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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI VARESE

in sintesi

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Angera (rocca Borromea)

Dal sito www.proloco.net/angera/rocca.php   Dal sito https://castlesintheworld.files.wordpress.com   Foto di Alessandro Vecchi, dal sito it.wikipedia.org   Dal sito https://castlesintheworld.files.wordpress.com

«Per tutto il medioevo la posizione strategica particolarmente favorevole per il controllo dei traffici del lago determinò l'importanza sia della rocca che del borgo. All'interesse militare la rocca unì la prerogativa d'essere una sicura base di rifugio per molti arcivescovi milanesi in periodi travagliati del loro episcopato. Le successive lotte tra Torriani e Visconti vedono la rocca quale principale testimone. Pur facendo parte dei beni della Mensa arcivescovile, la rocca di fatto viene tenuta dai Visconti. Nel documento di scomunica dell'arcivescovo Cassone della Torre a Matteo Visconti del 1314, figura tra i capi d'accusa quello d'aver occupato illegalmente la rocca d'Angera. Si determina così la presa di possesso di fatto del fortilizio e dei beni arcivescovili di Angera da parte Viscontea, affidandoli alla famiglia collaterale dei Visconti d'Invorio. Sarà con il 1384 che Caterina Visconti, moglie di Gian Galeazzo, otterrà dall'antipapa la cessione anche di diritto della rocca d'Angera, chiudendo così definitivamente la lunga appartenenza del fortilizio alla mensa arcivescovile milanese. Solo alla fine della signoria dei Visconti sul Ducato di Milano anche la rocca passerà ad altre mani: nel 1449 la Comunità della Repubblica Ambrosiana la vende al tesoriere ducale Vitaliano Borromeo. Inizierà così la nuova stagione borromaica, con la rocca angerese e buona parte del bacino del Lago Maggiore in loro possesso. Quando nel 1800 le fortificazioni aronesi vengono demolite dai Francesi, il fortilizio di Angera rimane intatto, ancora nelle sue originarie forme trecentesche, non interessando ormai più ai fini militari.

Dal centro di Angera, per via Cadorna, si sale a tornanti per il colle sovrastante l'abitato, dominato dalle imponenti murature della Rocca, in pietra d'Angera. Il castello mantiene una chiara unitarietà stilistica legata ai sec. XIII-XIV. A sinistra è la massiccia muratura merlata che chiude il giardino interno; a metà si intravede la parete di una torre-ingresso con ponte levatoio, ora murata. Superata la prima porta-torre, si percorre il viottolo nel primo recinto. Qui si staglia, differenziandosi, la possente parete superstite di una primitiva torre del complesso, successivamente inglobata nell'ala detta scaligera. Sulla sua sinistra, anch'essa murata, è una piacevole bifora ad archi a tutto sesto e colonnina. Al secondo cortile si accede dalla possente torre d'ingresso, più volte rimaneggiata in altezza. Il portale è sormontato dallo stemma visconteo. La cortina muraria di destra presenta alla sommità delle evidenti sopraelevazioni della merlatura. Il secondo recinto offre un piacevole belvedere a pergolato su colonne. Il cortile, affacciato ad U, è chiuso ad ovest dalla cosiddetta torre di Giovanni Visconti. A legare torre d'ingresso e torre di Giovanni Visconti è il corpo di fabbrica coevo, poi modificato in epoca borromaica. Sul portale a tutto sesto che dà accesso al settore interno della rocca è lo stemma molto deteriorato di Camillo e Giovanni Battista Borromeo.

Al cortile interno si affacciano gli ambienti principali della rocca. L'androne d'ingresso termina con un arco ogivale. Alla destra del cortile è una bassa tettoia addossata alle mura perimetrali, un tempo adibita a tinaia. Di fronte è il cosiddetto palazzo scaligero; questa palazzina duecentesca presenta oggi le ampie alterazioni che subì nei periodi successivi. Sostanziale fu l'intervento del 1370 circa, che la tradizione attribuisce a Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti, alla quale va data la denominazione corrente dell'edificio: ala scaligera. All'interno alle pareti sono ancora visibili tracce delle affrescature di quel periodo. A sinistra si staglia l'elemento certamente più caratteristico della rocca d'Angera: la torre castellana. Originariamente di cinque piani (oggi ridotti a tre), ha piccole aperture centrali, con arco a pieno centro ai piani inferiori e leggermente archiacute a quelli superiori. L'elemento più interessante della torre sta nel leggero sporto della parte terminale, soluzione di transizione tra le torri medievali a canna liscia e le più sofisticate torri tre-quattrocentesche con il coronamento di beccatelli e caditoie. Sul lato sinistro della torre si addossa il palazzetto visconteo, assegnato all'epoca di Ottone Visconti. La muratura è in squadrati blocchi di pietra d'Angera, disposti in accurati allineamenti regolari. La porta al piano superiore, oggi aperta su di un ballatoio di collegamento, doveva costituire l'originario accesso, raggiungibile con una scala poi eliminata. Gli ambienti al piano terreno sono divisi al centro da tre colonne ottagonali dai bei capitelli. Il restante lato meridionale della corte nobile è occupato dall'ala detta borromea, frutto delle trasformazioni borromaiche ai precedenti corpi trecenteschi. La precede un elegante porticato seicentesco a tre arcate terrene, con alle chiavi le insegne dei Borromeo. Nelle sale a pianterreno, che conservano le arcate d'epoca viscontea, alle pareti sono due ben conservati stemmi con iscrizione. Qui è ospitato il singolare Museo della bambola, suggestiva raccolta di bambole, giochi d'infanzia e corredini per bambole provenienti da tutto il mondo e di ogni epoca.

Sala di giustizia. Il vasto ambiente è suddiviso in due campate separate da un arcone a sesto acuto e coperte da volte a crociera con costoloni torici in pietra d'Angera. Le specchiature delle volte sono decorate ad ornati geometrici, diversi nelle due crociere. Nella fascia centrale delle pareti si svolge il tema principale del ciclo angerese, narrante le gesta ed il trionfo dell'arcivescovo Ottone Visconti su Napo Torriani. Sulla parete di destra è stato collocato l'affresco strappato dall'oratorio castrense di S. Bartolomeo. è una pittura trecentesca rappresentante al centro la Madonna col Bambino. Da questo salone, per una scala lignea appoggiata alla parete di fondo, si può salire ai vari piani della torre castellana. Dalla sommità incomparabile panorama sulla sottostante città, sull'entroterra angerese e su tutto il medio corso del lago maggiore. Sotto è il giardino interno, non visitabile, il cui perimetro è chiuso a nord-est dall'alto muraglione di difesa con merlatura ghibellina e cammino di ronda, interrotto dalla primitiva torre d'ingresso. Il lato a lago è aperto e strapiomba sulla sottostante cava di pietra d'Angera.

Ala borromea. Nell'ala borromea sono da ammirare nel primo salone dei notevoli frammenti di affreschi quattrocenteschi strappati nel 1946 dal palazzo Borromeo di Milano. Di rilievo è il grande brano raffigurante la Raccolta delle melograne. Altri frammenti illustrano scene dalle Storie di Esopo ed ai Trionfi del Petrarca. A destra, nella attigua sala ricavata al secondo piano della torre di Giovanni Visconti, sulla parete di fondo è parte della antica decorazione trecentesca formata da disegni geometrici intercalati dallo stemma visconteo sovrastato dalla mitra. In questa e nelle altre sale sono diversi quadroni seicenteschi raffiguranti ritratti e fasti di casa Borromeo. Lapidario. Ridiscesi per lo scalone si ammirano sotto il porticato le diverse are romane di proprietà Borromeo. Il pezzo più famoso è la base marmorea di una statua a Giove. Altra ala interessante è quella dedicata anch'essa a Giove Ottimo Massimo, in pietra d'Angera, con decorazioni a festoni. Nel cortile sottostante è un coperchio di sarcofago in serizzo, a spioventi con acroteri angolari, d'epoca medievale».

http://www.proloco.net/angera/rocca.php


BARZA (torre medievale)

Dal sito http://iclesia.com   Dal sito http://vareseguida.com

«Nella frazione Barza, sorge una torre medievale che faceva parte di un vecchio fortilizio acquistato nel 1906 dal tenore Pietro Mongini e trasformato in sua residenza, oggi sede della Congregazione dei Padri Guanelliani. Alla torre è stato applicato un orologio con vari quadranti per segnare l'ora nei diversi fusi orari».

http://www.ilvaresotto.it/Citta/Ispra.htm


Besozzo (castello Cadario, palazzo Adamoli)

Il castello, dal sito www.adamoli.org   Dal sito www.ilvaresotto.it   Il mastio del castello, dal sito www.adamoli.org   Palazzo Adamoli, dal sito http://amiantovarese.com

  

«Adagiato tra le colline che si distendono tra il lago di Varese e il Verbano, Besozzo è attraversato dal torrente Bardello. Situato al centro di antichi percorsi che dai passi alpini scendevano verso la pianura lombarda, Besozzo è già conosciuto in epoca romana, e appartenne nel medioevo al territorio pievano di Brebbia. Il nucleo antico del paese, nella parte alta del borgo a dominare il corso del Bardello, fu presto fortificato per controllare il traffico e il passaggio delle strade nella sottostante vallata del fiume. Ancora oggi la fisionomia di Besozzo superiore è data dai diversi edifici abitati nel medioevo e nel rinascimento dalle nobili famiglie dei Besozzi e Castelbesozzo, nativi del posto, che ebbero un ruolo importante nel panorama politico ed economico di tutta la plaga per diversi secoli. Su tutti i palazzi spicca il nucleo originario delle dimore dei Besozzi denominato il Castello. Il corpo settentrionale, sorto sulle antiche strutture fortificate, è conosciuto come Castello Cadario, contraddistinto da una elegante torre d'ingresso tardorinascimentale con una leggera loggia a colonne su beccatelli che la conclude nella parte sommitale e un bel portale bugnato fiancheggiato da due colonne. All'interno si apre un raccolto cortile su possenti colonne in pietra d'Angera. Di fronte al Castello Cadario, ma sempre facente parte dello stesso nucleo originario, è il palazzo Adamoli, frutto di trasformazioni e modifiche, con bel portale d'ingresso di fattura rinascimentale e un elegante cortile con decorazioni e balconcini settecenteschi. Tra i due edifici, nel parco, sussiste ancora l'antica torre del primitivo castello medievale, in massiccia muratura in pietra a vista. Ai piedi del castello, nelle antiche strade del borgo, si sgranano gli antichi palazzi delle casate Besozzi, che conservano tutti i nobili segni del passato con notevoli elementi architettonici: portali, cortili, colonnati, decorazioni scultoree, balconi in ferro battuto, scaloni interni, bei giardini. Tra tutti si evidenziano i palazzi Contini, Cà Marchetta, casa Bossi, il cosiddetto Palazzo, l'attuale Sede comunale e le adiacenti case lungo la via Mazzini. ...».

http://www.comune.besozzo.va.it/cennistorici.asp


Bisuschio (villa Cicogna Mozzoni)

Dal sito www.villacicognamozzoni.it   Dal sito flickr.com

«La villa sorge ai limiti del centro storico del paese: al tempo, la sua costruzione è avvenuta al di fuori del nucleo medioevale. L'edificio vero e proprio (senza considerare le dipendenze) ha un impianto a U, tipico delle dimore nobili del rinascimento lombardo. Vi si accede tramite un vialone alberato, in salita, che si slarga sul piazzale dove sorge la villa. La facciata è disposta su due piani, austera, asimmetrica rispetto al portale d'ingresso, in bugnato. Le pareti che danno sul piazzale, ora fortemente sbiadite, mostrano ancora deboli tracce di una ricca decorazione ad affresco.

Varcando il portale d'ingresso, si entra nel cortile d'onore del palazzo, che lo chiude su tre lati, mentre il quarto è rappresentato dal giardino. La pavimentazione del cortile è in pietra locale: si tratta di ciottoli in porfido rosso di Cuasso, mentre, al centro, alcuni ciottoli bianchi delineano lo stemma della famiglia Cicogna Mozzoni (una cicogna con un serpente nel becco e un sasso nella zampa, accanto a un'aquila, sovrastate dalla corona comitale). Sui due lati lunghi della villa si apre il porticato, sorretto da robuste colonne doriche in pietra di Viggiù, mentre sul terzo lato della casa il porticato è ricreato grazie agli affreschi eseguiti in trompe-l'œil, ora molto sbiaditi. Tuttavia, lo stato globale di conservazione degli affreschi del cortile è migliore rispetto a quelli esterni: si leggono ancora numerose figure e le brillanti variazioni cromatiche. Sono gli affreschi a livello del piano terra ad avere la peggio, dato che mostrano numerose efflorescenze per umidità di risalita. Invece, sono ben conservati gli affreschi delle volte dei portici: il portico e est (quello d'entrata) mostra alcune scene tratte dalle Metamorfosi di Ovidio, racchiuse in cornici geometriche e accompagnate da vivaci grottesche; il portico a ovest, sulle velette, mostra diverse figure mitologiche e storiche. Interessante vedere come ci sia un'attenta contrapposizione tra figure maschili e femminili: queste si alternano, in modo che una figura maschile resti speculare a una femminile e viceversa. Al centro, un altro affresco in trompe l'œil crea l'effetto di un pergolato, dove si intrecciano tralci di vite carichi di grappoli, rami di melograno e di piante di limone carichi di frutti maturi. Tra questi rami, alcuni putti giocano con pavoni e altri animali. Il tutto serve da cornice per lo stemma inquartato della famiglia Cicogna Mozzoni. Gli affreschi di questo portico rappresentano alcune scene di caccia, che rivelano la funzione primitiva di questa dimora. L'intonaco appare "picchiettato" in più punti: si tratta della tracce lasciate dai manovali, nel XIX secolo, nell'intento di liberare le pareti dallo spesso strato di calce, che era stato applicato durante la peste del '600 in modo da evitare il propagarsi della malattia.

Non si sa con certezza in quale anno nacque la villa. Certamente, all'inizio, doveva essere una cascina di caccia che la famiglia Mozzoni, milanese, utilizzava per questo scopo. I Mozzoni, diretti dipendenti del duca di Milano, avevano ottenuto dal ducato stesso il permesso di cacciare nei territori circostanti a Bisuschio. Il primo documento che parla di una dimora bisuschiese, utilizzata dalla famiglia Mozzoni come casino di caccia risale al 1463. Un altro anno fondamentale per la storia della villa è il 1476, in cui il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, grande appassionato di caccia, visitò Bisuschio e la dimora dei Mozzoni. Questo fatto indica che la dimora di caccia doveva essere in certe condizioni per ospitare una persona del rango di un duca che, tra l'altro, in occasione della battute di caccia, amava circondarsi di un imponente corteo. Durante la caccia, era il 2 novembre, il duca rischiò di finire tra le fauci di un orso, ma uno dei mastini di Agostino Mozzoni, il padrone di casa, salvò la vita del duca affrontando l'orso. La povera bestia morì per le ferite riportate, ma il suo sacrificio non fu vano: infatti, il duca, riconoscente, concesse numerosi privilegi alla famiglia dei suoi ospiti. La vicenda sembra avere un che di fantasioso e leggendario, ma è autentica ed è testimoniata da un diploma di esenzione ducale, datato 4 novembre 1476. Fu forse grazie a questi numerosi privilegi che i Mozzoni ampliarono la loro fortuna, permettendo loro così di proseguire le modifiche alla dimora. Si stima che intorno al 1530 si cominciarono consistenti rimaneggiamenti architettonici che diedero grosso modo all'edificio l'impronta attuale. ... Dal 1958 la villa è aperta al pubblico. Sono visitabili 12 ambienti riccamente arredati e affrescati fra cui una biblioteca con 5000 volumi, camere da letto, una stanza per la musica con un fortepiano costruito da Anton Walter di Vienna nel 1798».

http://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Cicogna_Mozzoni


Biumo Superiore (villa Menafoglio Litta Panza)

Dal sito http://csbno.cosedafare.net   Dal sito www.skyscrapercity.com   Dal sito www.apgi.it

«La Villa è un edificio barocco che sorge in Piazza Litta e sviluppa la propria struttura a U verso il pendio collinare e verso l'esteso parco circostante, tipici della Castellanza di Biumo. La singolare soluzione planimetrica adottata dal committente, il marchese Paolo Antonio Menafoglio, rivela un desiderio di tranquilla intimità, e presenta il cortile interno e non rivolto verso gli spazi pubblici, come voleva la tradizione del tempo. Il primo nucleo della casa nobile risale alla fine del 1600, ed era circondato da un giardino alla francese, sostituito nel corso del 1800 da un parco all'inglese, e più tardi da un giardino all’italiana. Attorno alla Villa furono create vaste zone verdi e luoghi di fascino come il piccolo lago, la grotta e la collina del tempietto. Nel 1823 la Villa fu acquistata dai Litta che la ampliarono con l'elegante salone neoclassico, le scuderie e la limonaia. Dodici anni più tardi l'edificio e il parco circostante furono ceduti alla famiglia Panza di Biumo che ne detenne il possesso fino al 1996, quando Giuseppe Panza, appassionato collezionista d'arte americana contemporanea, decise di donare al FAI, il Fondo per l'Ambiente Italiano, l'intero complesso con gli arredi storici e alcuni elementi della sua collezione personale: 21 pezzi di arte precolombiana e più di cento di arte contemporanea. Le opere sono ora esposte all'interno dell'antica dimora, e costituiscono la celebre Collezione d'Arte Contemporanea di Villa Panza».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/varese/villa-menafoglio-litta-panza-varese/


Busto Arsizio (palazzo Gilardoni)

Dal sito http://mapio.net   Dal sito www.wikiwand.com

«Palazzo Gilardoni è l'edificio che attualmente ospita la sede del Comune di Busto Arsizio. Fu costruito, appena fuori dai limiti del vecchio borgo, per volere dei canonici Benedetto Landriani e Biagio Bellotti che vollero realizzare un collegio da intitolare a san Giuseppe lasciando in eredità, coi loro testamenti rispettivamente del 1729 e del 1784, cospicue somme di denaro alla confraternita religiosa chiamata "Scuola dei Poveri". La prima pietra fu posata dal conte Carlo Marliani nel 1730. Nel 1739 i padri Oblati poterono iniziare la loro residenza all'interno del palazzo, che durò fino al 1750. Nel 1755 si optò per la trasformazione dell'edificio nel primo ospedale della città di Busto Arsizio. Di questa trasformazione fu incaricato nel 1824 l'architetto Pietro Gilardoni, allievo dell'architetto austriaco Leopoldo Pollak (autore della Villa Reale di Milano), che diede all'edificio un'impronta neoclassica. Nel 1875 l'edificio fu ampliato ad opera dell'architetto Carlo Maciachini; seguirono poi altri interventi trasformativi e ampliamenti, in particolare nel 1903. Nel 1905 si diede inizio alla costruzione del nuovo ospedale, su un ampio terreno a nord della città e nel 1915 il palazzo fu acquistato dal Comune di Busto Arsizio, e durante la Grande Guerra continuò a servire da ospedale. Solo nel 1922 vi fu l'insediamento degli uffici comunali. Negli anni Cinquanta-Sessanta furono rimosse le controsoffittature in cartongesso e si riportò alla luce la volta che sormonta quella che fu la Sala della Consulta e che oggi ospita l'ufficio del sindaco. I più recenti restauri, conclusi nel 2010, hanno ripristinato l'originale aspetto dell'ala istituzionale (risalente agli anni 1930 e realizzata su progetto di Franco Poggi, capo dell'ufficio tecnico comunale) cercando di rispettare quanto più possibile la struttura precedente. ...».

https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Gilardoni


Busto Arsizio (palazzo Marlaini-Cicogna)

Dal sito www.geoplan.it   Dal sito www.museoweb.it

«Tra gli edifici storici di maggiore interesse a Busto Arsizio c’è sicuramente Palazzo Marliani Cicogna, che ospita il Museo Civico di Palazzo Marliani-Cicogna, aperto al pubblico nel 1990. Lo scopo del Museo Civico è quello di dare una sistemazione alle varie opere d’arte di proprietà comunale. Il monumento fu di proprietà dei conti Marliani nel XVII e nel XVIII secolo; dal 1799 al 1822 l’edificio fu di proprietà della famiglia Cicogna, per poi passare nelle mani del Comune di Busto Arsizio. L’utilizzo come sede di uffici comunali ha snaturato l’originale compostezza e unitarietà architettonica. Dopo un accurato restauro alcune delle sale recuperate sono state utilizzate per ospitare i locali del Museo. Il primo nucleo del Museo civico di Busto Arsizio era composto dalle opere d’arte di proprietà comunale ritenute tra le più significative e interessanti. La maggior parte delle opere esposte sono di scuola lombarda e sono databili dal Cinquecento al Novecento. Nei locali del Museo civico trovano spazio mostre temporanee» - «Il palazzo fu dimora dei conti Marliani, proprietari del feudo di Busto Arsizio tra XVI secolo e il XVIII secolo. Il conte Luigi Marliani decise di stabilirsi a Busto Arsizio e acquistò nel 1624 un'abitazione rurale, probabilmente a impianto rettangolare o a cortili centrali. Affacciata su una grande piazza con annessi orti e giardini, tra il 1624 e il 1653, la dimora fu trasformata in palazzo. Tra gli anni '30 e '40 del Settecento fu oggetto di un completamento: le due ali vennero collegate da un muro curvilineo che si affaccia sulla piazza e vennero modificate le cornici delle finestre e i ferri battuti. Vennero a crearsi due corti interne, una delle quali collegata alla piazza pubblica e unita, tramite un porticato, al giardino e all'orto posti a nord del palazzo, a ridosso del terrapieno di difesa del borgo. Le notizie certe relative a palazzo Marliani-Cicogna si trovano a partire dal 1822, quando il comune acquistò l'edificio. ...».

http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-varese/cartina-monumenti... - http://www.wikiwand.com/it/Palazzo...


Caidate (castello Confalonieri)

Dal sito http://castelliere.blogspot.com   Dal sito www3.varesenews.it

«Di origine viscontea e risalente al 1300 circa, il Castello Confalonieri a Caidate (Sumirago), domina tutta la vallata dell'Arno. Edificato dai Visconti come luogo dove svagarsi nel nobile passatempo della caccia, ha struttura massiccia a pianta quadrilatera, cortile centrale e una torre robusta e quadrata sull'angolo che guarda verso la valle. Nel 1614 il castello passa alla famiglia Bigli, grazie al matrimonio dell'ultima Visconti di Caidate: a questo secolo risalgono le prime trasformazioni con il portico a colonne binate che muteranno il castello in villa residenziale, conservando tuttavia alcune caratteristiche castellane. Nell'Ottocento con i nuovi proprietari, i Confalonieri, avviene l'aggiunta di torri cilindriche con coronamento di merli dovuta all'architetto Balzaretto, al quale si attribuisce anche il rifacimento del parco».

http://www.univa.va.it/varesefocus/vf.nsf/web/466C8B26C26DF192C1257147003BEE1A?OpenDocument


Caiello (castello visconteo)

Foto di Giofo, dal sito www.panoramio.com   Foto di Giofo, dal sito www.panoramio.com

«A Gallarate ci sono i resti di due fortificazioni: la prima nella frazione Caiello, probabilmente costruita nel XV secolo e successivamente trasformata in villa».

http://www.naviglilombardi.it/Articoli/TERRITORIO/Parco-Ticino/569-Torri--Castelli-e-Fortezze.asp?ID_MacroMenu=


Caldè (rocca)

Dal sito www.panoramio.com   Dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«Benché ormai in rovina, la Rocca di Caldè resta comunque il simbolo dell’omonima frazione di Castelveccana: dove un tempo sorgeva maestosa la fortificazione è stato successivamente innalzato un faro votivo ai caduti. Il luogo merita però senz'altro una visita per il grandioso spettacolo offerto dalle rocce a strapiombo sulle acque del Lago Maggiore e per il panorama aperto sul paesaggio circostante. Il sentiero che porta agevolmente sulla sommità è percorribile da chiunque in poco più di quindici minuti: il percorso è assai panoramico e premia ogni passo della salita con vedute sempre più ampie sul lago e sui monti circostanti. Il punto di partenza è S. Pietro, una frazione di Castelveccana situata più a nord: nella piazzetta adiacente alla chiesa è possibile parcheggiare l'automobile per poi proseguire a piedi. Costeggiando il fianco destro della chiesa di San Pietro si raggiunge la fine della strada Capitano Barassi: qui ha inizio il sentiero pedonale. Durante la passeggiata si incontrano alcune croci che, come l’obelisco finale, sono stati dedicate ai Caduti di tutte le guerre, il sentiero è altresì fiancheggiato da dimore signorili circondate da ampi giardini privati. Partendo invece da Caldè è possibile recarsi alla duecentesca chiesa di Santa Veronica: edificata a strapiombo sul lago nella parte inferiore della Rocca consente di godere di una suggestiva veduta delle frazioni di Castello e Caldè, della cui fortificazione era un tempo parte integrante. La chiesetta ospita al suo interno pregevoli affreschi da poco restaurati. La Rocca, risalente al Medioevo, fu espugnata e demolita dagli Svizzeri nel 1513: dell’imponente castello restano purtroppo solo il fossato utilizzato come difesa e alcune porzioni dell’antico muro di recinzione. La sua posizione dominava il lago: il promontorio è ben visibile anche dal lago, per es. dal traghetto che da Laveno porta a Verbania e viceversa».

http://www.lagomaggiore.net/40/rocca-di-calde.htm


CANTELLO (torri)

Torre Campanaria, dal sito www.141expo.com   La torre Dupont, dal sito www.comune.cantello.va.it   Torre del Castellazzo, dal sito www.141expo.com

«Le torri di avvistamento sono un elemento tipico di una zona di confine ai piedi delle prealpi quale è l'altopiano di Ligurno e Cantello. Oltre alla torre di avvistamento Romana, su cui fu poi edificata la torre campanaria della Chiesa Madonna di Campagna, sono presenti altre tre torri di importanza storica e culturale: - La Torre del Castellazzo, in località "Castellasc", è la più antica. Probabilmente era sede di un castelliere Celtico utilizzato anche in epoca romana, come provano alcuni ritrovamenti archeologici. In seguito vi sorse un castello Longobardo dove risiedevano i Feudatari, come risulta da documenti del 700 d.C. La Torre, di proprietà privata, è raggiungibile, previa autorizzazione, dalla Villa Dupont o dalla strada campestre che si diparte da via dei Ronchi. - La Torre Dupont alta 30,50 metri è inserita nell'edificio della Villa Dupont di proprietà privata. È ubicata nel nucleo antico di Ligurno al termine della via Giusti e domina la valle Bramoa. Nell'area è stata rinvenuto anche un sarcofago in pietra, ancora presente nel giardino interno della villa. - La Torre dei Premoli è la più recente delle torri (datata all'inizio del sec. XX). Alta 11,20 metri è posizionata in zona elevata sull'omonima collina raggiungibile da via Torre dei Premoli. La Torre è di proprietà comunale. Del sistema di torri di avvistamento e segnalazione faceva parte anche la vicina torre sul Colle di San Maffeo nei pressi di Rodero, ove era insediato un castrum romano».

«Cantello è un Comune ricco di monumenti e luoghi di interesse sia dal punto di vista storico che culturale. Una tra le sue caratteristiche è la presenza sul territorio di un numero considerevole di torri, capaci di tramandare pezzi di storia locale e tradizioni del paese. La “Torre del Castellazzo” è la più antica. Un tempo sorgeva un antico castello Longobardo dove risiedevano i feudatari della zona, i cui nomi sono attestati in un documento che risale al 844 d.C. Oggi è proprietà privata ed è raggiungibile, previa autorizzazione, percorrendo la strada campestre o dalla Villa Dupont. La stessa residenza appena citata presenta al suo interno un’altra torre che, partendo dal terreno, si innalza verso il cielo per un’altezza complessiva di 30,50 metri. Proprietà privata della villa, la torre è collocata nel nucleo antico di Ligurno, dominando tutta la valle Bramoa. Proseguendo il nostro viaggio negli anni, la più recente delle torri, costruita all’inizio del secolo XX, è invece la “Torre dei Premoli”. Alta 11,20 metri occupa parte dello spazio della collina che guarda su tutto il paese ed è raggiungibile dall’omonima via Torre dei Premoli. Oggi è di proprietà comunale e sede sociale della locale sezione di Legambiente. Infine la più famosa: quella campanaria. Insieme alla chiesa di S. Maria di Campagna, la torre campanaria rappresenta il più importante monumento presente sul territorio. Datata alla prima metà dell’XI secolo, grazie al suo slancio verso l’alto si impone allo sguardo del visitatore. Con tutte e quattro le pareti della canna esternamente decorate, presentando sovrapposizioni tra archetti pensili, feritorie, monofore e cella campanaria con bifore cigliate, vanta un’origine di lunga data. Sembra infatti che le fondamenta del campanile coincidano con quelle dell’antica torre romana di avvistamento e di segnalazione. La Torre è stata recentemente sottoposta a lavori di restauro e consolidamento terminati nel 2001».

https://it.wikipedia.org/wiki/Ligurno#Le_Torri - http://www.141expo.com/cantello/2015/03/25/due-passi-per-cantello-e-le-sue-torri


Casalzuigno (villa Della Porta-Bozzolo)

Dal sito www.fondoambiente.it   Dal sito www.museoweb.it   Dal sito www.comune.casalzuigno.va.it

«La villa venne costruita nella seconda metà del Cinquecento quando il nobile notaio Giroldino Della Porta acquistò a Casalzuigno una vasta estensione di terreno per realizzarvi una dimora signorile. All'inizio del Settecento la villa vide una delle sue più importanti trasformazioni per iniziativa di Gian Angelo III Della Porta (1690-1745), in occasione delle sue nozze nel 1711 con Isabella, figlia del conte Giorgio Giulini, antenato del noto storico milanese. Grazie all'architetto Antonio Maria Porani, egli volle impostare l'asse principale del giardino parallelamente alla facciata interna della dimora (contravvenendo così alle classiche norme secondo le quali l'asse principale doveva essere in asse con i saloni principali della villa, dividendo in due parti simmetriche il giardino stesso). Al XVIII secolo risalgono invece ulteriori interventi di riqualificazione che aggiungono l'imponente giardino all'italiana con scale, fontane, giochi d'acqua e un'edicola affrescata. Intorno alla villa esistono interessanti rustici, come ad esempio un monumentale torchio contenente un ciclo di affreschi rococò dipinti nella bottega del pittore Pietro Antonio Magatti. Al medesimo periodo risale la realizzazione di una ricca fontana realizzata nel 1723, ad opera dell'architetto Pellegatta. Dopo queste realizzazioni la famiglia Della Porta entrò in declino e nell'Ottocento la residenza venne venduta dapprima ai Carpani, poi nel 1861 ai Richini. Infine l'intero patrimonio passò nel 1877 al senatore Camillo Bozzolo, insigne medico e attivo patriota, che progettò numerosi lavori e migliorie per la buona conservazione della casa, edificando anche una scuderia e il villino del custode. Dai Bozzolo, dopo un periodo di abbandono e spoliazioni, nel 1989 il complesso venne infine donato (ad eccezione di pochi alloggi, rimasti in usufrutto alla famiglia) al FAI, che ha potuto realizzare gli interventi necessari per l'agibilità e l'apertura al pubblico. Negli ultimi anni, inoltre, il FAI ha eseguito importanti interventi strutturali, riguardanti in particolare il restauro delle facciate minori e il recupero dei rustici, alcuni dei quali adibiti a spazi espositivi o convertiti in locali per manifestazioni e ricevimenti».

http://www.comune.casalzuigno.va.it/c012037/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/20021


Castello Cabiaglio (villa-castello)

Dal sito www.geosearch.it   Dal sito www.locandadelglicineantico.it

«La villa nasce come casa di caccia degli Sforza-Visconti alla fine del '500 e nel '600 diviene dimora della famiglia Ronchelli: Giovan Battista Ronchelli (1715-1788) era un pittore rinomato dell'epoca. Entrando nel cortile si può ammirare un glicine il cui tronco supera il metro e mezzo e i suoi rami da oltre duecento anni seguono le arcate del porticato e si attorcigliano sulle colonne del loggiato al primo piano. All'interno della villa si possono ammirare pavimenti in mosaico e cotto lombardo tipici dell'epoca, volte dipinte da elementi decorativi in finto bassorilievo, ampi camini di marmo arricchiti da stucchi che rappresentano putti e aquile, il particolare soffitto del salone a lacunari in legno rosso scuro ricco di rosoni e stemmi gentilizi dei proprietari di casa».

http://www.miragu.com/index.php/annunci/location/locanda-del-glicine-antico-castello-cabiaglio/630


Castelseprio (rovine del castrum)

Dal sito www3.varesenews.it   Foto di Adelchi, dal sito https://commons.wikimedia.org   Dal sito www.castelseprio.net

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Marco Corrìas (alias Marc Pevèn) (https://www.facebook.com/marco.longobardo.169i   Foto di Marco Corrìas (alias Marc Pevèn) (https://www.facebook.com/marco.longobardo.169i   Foto di Marco Corrìas (alias Marc Pevèn) (https://www.facebook.com/marco.longobardo.169i

«Le difese che la rocca possedeva al momento della loro distruzione, avvenuta nel 1287, derivavano da un recupero effettuato circa un secolo prima della cerchia murata superiore del castrum tardoantico. Il saliente che scendeva verso Torba era stato abbandonato a se stesso già in età longobarda. Con il termine distruzione non si intende che le mura furono rase completamente al suolo, ma soltanto danneggiate in modo da risultare inservibili. Ciò accadde soprattutto per ciò che riguarda il tratto occidentale della cortina, quello rivolto verso il borgo, il solo da cui la rocca potesse essere assalita. Successivamente, il luogo venne utilizzato come cava di pietra, e questo servì a ridurre ulteriormente i resti che ancora si reggevano in piedi. Le rovine di mura e di torri oggi esistenti non rappresentano che le fondazioni o la parte inferiore della cinta tardo antica. La cinta muraria che circonda il pianoro del castrum seguendone il profilo doveva avere, in origine, uno svolgimento di circa 900 metri di cui soltanto un terzo è stato attualmente tratto in luce. Oggi sono visibili i resti della porta principale con il torrione d’ingresso, i tratti di mura conservati a sud di essa, alcuni tratti sul lato orientale e su quello nordoccidentale e parte del saliente che scendeva verso la torre di Torba.

Il castrum presenta poi al suo interno alcune torri isolate, una delle quali utilizzata come torre-campanile per la Basilica di San Giovanni. Dell’ingresso del castrum, situato in corrispondenza della stretta lingua di terra che lo ricollega alle alture circostanti, si conservano quattro muraglioni che avevano, verosimilmente, la funzione di appoggio di un ponte ad impalcato e che, con ogni probabilità, dovettero essere rifatte nel XIII secolo. Della porta, impostata sul declivio, si conserva a destra una struttura semicircolare alla cui sinistra si innesta una struttura rettilinea che piega poi verso l’interno. All’interno della rovina sono state rinvenute alcune pietre di evidente reimpiego che hanno consentito di datare la struttura alla fine del V-inizi VI secolo. A circa 50 metri dalla porta d’accesso, lungo il ciglio sudoccidentale del pianoro, è stato messo in luce un tratto di mura che si diparte da una torre rettangolare. Il muro corre rettilineo fino ad una seconda torre, di dimensioni inferiore alla precedente, che sembra essere crollata a valle già in età tardo antica. Le mura si estendono poi per un altro tratto mostrando punti di evidente rifacimento dovuto ad antichi crolli. Dopo una lacuna di 2,50 metri, si trova, in posizione arretrata rispetto al precedente, un tratto di mura che si estende per 14,20 metri seguito da un ulteriore vuoto. Il muro riprende e piega verso sud ad angolo retto, seguendo la morfologia del pianoro. Dopo un'interruzione di circa 28 metri il muro riprende e corre lungo tutto il tratto meridionale del pianoro per circa 110 metri e poi risale lungo il ciglio orientale. Questo tratto di mura ingloba tre torri, di dimensioni inferiori alle precedenti, di cui soltanto la terza conserva tutti e quattro i lati. Retrostante a questo grande tratto ad ansa della cinta murata si trovano i resti quadrangolari di una torre-dimora, sostenuta verso sud da due poderosi contrafforti. Si trattava, con ogni probabilità, di un burgus, di un corpo di guardia, della sede del comando del sistema fortificato di Castelseprio e risale alla seconda metà del IV secolo.

Proseguendo, si riconoscono i resti delle mura lungo tutto il ciglio del pianoro fin dietro il lato nord della Cascina San Giovanni. Solo per due tratti sono in vista elementi dell’apparato e per uno di questi è riconoscibile una piccola parte di muro di imposta sul ciglio di una delle balze che movimentano il pendio. Nel rilievo eseguito dal Bertolone nel 1947 a quest’altezza delle mura vi è indicata una torre, forse una porta fortificata di accesso da e per il pendio, in posizione di primo avvistamento sul vallone. Il tracciato delle mura a nord e a nord-ovest non è ancora stato verificato, anche se, la posizione di un piccolo tratto di mura posto poco più a sud della torre interna di nord-ovest, spinge a pensare che la cinta non avesse torri su questo lato perché utilizzava quella già esistente all’interno. Ritornando al pendio orientale, che porta alla postazione di Torba, è doveroso segnalare un tratto di muro conservato sotto il monastero e due tratti che corrono verso il castrum dal fianco nord della grande torre, l’unica che conserva l’elevato originale coronato da aggiunte posteriori. All’interno del castrum si ergono poi le tre torri isolate risalenti probabilmente al IV-VI secolo d.C. Queste torri sono disposte nei punti più alti della collina e, mentre la Torre I (riutilizzata come torre campanaria adiacente alla basilica di San Giovanni) si trova al centro della zona, le altre due, Torre II o di nord-ovest e Torre III o di nord-est, sono prossime al declivio. La torre I, di esatta costruzione quadrata, ha il lato di 6,85 metri ed è la più piccola delle torri note a Castelseprio. Il muro mostra al di sopra della risega parecchi conci di riporto in serizzo: due loricae (copertine di strutture murarie), due elementi di imboccatura di pozzo, una pietra circolare, probabilmente uno zoccolo. Questi elementi di riporto hanno permesso di attribuire la torre all'epoca gota (VI sec. d.C.). La torre II è anch’essa perfettamente quadrata e presenta un tratto del muro interno del lato nord a piccole pietre disposta quasi per taglio. La torre III è anch’essa quadrata con lati di 7,86 X 7,85 metri e mostra la struttura interna del muro fatta di ciottoloni disposti con un certo ordine a strati e con tendenza a porli per taglio un po’ inclinati».

http://www.castelseprio.net/info_tur/monumenti/monpage.htm


Castiglione Olona (castello di Monteruzzo)

Dal sito www.prolococastiglioneolona.it   Dal sito www.comune.castiglione-olona.va.it

«Immerso in un verde parco, il Castello di Monteruzzo sorge su di una collinetta che domina il borgo. Presenta i caratteri tipici del maniero medioevale con le sue le alte torri e le merlature in cotto che dominano tutto il bianco profilo. Nato originariamente come residenza agricola nel XVI sec., deve il suo aspetto odierno agli interventi apportati tra il '700 e l’800 quando furono inserite le due torrette, fu allungata l’ala nord e furono aggiunti i caratteri tipici del maniero medioevale (merli e caditoie) svuotati però di qualsiasi reale funzione. Nel 2005, dopo un lungo ed attento lavoro di restauro, è diventato sede della Biblioteca Civica di Castiglione Olona, di un Centro Congressi, di spazi espositivi per mostre ed è spesso utilizzato come sede per eventi e manifestazioni».

http://www.comune.castiglione-olona.va.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idArea=17361&idCat=17371&ID=17387&TipoElemento=categoria


Castiglione Olona (palazzo Branda)

Dal sito www.lombardiabeniculturali.it   Dal sito www.comune.castiglione-olona.va.it

«è composto da due corpi di edificio ben distinti. Il primo fu costruito nel XIV secolo; ampliato e abbellito nel XV secolo per volontà del Cardinale Branda. La seconda parte di edificio fu fatta erigere dal Porporato nei primi decenni del XV secolo. Fu poi ampiamente rimaneggiata nei secoli successivi. L'elemento di raccordo tra i due corpi di edificio è la parte che contiene al piano terra la Cappella Cardinalizia e al piano superiore la loggetta rinascimentale. Epoca di costruzione: prima metà sec. XV».

http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00051


Cislago (castello Visconti Castelbarco)

Dal sito www.castellidelducato.eu   Dal sito it.wikipedia.org

«Il castello Castelbarco Visconti di Cislago nella sua forma attuale corrisponde al palazzo che fu costruito nel corso del Seicento sui resti dell’antica fortezza medievale. Disposto su una pianta a U, presenta sulla facciata principale, rivolta a nord-ovest, due torri d’angolo in mattoni a vista che costituiscono l’unico elemento di richiamo alla struttura del castello antico, mentre sul lato opposto i tre corpi di fabbrica chiudono il cortile privato su cui si affaccia un portico a tre archi con colonne binate posizionato nell’ala centrale. L’aspetto generale del complesso è stato modificato progressivamente dai lavori di restauro compiuti tra il Settecento e l’Ottocento. Sono il prodotto di interventi posteriori la copertura a intonaco della facciata; le merlature che coronano il fronte principale del palazzo e le sommità delle torri, sostenute da beccatelli e rifatte secondo un orientamento neomedievale; il giardino alla francese che occupa lo spazio antistante l’ingresso. Gli ambienti interni del palazzo conservano ancora decorazioni ad affresco di epoca barocca e dell’Ottocento, arredi originali e numerosi dipinti che ritraggono i membri della famiglia Visconti. All’esterno, è degno di nota l’oratorio annesso alla proprietà, dedicato a Santa Maria Assunta e San Martino e decorato all’inizio del Quattrocento, mentre l’attuale parco comunale, adiacente ma separato dalla proprietà del castello, in origine costituiva il parco collegato al maniero, in ideale prosecuzione del giardino che introduce al palazzo.

Le origini del castello Castelbarco Visconti di Cislago risalgono probabilmente al X secolo. Fonti storiche testimoniano della presenza in epoca feudale di una rocca fortificata, a prova del fatto che il passaggio di Cislago occupava già una posizione strategica sulla via che dalle Alpi discendeva in direzione di Milano. Nella seconda metà del XIII secolo Cislago entrò nell’orbita della Signoria milanese dei Visconti quando Uberto Visconti, fratello del Signore di Milano Matteo Magno, acquisì la proprietà. Da quel momento Cislago fu stabilmente tra i possedimenti del ramo di Cislago del casato visconteo fino agli inizi del Settecento. Nel 1510 il castello fu però distrutto dal passaggio delle truppe svizzere del vescovo di Sion Matteo Schiner. Solo un secolo più tardi, sui resti dell’antica fortezza, fu costruito per volere del marchese Cesare Visconti un nuovo palazzo con caratteri di residenza signorile. I lavori iniziarono nel 1620 e si protrassero per tutto il secolo XVII. Nel 1716, all’esaurirsi del ramo dei Visconti di Cislago, il castello passò ai Castelbarco, famiglia della nobiltà trentina che legatasi per vincolo di parentela agli ultimi eredi dei Visconti prese il nome Castelbarco Visconti. Tra il Settecento e l’Ottocento la nuova proprietà dispose numerosi interventi. Con il rifacimento delle torri e della facciata, la riorganizzazione degli appartamenti interni, il riempimento del fossato e la sistemazione dei giardini, il castello assunse l’aspetto che conserva ancora oggi. Il castello è tuttora residenza privata, di proprietà degli eredi della famiglia Castelbarco Visconti».

http://www.castellidelducato.eu/struttura.php?id=41


Crenna (castello visconteo)

Foto di jimmylu, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.villamonterosa.it, copyright Provincia di Varese

«Posto sulla cima della collina dominante la valle dell'Arno, il castello di Crenna fu eretto nell'alto medioevo e citato per la prima volta nel 1160. Dominava tutta la piana di Gallarate dalla stupenda posizione sullo sperone della collina. Dal sec. XIV diventò proprietà dei Visconti fino al 1722. Con i sec. XVI e XVII il castello subì trasformazioni ed adattamenti a seguito delle divisioni famigliari. Oggi è difficile distinguere le varie fasi costruttive dei vari edifici che si affacciano sul terrazzo di Crenna, pesantemente trasformati durante la fine del secolo scorso ed il primo trentennio del nostro. Attualmente si distinguono tre costruzioni che si susseguono sull'antico sito del castello: il palazzo più antico, la torre ed un rosso edificio a foggia di castello, riadattamenti moderni dovuti ai De Rizzoli».

http://newslaghi.iobloggo.com/43/ville-castelli-e-residenze


Cuasso al Monte (castello di Cuasso)

Dal sito www.scribd.com   Dal sito www.facebook.com

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357)   Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357)

«Il Castello di Cuasso, noto anche come Castelasc in dialetto lombardo occidentale, è un importante edificio difensivo di fondazione altomediovale della Provincia di Varese e dell'Insubria. Esso occupa l'intero crinale di un colle il cui nome è divenuto eponimo dell'intero comune di Cuasso al Monte, all'interno del quale sorge la struttura. Ne rimangono oramai solo imponenti ruderi. La costruzione occupa per intero la collina di Cuasso, seguendo la direttrice nord-sud, e occupa un'area di circa 3500 metri quadri, con un perimetro che si sviluppa su circa 400 metri. L'altimetria va dai 430 metri s.l.m del mastio ai 455 della rocca di nord-est. Il mastio, in posizione di controllo della gola proveniente dalla valle, risulta visibile, per chi proviene da sud, anche da una decina di chilometri, pur essendo localizzato in una posizione defilata: questo ne attesta l'importanza strategica. Il castello era in origine composto da quattro piani distinti con un tetto merlato, alla guelfa, mentre sulla parete ovest si appoggiava una piccola torre al cui interno correvano le scale per raggiungere tutti i piani. Il mastio si presentava come la prora di una nave e probabilmente sulla scomparsa parete sud non vi erano accessi, ma solo finestre. Da quel punto poteva facilmente controllare la sottostante strada con un indubbio vantaggio strategico dovuto alla maggiore altezza. Alle spalle del mastio in direzione nord il castello si apriva a ventaglio, con un angolo di circa 15°, con un cortile pianeggiante nel cui interno in successione si ergeva ad ovest la Chiesa di San Dionigi, santo di origine franca attuale patrono di Parigi, e a est forse la chiesa di Sant'Ambrogio, i cui ruderi non permettono una chiara identificazione.

La chiesa di San Dionigi aveva due accessi, uno, quello ovest principale, che si apriva all'esterno del castello ed un altro sulla parete sud che dava nel cortile. Questo fa supporre che la tale chiesa fosse la parrocchiale di un villaggio di legno, oramai scomparso, che sorgeva intorno e ai piedi della collina. La parte ovest era anche quella meglio difendibile. Sulla parete sud-est poco più a nord della presunta chiesa di Sant'Ambrogio, si apriva invece la porta carraia principale il cui ingresso era probabilmente accompagnato da una rampa di legno fissa o mobile, in considerazione del dislivello di parecchi metri che la separava dalla antica strada. Proseguendo verso nord si trovano ruderi di edifici non meglio identificati, forse magazzini o botteghe. La parte orientale si eleva quindi fino all'altezza di 455 metri. Il culmine del poggio è interamente occupato dalla poderosa rocca di nord-est. Essa è la parte più antica del castello, sicuramente di epoca romana faceva parte del sistema delle torri di segnalazione di cui era disseminato l'Impero. I Longobardi non fecero che ampliarla in seguito. Dalla parte più alta del poggio è possibile osservare tutta la porzione meridionale del Lago di Lugano, operazione non fattibile dal mastio. L'accesso alla rocca di Nord Est rimane difficoltoso per il dislivello e per la presenza di una fitta vegetazione che ne ostacola il cammino. La rocca fungeva da privilegiato punto di osservazione, tanto da essere utilizzata anche nel corso della prima guerra mondiale, inserendola nella linea Cadorna e di una virtuale imprendibilità. La parte occidentale invece rimane al livello del mastio, con un ulteriore cortile protetto da mura da quale si accede poi a settentrione a Porta Nord, sicuramente munita di ponte levatoio. Tra il cortile nordoccidentale e la rocca di nord-est si sviluppavano una serie di terrazzamenti, in parte ancora presenti, sui cui pavimenti sorgevano probabilmente costruzione di legno ed anche di pietra.

Per la frammentarietà di fonti scritte la sua storia è ancora avvolta in gran parte dal mistero. Si ipotizza sia stato cruciale nello scontro tra guelfi e ghibellini nel XIII secolo quando fu probabilmente possedimento della famiglia dei da Besozzo come caposaldo orientale dei loro possedimenti al confine con quelli dei Torriani. Al termine di tali conflitti, in cui trionfarono i Visconti, con la costituzione di un unico stato che poi sarebbe diventato il Ducato di Milano, il castello perse progressivamente di importanza tanto da finire nella lista di un'ordinanza di Francesco Sforza in cui si ordinava di abbattere un determinato numero di fortificazione. In quel tempo tuttavia già versava in stato di abbandono tanto che tale ordinanza non fu portata a termine per mancanza di una funzione esercitata. Di certo dai pochi scavi e studi condotti in loco hanno appurato che si trattava di un castello posto sull'antica via che portava da Milano ai valichi alpini del San Bernardino e del San Gottardo. La sua edificazione al vertice di una gola in forte pendenza lo rendeva di fatto inespugnabile e chiave dell'intera viabilità dell'epoca romana e medievale. La sua prossimità al fiume Cavallizza, nelle cui vicinanze si trovavano miniere di argento, di piombo e, in misura molto minore, d'oro fanno supporre anche una sua importanza economico nel controllo delle risorse telluriche.

L'attuale castello risulta costruito in più tappe. La torre più antica di epoca gallo-romana venne ampliata in epoca longobarda secondo una insolita pianta, i cui unici raffronti si possono trovare nel Castello di Warkworth in Northumberland (Regno Unito) e nell'oramai scomparso Castello di Trecate. Si sa per certo che l'attuale castello inglese sorge su un preesistente insediamento sassone ricalcandone la forma. Per tale motivo, è stata ipotizzata una edificazione da parte di maestranze sassoni. Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum narra di circa 20.000 sassoni discesi insieme ad Alboino nella primavera del 568. I Sassoni vantavano una comune ascendenza con i Longobardi, avendo risieduto entrambi nel I secolo d.C. nella zona estrema settentrionale della Germania romanizzata, lungo il corso del fiume Elba. Nel 734 una parte di ventimila arimanni, a causa di disaccordi con il potere centrale longobardo, si allontanarono dall'Italia. Il Castello fu sicuramente un presidio militare della via che conduceva da Como al Gottardoin quanto, prima della costruzione del ponte di Melide la strada principale passava attraverso di esso. Fu parte poi del Contado del Seprio per essere poi abbandonato definitivamente verso il XIII secolo. Fu in seguito sede della parrocchiale di Cuasso fino a metà del XVI secolo per essere poi ridotto a cimitero nei secoli successivi. Ebbe nuovamente funzione di punto di osservazione e di stalla all'epoca della costruzione della Linea Cadorna. ...».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Cuasso


Fagnano Olona (castello Visconteo)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.fagnanoolona.org

«Costruito in prossimità del corso del fiume Olona, il castello di Fagnano Olona è posto a settentrione dell’abitato del paese, verso il quale rivolge la facciata principale, mentre il lato posteriore domina la valle in cui scorre il fiume. La parte più antica del palazzo è costituita dall’ala nord, formata da un quadrilatero chiuso di edifici che presenta una corte centrale e due torri angolari sul fronte anteriore. Delle due, la torre orientale conserva l’aspetto in muratura, la struttura e l’altezza originali, con la decorazione delle merlature ancora visibile, mentre la seconda è stata ribassata e intonacata in epoca successiva. Quest’area del complesso corrisponde con tutta probabilità al perimetro della rocca medievale, ed è il prodotto dei lavori di rifacimento che furono effettuati alla metà del Quattrocento per volontà di Filippo Maria Visconti, di cui resta testimonianza in uno stemma visconteo siglato dalle iniziali FM visibile nel cortile principale del palazzo. È invece relativamente più recente l’insieme degli edifici che occupano la parte meridionale e costituiscono l’attuale facciata del castello. Alla fine del Cinquecento furono infatti giustapposti alla struttura esistente nuovi corpi di fabbrica che si allungavano in direzione sud. Essi furono chiusi a formare un cortile d’ingresso minore da una struttura muraria che presenta al centro un portale di stile barocco, con colonne e cornice a bugnato. Dal portone di accesso si diparte il ponte in muratura che sormonta l’antico fossato difensivo. Sul fronte esterno, alla sinistra del portone d’ingresso è possibile osservare un bassorilievo in pietra di soggetto mariano che risale alla fine del XVI secolo.

Il castello di Fagnano Olona fu edificato nel corso del Medioevo a presidio di un territorio che per la sua posizione geografica rivestiva un’importanza strategica all’interno del contado del Seprio, soprattutto per il controllo della valle dell’Olona e della via che univa Castelseprio a Milano. Il fortilizio fu coinvolto nel Trecento nelle lotte che opposero le famiglie dei Della Torre e dei Visconti, e verso la fine del secolo entrò di fatto tra i domini della Signoria viscontea. Alla metà del Quattrocento, Filippo Maria Visconti conte di Albizzate, che aveva ottenuto il possedimento di Fagnano Olona in dono da Francesco Sforza, promosse importanti interventi nell’ottica di una trasformazione residenziale della fortezza. Agli inizi del Cinquecento il castello subì però pesanti danneggiamenti nel contesto dello scontro fra spagnoli e francesi successivo alla fine del Ducato milanese. Nel 1551 l’imperatore Carlo V conferì il titolo di conte di Fagnano a Vitaliano Visconti Borromeo, e fu un suo erede, Gaspare Visconti, che nel 1585 successe a Carlo Borromeo come arcivescovo di Milano, a disporre il restauro e l’ampliamento della struttura originaria, con l’aggiunta di nuovi edifici e la costruzione di un cortile d’ingresso che precedeva la corte principale quattrocentesca. Fagnano Olona fu in seguito controllata dai Visconti fino al 1798, data dell’abolizione napoleonica dell’istituto feudale. Passato attraverso diversi passaggi di proprietà, il castello, restaurato, ospita attualmente la sede del Comune di Fagnano».

http://www.castellidelducato.eu/struttura.php?id=43


Gallarate (palazzo del Broletto)

Dal sito www.clausi.it   Dal sito www3.varesenews.it

«Il Broletto (termine che in passato designava ovunque il palazzo municipale) sorge su un'area adibita fin dalla metà del '200 al convento di San Michele, edificato dall'Ordine degli Umiliati. Dopo la soppressione dell'ordine (1570), conseguente all'attentato del Farina a San Carlo Borromeo, il convento ospitò altri religiosi (monache Benedettine ed Agostiniane, frati Francescani). Sotto Napoleone, l'edificio perse il carattere di convento per essere adibito a pubblici uffici, sia pure con funzioni diverse nel tempo. Dal 1859 al 1861, crollata la torre già campanile della chiesa, esso venne ristrutturato su progetto dell'architetto Leone Savoia; dell'antico convento rimane l'ampio cortile con il porticato coperto da volte a crociera poggianti su colonne in granito. Ospitò fino al 1929 il Municipio, poi trasferito nel palazzo di via Verdi (costruito nel 1907 come sede della Sottoprefettura) ed ora denominato Palazzo Borghi, dal nome della facoltosa famiglia proprietaria in origine dell'area e, fino agli anni 60, la pretura, le carceri, il commissariato di P.S., la Biblioteca Civica. Agli uffici amministrativi rimastivi se ne sono aggiunti nel 1995, dopo l'ampliamento del Broletto stesso verso largo Camussi, parecchi altri. Le fonti locali danno risalto, più che ai valori architettonici del complesso, alle funzioni pubbliche esercitatevi (sede di circondario, Sottoprefettura, ecc), quasi a rivendicare alla città un ruolo primario e irrinunciabile sul territorio».

http://www.comune.gallarate.va.it/mambogal/index.php?option=content&task=view&id=26&Itemid=87


INDUNO OLONA (castello di Frascarolo)

Dal sito www.cmpiambello.it   Dal sito www.varesenews.it

  

«STORIA. Il castello di Frascarolo nacque probabilmente in epoca medioevale con funzione di controllo e di difesa, di cui è testimone il possente torrione ovest. Anche la sua particolare ubicazione, lungo la strada che metteva in comunicazione Varese con i centri posti a confine con la Svizzera e il lago Ceresio, sembrerebbe confermare la possibile vocazione difensiva della struttura. Notizie documentate riguardo il castello si hanno solo a partire dal 1160, quando, durante le contese fra i Comuni lombardi e il Barbarossa, l'arcivescovo Uberto da Pirovano, al comando di un centinaio di cavalieri, attaccò i filo-imperiali del Seprio e il borgo di Varese, occupando Arcisate e Induno, dove s'insediò in un fortilizio nella località di Frascarolo. Con la vittoria dei Milanesi, il castello venne incluso tra i possedimenti della vicina Badia di Ganna; nella prima metà del XV secolo, quest'ultima venne eretta in commenda ed i suoi beni passarono attraverso diverse mani: a fine Quattrocento, Frascarolo apparteneva agli Sforza. Ancora, nel 1511, nel corso della guerra della "Lega Santa", la proprietà subì un incendio da parte delle truppe svizzere che saccheggiarono anche Induno e altre terre circostanti. Nel 1543 il castello fu acquistato dalla famiglia dei Medici di Marignano, che lo trasformò in raffinata dimora, presso cui furono celebrate le nozze di Gian Giacomo, detto il "Medeghino", condottiero al servizio dell'imperatore Carlo V. Strettamente legato alle vicende del Castello di Frascarolo fu anche un fratello del Medeghino - Giovan Angelo Medici - futuro papa Pio IV nonché zio di San Carlo Borromeo. In passato non sono mancate, tra l'altro, ipotesi secondo cui il pontefice sarebbe nato proprio in Valceresio ... Proprio la famiglia dei Medici di Marignano apportò significative modifiche al castello, che perse nei secoli la sua fisionomia difensiva, per trasformarsi in una residenza tipicamente Cinquecentesca.

COMPLESSO ARCHITETTONICO. Un lungo viale d'accesso dà inizio all'asse principale che, attraversato il portale d'ingresso e percorsa la terrazza superiore affacciata sul giardino all'italiana, a sinistra, termina in un altro portale a bugne, dal quale si passa per entrare nel giardino romantico. I corpi di fabbrica che si snodano a nord-ovest sono collegati fra loro con andamento a "S", racchiudendo in tal modo, con l'aggiunta di un altro corpo a sud, due cortili molto differenti tra loro. Il primo, che si incontra subito dopo l'ingresso principale, è sistemato a "giardino di casa" ed è circondato per due lati da portici affrescati, mentre il secondo, circondato anch'esso su tre lati da un porticato non affrescato, è ancor più elegante con la sua loggia a colonne trabeate. Il cortile-giardino di casa, che si trova ad una quota superiore rispetto alla grande terrazza, è caratterizzato da un grande disegno lineare e geometrico. L'originaria fisionomia difensiva del complesso architettonico si conserva oggi solo nell'imponente torrione posto sul lato ovest; le due torri minori, probabilmente frutto della trasformazione cinquecentesca, sono state completate nella parte superiore dall'architetto Luca Beltrami agli inizi del Novecento. Accanto al giardino, rigorosamente all'italiana, con aiuole profilate da bordure di bosso e piante tagliate in severe forme geometriche, il fascino di Frascarolo risiede nei cicli di affreschi che propongono il repertorio tipico della pittura decorativa di metà Cinquecento: mitologia, allegoria, richiamo continuo ai fasti della classicità, esaltazione delle glorie famigliari. Tradizionalmente ascritti ai fratelli Campi di Cremona, ma di recente attribuiti alla bottega Pozzi-Avogadro, gli affreschi dell'atrio d'ingresso e delle facciate propongono episodi che raccontano le fatiche di Ercole, le storie degli Amori degli Dei, la storia di Psiche. La volta del portico principale, affrescata probabilmente in occasione del matrimonio tra il condottiero Gian Giacomo e la nobile romana Marzia Orsini, presenta, oltre a fregi e grottesche, gli stemmi incrociati delle casate degli sposi ed, ai lati, le rappresentazioni di trofei. Intorno, divinità mitologiche come Venere, Marte, Cupido, Cerere, Bacco, Mercurio e Nettuno si alternano a tondi sostenuti da creature marine, satiri, maschere, delfini in cui sono rappresentati paesaggi naturali con simboli allegorici e cartigli recanti il motto "Non frangitur pondere virtus" (il peso non spezza la virtù). Allo stato attuale la grande terrazza superiore, sul fronte dell'edificio, è adornata da quattro statue in pietra, oltre che da tassi, pini domestici, un grande cipresso, un osmanto odoroso ed un vecchio esemplare isolato di bosso. I sottostanti ripiani, autentiche balconate sulle colline moreniche che circondano Varese, hanno aiuole a comparti simmetrici dove amplissimo è l'impiego di rose, bosso e piante di agrumi. La prima terrazza ospita anche un settore di aromatiche, mentre la seconda è abbellita, al centro, da una grande fontana circolare. Il castello è tuttora proprietà dei Medici di Marignano e non è visitabile».

http://www.cmpiambello.it/index.php?option=com_content&view=article&id=146%3Acastello-di-Frascarolo&catid=8&Itemid=75&lang=it


ISPRA (resti del castello di San Cristoforo)

Ispra e la collina detta Monte del Prete, dal sito http://mapio.net   Ispra vista dal Parco del Monte del Prete, dal sito www.varesenews.it

«...Sulla sommità del Monte del Prete sono presenti i ruderi del Castello di San Cristoforo. La fortificazione era collegata 'a vista' con le altre fortificazioni del medio Verbano, di cui godeva un ampio panorama» - «L'antico Castello di San Cristoforo, di cui sopravvive qualche testimonianza in cima alla collina detta Monte del Prete, a breve distanza dal centro più antico del paese, risultava già diroccato nella seconda metà del Cinquecento. Si trattava di un impianto modesto, costruito con la tipologia dei castelli recinto ed era posizionato in un punto panoramico, aperto su tutto il bacino centrale del lago e collegata a vista ad altri importanti castelli. Si sono conservati fino ad oggi la torre d'ingresso, una cisterna ed alcuni tratti del muro di recinzione. Sulla parte più elevata del promontorio della punta, si possono visitare i ruderi dell'antica chiesa medioevale detta Chiesa di San Crescenzio di cui si scorge ancora bene l'impianto di base di una grande aula ed un robusto muro».

http://www.ilvaresotto.it/Citta/Ispra.htm - http://comune.ispra.va.it/index.php?option=com_content&view=article&id=77&Itemid=86


Jerago (castello Visconteo)

Dal sito www.jerago.com   Dal sito http://castelliere.blogspot.com

«Posto su un'altura della Valle dell'Arno, poco lontano dal paese, è collegato a Somma Lombardo attraverso le fortificate Arsago Seprio e Besnate. La sua costruzione risale probabilmente al XIII secolo, ma la presenza di affreschi risalenti al X secolo nell'attigua chiesetta di San Giacomo (ritenuta la cappella del castrum) fa pensare che il luogo fosse già fortificato in epoca precedente. Per la sua posizione strategica il castello faceva parte della linea di fortificazioni a Nord di Gallarate del Ducato di Milano. Nel 1248 il feudo di Jerago venne assegnato dall'arcivescovo di Milano Ottone Visconti al fratello Gaspare e al nipote Pietro, che diede vita al ramo dei Visconti di Jerago. Alcuni discendenti della famiglia ebbero stretti legami con i Visconti di Milano e si imparentarono con famosi personaggi. Antonia Visconti di Jerago sposò nel 1417 Francesco Bussone, detto il Carmagnola, capitano di ventura e Elisabetta fu moglie del segretario ducale degli Sforza Cicco Simonetta. Il castello, abitato soltanto nell'ala nord, si presenta come un edificio compatto e chiuso sui quattro lati, senza torri, con mura costituite da pietre intervallate a mattoni; intorno al 1500 gli venne aggiunta la parte dei rustici. Dal 1300 al 1700 appartenne alla famiglia Visconti di Jerago, come testimoniano anche gli affreschi quattrocenteschi all'interno di S. Giacomo in cui è rappresentata una figura di offerente inginocchiato davanti alla Madonna in trono, con a lato lo stemma visconteo e una poco leggibile dedica. Nel 1751, con l'estinzione dei Visconti a seguito della morte di Antonio, l'edificio passò di proprietà alle famiglie Bossi e Bianchi assumendo l'aspetto di vera e propria residenza grazie all'apertura di nuove e ampie finestre e con la decorazione affrescata dei soffitti a motivi naturalistici di Carlo Antonio Raineri. Verso Sud fu sistemato il giardino in due terrazze come è visibile attualmente. Nel secolo scorso, dopo essere stato acquistato e restaurato da una famiglia fiorentina, è stato venduto all'attuale proprietario che ha apportato nuovi miglioramenti negli anni '60. Oggi il castello è una dimora privata immersa nel verde in cui si possono organizzare matrimoni ed eventi».

http://castelliere.blogspot.com/2011/04/il-castello-di-lunedi-18-aprile.html


Laveno Mombello (torre del castello)

Dal sito www3.varesenews.it   Dal sito http://amiciossola.forumfree.it

«Il Forte Castello, ribattezzato Forte Garibaldi, è quanto rimane della torre di segnalazione eretta sul golfo di Laveno nel sec. XV e ripristinata dagli austriaci nel 1855. Il forte fu testimone dello scontro tra il corpo di volontari "Cacciatori delle Alpi" e gli austriaci, durante la guerra d'Indipendenza del 1859. Il forte, che si erge isolato all'interno del parco pubblico di Laveno, è a base rettangolare, con orlo merlato».

http://newslaghi.iobloggo.com/43/ville-castelli-e-residenze


Lisanza (castello)

Dal sito www.comune.sesto-calende.va.it   Dal sito www.comune.sesto-calende.va.it

«Il borgo è caratterizzato da una piccola collina piramidale che scende verso il lago, isolata dalla catena di colline moreniche. Sulla cima di questa collina, che domina tutta l’area del lago fino ad Angera e Arona, sorgono i resti di un castello che, insieme ad altri della zona, con il caposaldo della Rocca di Angera, faceva parte del sistema di avvistamento difensivo che in epoca medioevale controllava il basso Verbano. La cinta muraria è costituita da pietre e ciottoli di fiume, mentre la torre di ingresso, ancora visibile come l’intero perimetro del borgo, è in blocchi squadrati di pietra d’Angera. Fu costruito nel XII-XIII secolo, ma nel 1440 il recinto fortificato appariva già in decadenza» - «...il castello di Lisanza, nei pressi di Sesto Calende, si inserisce nel quadro delle fortificazioni a difesa e controllo del basso Verbano. Il fortilizio era in diretta comunicazione con le rocche di Angera e Arona a nord, e con i castelli di Sesto Calende e Castelletto Ticino a sud. Gli elementi di maggior interesse e meglio conservati del complesso sono le mura e la torre d'ingresso. Quest'ultima ha pianta quadrata ed un'altezza di circa 12 metri, presenta una bella porta a sesto acuto, sopra la quale si affaccia una piccola finestra dai modi gotici. La torre, a differenza della struttura muraria in pietra grigia e ciottoli di fiume della cinta difensiva, è costruita con la più chiara e tipica pietra d'Angera: il materiale utilizzato e la tecnica di lavorazione indicano una certa affinità di tempi e di mani con la rocca angerese».

http://www.comune.sesto-calende.va.it/i-quartieri/lisanza - http://www.varesefocus.it/varesefocus/vf.nsf/web/22FC8909F722C...


Maccagno (torre Imperiale a Maccagno Inferiore)

Dal sito http://vacanzeinfamiglia.org   Dal sito www.comune.maccagno.va.it

«La Torre imperiale e l'adiacente casa-forte, ubicate sul costone di una montagna, risalgono al periodo in cui l'attuale comune di Maccagno si trovò incorporato nel feudo di proprietà della famiglia Mandelli che lo governò dal sec. XII al 1692. La Torre imperiale di Maccagno: storia. Edificata nel basso Medioevo con funzione di baluardo, la Torre cosiddetta "imperiale" faceva parte di una cinta muraria difensiva di cui si sono conservati alcuni tratti e consentiva la difesa del paese mediante il controllo della via che conduceva al lago; assolveva inoltre anche altri compiti assai importanti di avvistamento e di segnalazione dei pericoli. Maccagno Inferiore presenta infatti ancora oggi un impianto urbano medievale, in cui gradinate e vicoli coperti da ampie volte mettono in comunicazione due percorsi paralleli, posti ad altezze differenti. In questo contesto la scelta del punto in cui costruire la Torre fu effettuata con grande cura: si optò per un'altura che dominava dall'alto l'odierna piazza Roma (in cui sorge l'edificio restaurato della Zecca risalente al 1622). L'edificio e le ristrutturazioni della Torre di Maccagno. L'aspetto originario della torre ha subito parziali modifiche in seguito alle ristrutturazioni operate nel corso dei secoli: si può notare un ribassamento complessivo della struttura e l'aggiunta della merlatura ghibellina. La struttura, oggi abitazione privata e pertanto non visitabile, si è conservata quasi perfettamente».

http://www.lagomaggiore.net/58/torre-imperiale.htm


Mesenzana (torre)

Dal sito www.comune.mesenzana.va.it   Dal sito www.blog.varesehotels.it   Dal sito www.stradasaporivallivaresine.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357)   Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357)

«Mesenzana è un paese medioevale situato alle falde del monte S. Martino nella Valtravaglia interna ed è formata da due blocchi abitativi urbani storici divisi in numerevoli corti che prendono il nome degli antichi proprietari delle stesse, mentre le contrade periferiche prendono il nome dai luoghi. La storia del nostro borgo è molto antica in quanto si può stabilire che a Mesenzana esistevano antecedentemente all'anno 1000 i "sires da Masanzana", originari di Mesenzana e nobili della Castellanza di Travalia dell'arcivescovo di Milano, costituita nell'anno 964 per ordine imperiale. Nel 962, Berengario II d'Ivrea, che aveva titolo di re d'Italia, tentò di allargare i confini del suo stato, scontrandosi con papa Giovanni XII,al secolo Ottaviano di Tuscolo, il quale chiamò in causa l'imperatore Ottone I di Sassonia che, sceso in Italia, venne incoronato imperatore del Sacro Romano Impero. Sconfitto Berengario, la Travalia passò all'arcivescovo di Milano Valpereto, che la diede in potere ad una famiglia alleata, appunto, i da Masanzana che furono presenti sul nostro territorio per un periodo di oltre 3 secoli. La loro fine segnerà anche il termine della lunga epoca feudale; e la storia della Travalia come piccolo stato indipendente sarà così finita per sempre. ...» - «...La sua [di Mesenzana] storia è molto antica; sulla sommità della collina che domina Mesenzana in direzione Brissago Valtravaglia, esiste tuttora una torre del periodo alto medioevale. Si presume che la fortezza fosse composta oltre che da mura, anche da manufatti in legno, rovi, fossati e pali acuminati. è stato appurato che i soldati per la difesa del castello, le armi e il vettovagliamento dovevano essere forniti dalla comunità di Masanzana cum Ferrera. Detti soldati con le loro frecce dovevano impedire l'invasione della Valtravaglia. Sempre per mezzo di frecce infuocate o segnalazioni, era loro compito avvisare le altre roccaforti amiche in caso di pericolo. ...».

http://www.comune.mesenzana.va.it/Guidaalpaese/tabid/7192/Default.aspx... - http://viaggi.ciao.it/Mesenzana__Opinione_416870


Orago (castello Visconteo)

Dal sito www3.varesenews.it   Dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«Documentato nel Basso Medioevo come appartenente al Contado del Seprio, il borgo di Orago segue le vicende di quello di Gallarate: nella zona vi erano stanziate popolazioni preindoeuropee, appartenenti al ceppo ligure, più propriamente della Liguria padana. In un secondo tempo, a partire dal 1000, con conclusione verso il 500 a.C., ecco l'occupazione da parte dei Celti insubri. Ben presto i Celti entreranno in conflitto con i Romani che occuperanno la zona intorno al 200 a.C. Successivamente il cedimento della romanità provoca un autentico trauma civile, il Varesotto fu via via occupato, a cominciare dal IV secolo d.C. dalle popolazioni barbariche scese dal Nord, dagli Eruli, Ostrogoti, Bizantini, Longobardi e Franchi. Perno organizzativo e polo di riferimento per questa strutturazione territoriale fu Castelseprio. Posto sull'itinerario della valle dell'Arno che portava da Milano verso i valichi alpini, il Castello di Orago faceva parte del sistema fortificato a difesa del percorso. Appartenente ai Visconti del ramo di Orago, il castello è di pertinenza del milite Antonio Visconti e di suo figlio Gentile all'inizio del Quattrocento quando il "Castrum de Urago" venne distrutto da soldatesche di Busto e di Gallarate. Presumibilmente riadattato dopo i danni del 1402, il Castello di Orago rimase ai Visconti fino alla metà del Cinquecento. Quando Bianca Visconti sposerà un Lampugnani legnanese il Castello con relative proprietà passerà a tale famiglia. A testimonianza della antica origine fortificata si può notare ancora oggi la torre quadrangolare posta sul lato meridionale del palazzo. ...».

http://www.polisportivaorago.it/Archivio/orago.htm


Orino (rocca)

Dal sito www.istitutosup-gavirate.it   Dal sito www.comune-italia.it

  

«Considerando le caratteristiche strutturali dell'edificio ed i pochi dati archivistici e storici disponibili, si ritiene ora generalmente che il nostro castello sia stato edificato attorno al XII secolo, quando la Valcuvia faceva parte del Seprio: il colmo della collina, costituita da rocce calcaree in strati, venne spianato sul lato Nord-Est e il materiale ricavato impiegato nella costruzione; la parte occidentale, più alta, fu utilizzata per erigervi il mastio. La costruzione sembrerebbe collegabile alle lotte che in quel XII secolo impegnarono i Comaschi e i Milanesi, interessando anche la zona della Tresa e i suoi castelli. In quel contesto appariva essenziale la realizzazione di un forte in Valcuvia in grado di evitare che truppe, superato il fiume Tresa, potessero, per la Valcuvia, portarsi su Besozzo e la pianura o su Varese. Tutto questo non esclude che sul luogo non sorgesse, in tempi ben più remoti, qualche antecedente fortezza, magari di epoca pre-romana, o, abbastanza verosimilmente, una delle tante torri di avvistamento di epoca tardo-romana od alto medievale sparse nel nostro territorio. Si tratta di un antico castello sito in mezzo ai boschi a nord-est del paese di Orino. La rocca servì a diverse popolazioni, sempre a scopi militari; venne smantellata ed abbandonata per oltre tre secoli, fino al 1912 quando fu restaurata e parzialmente ricostruita. La Rocca è un complesso di imponenti e suggestivi resti di un’antica fortificazione, che sorge isolato tra i boschi a quota 525 metri su un rilievo appena a nord di Orino, nel Parco del Campo dei Fiori, in posizione dominante sia gran parte della Valcuvia, sia il territorio verso il lago Maggiore e Laveno. Attorno ad essa vi era un ampio recinto fortificato probabilmente destinato al temporaneo ricovero di truppe e di colonne di passaggio o all’alloggiamento di presidii armati durante contingenze belliche.

La posizione di questo castello, oltre che adattissima per controllare le invasioni provenienti da nord, risultava anche felice dal punto di vista difensivo, occupando la cima di un colle non imprendibile, ma certo non facile da espugnare. Scaglionate lungo il percorso da Angera a Ponte Tresa, si sono individuate per il Medioevo diverse testimonianze di fortificazioni a controllo della strada (Brenta, Cuvio, Cuveglio). Tuttavia la Rocca di Orino rappresenta oggi la fortificazione della valle che meglio delle altre ha resistito alle ingiurie dei tempi. Localmente denominata “castel d’arian”, è da sempre legata alla storia lombarda. Sebbene l’attuale costruzione non dati prima del sec. XV, è ipotizzabile una presenza fortificata sul territorio anteriore a questa data, anche se attualmente mancano adeguati supporti documentari. La costruzione è costituita da un vasto quadrilatero cinto da un muraglione e difeso da torri; all’interno dell’ampio ricetto si trovano la cisterna e, all’angolo nord – ovest, la Rocchetta, probabilmente ricavata dal riattamento quattrocentesco della precedente fortificazione, oggi ormai in rovina, con una torre a sud – ovest. La merlatura sopra il muro di cinta all’ingresso principale, fa parte dei riadattamenti all’inizio del secolo, così come la rettangolare torre all’angolo nord-est e la torretta rompitratta a nord, pur mantenendo nel complesso inalterate le forme originarie».

http://www.istitutosup-gavirate.it/studenti/ipertesti/castelli/Orino/orino.htm


Pino (torre medievale)

Dal sito http://asiamicky.blogspot.it   Dal sito www.itinerariesapori.it

«Tutta la sponda lombarda del Lago Maggiore si trova nella provincia di Varese ed è costellata da un significativo numero di opere fortificate. Si tratta prevalentemente di torri che, anticamente, hanno avuto funzioni di vigilanza, avvistamento e comunicazione a difesa delle zone di confine oppure hanno rappresentato il segno del potere di alcune famiglie locali. Partendo dai territori più a nord, confinanti con la Svizzera, si trova il paese di Pino sulla sponda del Lago Maggiore. Le lontane origini di Pino, estremo punto di confine delle passate istituzioni civili ed ecclesiastiche delle nostre terre, sono rappresentate dalla massiccia torre, attualmente sede del Municipio, la quale si innalza al centro dell'abitato.  Sorta su una rocca naturale, il "sasso di Pino", a controllo visivo dell'alto corso del Verbano (antico nome del Lago Maggiore), la torre è erede di una precedente fortificazione romana e risale molto probabilmente ai secoli XII-XIII, come si deduce dalle sue caratteristiche costruttive. Essa è infatti costituita da una muratura di ciottoli e di pietre con rinforzi squadrati agli angoli; come aperture presenta strette finestre a grossi conci di serizzo. Nel 1874 la torre subì interventi di ristrutturazione: l'altezza originaria di circa trenta metri fu ridotta di quasi la metà e la struttura fu adibita a sede comunale».

http://www.varesefocus.it/varesefocus/vf.nsf/web/22FC8909F722C4FFC125719400444127?OpenDocument


Saronno (palazzo Visconti)

Dal sito www3.varesenews.it   Dal sito www.iluoghidelcuore.it

«Il palazzo è di origine cinquecentesca, di proprietà dei Visconti. Nel Settecento, passata la proprietà ai Rubini, questi ne modificarono in parte l'assetto strutturale, trasformandolo in villa con cortile. La proprietà passò successivamente agli Schenardi e quindi a Giuseppe Morandi, che nella metà dell'Ottocento, ne fece un collegio. Sul finire del secolo (1882) il Comune divenne il nuovo proprietario e vi insediò il Municipio. Ma, a far capo dal 1926, dopo il trasferimento nella Villa Comunale in via Roma (Villa Gianetti), lo stabile venne utilizzato per uffici della Pretura. E ciò fino al 1985. Da allora, senza che l'Amministrazione Comunale abbia ancora definito la sua ristrutturazione e destinazione, il Palazzo Visconti attende di essere rimesso a nuovo. La struttura è abbellita da alcune colonne di granito di Baveno. Alcuni soffitti del Palazzo sono impreziositi da significativi affreschi attribuiti al pittore Giovanni Antonio Cucchi».

http://www.comune.saronno.va.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=16417&idCat=16464&ID=18610


Somma Lombardo (castello Visconti di San Vito)

Dal sito www.100hp.com   Dal sito www.agendaonline.it

«Il castello di Somma Lombardo risale al nono secolo. Proprietà della famiglia Visconti, era sorto a difesa dei confini del Ducato di Milano. La nobile famiglia lo elesse a stabile dimora solo a partire dal 1448, quando i fratelli Francesco e Guido avviarono lavori di ricostruzione, ampliamento e scavo di fossati. Nel 1473, a causa di dissapori familiari, i due fratelli divisero il castello e il paese di Somma (dando origine Francesco al ramo dei Visconti di San Vito e Guido ai Visconti di Modrone), mentre una terza ala venne aggiunta in epoca successiva, tanto che oggi il castello si presenta come un agglomerato di tre strutture diverse, ciascuna dotata di un proprio ingresso indipendente. All’interno, le stanze conservano l’aspetto originario. Al piano terra si può ammirare l'ingresso detto sala del rame, la sala da pranzo e il sontuoso salotto, con il camino affrescato dalla leggenda di Prometeo e, alle pareti, i ritratti dei Visconti che governarono Milano. Un imponente scalone conduce alle sale del piano nobile, dove si può ammirare un prezioso ciclo di affreschi cinquecenteschi attribuito ai Procaccini, forse dono di nozze del cardinale Taverna alla nipote Margherita e al suo sposo Ermes Visconti. Il salone centrale introduce alla “sala delle stagioni” riservata alla collezione di piatti da barba, una raccolta unica, originale e, molto probabilmente, la più fornita al mondo, composta com'è da quasi 500 pezzi di ogni materiale, foggia, provenienza e colore. Il piatto da barba, che un servitore sosteneva sotto il mento del signore mentre il barbiere lo rasava, serviva per recuperare gli inevitabili residui del rito mattutino. Autore della bizzarra collezione fu Carlo Ermes Visconti, uomo colto e illuminato vissuto nell'Ottocento che fu l’artefice di un’altra raccolta esposta nel castello: quella di 155 pezzi fittili e 200 monili appartenuti alla civiltà di Golasecca, importante insediamento archeologico fiorito a pochi chilometri di distanza da Somma Lombardo tra il nono e il quinto secolo avanti Cristo. Interessanti anche la collezione ornitologica con 360 uccelli imbalsamati e quella di armi e armature spagnole cinquecentesche. Dal salone centrale si accede alla piccola e graziosissima cappella, impreziosita da una bellissima pala centrale, da una Madonna su tavola di legno di scuola ferrarese e da un prezioso reliquario ligneo del 1574.

Nell'ala opposta del castello il ciclo degli affreschi prosegue con le rappresentazioni delle attività o delle età dell'uomo. Accanto alla stanza delle vanità, così chiamata per la nudità femminile velata da un rimaneggiamento successivo che troneggia sul camino, troviamo la camera del papa, ovvero di Gregorio XIV, nato proprio in questo castello da Francesco e Anna Visconti l'11 febbraio 1535. Notevole anche la torre, dove si trova una delle sale più sontuose di tutto il maniero. Si tratta della camera reale, dove troneggia un imponente letto ligneo del Seicento corredato da colonne tortili di gusto manierista. Tutto intorno è un trionfo di ricchi arredi e di dipinti che ritraggono i componenti della famiglia Visconti di San Vito. La camera era destinata ai reali d'Italia, che talora soggiornavano nel castello sommese per guidare manovre militari o dedicarsi alle battute di caccia. Interessante anche la camera da letto in cui i Visconti di San Vito dormirono fino alla fine del secolo scorso. Un'ultima sala è dedicata alla figura del conte Gabrio Casati, legato per parentela ai nobili di Somma. Stampe, quadri, fotografie ricordano la sua figura di stimato uomo politico, che partecipò ai moti risorgimentali e fu a capo del governo provvisorio della Lombardia, istituito nel 1848 in seguito alle Cinque giornate. Qui è conservata la raccolta originale delle firme dei milanesi che ne riconobbero l’autorità. Dal 1853 al 1860 Casati ricoprì la carica di ministro della pubblica istruzione, facendosi ricordare per il famoso decreto (la legge Casati, appunto) che stabiliva l'obbligo di istruzione elementare per tutti i bambini. Oggi il castello, retto da una fondazione, è aperto alle visite e agli eventi privati e pubblici».

http://www.vareselandoftourism.it/,,,


Torba (torrione)

Dal sito www.fondoambiente.it   Dal sito http://ilblogdinonsolopiante.blogspot.com

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357)

«Il torrione del V-VI secolo è un esempio di architettura militare di importanza non comune. I contrafforti e le murature si assottigliano salendo e traducono in forme architettoniche il diminuire degli sforzi sopportati dalle strutture. Nella zona inferiore le aperture sono a feritoia, al secondo piano si aprono invece belle finestre a fungo (cioè con arcata di base più larga della luce della finestra). Superiormente una fascia decorativa in cotto segna l'originale altezza della torre, prima che si costruisse il sopralzo».

http://www.fondoambiente.it/beni/il-torrione.asp


Tradate (castello Pustella Melzi)

Dal sito www.castellidelducato.eu   Foto di Luc.C, dal sito www.comune-italia.it

«Il castello Pusterla Melzi è posto su un’altura che si innalza a est di Tradate, sopra la valle dell’Olona, e si presenta attualmente nella veste di palazzo signorile di epoca secentesca che poco ha conservato della sua storia medievale e rinascimentale. L’unico residuo delle antiche funzioni difensive della struttura medievale è rintracciabile nella porzione di mura esterne ancora visibile da via Melzi. Nella parte settentrionale del palazzo è conservata una serie di dipinti che rendono omaggio alle personalità di spicco del casato dei Pusterla a partire dal XII secolo. La galleria di ritratti risale alla fine del XVII secolo, ed è opera dei pittori varesini Salvatore e Francesco Maria Bianchi da Velate e Federico Bianchi. Un’ulteriore testimonianza della storia antica della dimora principale dei Pusterla di Tradate si può rinvenire nella chiesa di Santa Maria in Castello. Integrata nel complesso di edifici dell’antico castello, la chiesa risale alla metà del XIV secolo ma fu sottoposta alla fine dell’Ottocento, su iniziativa di Barbara Melzi, a importanti lavori di recupero e a un restauro di gusto neogotico. Al suo interno è conservato il monumento funebre di Tommaso Pusterla, un’arca marmorea utilizzata come pala d’altare che fu realizzata da maestri campionesi alla fine del XIV secolo. Fra i palazzi di Tradate riconducibili alla proprietà dei Pusterla, è degna di nota la villa Sopranzi Stroppa, che occupa un’altura a breve distanza dal castello. Il palazzo fu ricostruito nell’Ottocento dall’architetto Giuseppe Jappelli per conto dei Sopranzi, probabilmente mantenendo l’impianto di un antico castello dei Pusterla. L’edificio attuale, sede di una scuola media privata, è stato rinnovato ulteriormente nel corso del Novecento e ha conservato scarse tracce delle forme neogotiche ottocentesche.

La storia di Tradate e del suo castello è stata legata a lungo alle vicende della famiglia Pusterla, casata nobiliare milanese la cui presenza in Tradate e nel territorio dell’Olona è attestata fin dal XIII secolo. L’edificazione di un castello, che probabilmente sostituì un antico forte medievale nella posizione più elevata del borgo, e della contigua chiesa di Santa Maria in Castello, ricavata dalla ristrutturazione di una cappella preesistente, si collocano intorno alla metà del Trecento e si devono alle figure di Guglielmo Pusterla, arcivescovo di Milano, e del nipote Tommaso, vescovo di Brescia. Nel tempo i Pusterla radicarono la propria presenza in Tradate dotandosi di diverse abitazioni nobiliari che ancora oggi recano le insegne del casato, ma la storia dei possedimenti dei Pusterla a Tradate è condizionata dai prolungati contrasti che li opposero alla famiglia dei Castiglioni e dai rapporti conflittuali che essi intrattennero con i Visconti di Milano. Tensioni che esposero le proprietà di Tradate a ripetute confische, rimaneggiamenti e rifacimenti, tali per cui lo stesso castello, nel corso del Seicento, fu ricostruito pressoché integralmente. L’influenza dei Pusterla su Tradate si prolungò comunque fino agli inizi dell’Ottocento, quando il casato si esaurì e i beni dei Pusterla passarono alla famiglia Melzi. Verso la fine del secolo, Barbara Melzi, ultima erede dei nuovi proprietari, dispose la donazione della proprietà del castello di Tradate all’ordine delle Suore Canossiane. Negli anni Sessanta del Novecento l’istituto religioso ha deciso l’abbattimento della parte meridionale del palazzo secentesco a causa del suo cattivo stato di conservazione».

http://www.castellidelducato.eu/struttura.php?id=53


Varese (Broletto o palazzo Biumi)

Dal sito www.varesefunicolari.org   Dal sito www.gpsvarese.it

«Il palazzo Biumi, detto Broletto è situato nel centro storico di Varese, in piazza del Podestà, adiacente al palazzo Pretorio. Il palazzo è ricordato dalle fonti storiche come esistente sin dal Trecento, quando la proprietà appare già legata al nome dei Biumi, famiglia della più antica nobiltà varesina, titolare dal Cinquecento del marchesato di Binasco e imparentatasi nei secoli con illustri casati, tra i quali spiccano i Litta, loro eredi, ma anche gli Abbiateforieri, i Daverio, i Sessa e i Castiglioni: la prima menzione del loro palazzo fa appunto riferimento all'ospitalità che il nobile Giovannino Biumi offrì all'Imperatore Sigismondo di Lussemburgo (1368-1437), di cui era consigliere, in occasione della sua visita al Ducato di Milano. Nel 1590, per iniziativa dei coniugi Giovanni Pietro Biumi e Violante Abbiate Forieri, avvenne il primo e più importante ampliamento del palazzo, con la realizzazione dell'ampio porticato ancor oggi esistente. La facciata attuale risale invece ad un successivo ampliamento del secondo decennio del Seicento, sempre su commissione di Giovanni Pietro Biumi: essa mantiene ancor oggi i balconi originali in ferro battuto e anche il portone, che presenta teste leonine intagliate nella pietra, ispirate al progetto del campanile di San Vittore di Giuseppe Bernascone. Fu in occasione di questa seconda sistemazione che furono realizzati gli affreschi del piano nobile del palazzo, di cui oggi resta ben poco: sono emersi solo alcuni frammenti, fra cui il plausibile ritratto della marchesa Violante Abbiate Forieri. Lo splendore raggiunto dal palazzo rimase intatto sino al Settecento, quando subì il progressivo abbandono dei suoi proprietari: la situazione peggiorò ulteriormente quando la proprietà, estinto il ramo primogenito dei marchesi di Binasco, fu ereditata dai Litta, nobili milanesi, in virtù del matrimonio fra Agnese Biumi e Francesco Litta. Nell'Ottocento, estinti anche i Litta Biumi, il palazzo subì una parziale demolizione e divenne in parte proprietà comunale, in parte di privati. Il broletto. Originariamente era un cortile di fattura cinquecentesca chiuso si tre lati e aperto sulla piazza Podestà. Sulla superficie muraria dei lati maggiori si conservano ancora tracce sbiadite di una teoria di tondi affrescati raffiguranti uomini illustri. Venne chiuso all'inizio del 1600 con la costruzione di palazzo Biumi. Nel corso dell'Ottocento fu demolito il lato ovest verso l'attuale via Veratti, e la facciata interna completamente rimaneggiata. Passando dall'andito, si giunge al cortile interno (il “Broletto”): in questo luogo, fino a fine ottocento, si teneva il mercato delle granaglie».

https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Biumi


Varese (castello di Masnago o Castiglioni Mantegazza)

Dal sito www.globopix.net   Dal sito www.blog.varesehotels.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357   Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357   Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357   Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357   Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357

«Nei secoli XI-XIII interessi economici e strategici richiesero la difesa ed il controllo della zona di Masnago attraverso apparati ben vivi ed operanti. Tra questi apparati difensivi si può citare proprio il Castello di Masnago, ma anche un’antica torre mozzata, databile ai secoli XI-XII, in piazza Francesco Ferrucci, il Castellaccio di Faido, il Fortilizio di Belforte, che ebbe un ruolo di particolare importanza negli avvenimenti delle lotte tra Milano e Impero. A Masnago ci è nota anche l’esistenza di un castrum nel 1015 ed ancora nel 1122; questo doveva comprendere un’area abbastanza vasta con case e spazi coltivati, tale da assimilarlo ad una fortificazione di villaggio. Altre antiche case quattrocentesche attestano la vetustà del sito. Il Castello di Masnago è un complesso architettonico costituito da una serie di stratificazioni avvenute in epoche diverse: al Medioevo appartiene la torre, il primo elemento a essere stato costruito; quattrocentesco, invece, è il corpo di fabbrica adiacente ad essa, famoso per i suoi splendidi interni affrescati; di costruzione più recente, sei-settecentesca, è infine l'ala che, inserita sulle già esistenti strutture del forte medievale, conferisce al complesso, un tempo edificato solo a scopo difensivo, l'aspetto di una vera e propria dimora di campagna. La torre medievale presenta alla base una zoccolatura, di 1.30-1.50 m, che riconduce ad una risega di appoggio (diminuzione dello spessore di un muro in corrispondenza di un piano superiore), che fa pensare ad un livello originario del terreno più elevato. è difficile stabilire se fin dall’inizio la torre fosse o meno saldata ad una cinta muraria. Sicuramente, se non dall’inizio, poco tempo dopo venne eretta una muratura a oriente e successivamente un’altra muratura annessa all’angolo sud-est. La stanza al pianterreno presenta infatti nella parete sud una feritoia strombata (con lo stipite tagliato obliquamente) che ci fa capire che inizialmente il muro sud si volgeva all’esterno del complesso, in seguito occupato da altre costruzioni. Sul lato occidentale del corpo sud-est poi venne aperto nel Quattrocento un porticato, di cui ancora si vedono le tracce delle arcate: questo all'epoca era l'ingresso al castello, a cui si poteva accedere anche dall'androne nord o da un altro accesso a sud, poi eliminato per permettere di completare l'ala meridionale della villa sei-settecentesca, corrispondente all'ultima fase evolutiva del complesso. ...».

http://www.istitutosup-gavirate.it/studenti/ipertesti/castelli/Masnago/Masnago.htm


Varese (palazzo Estense)

Dal sito www.varese7press.it   Dal sito www.varesesmartcity.com   Dal sito www.baroque.it

«Il Palazzo Estense guadagnò a Varese il soprannome di "Versailles di Milano", datole da Stendhal, e costituisce il capolavoro dell'architetto Giuseppe Bianchi. Sorge in via Sacco, a breve distanza dal centro. Palazzo Estense: storia. Il palazzo Estense fu edificato tra il 1766 e il 1771 per volere del duca di Modena Francesco III d'Este che, ottenuta la signoria di Varese da Maria Teresa d'Austria, era desideroso di insediarvi la propria corte. Il duca aveva acquistato l'edificio nel 1765, quando era ancora la villa di Tommaso Orrigoni. L'architetto Giuseppe Bianchi aggiunse due ampie ali all'originaria pianta a U che caratterizzava villa Orrigoni. Il restauro dell'edificio e il giardino (terminato nel 1787) sono stati realizzati appunto su disegni del Bianchi. Egli, ispirandosi alla residenza imperiale viennese di Schönbrunn, diede vita ad uno dei più interessanti giardini settecenteschi di tutta la Lombardia. L'imponente fontana situata nel piazzale davanti al palazzo, subito dopo i parterre, costituisce il culmine ideale del giardino, che, mosso da declivi, belvedere, viali di carpini, sentieri e aiuole variopinte, può a buon diritto essere considerato uno dei più incantevoli parchi pubblici all'italiana. Dalla cima della collina si apre un ampio belvedere sulla città di Varese. I giardini Estensi possono essere considerati l'elemento più significativo del complesso e si saldano sul fondo, senza soluzione di continuità, con il parco di Villa Mirabello. L'esterno ... L'aspetto quasi anonimo della facciata rivolta verso il centro città contrasta apertamente con quello molto più interessante dell'edificio rivolto verso il giardino. Le forme sono quelle misurate tipiche del "barocchetto" lombardo, non scevro da influssi neoclassici, con paraste e cornici marcapiano in bianco che risaltano sullo sfondo rosa dell'intonaco. Sul frontone si distingue una meridiana sormontata dall'aquila ducale. ... e l'interno di Palazzo Estense. Pregevole il Salone Estense (conosciuto anche come "Salone d'onore"), al pianterreno, con le architetture illusionistiche dipinte dal Bosellini e il grande medaglione centrale affrescato da Giovan Battista Ronchelli. Entrando l'occhio viene catturato dal grande camino in marmi policromi e dagli eleganti lampadari in cristallo. La sala ospita spesso conferenze o concerti. Salendo al primo piano si incontrano quattro nicchie con busti femminili del Settecento e alcuni originali reggi lampada con putti di stucco. Alzando lo sguardo si scorge un altro medaglione del Ronchelli (piuttosto rovinato) che raffigura il ritiro di Francesco III d'Este a Varese. Al primo piano si trova la Sala da Ballo, decorata con tele del Cinquecento-Seicento, tra cui spicca la Vergine con Bambino di scuola morazzonesca. Attualmente il palazzo è sede del Municipio cittadino e ospita la Biblioteca civica».

http://www.lagomaggiore.net/73/palazzo-e-giardini-estensi.htm


Varese (ruderi del castello di Belforte)

Dal sito ww.laprovinciadivarese.it   Dal sito www.sacromontevarese.net   Dal sito www.varesenews.it

«Belforte è un rione della città di Varese situato nella parte orientale del capoluogo lombardo, attraversato dall'omonimo viale che risulta essere una delle arterie principali della città, collegandola con Malnate e dunque il Comasco ed i valichi svizzeri. Non molto sappiamo della storia della città se non sino alla tarda epoca imperiale, quando il villaggio, un piccolo villaggio di origine gallica, cominciò ad assumere una certa rilevanza in quanto collocato lungo strategiche vie di transito, la presenza dopo il Mille di significativi presidi difensivi, alcuni dei quali, la Torre di Velate e il sito di Belforte, sono ancora oggi in parte visibili, sono un indizio di una lunga catena di insediamenti realizzati per controllare le vie d'accesso alla pianura padana dal nord. Infatti, nei pressi di Varese, c'era quella via di comunicazione che collegava Milano con la attuale Svizzera Questo itinerario era molto frequentato dai mercanti e dai militari. In un documento del 922 viene citata per la prima volta la chiesa di Varese. Di circa un secolo successivo, 1068 è la citazione di Varese come sito di mercato. L'accresciuta rinomanza del borgo è testimoniata dall'elezione di Guido da Velate, territorio posto ai margini settentrionali del borgo, come arcivescovo di Milano nel 1045. Il prelato, fedele all'imperatore, si schiera contro il papato e i Patari, movimento eretico diffuso nel nord Italia. Durante la guerra che oppose i Visconti di Milano e i Torriani di Como, il borgo, alleato dei milanesi, venne saccheggiato dai Comaschi che non risparmiarono distruzioni di presidi difensivi, così come di altri insediamenti.

Belforte, gruppo di cascinali nella castellanza di Biumo Inferiore, posti sulla via comasca, a due passi dal Borgo, dominante la valle dell'Olona, presso cui passava la strada di Alemagna (così detta perché portava a tale regione: Varese, Ponte Tresa, Passo del Ceneri, Bellinzona, Passi alpini), parve all'imperatore il miglior punto strategico della zona e si vuole vi facesse costruire un castello e vi ponesse un forte presidio. "Castro Belforte" leggiamo in una pergamena del 1165. Nel corso del XIII secolo, la vita del borgo si rafforza grazie soprattutto alle attività mercantile che avevano epicentro nel mercato alla Motta. Un borgo che viveva la sua prima espansione territoriale racchiuso entro sei direttrici specifiche segnate da altrettante porte: la porta Rezzano si trovava in fondo all'attuale via Marcobi e immetteva sulla strada per S. Maria del Monte; la porta Regondello; la porta di S. Martino vicino all'omonima chiesa; la porta Milano, la porta Motta e la porta Campagna. Nel 1237 Varese combattè a fianco di Milano contro l'imperatore Federico II di Svevia, nipote di Barbarossa, che pare abbia alloggiato nel sito, oggi comunemente detto Castello di Belforte, posto in direzione sud-est rispetto al borgo, lungo l'importante via verso la Svizzera. Su una collinetta sovrastante il quartiere è ubicato l'omonimo castello, che nel 1164 e nel 1175 ospitò l'imperatore Federico Barbarossa in occasione delle sue discese a Milano; la costruzione venne trasformata in villa nel Seicento e si trova attualmente in uno stato di pesante incuria. A cavallo tra queste due date, i varesini che entrarono a far parte della Lega Lombarda vennero definiti "quelli di Belforte", proprio per sottolineare l'importanza ricoperta dal castello. ...».

«Il monumento sorge nell’omonimo rione di Varese, su una collinetta posta in posizione che domina l’area. Un tempo di proprietà dei Biumi, il Castello fu probabilmente eretto nel Quattro-Cinquecento. A quell'epoca sono riconducibili la porzione di casa-torre, e quella contrapposta, che conserva il portale originale con stemma dei Biumi (secolo XVI). II grandioso prospetto di un corpo architettonico innestato tra i due nuclei appartiene, invece, al pieno Seicento e attesta i modi nobili dell'architettura milanese di matrice ricchiniana, costituendo uno dei più vistosi esempi di edilizia civile varesina. Nel Seicento, infatti, modificate e in parte venute meno le funzioni difensive, il Castello fu trasformato in residenza. La struttura ha avuto un ruolo importante anche nel Risorgimento italiano. Attualmente inutilizzata e in stato di grave incuria, continua a rappresentare uno dei monumenti più interessanti per la storia della città».

http://coopbelforte.xoom.it/il_territorio_la_storia.html - http://guide.travelitalia.com/it/guide/varese/castello-di-belforte-varese


Varese (torre Campanaria del Bernascone)

Dal sito www.campanologia.org   Dal sito www.basvit.it

«Di fianco alla Basilica [di San Vittore Martire] la Torre Campanaria, detta anche “del Bernascone”, che si alza maestosamente di fianco alla Basilica di San Vittore. Con i suoi quasi ottanta metri di altezza, e la base quadrata di metri 10,85 per lato, la Torre è un notevole monumento architettonico, testimonianza esemplare del tardo manierismo imposto nella diocesi milanese dai Borromei. I lavori di costruzione cominciarono nel 1617 e - dopo una lunga sosta - ripresero nel 1688, su disegno dell'architetto Giuseppe Bernasconi, e procedettero fino alla base dell'aguglia. Nel 1773, il campanile fu ultimato, con l’innalzamento dell'aguglia, su disegno dei pittori Giulio e Giuseppe Baroffio, che vollero riformare questa parte, portandola a maggiore altezza di quella del primitivo disegno del Bernasconi. Nel campanile si sale per una scala di pietra, che ha 230 gradini, e reca allo spazioso piano delle campane, che sono otto: il campanone ha un diametro di 178 centimetri e venne fusa nel 1825 nella officina Bizzozero. Per una scala a chiocciola si ascende alla sala che vi sta sopra; da qui si esce sul largo terrazzo, che offre un panorama stupendo e variegato. Il Iato esterno del Campanile verso il sud, conserva le tracce di molte palle di cannone: sono quelle fatte sparar dal generale austriaco Urban, nel 1859, per “punire” la Torre di aver suonato a festa i suoi bronzi, quando in Varese entravano, vittoriosi e liberatori, i Garibaldini».

http://www.basvit.it/storia/campanile.html


Varese (villa Mirabello)

Dal sito www.lagomaggiore.net   Foto di Docfra, dal sito it.wikipedia.com   La torre della villa, foto di Ilda Casati, dal sito www.panoramio.com

«Posta in cima alla collina da cui prende il nome, nel 1949 Villa Mirabello viene acquistata dall'Amministrazione comunale di Varese. Sondaggi degli anni '50 del secolo scorso hanno rivelato la presenza di tratti di muratura medievale. La casa rustica esistente in cima al colle fin dagli inizi del 1700 viene ampliata nel 1839; ai piedi della collina vengono costruite le scuderie e si impianta il giardino all'inglese. L'attuale facciata, opera dell'architetto Clericetti, è del 1843. Connesso all'edificio, sul lato est, è l'Oratorio della Beata Vergine, costruito dall'architetto Giuseppe Veratti nel 1767. Gli ultimi proprietari della villa furono i Litta Modignani. Il parco possiede piante di pregio fra le quali spicca l'eccezionale esemplare di Cedro del Libano a candelabro. Villa Mirabello è oggi sede del Civico Museo Archeologico della città. Il Museo ha una tradizione antica, strettamente legata al territorio, alla storia delle ricerche e alla conseguente coperta dei numerosi siti palafitticoli che lo hanno reso famoso nell'ambito della preistoria europea anche come centro di dibattito scientifico» - «La Villa sorge in Piazza della Motta. Fu edificata nel Settecento, sulla sommità del colle omonimo, chiamato Mirabello per lo splendido panorama che da qui si apriva sul lago e sulla catena delle Alpi. Le prime tracce di una casa in località Mirabello risalgono al 1725, la proprietà passò poi al conte Gaetano Stampa di Soncino, alla famiglia Taccioli e ai Litta-Modignani. Nel 1843 la villa fu rinnovata in stile "inglese" e dotata di ampio parco. Della costruzione settecentesca resta l'interessante oratorio della Beata Vergine Addolorata, progettato nel 1767 dall'architetto varesino Giuseppe Veratti. Passeggiando per il vasto parco all'inglese che circonda la villa e che nell'abetaia si ricongiunge ai giardini Estensi, si ha modo di ammirare essenze rare e piante secolari, tra le quali un maestoso esemplare di cedro del Libano. Nei locali che furono le scuderie ottocentesche, la Villa ospita ora i Musei Civi».

http://www.cspa-va.it/museo_archeologico.html - http://guide.travelitalia.com/it/guide/varese/villa-mirabello-varese/


VELATE (torre)

Dal sito www.blog.varesehotels.it   Dal sito www.fondoambiente.it

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357   Foto di Francesca Villa (https://www.facebook.com/francesca.villa.357

«Eretta nel XI secolo allo scopo di proteggere la parte sud della cinta di Velate (borgo fortificato fin dall’epoca tardoromana denominato “castrum de Vellate”), la solenne mole di quella che solitamente si chiama la Torre di Velate. La Torre di Velate sorge a sud dell’abitato, vicino all’antica chiesa di S. Cassiano. Il luogo è in posizione elevata e controlla la via d’accesso al borgo per chi proviene da Varese, oltre a dominare il percorso Varese/lago Maggiore che corre lungo il crinale a nord del lago di Varese. Della costruzione rimangono solamente le pareti a nord e ad est e sono visibili all’interno le tracce di cinque piani oltre al piano terra. Si aprono qui sul lato sinistro quattro monofore a doppia strombatura con profili di conci di pietre. La Torre di Velate venne resa inutilizzabile durante le lotte fra Milano e Como, nel XII secolo. Del poderoso quadrilatero originario, alto 25 metri, resta un intero lato, reso più resistente dal corpo della scala che gli è solidale, e parte di un altro».

http://www.blog.varesehotels.it/varese/torre-di-velate


Voldomino (torre "la Fuga", torre Claudia)

Nella foto di Argios, la torre la Fuga (campanile della Chiesa di Santa Maria Assunta), dal sito http://it.worldmapz.com   Particolare della torre la Fuga (campanile della Chiesa di Santa Maria Assunta), dal video www.youtube.com/watch?v=EbaYTP0sg8A

«...Una Voldomino antica è quella che è emersa anche dagli studi: la sua parrocchiale era già a tre navate in epoca carolingia, quando a Luino (capoluogo) non esisteva, forse, neppure un edificio sacro; poco distante, una casa anonima ha svelato qualità e strutture di torre, rialzata pure un età carolingia, ma su basamento da far risalire, addirittura, al V sec. dopo Cristo. Voldomino odierna è suddivisa, a sua volta, in due abitati: Inferiore, presso la confluenza del fiume Margorabbia con il fiume Tresa e un tempo chiamato, semplicemente, Molini; Superiore, ossia il nucleo antico. I due abitati costituivano il comune di Voldomino, soppresso nel 1928 e aggregato a Luino. 1. Chiesa di Santa Maria Assunta e torre “la Fuga” (oggi campanile). Piazza Piave. Le antiche origini della chiesa parrocchiale di Voldomino Superiore furono svelate da recenti scavi. Sotto il pavimento, infatti, è emersa la fondazione di una chiesa a tre navate, ciascuna conclusa da tre absidi di uguale dimensione, secondo un modello carolingio derivato dagli esempi ancora presenti nelle valli retiche della vicina Svizzera. La chiesa aveva orientamento opposto all’attuale, ossia con ingesso rivolto alla valle e non dall’odierna pizza. Questo impianto fu modificato nel corso dei secoli. Nel XVII sec. la chiesa ebbe nuove dimensioni e nuova facciata, ancora in parte visibile girando alle spalle del fabbricato. Nel 1875-1879 si giunse all’edificio odierno, rivolto alla piazza dell’ingrandito paese. All’interno, affreschi decorativi settecenteschi in parte recentemente recuperati. L’organo fu istallato nel 1805. A destra della chiesa, un vicolo (v.lo Canonica) conduce alla base del campanile; ne è stata riconosciuta l’origine civile, ossia di torre riferibile ad una domus castellata dotata, forse, di terrazzi merlati. La denominazione, la Fuga, derivava dalla possibilità di ritrovarsi un rifugio protetto e sicuro.

2. Torre Claudia. Via Martiri di Voldomino/Via San Biagio. Si deve ad un architetto e storico attento, Sandro Mazza, l’individuazione di una seconda torre, ben più antica, in angolo tra le attuali vie Martiri di Voldomino e San Biagio. La facciata su via Martiri di Voldomino è ben visibile: sopra un basamento possente, si eleva un ininterrotto piano verticale scandito da lesene salienti sino al tetto. Questo fu l’indizio per collocare la parte terminale del fabbricato ad epoca carolingia o tardo carolingia. La base, per fattura di murature e impianto, sarebbe invece più antica, risalente al V-VI sec. d. C. Si trattava, in origine, di una vera e propria porta d’accesso ad un castrum, ossia apprestamento difensivo effettivamente allestito in quei secoli bui per far fronte all’incalzare delle invasioni barbariche. La denominazione (Torre Claudia) è stata deliberatamente associata al fabbricato durante gli studi».

http://www.comune.luino.va.it/turismoecultura/%7C%7C%7C%7CLefrazioni/tabid/622/language/it-IT/Default.aspx


          

     

      

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