Nonostante tutto questo San Cristoforo rimase il feudo più importante tra tutti quelli circostanti, come testimoniano le alte contribuzioni versate alla Camera imperiale. Agli Spinola rimase fino 1726 quando passò ai Doria di Montaldeo. Il castello di San Cristoforo fu spesso legato alle sorti del castello di Tassarolo con cui condivise anche il conio di una moneta autonoma nel 1796. Per oltre un mese vi soggiorno Napoleone Bonaparte e nel 1799 il comandante delle truppe francesi in Italia. Con il trattato di Vienna del 1736, al termine della guerra polacca, venne trasferito all’alta sovranità dell’Impero alla sovranità del Regno di Sardegna e assegnato di diritto al ramo dei Marchesi Spinola Carpeneto fino al 1957. Bellissimi i dipinti di scuola Genovese del ‘600 nel cortile interno e gli ornamenti architettonici della torre e del fabbricato con il grande torchio delle uve posto al centro della sala di ingresso. E’ un periodo di floride produzioni e commercio di tipo artigianale con Genova e con Tortona per legno e ferro battuto. Lo stemma risponde alle tradizioni storico-culturali del paese: ricorda il dominio che in San Cristoforo ebbero i Marchesi Spinola quando il paese fu eretto feudo imperiale».

http://www.francavillabisio.com/ProgettoUNPLI/FileITA/SanCristoforo.html


San Giorgio Monferrato (castello)

Dal sito www.italianbotanicalheritage.com   Dal sito www.italianbotanicalheritage.com   Dal sito www.castellodisangiorgio.it

«L'origine del castello risale al X Secolo, perché nell'anno 951 è menzionato in atto di pace fra Aleramo, primo marchese del Monferrato ed i popoli vicini; venne costruito come molti altri per mettere freno alle incursioni dei saraceni che infestavano il Monferrato e il Piemonte. Nel 1216 Guglielmo VI investì del feudo di San Giorgio Roberto Avogadro, suo alleato contro i vercellesi, i quali lo occuparono e vi costruirono la torre che esiste tuttora. Tra i numerosi feudatari merita di essere ricordato il figlio dell'ultimo marchese di Monferrato di stirpe paleologa, Gian Giorgio. A lui si deve tra l'altro la costruzione delle gigantesche mura ancora visibili dal lato Ovest. Passato il Monferrato nel 1533 alla famiglia Gonzaga, il castello venne ripetutamente occupato da soldatesche ora francesi ora spagnole, fino a che nel 1629, dovette arrendersi agli spagnoli che lo incendiarono e quasi distrussero. Pochi anni dopo, Ferdinando Carlo Gonzaga, ultimo duca di Mantova e di Monferrato, investì del feudo di San Giorgio il conte Gozani, la cui famiglia lo ricostruì e lo tenne fino al 1870 creandovi il parco e il bel giardino all'italiana che vi si ammira tuttora; sono pregevoli gli scaloni barocchi del cortile d'onore e una chiesetta dalle linee purissime costruita nello stile del juvara; la grandiosa facciata a mezzogiorno, in finto gotico, risale al 1828. ll castello, ora proprietà della famiglia Crotti, ospita una galleria d'arte e antiquariato. è funzionante un albergo-ristorante ricavato dalla ristrutturazione di un fabbricato del '600 sito nel parco del castello».

http://www.monferrato.net/scheda.php?tCat=3&cId=6&pcode=0000000023&pth=


SAN GIULIANO NUOVO (villa Ghilina o Ghilina Grossa)

Foto di Brigante mandrogno, dal sito it.wikipedia.org   Foto di Brigante mandrogno, dal sito it.wikipedia.org

«La Ghilina Grossa, o Villa Ghilina, o più semplicemente La Ghilina, è un edificio storico della fine del secolo XVI edificato dalla famiglia nobile dei Ghilini di Alessandria. La villa è ubicata nei pressi della frazione del comune di Alessandria denominata San Giuliano Nuovo. Nota in particolar modo per il suo grande parco, poi distrutto, di circa 11 ettari con giardino all'italiana e una sezione di piante esotiche conservate all'interno di calidari o serre riscaldate. Fu la residenza estiva favorita dai Ghilini proprietaria di molti terreni sul territorio e di cui si hanno notizie fin dal secolo XII. ... La Ghilina Grossa si trova all'interno della subarea storico-geografica della piana di Alessandria nel territorio piemontese della bassa pianura padana occidentale denominata Fraschetta. Fin dai tempi di Strabone questo lembo di terra veniva definito bosco o frasca, ed in seguito lo si può trovare denominato bosco di San Giuliano. Prima che Alessandria con la Fraschetta passassero sotto il dominio dei Savoia per effetto del trattato di Utrecht, tutta l'area è stata territorio dei Visconti prima e degli Sforza poi, e la famiglia Ghilini ebbe fin dal secolo XII giurisdizione e possedimenti. La Fraschetta fu inoltre teatro di una delle più importanti battaglie dell'era moderna, la Battaglia di Marengo, una delle aree principali della zona nei pressi di Spinetta Marengo. ... Dall'ultimo quarto del XX secolo la villa della Ghilina, ormai spoglia dei fasti del passato causati da numerosi saccheggi e atti di vandalismo nel tempo, è proprietà di privati mentre l'ala rurale della cascina è stata acquistata dal conte Niccolò Calvi di Bergolo già proprietario del castello di Piovera».

http://it.wikipedia.org/wiki/Ghilina_Grossa


San Quilico (torre)

Dal sito www.comune.odalengogrande.al.it   Dal sito www.comune.odalengogrande.al.it

«La Torre è situata in prossimità del torrente Stura, risale al XII secolo ed era la torre campanaria dell’antica pieve di S. Quilico ora scomparsa. Si hanno prove anche della presenza di un antico cimitero, a poco a poco rosicchiato dalle alluvioni del vicino corso d’acqua, che insieme ai ritrovamenti di macerie, rottami, armi e vecchie monete, sono una delle più importanti testimonianze che nella zona vi fosse un insediamento abbastanza importante, probabilmente derivante da un antico pago romano. In un documento del 29 maggio 1725 Pietro II Radicati arcivescovo di Casale descrive la chiesa nei seguenti termini: "questa chiesa ha tre navate di cui quella centrale in volta e le altre due a col nudo tetto, questo tetto si trova in pessimo stato ed è sul punto di cadere". Lo stile è romanico realizzata con l’alternarsi di tufo e laterizio, con la presenza di diversi ordini di archetti pensili. Si hanno tre ordini di finestre, l’ultimo costituito da bifore. La costruzione è in tufo grigio, ne primo tratto chiuso da eleganti e classici archetti incrociati, e poi di mattoni rossi e rosei. Strette monofore sono poste nel secondo e nel terzo pezzo; e quattro bifore sulla sommità sono sormontate da archetti pensili di coronamentoe».

http://www.comune.odalengogrande.al.it/frazioni.htm#torresanquilico


San Salvatore Monferrato (palazzi storici)

Dal sito http://digilander.libero.it/rsardi   Dal sito http://immobiliare.mitula.it

«Palazzo Carmagnola. Residenza signorile risalente ai primi anni del XV secolo. Le notizie più antiche riguardano la fondazione dell’ospedale da parte di Sebastiano Boccaccio in alcune camere sul retro del palazzo. Fino al 1989 il palazzo resta proprietà dei nobili Caragnola. La facciata è degli inizi del novecento, all’interno una scala in pietra di luserna collega il piccolo giardino su piazza Carmagnola alla galleria del piano nobile, nelle camere sono conservati alcuni camini in marmo di gusto neoclassico e in una sala un pregevole affresco a soffitto rappresenta due angioletti incorniciati da un fascione decorato di gusto liberty. Casa Barco Veglio di Castelletto. Dimora signorile ricavata dal frazionamento del più antico palazzo dei conti Oseo di Terno (oggi completamente demolito), fino alla metà del secolo scorso adibito ad edificio scolastico. La casa Barco prende il nome dall’ultima famiglia che l’ha posseduta, i Barco Veglio di Castelletto, di cui faceva parte l’esimio dott. Giuseppe promotore di nobilissime iniziative socio-culturali nella città di San Salvatore agli inizi del secolo scorso. La casa Barco si sviluppa su una pianta a "L" che chiude la corte di pertinenza, dove trovano spazio, al piano terra: il salone dei ricevimenti con bei pavimenti in seminato alla veneziana del XIX secolo; al piano nobile la prima camera era usata come gabinetto medico dello stesso dott. Barco, le successive camere erano il salotto di ricevimento della contessa Veglio moglie del dottore, la camera padronale ornata da un sontuoso affresco che riproduce una raffinata cassettonatura a trompe l’oeil e sui lati una successione di quatto vedute di immaginazione in una ripartizione tipica del settecento piemontese. Di scuola piemontese di fine ottocento sono invece gli affreschi della scala in marmo bianco e del salotto della contessa e della camera del secondo piano. Interessante è l’estetica dell’intera struttura, già arrivando sulla piazza si possono scorgere i pinnacoli svettanti dalla terrazza panoramica e dalla torretta soprastante, un capriccio estetico di gusto esotico a contrasto con la rigorosa facciata scandita da cornici e patere in perfetto stile ottocento. Attualmente la casa del dott. Barco è sede della Biblioteca Civica Domenico Fava. Palazzo Ollearo. Esempio di palazzo costruito sulle mura di cinta del borgo antico. L’impianto architettonico, di grande suggestione accoglie e cinge due corti a terrazza. Le facciate in mattoni a vista sono tipiche del settecento anche se il nucleo originario è certamente più antico. Il palazzo prende il nome dalla famiglia del dott. Giovanni Ollearo, i cui figli Carlo, Alfonso e Ulderico furono pluridecorati per alti valori militari».

http://www.prolocovivacitta.it/index.php?option=com_content&view=article&id=77:san-salvatore-monferrato-i-suoi-palazzi...


San Salvatore Monferrato (torre Paleologa, torre Campanone)

La torre dei Paleologo, dal sito www.marchesimonferrato.com   Sulla destra, il Campanone, dal sito http://digilander.libero.it/rsardi

«Torre Paleologa. Pregevole manufatto ultimato nel 1413 per volere del marchese Paleologo Teodoro II signore del Monferrato. Alta 24 m, si trova sulla sommità della collina detta "della torre", punto di osservazione alto 257 m. Fu costruita come osservatorio e punto di segnalazione. La grande breccia che caratterizza il lato sud-est si trova esattamente nel punto in cui, anticamente, si trovava il varco di ingresso. La bassa costruzione adiacente era una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, un tempo interamente interrata. Campanone (Torre Civica). Le leggende tramandate attribuirebbero alla torre civica la dignità di una delle torre angolari della cinta del castello posizionato nelle estreme vicinanze. La prima costruzione della torre civica non si sa quindi a quando risale, si sa che crollò nel 1916, l’attuale è un rifacimento piuttosto fedele dell’originale. ... All’interno trovò nuovamente posto la campana che già occupava la precedente torre. L’altezza di questa costruzione è di m 33.50 a pianta quadrata priva di finestre; sulla sommità si trova un torrino ottagonale con grandi finestroni ad arco. L’orologio elettrico fu dono dei fratelli Camillo e Ernesto Panza conti di Biumo».

http://www.prolocovivacitta.it/index.php?option=com_content&view=article&id=76:san-salvatore-monferrato...


San Sebastiano Curone (Casa del Principe o castello Giani, borgo)

Dal sito www.vallicuronegrueossona.it   Dal sito www.comunesansebastianocurone.it

«Una caratteristica particolare del paese sono le strette vie accuratamente selciate con i vecchi ciottoli di torrente e fiancheggiate da alte case a più piani. Da piazza Roma si dipartono le vie che portano alle cosiddette “contrade”; percorrendola contrada “del casone”, attuale via Piacentina si incontra l’incrocio con via Malacalza attraverso la quale raggiungere piazza Solferino, dove si trovano l’Oratorio dell’Assunta, la “casassa” per i Sansebastianaesi, la Chiesetta delle Grazie e la “Casa del Principe”. Proseguendo lungo la contrada del casone si incontra il castello. Dalla piazza attraverso l’altra contrada, attualmente via Garibaldi, è possibile raggiungere l’Oratorio della Trinità (vedi) è proprio alla fine di queste due contrade che sorsero le prime casupole con le stalle per il ricovero dei muli, per le carovane provenienti da Piacenza e da Genova. In alcune abitazioni del centro storico sono visibili alcuni artistici portali in pietra scolpita, in passato presenti in numerose case, con indicati il nome del primo proprietario e la data di costruzione, quasi sempre riferentesi al XVII secolo, periodo di maggiore espansione e prosperità per San Sebastiano. I portali in pietra sono proprio testimonianza di quel fiorente passato, così come la particolarità dell’abitato del paese stesso, che non ha case rurali, ma esclusivamente case civili per abitazioni e negozi. Il borgo è infatti storicamente e tradizionalmente abitato da artigiani, commercianti, impiegati e professionisti. ... In piazza Solferino sorge la “Casa del Principe”, palazzo fatto costruire nell’epoca feudale dai Doria, signori di San Sebastiano nel secolo XVII, con lo scopo di disporre di un’abitazione nelle rare volte in cui si recavano a visitare il feudo. Il palazzo, che in passato e fino all’inizio del Novecento, conteneva ampi locali con soffitti a cassettoni, uno scalone in pietra e un artistico camino, è stato successivamente completamente rimodernato. Attualmente è sede di un centro polifunzionale in cui si realizzano mostre, esposizioni, corsi, e ospita al suo interno la biblioteca».

http://www.comunesansebastianocurone.it/index.php?page=14


San Sebastiano Curone (castello Visconteo)

Dal sito www.comunesansebastianocurone.it   Dal sito www.comunesansebastianocurone.it

«Il Dizionario storico statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna di G. Casalis (1849), in riferimento al paese di San Sebastiano dice “…vi sorgeva un ben munito castello posseduto dai Visconti di Tortona, in parte conservato…”. Così scrive pure di un castello di S. Sebastiano lo Stafforello nel suo Dizionario dei comuni degli Stati Sardi. La Guida del Tortonese (1956) scrive che a S. Sebastiano vi è un “…castello già dei Visconti di Tortona, in parte smantellato”. La “Guida d’Italia” del TCI nel volume “Piemonte” scrive di S. Sebastiano: “…conserva un palazzo che include la torre e i resti di un antico castello”. Tutte queste notizie concordano sull’esistenza di un castello, però non vanno intese nel senso che vi sia stato un castello feudale, ma soltanto un edificio fortificato come sede di un presidio stabilitovi forse dai Visconti. Nel secolo XIV cominciò ad essere frequentata la strada mulattiera che da Piacenza portava a Genova. Trovandosi S. Sebastiano a circa metà del percorso, divenne progressivamente un importante luogo di tappa. In un periodo non precisabile fu costruito in posizione dominante rispetto a uno dei primi agglomerati di case dell’attuale via Piacentina, un robusto edificio come sede di un presidio militare per sorvegliare e proteggere il traffico delle carovane provenienti da Genova. Tale edificio con una parte a guisa di torrione e con gli angoli costituiti da grosse pietre squadrate con lo scalpello, conserva ancora oggi parecchie feritoie e le mensole in pietra che sostenevano le torrette di guardia per le sentinelle: una verso la val Curone e l’altra verso la val Museglia. Quando il territorio tortonese fu unito al Piemonte e quando scomparve al Repubblica di Genova, cessò anche la funzione di S. Sebastiano come posto di confine dello stato di Milano con la suddetta Repubblica per cui nella prima metà del secolo XIX il vecchio fortilizio venne adattato ad abitazione subendo in seguito modifiche ed aggiunte. Attualmente tale edificio è ancora conservato nei robusti muri esterni, ma l’interno non ha più nulla di antico e si presenta come una casa di paese dell’Ottocento (da Riccardo Giani, I castelli della Valcurone, 1967)».

http://www.comunesansebastianocurone.it/index.php?page=14


Sant'Alosio (fraz. di Castellania, torri)

Dal sito www.provincia.alessandria.it   Dal sito http://italia.indettaglio.it

«Castellania, attuale capoluogo, era formata da due parti: Baselica e Lungagnano. Nel primo nome si vuole intravedere un'origine romana (Basilica), ma l'ipotesi pare poco verosimile. è citata, per la prima volta, nel 1311. Lugagnano è tra le località confermate da Federico II a Tortona (1220). Negli atti del XIII secolo sono citate pure le località di Mossabella e Sant'Andrea. L'attuale nome di Castellania deriverebbe dal Capitano Castellino, che sposò l'ultima discendente dei Rampini. Ma i documenti antichi ci parlano, soprattutto, di Sant'Alosio, una splendida fortezza con castello: era cinto da due ordini di mura e le torri, ancor oggi visibili, ma in uno stato di deplorevole abbandono, erano i principali punti di collegamento per le segnalazioni ottiche con le altre torri della comunità del Vescovado, a cui questo territorio apparteneva e come tale ne seguì le vicende storiche. Una strada, detta appunto "del Vescovado" o "dei feudi" collegava, attraverso i vari centri della collina sotto il potere temporale del Vescovo, Tortona a San Biagio e, quindi, a Sant'Alosio. Nel XV secolo la località fu data dal vescovo in feudo ai Rampini, che ne ebbero il possesso fino alla soppressione del feudalesimo. In questo periodo Sant'Alosio conobbe un'epoca di grande splendore. Qui nacque Enrico Rampini, uomo di somma pietà e studio, che fu Vescovo di Tortona, quindi di Pavia e di Milano, infine passò a Roma, nominato Cardinale. è sepolto nella basilica romana di San Clemente. Sant'Alosio diede i natali pure a Marziano di Tortona, che fu precettore e consigliere di Filippo Maria Visconti. Fu un uomo tra i più colti del suo tempo e di lui rimane un famoso gioco di tarocchi, che pitturò su pergamena.

L'attuale comune è costituito dagli antichi nuclei abitati di Baselica e Longagnano, un tempo entrambi soggetti al vescovato di Tortona, contrariamente alla località Castello, che faceva parte, invece, del distretto della città. Un fortilizio, in collegamento visivo con gli analoghi manufatti di Bavantore e Sorli, doveva elevarsi da tempo immemorabile in S. Alosio, sulla vetta di un cocuzzolo a 505 m. s.l.m., per dominare da un lato le valli Ossona e Grue e dall'altra quelle dei rii S. Biagio e Castellania. Sappiamo che gli abitanti del luogo, da più di 100 anni, erano tenuti a far la guardia giorno e notte al castello, suddivisi per squadre, così come a tener puliti i fossati del maniero ed a prestare la loro opera nelle necessarie incombenze di manutenzione (1391). Il castello serviva da residenza alla famiglia feudataria: un atto del 27 novembre 1418 risulta stipulato in Castro Sancti Alosij in domibus spectabilis viri domini Urbani et fratrum del Sancto Alosio, filiorum quondam domini Francisci. Il privilegio di Lodovico Sforza del 5 dicembre 1496, che riconfermava i precedenti diplomi a loro favore, fa ancora riferimento al castello o fortilizio di S. Alosio, che sorgeva in loco satis sterili, per cui i Rampini avevano dovuto sostenere non poche fatiche per mantenerlo e conservarlo a vantaggio della famiglia ducale di Milano. Dell'antico maniero rimangono, tutt'oggi, ben visibili, sulla vetta del monte, due tronconi di torre a pianta quadrata di circa 4 mt. per lato, originariamente alte più di 20 mt., ma inopinatamente abbassate negli anni scorsi (1948) a scopo di consolidamento, insieme con tratti dell'antica cinta muraria. La tipologia delle due torri, in pietra locale, accuratamente squadrata, comune a tutto il Monferrato alessandrino, è sicuramente attribuibile al sec. XIII: singolare è anche l'abbinamento di due elementi fortificati identici, l'uno dirimpetto all'altro. La torre più a sud, in peggiori condizioni di conservazione, è diroccata sin quasi a metà altezza e presenta piccole feritoie. L'altra, meglio conservata, dispone di più ampie aperture e di un coronamento ad archetti, sulla sommità».

http://www.terredelgiarolo.it/index.php?page=a1_s1_f10


Sardigliano (castello non più esistente)

Dal sito www.comunenoviligure.gov.it   Palazzo Piazza, dal sito www.comune.sardigliano.al.it

«Non è stato possibile trovare documenti che attestino con certezza l'esistenza di un castello in Sardigliano; alcune citazioni, però, ci portano a confermare la presenza di un antico maniero o casa fortificata. Risultavano cenni di questa struttura nell'ordine relativo all'abbattimento di tutte le fortificazioni, emanato al tempo dei Visconti. In questo documento però non sono specificate né la collocazione né la consistenza del fortilizio. Avvalorando l'esistenza dell'attuale toponimo, il castello potrebbe essere stato ubicato nella parte alta del paese, dove anche la via prende questo nome. Per sopportare gli attacchi di eventuali nemici e per essere "difendibile", la costruzione avrebbe dovuto essere dotata di poderose mura difensive, le cui vestigia, inevitabilmente, sarebbero giunte fino ai giorni nostri o, perlomeno, sarebbero state ricordate in anni posteriori su documenti, testi o cronache. è necessaria pertanto molta cautela nel formulare supposizioni. Ci è parso importante non sottovalutare la testimonianza di alcuni anziani del paese che ancora ricordano di aver sentito dai loro "vecchi", racconti sulla presenza in quella zona di cumuli di sassi.  Secondo le leggende paesane essi appartenevano al "castello" e furono utilizzati successivamente per la costruzione di molte case del centro storico e della strada che porta verso la chiesa della Tragetta. In tempi successivi si citava un edificio occupato dai Rampini, sulla cui facciata era dipinto il loro emblema o arma di famiglia. Particolarmente interessante risulta la differenza tra lo stemma originario dei Rampini e quello utilizzato in Sardigliano, che prevede l'adozione del falchetto sull'ala sinistra dell'aquila, quasi a simboleggiare una casata affine, ma distinta da quella madre dei Rampini di Sant'Alosio. Giovanni Barattini, pittore del luogo, a cui venne affidato il restauro dello stemma da Urbano IV alla fine del XVI, testimoniò di aver rinnovato le insegne "ad domum dictorum de rampinis videlicet Aquilam unam integram adimplentem totum campum cum corona in capite et un falchetto sopra l'ala sinistra et in campo e rosso et bianco", cioè con un'aquila coronata con un falchetto sopra l'ala sinistra in un campo rosso e bianco. L'edificio che, verso la metà del XVII secolo, passò per eredità dai Rampini ai Conti Gambarana, venne, probabilmente, in parte abbattuto tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, come citato dal Casalis: "Fuvvi i questi ultimi tempi diroccata un'ampia magione a guisa di castello che apparteneva alla famiglia Gambarana ora estinta". Non ci sono atti che lo documentino ma è possibile ritenere, anche se non dimostrabile, che tale edificio fosse ubicato vicino all'attuale ponte sul rio Predazzo, in considerazione della posizione facilmente difendibile: all'epoca, infatti, non esistevano né il ponte né la strada, ma soltanto uno strapiombo; altri elementi da non sottovalutare, erano la vicinanza alla Chiesa, nella cui parte posteriore si trova ancora un antico arco murato, né l'omonima corte dei Rampini con il suo ingresso. ...».

http://www.comune.sardigliano.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=22192


Serralunga di Crea (resti del castello, mura)

Dal sito www.marchesimonferrato.com   Il borgo antico, dal sito www.ilmonferrato.info

«Serralunga è ricordata per la prima volta in un documento del 1175. Appartenne ai Signori di Mombello, un ramo dei quali prese il titolo di Serralunga. Nel XV secolo entrò a far parte dei domini del Monferrato e appartenne alle famiglie Radicati-Forno Tizzone. Il feudo fu poi riunito da Vincenzo Gonzaga e dato nel 1594 ai Guasco di Alessandria e nel 1649 pervenne ai Sagramosa di Verona. Dal 1861 si fregia per regio decreto del nome di Serralunga di Crea. Le due torri presenti nello stemma del Comune si rifanno al vecchio castello sito un tempo sul brich omonimo (Brich Castelvelli), ora cumulo di cocci e pietre. Nelle vicinanze sorge il Brich d'la Furca, dove veniva impiccato chi oltrepassava il confine senza permesso e dove è ancora visibile un' antica pietra che segnava il confine con il comune di Mombello. Mura: percorrendo la strada che conduce alla piazzetta centrale sono evidenti le tracce delle antiche mura. All'ingresso un portale e una torretta ove sorgeva il corpo di guardia del paese (ora biblioteca "Cesare Pavese"), accompagnano il visitatore fino alla piazza centrale dove sorge la chiesa dedicata a San Sebastiano. è interessante osservare lo sviluppo del paese che si snoda lungo il crinale della collina dando idea di quanto fosse importante il comune come punto strategico, permettendo il controllo sulla valle sottostante».

http://www.comune.serralungadicrea.al.it/index.php?option=com_content&view=article&id=60&Itemid=64


Serravalle Scrivia (resti del castello)

Dal sito http://ontheroadinitaly.style.it   Il castello nel 1734 (da "Serravalle nella storia" di Roberto Allegri), dal sito www.comune.serravalle-scrivia.al.it

«Il nome di "Serravalle", apparve per la prima volta nel l'anno 1140, citato in un documento d'intesa tra i consoli della città Tortona e quelli di Genova. Fino all'anno 1313, il borgo restò possedimento tortonese, coinvolto nella dura resistenza della città all'imperatore Federico II, subendo nell'anno 1155 l'occupazione degli alleati del Barbarossa. Considerato feudo imperiale, Serravalle, passo nell'anno 1313, da Tortona agli Spinola, quindi ai Visconti nell'anno 1318, i quali dopo averlo infeudato a varie famiglie, lo restituirono agli Spinola nell'anno 1482, conservandone però la giurisdizione. L'istituzione del Comune viene fatta risalire alla menzione degli Statuti di Serravalle, già a partire dall'anno 1543, ma alcuni studiosi suppongono che la data sia da anticipare. L'originario nucleo del borgo chiudeva la gola della Valle Scrivia e Crenna: da qui la genesi del nome "Serra Vallis". Compreso nel Ducato di Milano nell'anno 1580, Serravalle non fu più considerata terra feudale, finendo sotto dominio spagnolo come tutto il milanese, in seguito alla Pace di Chateux-Cambresis. Coinvolto nella Guerra di Successione Spagnola, nell'anno 1713 fu acquisita dagli Austriaci, per passare nell'anno 1738, nei domini dei Savoia, parte della Provincia di Tortona, parte integrante del Regno di Sardegna. Durante la Guerra di Successione Austriaca, fu occupato dai Franco-Spagnoli (anno 1745). Durante le Guerre Napoleoniche (anno 1798) il paese fu annesso alla Repubblica di Genova. I Francesi, dopo la vittoria nella Battaglia di Marengo, combattuta nelle vicine campagne di Alessandria, fecero demolire il castello di Serravalle. ... L'imponente sagoma del colle degli Arimanni che sovrasta il nucleo originario dell'abitato, rivela la sagoma dei ruderi dell'antico castello. Costruito in periodo Carolingio, fu successivamente ampliato. Dopo aver subito gli ultimi assedi in epoca Napoleonica, Bonaparte ne ordinò la demolizione. Quel poco che ancora ne resta [tratti di mura perimetrali e di contenimento] è in parte visibile dal centro storico ma non è visitabile, ne accessibile».

http://www.comune.serravalle-scrivia.al.it/It/008/032/060/068/Serravalle+nella+Storia.html - ...Dove+andare.html


Sezzadio (resti del castello)

Foto di crow76, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.comune.sezzadio.al.gov.it

«Sezzadio si trova al centro della piana tra Alessandria e Tortona, raccolto su una piccola altura lungo la riva destra della Bormida. Le sue origini sono legate alla costruzione della via Aemilia Scauri, che il console Marco Pompilio Lenate inizia nel 109 a. C. per collegare tra loro Piacenza e Vado Ligure. Nota come “Sexadium” e anche “Secadium”, il toponimo resta d’incerta caratterizzazione. Certa, invece, la denominazione di Sezzè, assunta negli anni della dominazione spagnola e proseguita fino ai primi del ‘900. Il luogo è legato a due avvenimenti importanti: uno, del tutto leggendario, fa nascere qui Aleramo, capostipite della dinastia dei Monferrato e fondatore del Marchesato; il secondo, del tutto reale, vede Sezzadio come il luogo in cui re Liutprando e la regina Teodolinda fondano nel 772 la chiesa di santa Giustina, che diviene abbazia nell’XI secolo e tuttora rappresenta uno tra i maggiori monumenti romanici del Piemonte. Si sa che, fin da quell’epoca, a Sezzadio esisteva un castro, forse non più di una torre fortificata, in cui risiedevano i signori del luogo. Appartenente al Comitato di Acqui, viene concesso nel 938 da re Ugo di Provenza alla regina Berta, come dono di nozze. Distrutto da Enrico IV nel 1080, nel secolo successivo passa sotto la dominazione dei Monferrato. Quindi, nel 1203, tra il marchese Bonifacio e gli alessandrini viene stipulato un atto di comproprietà dell’area cosiddetta Sezadia, che si protrarrà lungo tutto il XIII secolo e vedrà l’infeudazione di famiglie come quelle dei Calcamuggi, dei Tigna, dei Donabona e dei Ferrufini. Saccheggiato dai Francesi nel 1321, il borgo viene devastato durante le lunghe contese franco-spagnole dei secoli successivi».

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages... (a cura di Giancarlo Patrucco)


Silvano d'Orba (castello Adorno)

Dal sito www.comunesilvanodorbaal.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=B9chwJFel40   Dal sito http://ovadese.net

Le foto degli amici di Castelli medievali

Distretto del Novese (www.facebook.com/DistrettoNovese), foto di DarkFrame

«...Il nuovo castello, uno fra i più imponenti manieri dell'Alto Monferrato, viene edificato tra il 1446, anno in cui il borgo viene infeudato alla famiglia degli Adorno, e il 1492, anno di conclusione dei lavori, così come si presume da un’iscrizione sull’edificio. Rimane residenza degli Adorno fino alla morte dell’ultimo erede maschio, Barnaba Cesare, nel 1634. Dopodiché passa alla sorella Maddalena, vedova di Luigi Botta, e quindi nella linea patrimoniale dei Botta-Adorno. La sua poderosa mole quadrangolare si sviluppa su tre piani, con cortile centrale porticato su due lati, guardato agli angoli da quattro massicce torri asimmetriche. Di fronte al prospetto meridionale si stende un giardino terrazzato che interessa in parte la collina. Sul prospetto settentrionale, invece, si trova l’ingresso principale, costituito da due portali simmetrici, chiusi da battenti in ferro. La facciata sul giardino è caratterizzata da due torri di dimensioni maggiori rispetto a quelle dell’altro lato. Tra di esse si inseriscono due arcate di epoca successiva alla fondazione, che sostengono la terrazza. Di qui parte una scalinata che raccorda il piano del giardino con quello del cortile e con il più antico scalone di entrata. La costruzione è coronata da una semplice merlatura sporgente sulle pareti ed è costruita totalmente in solida pietra squadrata. L'interno si presenta integro, con arredi originali di pregevole fattura. Verso la fine dell'800 il castello viene acquistato dal banchiere genovese Enrico Belimbau. Lo eredita poi il figlio Eugenio e successivamente il nipote Enrico, morto, senza prole, nel 1991. Di qui passa alla famiglia Iannoni, che ne detiene attualmente la proprietà».

http://www.marchesimonferrato.com/web2007/_pages...    (a cura di Giancarlo Patrucco)


Silvano d'Orba (ruderi del castello Zucca e dei Torrazzi)

Dal sito www.prolocosilvano.com   Dal video www.youtube.com/watch?v=B9chwJFel40

«L'abitato è dominato dal castello Adorno ... Poco lontano i ruderi di un torrione è tutto ciò che resta di un altro castello distrutto nel 1446, ma già citato in documenti del 1182 e appartenuto ai marchesi del Bosco e poi agli Alessandrini. Le chiesa di S. Pietro (ai piedi del castello) originaria del XV secolo, ma rimaneggiata nel XVII, divenne chiesa parrocchiale per volontà degli stessi Adorno ... Non lontano dall'Orba, su un terrazzamento fluviale sorgono i Torrazzi, ruderi di due torri, probabili resti di un sistema fortificato più ampio esteso sull'area dell'attuale cimitero».

http://www.ovada.it/silvanodorba.html


Solero (castello dei Faa' di Bruno)

Foto di Bruce78, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.ilmonferrato.info   Dal sito www.mepiemont.net

«L'abitato, con la sua pianta raccolta entro un perimetro rettangolare intorno a un castello, rivela la sua antica struttura medioevale. ... Di origine romana, nel 773 Solero fu concesso da Carlo Magno in feudo ai canonici di San Martino di Tours, a cui poi Carlo il Grosso lo confermò. La Parrocchiale dei Santi Perpetuo e Bruno, di origine romanico-gotica, è stata più volte rifatta e ha subito numerosi restauri. Il fianco destro dell' edificio, costruito in mattoni, si affaccia sulla centrale piazza Vittorio Emanuele II ed è situato vicino al moderno Palazzo del municipio. Oltre via Conte Cristiani, che si apre all'angolo opposto di piazza Vittorio Emanuele II, e lungo via Faà di Bruno, che da quella strada si diparte, sorge il cinquecentesco Castello dei Faà di Bruno. Si tratta di una piccola costruzione di stile rinascimentale, affiancata da una torre merlata coperta, aggiunta all'edificio originario nel XIX secolo. La torre situata in posizione angolare, è abbellita da tre ordini di bifore. Il terreno antistante al castello è stato trasformato in un parco pubblico e contiene un interessante pozzo coperto da una cuspide in laterizi sorretta da gradevoli archetti a sesto acuto. Un altro pozzo, aperto e ornato da uno stemma, è situato nel cortile del castello».

http://www.mepiemont.net/paesi/prov_al/solero.html


Solonghello (castello)

Foto Luigi Angelino, dal sito www.marchesimonferrato.com   Dal sito www.comune.solonghello.al.it

«Casaforte costruita nel XVII secolo, successivamente fu trasformata tra il '700 e l'800 in residenza di campagna, pur non perdendo i connotati della massiccia costruzione difensiva edificata dagli Scarampi, con tracce ancora delle feritoie e del ricetto. Il castello domina il centro abitato che digrada verso lo Stura. Ebbe diversi proprietari tra cui ricordiamo De Catena-De Gabiano, i Rivetta, i Della Sala, i Pezzana, i Corsino. Nel 1522 vennero ospitati nel castello vari nobili casalesi che cercavano riparo alla violenta infezione di peste che mieteva molte vittime a Casale. Subì saccheggi e devastazioni ad opera di spagnoli ed alemanni in varie riprese nelle lunghe guerre incentrate sulla cittadella di Casale. è una massiccia costruzione a forma di 'C'. Le cortine esterne presentano decorazioni murarie a denti di sega, una grande scarpata difensiva, un'antica meridiana, curiosi comignoli. è attualmente di proprietà della famiglia Castagna. Opere ed oggetti d'arte contenuti: sono presenti cantine dalle volte molto alte e alcuni passaggi più stretti. Al piano nobile gli ambienti sono decorati con affreschi di fine '800 di buona mano, di grande effetto la sala della musica con balconata e soffitto a spicchi che si congiungono su un affresco circolare raffigurante un suonatore di cetra su un carro a quattro cavalli».

http://www.monferrato.org/ita/risorse-turistiche/castelli-fortezze/castello-di-solonghello/f2143cba74eaf1b947f3d32e35d7adf5.html


Sorli (ruderi del castello)

Dal sito www.comune.borghettodiborbera.al.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=6EVmYe5Xypk

«Il maniero di Sorli risale al XII secolo; fu proprietà dei Visconti di Milano e, poi, della famiglia Lunati. Ne rimangono oggi poche tracce tra cui una torre d'avvistamento e il muro di cinta. Costruito nel secolo XII; nel corso dei secoli XIII e XIV fu dal Vescovo infeudato, con le terre circostanti ad alcune famiglie locali. Passò poi a Giangaleazzo Visconti di Milano e da questi a Bernardo Lunati. Ai Lunati il castello ed il feudo restarono sino al 1753 allorché furono inglobati nel regno di Sardegna. I ruderi del maniero, che si innalzano su di un colle, comprendono un circuito murario che si snoda su un perimetro complessivo di circa 500 metri. Esiste anche, fuori dalle mura, una piccola torre di avvistamento».

http://www.comune.borghettodiborbera.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=30526


Spigno Monferrato (resti del castello, centro storico)

Dal sito www.spignomonferrato.com   Dal sito www.spignomonferrato.com   Dal sito http://ontheroadinitaly.style.it

«Su un’altura vicinissima al paese sono ancora visibili i resti del castello di Spigno, distrutto dalle truppe sabaude nel XVII secolo. Fatto costruire dai marchesi Del Carretto a pianta leggermente irregolare, con torri tonde, in pietra, era un tipico apprestamento militare» - «Il castello, intorno al cui sito fortificato si raccoglie il paese, fu distrutto dagli spagnoli nel XVII secolo.  I resti del castello sono visibili dal vicino cimitero. ... Il centro storico di Spigno è uno dei più ricchi e signorili dell’Alto Monferrato. Palazzi nobiliari, portali in arenaria scolpita, logge e ballatoi individuano un vero e proprio percorso della memoria tra strette vie, archivolti, passaggi aerei. Alcune lapidi ricordano il passaggio di grandi personaggi, tra cui il papa Pio VII prigioniero di Napoleone».

http://www.durandoimmobiliare.com/public... - http://www.comune.spignomonferrato.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=33660 - ...33664


Stazzano (ruderi del castello)

Dal sito www.comune.stazzano.al.it   Il castello in un disegno del 1800, dal sito www.comune.stazzano.al.it

«Le cronache antiche sono mute circa la data della sua fondazione, ma da documenti rinvenuti si è potuto stabilire la sua origine romana. ... Documento del 935: il Bollea identifica Stazzano in questo documento, con il quale Oglerio vescovo di Lodi ne investe un frammento di territorio ai conti Alberico, Aleramo suo fratello, a Manfredo, ad Abramo suo figlio e ad Uberto. Stazzano ebbe all'epoca nel suo territorio beni allodiali, o forse anche feudali di pertinenza dell'abbazia di S. Pietro di Precipiano. 1157: con la bolla papale di Adriano IV il Castello di Stazzano passa al dominio temporale dei vescovi conti di Tortona. Negli anni 1155-1163 il Castello di Stazzano sarà occupato e incendiato dai Pavesi, alleati del Barbarossa. 1176: Federico I Barbarossa con un "privilegium" conferma il possesso di Stazzano alla città di Tortona che ne manterrà il controllo, con alterne fortune (vari passaggi agli Spinola, ai Visconti, al Comune di Genova) fino al sec. XVII. I vescovi di Tortona attribuirono al Castello di Stazzano una importanza fondamentale. Nel 1505 Domenico Zazio, pavese, vescovo di Tortona dal 1496 al 1528, fece innalzare la parte del castello che guardava verso il borgo sottostante e che ancora oggi rimane. Il castello fu sfruttato dai vescovi di Tortona come dimora estiva sia come rifugio in tempi torbidi. Esso inoltre conteneva un archivio con molti documenti, tra cui bolle e diplomi imperiali. Nel corso della seconda metà dell'800, venne strasformato in seminario, a fianco del quale fu eretto un santuario. Il castello, data la sua costruzione robusta, poté resistere attraverso i secoli e conserva tuttora il suo perimetro originale. Tuttavia, a causa delle aggiunte e delle modifiche apportate nel '500 e nell'800, ben poco è rimasto del suo originario apprestamento difensivo: in pratica i ruderi di una torre tonda, in precarie condizioni statiche, situati su un angolo del complesso e alcuni resti delle cortine. 9/1/1784: il vescovo di Tortona Carlo Maurizio Pejretti cede i suoi diritti sul Vescovato, e quindi su Stazzano, a Vittorio Amedeo III di Savoia. D'ora in avanti Stazzano seguirà le sorti del Regno di Sardegna».

http://www.comune.stazzano.al.it/testi.php?id_testi=32


Strevi (castello, mura)

Dal sito www.itisacqui.it   Il tratto di mura medievali crollato il 24 marzo 2015, dal sito www.radiogold.it

«La prima citazione ufficiale di Strevi come “Septevro” si trova sulla Charta di fondazione dell’Abbazia di S. Quintino di Spigno Monferrato e risale al 991. Nel periodo delle lotte tra le Diocesi di Alessandria e di Acqui, Strevi godette di una certa autonomia, reggendosi con governo consolare, si trasformò in vero e proprio Comune intorno al 1259, epoca in cui venne anche edificata una struttura fortificata denominata “castrum”. Nel 1334 passò sotto la dominazione dei Paleologhi, marchesi di Monferrato, che poi cedettero il feudo ai Della Rocchetta. Nel 1446 passò ai Valperga; nel 1594 ai Serra di Genova e poi ai Savoia. Nel 1799, Strevi fu uno dei principali centri della resistenza agli invasori d’Oltralpe: gli strevesi conquistarono temporaneamente Acqui e presero in ostaggio il vescovo, procedendo alla volta di Alessandria per cacciarne i Francesi; la ribellione fu però soffocata nel sangue. In quel periodo andò bruciata gran parte del materiale dell’archivio storico. Le fortificazioni oggi visibili risalgono al XV secolo; all’epoca la comunità strevese viveva prevalentemente all’interno delle mura ed era governata dal Castellano e da tre Consiglieri. Il Castello, molto rimaneggiato nel corso dei secoli e ora sede municipale, mostra tracce dell’epoca medioevale soprattutto nelle cantine, recentemente restaurate ed adibite a museo-enoteca, e nella base di una torre quadrangolare risalente al Seicento. Nell’elegante Sala del Consiglio è conservato un monumentale camino in pietra fatto installare dai Conti Valperga e recante il loro stemma. In origine il Castello aveva quattro torri angolari di cui rimangono i resti sul lato nord. Le Mura del Borgo Superiore. Della cinta muraria del XV secolo si conservano due torri, l’ingresso con archivolto è del XVII secolo. Anticamente sul lato nord del borgo si apriva, tra il muraglione del castello e la chiesa parrocchiale, la porta che immetteva al Borgo Inferiore. In ottimo stato di conservazione è il ponte tardomedievale che attraversava il fossato difensivo a sud».

http://archeocarta.org/strevi-al-resti-medievali/


Tagliolo Monferrato (castello)

a c. di Federica Sesia


Tassarolo (castello Spinola)

Dal sito www.comune.tassarolo.al.it   Dal sito www.comune.tassarolo.al.it

«Il piccolo paese di Tassarolo, sorge ad una altitudine di 250 m sulle ultime propaggini dell’Appennino Ligure verso la pianura Padana. Visto dalla vigna della Rovere Verde, accanto all’antica chiesetta della Madonnina di Sant’Ambrogio, il paese appare adagiato ai piedi delle possenti mura del Castello Spinola. I massicci bastioni della costruzione, che sovrastano l’ingresso del borgo antico, costeggiano la strada che porta alla piccolissima piazza dove sorge la chiesa parrocchiale dedicata a San Nicolao, il municipio, il bar, il negozio di alimentari, il forno e la salita che porta al castello. Da subito appare evidente il compatto agglomerato urbano, tipico esempio di testata di crinale, con le case dai vecchi comignoli costruite con un’architettura semplice ma dignitosa. Sorto verso il Mille come baluardo contro le invasioni barbariche, il castello, protagonista nel corso dei secoli di vicende militari, azioni diplomatiche, trattative segrete, intrighi misteriosi ed oscuri, venne costruito intorno ad una torre di guardia posta a protezione e difesa di una importante via di comunicazione tra Liguria e Pianura Padana. Per la sua posizione strategica, Tassarolo e il suo castello sono coinvolti nei frequenti e violenti scontri tra alessandrini e genovesi, interessati al suo possesso. Durante le guerre del Monferrato, nel 1625, Tassarolo viene duramente occupato,come i paesi vicini, dalle truppe francesi le quali «andarono scorrendo per tutta la valle di Scrivia con grandissimo danno». L’attuale costruzione è un rifacimento del XVI secolo, conserva tuttavia parti più antiche e originarie. Durante la battaglia di Novi, del 15 agosto 1799, la brigata Grandjean, dell’esercito francese, componente la divisione Grouchy, agli ordini del generale Pérignon, dopo la disfatta subita dalle truppe napoleoniche sulle alture di Pasturana, fu l’unica che, puntando su Tassarolo, vi trovò rifugio e ristoro, potendo raggiungere Gavi al completo riuscendo in tal modo a salvarsi. Durante la campagna di Marengo poi, il maniero diede ospitalità al generale Espinasse e alle sue truppe. Dalla metà del XIV secolo il Castello è di proprietà della famiglia Spinola di Luccoli».

http://www.lamesma.it/territorio/


Terzo (torre quadrata)

Dal sito www.lapulceonline.it   Dal sito www.ilmonferrato.info

«Situato su una terrazza rocciosa, il castello di Terzo, di cui resta una slanciata torre tardo medievale, rappresentò nel Medioevo un'importante fortificazione dei Vescovi di Acqui che possedevano un vasto patrimonio fondiario intorno alla Braida, fattoria e locanda posta in corrispondenza di un importante nodo viario. A questa rete stradale si può connettere l'origine del paese, che sorgeva al" terzo miglio "da Acqui» - «Una delle poche torri della provincia, abbastanza ben conservata, è la Torre di Terzo, una costruzione che risale all’epoca romana: è ciò che rimane delle strutture fortificate del castello le cui tracce sono riconducibili al X secolo. Terzo per secoli ha avuto un ruolo cardine per il passaggio della via Aemilia Scauri che collegava Vado con Acqui Terme per proseguire fino a Tortona; furono i Malaspina che alla fine del Trecento, insediandosi nei loro feudi, iniziarono una profonda riorganizzazione militare e fecero ricostruire il Castello e torre secondo i criteri più moderni dell’epoca: feritoie diversamente orientate, base scarpata con angolari a bugnato, parapetto merlato su mensoloni. Ad inizio Settecento con la fine delle guerre venne meno il ruolo difensivo del castello che restò semplice residenza fino all’inizio dell’800 quando fu completamente abbandonato. La torre di Terzo è una delle poche strutture che è possibile visitare anche all’interno: si accede alla cima dopo aver percorso una lunga scalinata in legno di oltre 100 gradini. Dalla sommità l’intera piana in cui è adagiata Acqui e le colline verso Bistagno».

http://ontanomagico.altervista.org/castelli-piemonte.htm - http://www.lapulceonline.it/2012/08/16/dove-andare-la-torre-di-terzo


Torre Ratti (castello)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito www.piemonteoutdoor.it   Dal sito www.justdog.it

«Le prime testimonianze documentali e giuridiche inoppugnabili del dominio dei Rati-Opizzoni in Torre Ratti sono contenute nell’atto del 7 giugno 1386, relativo alla sub-infeudazione di Gian Galeazzo Visconti del castello e feudo di Sorli alla famiglia Lonati di Pavia, quindi all’infeudazione di Filippo Maria Visconti del 1413. Dagli storici tortonesi sappiamo che la nobile famiglia dei Rati-Opizzoni si era già installata in Val Piobbeto qualche secolo prima, ma la vera legittima signoria della famiglia avrà sviluppo nel secolo XVI con la costante presenza degli abbati di casa Opizzoni nella vicina abbazia di S. Pietro di Precipiano (1302-1396) e con quella di Azzolino Rati-Opizzoni abate di S. Pietro di Molo nel 1347. ... I nomi Castello e Torre derivano dal fatto che probabilmente in zona Castello esisteva un edificio adibito appunto a castello, senza torre alcuna. Contrariamente, Torre aveva un edificio adibito a castello ma con un complesso turrito. Sono infatti ancora visibili la torre centrale, con lo stemma, e la torre che fungeva da porta d’accesso per l’antico borgo, sito a sud della Casa del Fante. I Rati, di Montegioco e di Romagnano erano Ghibellini, e nel 1408 entrarono in tregua fatta tra guelfi e ghibellini del distretto di Tortona. Il paese antico era in basso sulla sponda destra del Borbera, prese grande sviluppo dopo il 1915 quando il duca Rati padrone di gran parte del territorio lo vendette ad altri che lo spezzettarono; allora sorsero molte abitazioni. La strada che collega Torre a Borghetto fu costruita nel 1850. Già esisteva una via mulattiera. Prima della costruzione della strada, per recarsi in Valle si seguiva per quanto era possibile il greto del torrente, e quando non si poteva passare, dall’alta Valle per scendere a Borghetto passavano sul Barilaro e scendevano a Molo, dal Barilaro si scendeva anche per andare a Tortona o a Voghera. La strada del Barilaro passa vicino al Castello di Molo» - «Quando Federico Barbarossa distrusse il nucleo cittadino di Tortona, a metà del 1100, il maniero doveva già essere stato eretto. Così ci perviene dai documenti storici. Pianta poligonale e un'alta torre quadrata caratterizzano il castello rivestito di pietra a bugnato. A sormontare il maniero è una corona di merli ghibellini. La facciata presenta invece stemmi degli Opizzoni, dei Ratti e di altre famiglie legate alla vita della costruzione fortificata (a c. di Silvia Brunori)».

http://www.italiadiscovery.it/news/piemonte... - http://www.comune.borghettodiborbera.al.it/Pers/Storia/Storia.pdf


Tortona (ruderi del castello)

Dal sito www.comune.tortona.al.it   La "torre del castello", dal sito www.tripadvisor.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Costante Bonvini (https://www.facebook.com/costante.bonvini)   Foto di Costante Bonvini (https://www.facebook.com/costante.bonvini)   Foto di Costante Bonvini (https://www.facebook.com/costante.bonvini)   Foto di Costante Bonvini (https://www.facebook.com/costante.bonvini)   Foto di Costante Bonvini (https://www.facebook.com/costante.bonvini)

«Il Castello si può considerare il vero protagonista dei 25 secoli di storia tortonese. Quello che ne rimane, dopo la distruzione voluta da Napoleone nel 1801, sono alcuni resti della cintura muraria e la torre campanaria della chiesa del forte, assurta a simbolo della città: di qui si spazia per largo orizzonte sulla pianura padana verso Milano, Genova, Alessandria, Piacenza, con lo sfondo, nei giorni sereni, delle Alpi. Il colle Savo ha visto il primitivo castelliere ligure trasformarsi prima in rocca romana, poi in castello medioevale, ripetutamente assediato e più volte distrutto, ma sempre ricostruito e via via viariamente rafforzato fino a divenire, nel 1773, per opera dell’ingegnere militare Bernardino Pinto, su incarico di Vittorio Amedeo II, una superba fortezza. Nella zona del Castello sorgevano l’antica Cattedrale e le fortificazioni della città che resistettero al Barbarossa e che furono smantellate nel sec. XVII dalle soldatesche di Carlo V e dai fulmini. A ricordo di quelle epoche eroiche della gente tortonese resta la Torre del Castello (in realtà, torre campanaria della chiesa del forte) del secolo XII, con rovine di fortificazioni medievali). ... Torre del Castello. Unico elemento superstite dell’imponente fortezza che sovrastava la città dall’alto del colle. Si trova nell’area interessata dal Parco del Castello ed è circondata da vaste aree verdi e vialetti alberati. Identificata come la torre campanaria della cappella dedicata al Beato Amedeo di Savoia del forte S. Vittorio, sopravvisse alla completa distruzione del complesso militare decretato da Napoleone Bonaparte nel gennaio 1801 ed effettuata nel marzo-aprile dello stesso anno. Il Parco del Castello è un'ampia area verde ubicata nella zona collinare di Tortona a ridosso del centro storico. È un luogo della memoria della città, essendo stato teatro di eventi storici come l'assedio di Federico Barbarossa. Alla sommità del parco si trova la Torre, simbolo cittadino, che insieme a pochi ruderi è la testimonianza dell'antica fortezza che sovrastava l'abitato fino alla sua distruzione voluta nel 1801 da Napoleone. I pregi prevalenti del parco sono la vista spaziante verso la pianura padana e l'ambiente riposante. Dal 2007 il Comune di Tortona ha affidato all'A.V.A. la gestione del parco con l'obiettivo di realizzare una costante manutenzione del patrimonio arboreo ed arbustivo esistente. Dal 2009 nella convenzione suddetta è stata inserita anche l'area denominata Bosco del Lavello, raro esempio di bosco urbano, che si sviluppa su un antico baluardo del forte originario».

http://www.vivitortona.it/Sezione.jsp?titolo=Castello&idSezione=327 - ...328 - ...348


Tortona (torre civica, palazzi)

Palazzetto medievale, dal sito www.comune.tortona.al.it   Palazzo Guidobono, dal sito www.vivitortona.it   La torre, dal sito www.vivitortona.it

«Casa del Pozzo (sec. XV). Esempio di edilizia tardo-medievale. Dal 1670 alla metà del XIX secolo è documentata la sua appartenenza alla Sacrestia del Duomo; è infatti nota anche come casa del capitolo. Negli anni '30 venne acquistata dalla Società Storica Tortonese e donata al Comune. Il pittore Mario Patri (1883-1952) ha affrescato sulla facciata in un'edicola l’immagine della Vergine, restaurata nel 1998. Palazzetto Medievale (sec. XIV). Esempio di architettura tre-quattrocentesca, l'edificio è scampato più volte alla demolizione in tempi recenti. Nei pressi sorgeva l'antica Porta di S. Quirino e la medievale piazza del borgo vecchio, detta anche piazza dei granoni. è stato restaurato tra il 1982 e il 1987 dalla Cassa di Risparmio di Tortona che lo possiede dal 1933. Palazzo Guidobono (sec. XV). Rimaneggiato più volte, fu in parte ricostruito con una facciata in stile gotico negli anni 1939-42 dall'architetto Carlo Ceschi. L'interno conserva un soffitto ligneo a cassettoni decorato con stemmi e motivi zoomorfi. Appartenne ai Guidobono di Castellaro e Monleale fino al 1762 quando fu acquistato dal Comune di Tortona. Dal 1799 al 1850 ospitò il Comune a cui subentrò l'asilo comunale fino al 1936. Oggi è la sede del Museo Archeologico e delle Civiche Raccolte Artistiche e Storiche. Torre Palazzo Guidobono [torre civica]. Torre di origine medioevale, sorge isolata al centro della piazza Arzano».

http://www.comune.tortona.al.it/Sezione.jsp?titolo=Casa+del+Pozzo+%28sec.+XV%29&idSezione=293 - ...306 - ...310 - ...329


Trisobbio (castello Carpaneto)

Dal sito www.castellotrisobbio.com   Dal sito www.archiviostorico.net   Dal sito www.micecastle.it

  

«Il Castello esisteva già all'inizio del XIII sec. Nel primo Medio Evo, la proprietà di Trisobbio era divisa in tre: tra i Marchesi Del Bosco, quelli De Uxecio, cioè di Belforte, e quelli di Occimiano. Nel 1217 il marchese Ottone Del Bosco e i suoi nipoti del fu Bonifacio dona Trisobbio al comune di Genova. La situazione di condomino tra Alessandria, che vantava diritti marchionali, in nome della cessione degli Occimiano, e Genova, erede dei Del Bosco, sfociò nel 1224 in una guerra. Trisobbio fu occupato dalle milizie alessandrine che si insediarono nel Castello. Nelle trattative di pace, la fortificazione dovette essere riconsegnata ai Del Bosco, quindi indirettamente a Genova. Federico II, alla ricerca di alleati, convalidò gli antichi diritti dei marchesi di Occimiano e poco dopo investì di Trisobbio il marchese del Monferrato, nel 1240. Il paese così continuava a stare in condomino. La questione si risolse quando i Malaspina, che erano subentrati ai Del Bosco per via ereditaria, ricevettero riconoscimenti sia dai marchesi del Monferrato, sia da Genova. Nel 1418-19 Trisobbio fu occupata dai milanesi, nel corso della guerra con Genova e da questi consegnata al Monferrato, loro alleato. Il feudo poi passò ad un'altra famiglia genovese, Spinola che lo tennero fino all'invasione napoleonica. Il Castello, già all'inizio del XIII sec., doveva essere nell'impianto nella forma che vediamo tuttora. Ulteriori modifiche sono della fine del XV secolo, in concomitanza con lo stabilirsi dei Malaspina e il necessario rafforzamento del luogo. Intorno alla fine del XIX sec., era in stato di degrado e di rovina. Nel 1913, l'architetto della R. Sovrintendenza ai monumenti della Liguria, Terenzio, scrive all'architetto Commendator Alfredo D'Andrade, per conto del marchese Carpaneto Spinola, affinché vengano inviati gli incartamenti per iniziare i lavori di restauro. Tali opere portarono il Castello all'aspetto esterno attuale. Nel 1989, il Castello e il parco annesso, sono diventati proprietà del Comune: l'allora proprietaria, la marchesa Carolina Gavotti Finocchio, ha agevolato l'acquisto del Castello da parte dell'Amministrazione, mentre la somma necessaria è stata interamente donata dalla signorina Elena Bianchi. Il Castello è stato restaurato e ospita un albergo ristorante».

http://www.castelliaperti.it/pagine/ita/scheda.lasso?-id=26


Uviglie (castello)

Dal sito www.ilcastellodiuviglie.com   Dal sito www.ilcastellodiuviglie.com   Dal sito www.castelliaperti.it

«Situato in una posizione che domina il Monferrato casalese e in particolare la Valle Ghenza, il Castello di Uviglie si erge sulle colline ad est di Rosignano Monferrato a soli 8 chilometri da Casale Monferrato. è immerso nel verde di uno splendido parco secolare che ospita la cappella di Sant'Eusebio, a pianta esagonale, con aperture orientate sui punti cardinali in modo che al sorgere e al calare del sole i raggi creino un suggestivo spettacolo. Piante rare ed esotiche incorniciano il panorama offrendo scorci di rara bellezza: è il contesto ideale per eventi unici. Il Castello di Uviglie offre, al piano nobile, ampi saloni affrescati: spazi particolarmente modulabili tutti contigui e collegati fra loro. Il Salone delle Feste e la Sala del Giardino, in particolare, affacciano sul Giardino Pensile con un impianto che nasce dall'unione di una siepe di Bosso secolare - con andamento ordinario tipico dei giardini all'italiana - e una bordura di Convallaria Iapponica che, con il suo sinuoso andamento, gli dona un aspetto vagamente orientale. Dominano il glicine a copertura di un antico gazebo e il pozzo - tipico inserimento neoclassico - con colonne in pietra. Salendo lo scalone d'onore si accede al primo piano con la Sala della Musica, dal pavimento a mosaico in essenze tipiche dell'epoca ottocentesca (noce, ciliegio, rovere, acero). Al di sotto dei saloni, le cantine storiche del castello mostrano evidenti stili di costruzione diversi: dalle maestose piglie ottocentesche in mattoni a vista al più antico, piccolo budello con stanza rotonda - che è la base della torre del castello - alla spettacolare manica con i caratteristici infernot.

La storia. L’origine del toponimo, secondo alcuni, può essere ricollegata alla voce latina ovilia, plurale di ovile, a conferma della primitiva organizzazione pastorale della zona. Altri invece sostengono che Uviglie derivi dal patronimico romano Avilius che ha lasciato più di una traccia nella zona. Il nome fa la sua prima comparsa in un documento conservato nell’archivio capitolare di Casale M.to datato novembre 1271. Le prime notizie certe sulla nascita del Castello si possono trovare in un documento datato 14 giugno 1322 con cui il marchese di Monferrato Teodoro I concedeva alla famiglia Pocaparte la licenza “Hedificandi Castrum Ivilie” come propria dimora fortificata. Risale a questo periodo la costruzione della torre rotonda e del muraglione che sorregge il giardino pensileantistante l’attuale parco. In seguito all’imposizione di nuove tasse da parte di Giovanni II Paleologo per riscattare i luoghi e i castelli pignorati dal padre Teodoro, iniziò nel XIV secolo un contenzioso nel quale i Pocaparte risultarono essere i più colpiti. Lo scontro giuridico, che si trascinò per più di un secolo, si concluse con verdetto sfavorevole alle tesi dei Pocaparte addirittura nel 1493. In seguito a ciò Antonio di Giovanni fu il primo dei Pocaparte a rinunciare ai suoi possessi su Uviglie: nel novembre del 1493 egli donò infatti tutti i suoi beni feudali a Maria di Serbia - madre e tutrice di Gian Giacomo Paleologo e di Guglielmo IX marchese del Monferrato - in cambio della promessa di una dote di almeno mille fiorini a vantaggio dei figli, maschi e femmine, che gli fossero eventualmente nati. Nel febbraio del 1495 Giovanni Antonio Pico - di antica famiglia patrizia casalese e Commissario Marchionale delle Entrate di Casale - ottiene i beni relativi al feudo di Uviglie, a titolo di vendita, dagli stessi Guglielmo IX e da Gian Giacomo divenendo così l’unico titolare del castello di Uviglie e ricevendone investitura dal Marchese del Monferrato. A partire dal 1497 il nuovo Signore di Uviglie si potè fregiare, accanto al proprio, del cognome illustre di Gonzaga: una simile prerogativa, assieme a quella di poter adottare lo stemma dei potenti signori di Mantova, venne concessa a lui, al fratello Bonifacio e ai loro discendenti maschi, per i meriti acquisiti da Bonifacio stesso presso la nobile casata mentre era al servizio di Lodovico Gonzaga.

Il Castello e la cura con cui veniva all’epoca conservato strapparono un accenno ammirato anche a Evandro Baronino, compilatore di un elenco statistico delle città e terre del Monferrato, che lo definì “di assai comoda abitazione, con belle stanze”. è di questa epoca la costruzione della torre quadrangolare e l’attuale edificio sul lato nord-ovest del castello. Le mura esterne verranno invece abbattute con tutta probabilità durante il passaggio del Ducato ai Savoia, ad inizio Settecento, creando lo spazio necessario per lo sviluppo dell’attuale parco. Il 23 ottobre del 1680 Giovanni Antonio Pico Gonzaga ottenne da Ferdinando Carlo Gonzaga Duca di Mantova e di Monferrato l’elevazione del feudo in contea, con successione solamente dei primogeniti. Oltre al consueto incremento dei poteri giurisdizionali, quasi sempre connesso a riconoscimenti di questo tipo, si concedeva che gli “agenti, massari, servienti, famiglia et altri operari”, cioè tutte le persone addette all’amministrazione e alla conduzione della tenuta agricola e al servizio del castellano, non fossero soggetti, per le prestazioni dovute nella milizia monferrina, che al Governatore generale del Monferrato. Al conte di Uviglie si accordava inoltre: facoltà di dare licenza a sei uomini di portare armi da fuoco per tutto il territorio dello Stato; Cappellania locale a totale dipendenza dei Signori di Uviglie; licenza di soddisfare al precetto festivo nella Cappella nobiliare ; diritto d’asilo per qualsiasi delitto eccetto quello di lesa maestà nei confronti dei Marchesi del Monferrato; indipendenza totale dal Comune di Rosignano. Con la morte di Giovanni Antonio - ultimo discendente maschio della famiglia Pico Gonzaga - Uviglie passò alla figlia Felicita, sposa del conte Ignazio Callori di Vignale, che insieme al figlio Armodio Callori Pico Gonzaga diede inizio ai lavori di restauro del Castello affidandoli all'architetto vercellese Arborio Mella. Ad Armodio, deceduto senza prole nel 1879 - il cui sarcofago è custodito nel parco - succede la contessa Luigia Callori in Massel di Caresana.

Castello e beni di Uviglie passarono poi, per sua precisa volontà testamentaria, al nipote Conte Emanuele Cacherano di Bricherasio ideatore e fondatore della FIAT nonché erede di una nobile famiglia di banchieri molto vicina ai Savoia che vide tra i suoi antenati anche un Viceré di Sardegna. Quest’ultimo, morto celibe nel 1904, lasciò tutti i beni di Uviglie in eredità alla sorella Contessina Sofia Cacherano di Bricherasio che, in quanto nubile, concesse nel 1928 ai Missionari della Consolata di Torino la possibilità di insediarsi nel Castello facendone la sede di un noviziato. Durante la seconda guerra mondiale nel castello venne traslata la salma di Don Giuseppe Allamano per proteggerla dai bombardamenti che colpivano la città di Torino. Il Castello, inoltre, nei secoli ha ospitato San Luigi Gonzaga - durante la permanenza di suo padre Ferdinando in Monferrato in qualità di governatore del Ducato - San Giovanni Bosco e infine i nipoti del Negus, Imperatore d’Etiopia, durante il periodo di permanenza al Castello dei Missionari della Consolata, molto attivi nell’Africa Orientale Italiana. La proprietà dell’immobile che, con il parco secolare, è sottoposto per la sua l’importanza architettonica a vincolo dei beni artistici, in base a Regio Decreto Legge del giugno 1939, fa oggi capo alla “Società Castello d’Uviglie”».

http://www.ilcastellodiuviglie.com/IT/castello.php


Valmacca (castello dei conti di Cavaglià)

Dal sito www.comune.valmacca.al.it   Dal sito www.monferrato.org

«Eretto intorno al 1100 e in seguito più volte ricostruito, conserva alcune parti esterne trecentesche e cinquecentesche e una sala del '400. Anticamente dei conti di Cavaglià signori di Valmacca, passato nel 1619 a Francesco Scozia conte di Benevello e consigliere di Murisengo, pervenne nel 1920 a don Emilio principe Guasco Gallarati, marchese di Bisio e Francavilla, che nel 1925 lo donò al Comune. Attualmente è sede del Municipio» - «Fu dei conti di Cavaglià, signori di Valmacca, passò poi a Francesco di Scozia nel 1619, finì nel XX secolo in proprietà di Emilio principe Guasco Gallarati, marchese di Bisio e Francavilla. Fu proprio quest’ultimo che decise di far dono al Comune di Valmacca dello splendido maniero. Oggi, l’elegante palazzina dalla bella facciata (si vede dalla piazza principale) illuminata da bifore e monofore, è una miscellanea di stili dovuti ai numerosi restauri che l’hanno interessata nei secoli. Osservandola si trovano comunque interessanti elementi trecenteschi e altri cinquecenteschi. Il castello di Valmacca ospita attualmente il Municipio. E dunque visitabile accedendo agli uffici comunali. Merita uno sguardo la bella Sala Consigliare».

http://www.monferrato.org/ita/risorse-turistiche/... - http://www.italiadiscovery.it/news/piemonte/alessandria/valmacca...


Valmacca (torre d'Isola)

Dal sito www.regione.piemonte.it   Dal sito www.comune.valmacca.al.it

«Dell’edificio medioevale - con area centrale su cui spicca una torretta, e ala laterale parte del vecchio borgo - si hanno notizie documentate dal 1491. È presente su diverse mappe antiche (inclusa una nella Galleria Vaticana) con il nome di “Turdisla”. Periferia del capoluogo. Proprietà privata, aperta su richiesta e in occasione di eventi».

http://www.parcodelpoalessandriavercelli.it/files/leggere_trame/ultime/Valmacca.pdf


ValmaDONNA (villa La Scrivana)

Dal sito www.castelliaperti.it   Dal sito http://lascrivana.it

«La proprietà "La Scrivana" è situata sul tracciato dell'antica strada reale per Valenza, in località Valmadonna. Il suo nucleo primitivo risale alla prima metà del 1500 e deve il suo nome agli antichi proprietari, i nobili alessandrini Scribani. La casa e la tenuta vennero completamente rinnovate all'inizio del 1800, la pianta diventò rettangolare, mentre la facciata assunse l'attuale aspetto neo classico. Nel 1860 fu terminata la ristrutturazione della cappella, adiacente alla villa, ricca di decorazioni e stucchi. Nello stesso periodo furono ampliati i fabbricati rustici a servizio della tenuta; la proprietà assunse l'attuale e peculiare pianta ad elle, con quattro edifici contigui: villa, rustico, ghiacciaia e cappella. Un lungo viale conduce al giardino prospiciente la villa costituita da un unico corpo di fabbrica a tre piani; il bellissimo colore rosso acceso del mattone, tipico dell'architettura piemontese, caratterizza la facciata verso il parco, mentre il fronte verso il viale d'accesso è trattata ad intonaco e stucco tinteggiata in neoclassico ed armonico colore giallo, su cui si notano specchiature decorate a stucco sormontate da un timpano da tempio greco, con colonne ioniche. La cappella ad unica navata, è un raro esempio di architettura neo medioevale, con facciata ad ogive a sesto acuto, ornamenti quadribolati e colonne slanciate con capitello traforato.  La volta è completamente affrescata, mentre la pala d'altare, dovuta al pennello del proprietario dell'epoca, Lorenzo Cavasanti, rappresenta la Madonna con il Bambino. La recente ristrutturazione ha interessato i fabbricati rustici, da cui sono stati ricavati due ampi saloni a volte ogivali, con ampi finestroni che guardano sia il giardino che il parco, con camino arricchito da un antico bassorilievo in ardesia, e un pavimento in caratelli di cotto antico, sapientemente restaurato».

http://lascrivana.it/villa.html


Vargo (torre, resti del castello)

Dal sito www.casa.it   Dal sito www.casa.it   Dal sito www.comune.stazzano.al.it

«Vargo ha un castello noto dal 1157, anno delle invasioni delle truppe al seguito del Barbarossa, ma detta costruzione nasce in realtà come torre di segnalazione in epoca longobarda e si inserisce nella cosiddetta linea dei castelli documentata dal Pertica. Intorno al "castello" si sviluppò concentricamente l'abitato, ricostruito dai Fieschi di Genova, signori di Vargo dal 1413: dopo la congiura ai danni di detti feudatari, esso venne smantellato nel 1442, in seguito passò ai Doria nel 1547. A fianco di quelle che dovevano essere le mura di sud-est, esiste tuttora un oratorio dedicato alla Vergine Annunziata, mentre oggi la struttura un tempo fortificata è in parte utilizzata come abitazione, e non è stata alterata la visibilissima torre principale al cui interno si trovano le camere di abitazione dell'ultimo proprietario. Nel periodo tra le due guerre mondiali è andato invece distrutto il passaggio interrato tra la torre stessa ed anguste, oscure cellette forse di detenzione/tortura esistenti alla base. Tornando alla chiesetta, essa è ad unica navata, ampliata almeno 2-3 volte nel corso della sua storia, l'attuale facciata intonacata è il risultato dell'ultimo intervento di fine '800 che capovolse l'asse della chiesa stessa, per ottenere un accesso dall'esterno. In corrispondenza del tetto ci sono dei fori utilizzati alcuni come colombaie, altri quali fessure usate per gli avvistamenti, altri ancora rivelano invece la presenza di finestrelle dell'originaria chiesetta. Prima del rifacimento del tetto (anni '90-2000) era intravedibile un accenno di meridiana sopra l'esterno della sagrestia, a sua volta appoggiata all'originaria porta (visibile l'area di ingresso) che metteva in comunicazione gli ambienti del castello con il luogo di culto».

http://it.wikipedia.org/wiki/Vargo


Vignale Monferrato (castello, palazzo Callori)

Dal sito www.comune.vignalemonferrato.al.it   Dal sito www.micecastle.it   Dal sito www.italianbotanicalheritage.com

«Ciò che rimane dell’antico castello, distrutto durante i numerosi saccheggi subiti dal borgo di Vignale (in particolar modo quelli del 1556 e del 1691), è il parallelepipedo che sta alla base della cappella gentilizia fatta costruire nel 1860 dal conte Federico Callori. A sinistra del portone d’ingresso una lapide ricorda il dono concesso nel 1907 dal conte Ranieri Callori alla Cantina Cooperativa Vignalese Marescalchi, una vasca da acqua per la vinificazione. Nell’angolo nord orientale del fabbricato è visibile un masso di arenaria, posizionato dal parroco Don Pierluigi Acuto, nel quale sono incastonate numerose conchiglie che testimoniano l’origine sedimentario-marina dell’arenaria costituente le colline del Monferrato. Sul lato meridionale dell’antico castello si nota una pittura, eseguita nel 1990 dal maestro Pietro Villa, nella quale sono rappresentate tre meridiane (assiro-babilonese, canonica e italica), riportante in basso l’iscrizione Da quando? Perché? con ai lati un gallo, una civetta e un tralcio di vite. I fabbricati sui lati settentrionale ed orientale del cortile sono settecenteschi, edificati dopo la distruzione del 1691. Con il dissesto finanziario del 1928 della famiglia Callori il castello e le sue pertinenze rimangono al cardinale Federico (1890-1971), il quale le cede all’Opera Salesiana. Quest’ultima a sua volta dona gli edifici alla Diocesi di Casale. Nel 1986 e definitivamente nel 2006 la parrocchia di San Bartolomeo ottiene dagli eredi Callori il complesso architettonico. La cappella gentilizia dei conti Callori, risalente al 1860 dall’architetto Brocchi di casa Callori sulle rovine del primitivo castello, domina un panorama immenso che ha per cornici le Alpi, gli Appennini e la Lombardia. è dotata di un bel pavimento a mosaico, di un altare in marmi policromi, di otto banchi in legno d’ulivo e di un pregevole coro in noce. Il campanile è sovrastato da una cupola con la lanterna alla quale si può accedere mediante una scala a chiocciola. I Callori sono sepolti nel sottostante sacello» - «Palazzo Callori. Il palazzo, commissionato dai Callori, signori di Vignale, sorge su fondazioni di origine medioevale e viene restaurato e ampliato nel corso del Settecento. Il manufatto architettonico è situato in una posizione privilegiata, su uno dei colli più alti del Monferrato, presso Vignale, un antico borgo risalente al periodo medievale e appartenente al marchesato degli Aleramici. Un giardino introduce a palazzo Callori, dove, attraverso un’aulica scalinata si accede alla parte interna, nella quale il salone centrale presenta un soffitto affrescato con gli stemmi della famiglia Callori. Dal 1978 l’edificio ospita l´enoteca regionale del Monferrato e viene utilizzato come sede per conferenze, seminari e cerimonie. Le antiche cantine di tufo del palazzo sono utilizzate per conservare vini e grappe pregiate. L´antica cappella adiacente è dedicata a San Giovanni Bosco e ospita una piccola vineria».

http://www.comune.vignalemonferrato.al.it/testi.php?id_testi=176 - http://www.piemonteitalia.eu/gestoredati/dettaglio...


Vignale Monferrato (torre Civica, porta Urbica, palazzo Vitale)

La torre, dal sito www.comune.vignalemonferrato.al.it   La porta urbica, dal sito www.comune.vignalemonferrato.al.it   Palazzo Vitale, dal sito www.comune.vignalemonferrato.al.it

«Torre Civica. Costruzione del periodo medievale (probabilmente attorno al XIV secolo) adiacente ai locali del bar-trattoria “Serenella”, la Torre Civica è in conci, di forma quadrata (lato circa 5 metri), finestrata (due finestre ogivali), tozza (altezza circa 8 metri) e robusta, distribuita su tre piani. In passato era merlata, considerate le finestrature in alto che forse sono derivate dalla ristrutturazione dei merli originali. Nella celletta superiore era custodita la campana del Comune del cui edificio faceva parte. In basso conserva una bella decorazione in cotto a disegno floreale, formante un arco ogivale. Si pensa, in base alle dichiarazioni di don Giuseppe Goria che la Torre abbia ospitato nella prima metà dell’Ottocento le campane della Chiesa Parrocchiale quando il campanile dell’edificio “nuovo” non era stato ancora riedificato dopo la demolizione del “vecchio”. ... Porta Urbica. Antico reperto medievale, è situata all’intersezione fra via Garibaldi (“Contrada di Mezzo”) e la semi pedonale via Bergamaschino, vicinissima alla Chiesa conventuale dei Servi di Maria. La Porta, ad arco ogivale poggiante su due capitelli istoriati, era uno degli ingressi del primo ampliamento della cinta muraria e, di conseguenza, coeva della Torre Civica. Dalla Porta Urbica la cosiddetta “scaletta” conduce in Piazza del Popolo».

«Palazzo Vitale. Il sito dell’antica casa e corte e sito dei sig.ri Missionari, citata in una mappa del 1791, si trova all’angolo fra la piazza del Popolo e via Roma. La proprietà venne acquistata nella prima metà dell’Ottocento dal signor Luigi Allara il quale costruì l’attuale palazzo prospiciente la piazza. A fine secolo fu acquistato dall’avvocato Gian Giacomo Vitale, nel 1919 passò alla Società Cooperativa Agricola Vignalese e da questa nel 1926 ai signori Scanzi Giuseppe e Leone, Scrivano Felice ed Ercole. Intorno al 1940 passò ai De Tullio che, alla fine degli anni Sessanta, vendono al San Paolo di Torino l’ala a pian terreno rivolta su via Roma. La parte restante venne acquistata da privati e tuttora è sede del Ristorante “Il Gatto e la Volpe”. Il palazzo dispone di una trentina di camere, di un cortiletto adiacente a via Roma e di un ampio giardino confinante con via Verdi, nel quale è identificabile un tratto delle mura del primo castrum vignalese».

http://www.comune.vignalemonferrato.al.it/testi.php?id_testi=182 - ...183 -


VignOle Borbera (castello)

Dal sito www.welcomeinliguria.com   Dal sito www.welcomeinliguria.com

  

«Il territorio di Vignole venne a far parte della Curia di Gavi nel momento in cui gli abati di Precipitano, signori politici, oltre che dei luoghi religiosi, cinsero di mura il Castrum Principiani. Di origini antichissime come testimoniano i reperti archeologici che la legano all’ insediamento di Libarna, l’antico agglomerato romano, decaduto per vicissitudini naturali, legò il suo destino al territorio di Precipitano che ospitava la sede di una famosa Abbazia benedettina, fondata da Liutprando, re longobardo, e dedicata a S. Pietro. Una volta erette le mura, i religiosi fecero costruire i Castelli. Il primo era detto “Castello Inferiore”, il secondo “Castello Superiore”. Dell’antica abbazia benedettina di Precipitano, oltre a numerosissime testimonianze documentarie, restano una torre e parte degli edifici. Del Castello di Vignole (o rocca superiore) già costruito in epoca tardo romana e circonvallato di cateratte e fosse, rimangono le vestigia di una torre-colombara inserita in un’antica costruzione» - «Vicino alla parrocchiale di San Lorenzo si trova il cosiddetto "castello" di Vignole, il suo aspetto originario è leggibile nonostante i numerosi rimaneggiamenti, la fortificazione era posta a protezione della via che porta da Vignole a località Mulino, guadata dal Borbera e che portava a monte Spineto e raggiungeva Libarna, si presenta tuttora con una torre quadrata di pietre a vista, come tutta la costruzione, aveva il doppio compito di residenza e di fortificazione, infatti aveva una loggia, la muratura è in bozzette lavorate che datano il "castello" al XVI-XVII secolo quando Vignole era sotto i feudatari del Ducato di Milano dei Lonati, che controllavano anche il vicino paese di Borghetto di Borbera».

http://www.welcomeinliguria.com... - http://it.wikipedia.org/wiki/Vignole_Borbera#Il_.22castello.22


Villadeati (villa-castello del Belvedere)

Dal sito http://ideeviaggi.zingarate.com   Dal sito www.ilmonferrato.info

«Il nome Villadeati deriva dalla famiglia Deati che ottenne in feudo l’insediamento intorno al 1300. La prima attestazione documentata è De VillaA De Deatis, risalente al 1431. Sorta in epoca medievale, fece parte, per lungo tempo, dell’astigiano, portando il nome di Corte de Scataldeis. Successivamente entrò a far parte di un sistema militare che poggiava sui due castelli eretti in posizione dominante sulle valli dello Stura e della Versa. Il primo, di proprietà dei Visconti di Valenza, venne abbattuto da Amedeo di Savoia nel 1290 in seguito alla richiesta d’aiuto degli astigiani che erano in lotta contro Guglielmo del Monferrato. A metà del XVI secolo il maresciallo francese Carlo Cossé de Brissac occupò il maniero ricostruito, contrafforte del maschio di Verrua. Espugnato nuovamente, questa volta dal marchese Carlo I e dal duca di Mantova, nel 1630, venne ridotto a poche rovine, concesse prima ai nobili Del Prato e poi agli Arrigoni di Mantova. Questi ultimi vendettero ciò che rimaneva del castello al giureconsulto Giacinto Magrelli. Tra i monumenti di maggiore interesse vi è il cosiddetto Belvedere, straordinario complesso risalente alla fine del Settecento, ideato forse da un allievo di Filippo Juvarra o dal sacerdote locale don Audisio Tommaso. Di stile barocco e neoclassico, ha una torre, alta circa venti metri, che divide in due piani la facciata» - «Da vedere anche il castello che attualmente è di proprietà della famiglia Feltrinelli. L'edificio, tra il 1629 ed il 1630 durante la seconda guerra di successione del Monferrato, andò distrutto. Sulle sue rovine, tra la fine del '700 ed i primi anni dell'800, venne costruita una immensa villa in stile juvaresco con l'aggiunta di una serie di terrazzi e gallerie».

http://www.comune.villadeati.al.it/cenni-storici - http://ideeviaggi.zingarate.com/come-visitare-villadeati...


Visone (borgo medievale, palazzo Madama Rossi)

L'ingresso al borgo medievale, dal sito www.provincia.alessandria.gov.it   Il palazzo, dal sito www.inforestauro.org

«Palazzo Madama Rossi, annoverato tra i principali monumenti di Visone, sorge a nord di Via Acqui in aderenza ad ovest con l'antico Oratorio di San Rocco. Quando, tra il 1500-1700, il Borgo medievale di Visone si trasforma in centro urbano con la costruzione delle prime case fuori dal Borgo, si assiste alla realizzazione di due importanti monumenti: l'uno a significare il potere religioso, la nuova chiesa Parrocchiale in località Caldana; l'altro la classe aristocratica che aveva la propria base economica sulle proprietà terriere del circondario, Palazzo Madama Rossi, edificio a corte con loggiato e colonnati. Le informazioni emerse dallo studio delle fonti documentarie si sono rivelate insufficienti e parziali e in taluni casi (soprattutto per le notizie più recenti) sono state integrate con le fonti orali. Si apprende che il palazzo fu fatto costruire nel XVI secolo dal cardinale Bonelli, detto l'Alessandrino, nipote di papa san Pio V. L'edificio viene costruito utilizzando pietre di provenienza locale, estratte dalla Cava di Santa Croce presso l'attuale Cappelletta dei Foresti. Gli interventi più importanti sono attribuibili alla famiglia Rossi che eseguì molti restauri nell'ala occidentale, ripristinando il giardino all'italiana ed abbellendolo di fontane, vasche, giochi d'acqua e piante esotiche. è proprio in questo periodo che il palazzo ... diventa un'importante meta per i visitatori del tempo: nel 1872 don Giovanni Bosco, durante uno dei suoi viaggi da Torino a Mornese, si intrattiene a Visone ed è ospite a palazzo del Cavaliere Tranquillo Rossi. ... L'ultima residente della famiglia Rossi a palazzo è la "madama" del Cavaliere Rossi, proprietaria tra l'altro della vecchia filanda per la lavorazione della seta e della lana. Dai Rossi l'edificio diventa proprietà della famiglia Lerma, nel 1930 passa ai Carozzi (Giacomo), tre anni dopo (1933) ai Buzzi (fratelli Alessandro e Luigi) per poi tornare nuovamente di proprietà dei Lerma (Pietro, di Milano). ... Questi continui cambiamenti di proprietà comportano sostanziali mutamenti architettonici spesso giustificati dalla necessità di adeguamento alle nuove esigenze abitative. ... La parte più significativa del palazzo è senza dubbio il loggiato cinquecentesco visibile sul lato orientale della facciata, affrescato internamente da un pittore anonimo (1575) con pitture"grottesche" che ricordano lo stile di Raffaello nei Palazzi Vaticani. ... L'attuale configurazione del prospetto deriva presumibilmente dalla fusione di tre corpi di fabbrica: quello orientale comprendente la loggia, quello centrale, più alto degli altri due, soprannominato "la torretta" e il terzo, quello occidentale, realizzato in aderenza all'Oratorio di San Rocco. ...».

http://www.webalice.it/inforestauro/palazzo_mrossi.htm


Visone (ruderi del castello Malaspina, torre merlata)

Dal sito www.provincia.alessandria.gov.it   Dal sito www.ilmonferrato.info

«Le prime strutture fortificate sorsero sul luogo intorno all’anno Mille e vennero potenziate nel corso del XIV secolo; dell’antica struttura rimangono oggi visibili l’imponente torre quadrata, coronata superiormente da una duplice fascia di archetti ciechi e dall’apparato a sporgere, ed alcuni tratti di muratura del castello Malaspina, storicamente importante perché qui che venne redatto e siglato, nell’anno 991, l’atto di fondazione dell’abbazia di San Quintino di Spigno, documento fondamentale per lo studio della storia e della geografia dell’Alto Monferrato in età medioevale. Delle fortificazioni del borgo rimangono invece i resti di una torre-porta».

http://archeocarta.org/visone-al-resti-di-edifici-medievali


Volpedo (mura del castrum medievale)

Dal sito www.comune.volpedo.al.it   Via del Torraglio, dal sito www.comune.volpedo.al.it

«è il borgo natale del celebre pittore Pellizza da Volpedo, autore del "Quarto Stato" ... La stretta via della Chiesa, incastonata nel cuore dell'antico castrum il cui tessuto urbano conserva ancora la fisionomia medievale, ci conduce sulla piazzetta in cui furono realizzate le più grandi opere di carattere sociale dell'artista, utilizzando a modelli dal vero i contadini volpedesi, ripresi mentre andavano con dignità e determinazione a far valere le proprie ragioni verso il palazzo dei Malaspina. Questo un tempo era un semplice luogo fortificato dove risiedeva Perino Cameri, poi fu ampliato dai Guidobono Cavalchini nel XVIII secolo e quindi ulteriormente modificato dai Malaspina, signori del luogo a partire dal 1849 e proprietari della maggior parte delle terre. ...  Il Comune di Volpedo ha intrapreso un'opera di restauro architettonico per riportare la piazzetta, oggi denominata Quarto Stato, alle condizioni originarie: è stato ripristinato l'acciottolato ed un lampione indica la posizione in cui Pellizza piazzava il cavalletto, mentre quella che era la posizione dei modelli è evidenziata sul terreno da lastre di granito. Anche la meridiana ottocentesca è stata ripristinata e presentata al pubblico nel 2005. Nella vicina via Cavour, raggiungibile da Piazza Quarto stato tramite uno scalone situato in via del Torraglio, si può vedere una porzione degli antichi bastioni, che sono di foggia cinquecentesca e sono stati salvati nel 1904 alla sistematica distruzione grazie all'intervento dell'artista, come testimoniano le lettere in proposito allora inviate alle competenti autorità torinesi».

http://www.borghisostenibili.it/area_informativa/cittadini/files/VADEMECUM%20DEL%20TURISTA_Volpedo.pdf


Volpedo (palazzo o castello Malaspina Penati)

Dal sito www.robertomarchese.it   Dal sito www.comune.volpedo.al.it

«Nel centro del borgo si trova il palazzo Malaspina Penati risalente al XVIII secolo, costruito sul sedime dell’antico castello, la cui presenza è documentata dal X secolo. All’interno del palazzo comunale si trova la lapide di Perino Cameri, feudatario di Volpedo dal 1413 al 1426, anno in cui morì lasciando il feudo alla fabbrica del Duomo di Milano. L’opera rappresenta il condottiero che dona il castello alla Vergine, testimonianza scultorea del XV secolo» «Nato come luogo fortificato nel punto più elevato del Castrum medievale, il castello con la sua torre già residenza di Perino Cameri, fu trasformato in palazzo signorile dai Guidobono Cavalchini nel XVIII secolo, e poi ulteriormente ampliato dai Malaspina, cui passò nel 1849. L'ultimo restauro è dovuto agli attuali proprietari, la famiglia Penati, e risale al 1994».

http://www.piemonteitalia.eu/it/comuni/dettaglio/238/alessandria/volpedo.html - http://www.comune.volpedo.al.it/ComSchedaTem.asp?Id=6235


Voltaggio (palazzi storici)

Palazzo Scorza, dal sito www.archiviostorico.net   Palazzo De Ferrari Galliera, dal sito www.archiviostorico.net

«Voltaggio, città di palazzi storici e nobiliari; nel loro assieme, le abitazioni costituiscono un centro antico proprio più di una città che di un borgo montano; costruito da una nobiltà mercantile volta a capitalizzare le proprie risorse in un’edilizia residenziale di prestigio, come a Genova, il borgo storico si caratterizza per l’angustia del reticolo stradale e per un corpo compatto di palazzi dai molti piani, ornati di colonne e pilastri, tutti in pietra. Occorre aggredire l’immagine di sciatteria che offrono oggi le facciate delle abitazioni, proseguendo con nuovi mezzi un’iniziativa già avviata dall'Amministrazione, volta a sostenere finanziariamente le proprietà disponibili a restituire la qualità delle antiche facciate, sia lungo il percorso che attraversa l’intera Città, sia lungo la palazzata che si affaccia sulla vallata del Lemme. Un capitolo a sé è la riutilizzazione degli edifici di maggior pregio e bellezza, tutti vincolarti dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Ambientali: il Palazzo De Ferrari Galliera, di proprietà dell’Ospedale Galliera di Genova, la cosiddetta Casa Gotica, il palazzo Gazzolo, e l’antico oratorio di San Sebastiano, di proprietà comunale, il palazzo Scorza Battilana e il palazzo Scorza, già sede dell’albergo Roma, anch’esso di proprietà privata. Per quanto riguarda il Palazzo Scorza-Battilana, di proprietà della famiglia di un benemerito concittadino un tempo sindaco del Comune di Voltaggio, ricco di opere d’arte, ma anche di un'antica tradizione familiare, dove è nato ed ha iniziato l'apprendimento alla pittura Sinibaldo Scorza, la Civica Amministrazione intende aiutare la proprietà a salvaguardare questo straordinario patrimonio materiale e immateriale. Per quanto riguarda il palazzo Scorza, la Civica Amministrazione ha offerto un convinto sostegno all’iniziativa della famiglia Cavo che intende riportare a Voltaggio la produzione di quegli amaretti che rappresentano una tradizione dolciaria entrata nell’identità voltaggina ed aprire una caffetteria e un piccolo albergo de charme».

http://www.cavo.it/voltaggio/volt4.html (a c. di Franco Monteverde).

«Palazzo Scorza. Il Palazzo fu costruito, per conto del ramo della famiglia Scorza facente capo a Francesco Scorza, da maestranze e architetti genovesi nei primi anni del diciassettesimo secolo sul modello dei tipici palazzi gentilizi genovesi, che ancora oggi possiamo ammirare nella già Strada Nuova e nelle strade adiacenti. Salendo si trovano affreschi raffiguranti Dafne, Nettuno, Ganimede, la caduta di Icaro, il ratto di Europa e il furto del carro del Sole ad opera di Fetonte, mentre il salone del piano nobile è dominato da un grande stemma della famiglia Scorza coronato dal cappello cardinalizio e dalla tipica faina. Il Palazzo si articola oggi su sei livelli, dei quali quattro sono originali dei primi anni del ‘600. Le due colonne in pietra presenti nell’atrio al pianterreno, che sorreggono la struttura interna, poggiano su blocchi anch’essi in pietra visibili nel piano seminterrato, fondamenta precedenti al palazzo seicentesco, probabilmente facenti parte di un palazzo anteriore andato in fiamme durante l’incendio di Voltaggio nel XIV secolo. Secondo la tradizione, nel Palazzo soggiornarono numerosi importanti personaggi, tra i quali Napoleone Bonaparte, di passaggio dalla Val Lemme, probabilmente il 2 o 3 giugno del 1805, in quel tempo nel Palazzo viveva Ambrogio Scorza, nome ricorrente nella famiglia. La proprietà rimase per secoli della famiglia Scorza, durante i primi anni del ‘900 fu acquisito dalla famiglia Anfosso che, grazie alla notevole esperienza maturata nel ramo edile, operò con interventi conservativi e di sopraelevazione di qualità, non intaccando così la struttura originale seicentesca, da segnalare il mirabile pavimento a mosaico del salone del piano nobile datato 1911 e la struttura, avanzata per il tempo, in cemento armato, con cui sono stati costruiti i due livelli sopraelevati».

https://palazzoscorza.wordpress.com/2012/08/03/la-storia-2

«Palazzo de Ferrari Galliera.  ...Sul margine meridionale dell’antica Platealonga, il Palazzo de Ferrari Galliera ancora campeggia nelle originarie linee tardo cinquecentesche, chiuso e compatto all’esterno, alto sui fabbricati antistanti, rigorosamente e sobriamente monumentale. L’edificio prospetta su uno slargo che introduce una pausa lungo il percorso di attraversamento del paese, e dà risalto alla facciata. all’interno, lo scalone di accesso al piano nobile, gli ampi locali, le volte a crociera, i balaustrini, i capitelli, i peducci, le decorazioni parietali, sottolineano l’indirizzo innovatore portato dall’aristocrazia della dominante nelle architetture civili del piccolo borgo di Val Lemme. Il palazzo apparteneva in origine al locale ramo dei de Ferrari. Passò quindi, in conseguenza di vicende ereditarie e dinastiche, ai rocca, per tornare infine al marchese Giò Raffaele de Ferrari, ascendente diretto del duca di Galliera, nel 1698. Un’iscrizione in elegante latino nell’atrio d’ingresso ricorda che qui venne ospitato, nel 1702, Filippo V re di Spagna. residenza estiva di Maria Brignole Sale nella seconda metà dell’Ottocento, inclusa in seguito nella fondazione de Ferrari Galliera, la costruzione, malgrado il percepibile declino delle strutture, ancora riflette l’opulenza d’una tra le più eminenti famiglie genovesi, signora di un autentico impero commerciale».

http://www.archiviostorico.net/guide/pdf/Voltaggio.pdf  (Guida di Voltaggio, a cura di Roberto Benso)


Voltaggio (resti del castello)

Foto di Marco Dell'Era, dal sito www.panoramio.com   Dal sito www.vallemme.com

«Nel 1121, il Comune di Genova si espande al di là del giogo, e acquista per quattrocento lire il castrum di Voltaggio e i suoi redditi da Alberto marchese di Gavi, forse costretto alla cessione da un’imposizione del potente antagonista. La rocca, ricostruita dai genovesi, e della quale esistono ancor oggi alcuni ruderi informi e cadenti, è posta sulla vetta dell’altura che domina la displuviate fra il Lemme e il Morsone, ed era originariamente attorniata da una serie di edifici minori, quasi sempre in legno, destinati ai servizi, ai magazzini, allo stallaggio. Il complesso fortificato inglobava, ai piedi dell’altura dominata dall’arce, la chiesetta del castello con la prospiciente area cimiteriale (attuale Piazza Scorza), e un apparato difensivo di limitata estensione che vigilava l’originario nucleo urbano, circoscritto all’interno del cuneo che si protende dalla confluenza del Morsone nel Lemme al guado della vecchia strada dei Paganini, dove è ancora leggibile il vacuo d’accesso al villaggio, guardato da un mastio dell’antica cerchia di mura. All’esterno di questo nucleo, in località San Nazaro, si estendeva un sobborgo sorto intorno alla primitiva pieve, del tutto scomparsa ma ancora testimoniata da fonti indirette alla fine del XVI secolo. La strada che attraversava il sobborgo scendeva nel greto del torrente costeggiando esternamente la recinzione muraria, il cui accesso era protetto a nord da una fortificazione localizzata sull’altura dove oggi sorge l’ospedale, e a sud, lungo l’itinerario di Reste, da una torre.

Dopo il passaggio del castello dai marchesi di Gavi al Comune di Genova, e finché Genova non estende il suo dominio nella bassa valle, agli albori del XIII secolo, Voltaggio risulta il principale punto di riferimento fra i possedimenti della «Dominante» in Oltregiogo, sia per la caratteristica di terra di confine, che esalta la funzione tattica del castello, sia per l’attiva presenza degli uomini del borgo nelle vicende amministrative e mercantili della città egemone. Sino al XV secolo viene governato da castellani con funzioni civili, giudiziarie e militari, appartenenti a famiglie nobili e consortili della Superba, delle podesterie cittadine o delle riviere. La prima investitura nota della castellania del paese è assegnata nel 1127 a Guglielmus Porcus, mentre nel 1183 risultano castellani Oberto Porco e Bonifacio della Volta, e nel 1202 Ugo Fornari. I castellani sono assistiti da un modesto numero di armigeri; forse, in origine, non più d’una decina fra servientes e balistarii. L’organico assegnato al castello era comunque maggiore, poiché includeva anche gli addetti ai servizi per il rifornimento di acqua (aquarolii), di legna (lignarolii) e di manutenzione delle strutture (magistri antelami, magistri lignaminis). ...».

http://www.cavo.it/voltaggio/benso32.html


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