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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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ALBINEA (castello)

Dal sito www.prolocoalbinea.it  Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

«Epoca di costruzione: ante 1070. Il castello nasce per volontà della famiglia Fogliani. Nel 1070 appare tra i possedimenti vescovili e viene ricostruito, nelle sue parti abitative e murarie, da Guglielmo Fogliani, vescovo di Reggio, che lo utilizza come residenza privata. L’intervento di rifacimento è ricordato in un’epigrafe del 1277: “Anno Domini MCCLXXVII Ind. V. Hog Opus Fuit Factum Tempore Venerabilis Patris D. Guglielmi de Fogliano Episcopi Regi Scilicet Palatium Cum Dujano Et Puteum Et Turris Et Dominus Extra Duionum Et Murua Dicti Castri De Albineta”. Nel corso delle sanguinose lotte che caratterizzeranno il secolo XIV, il fortilizio passa, per un breve periodo, dal 1324 al 1335, sotto il potere del comune di Reggio Emilia, per poi essere ceduto da Bernabò Visconti a Francesco Manfredi, che tanto ne bramava il possesso. Riconquistato dai Fogliani, dopo una sanguinosa battaglia, viene mantenuto fino al 1368, anno in cui l’imperatore Carlo V investe la prestigiosa famiglia Manfredi del castello e delle sue pertinenze. Giovanni Manfredi in seguito alla scissione dei beni familiari causata da violente lotte intestine, diviene nel 1451 assegnatario del castello e capostipite dei conti di Albinea. Un’ulteriore frammentazione del patrimonio avviene nel 1472, quando i due fratelli di Ludovico Manfredi, morto senza eredi, si dividono i territori di Albinea e Montericco. All’estinzione dei rami minori di Montericco, avvenuta nel 1647, e di Borzano, nel 1695, i Manfredi di Albinea ereditano beni e titoli di entrambi, ricompattando così gli antichi domini, che mantengono fino alla morte dell’ultimo discendente nel 1732. Cinque anni più tardi il duca di Modena, Francesco III d’Este, investe un proprio ministro, Alessandro Frosini, del castello e della Contea. I Frosini, ultimi feudatari, dopo aver perduto nel 1796 il dominio del castello, in seguito alla soppressione dei feudi imposta dalla Repubblica Cisalpina, riacquistano la reggenza di Albinea nel 1811, per effetto del decreto napoleonico. Conformemente al nuovo gusto artistico delle famiglie nobili i Frosini trasformano il munito complesso in signorile dimora, impreziosita da una vasta pineta che circonda le massicce mura. Alla Marchesa Frosini si attribuisce l’iniziativa, negli anni 1811-1814, di ricostruire il mastio d’ingresso, coronato da merlatura ghibellina e dotato di ponte levatoio tuttora funzionante. Disperse le potenti famiglie feudali, numerosi sono, nel corso dell’Ottocento e del Novecento, i proprietari privati che si susseguono nell’acquisto del complesso di Albinea. Nel 1931 subentra Carasco Manuel Y Reis de Granada, console spagnolo presso il Quirinale, che fa progettare e costruire, nel cortile, una vasca di ceramica policroma in stile moresco, con apposto uno stemma estense. Il castello attualmente è proprietà della famiglia Maramotti. Il complesso, non visitabile all’interno, presenta un corpo principale con pianta a “U”, dotata di portico sul lato di fondo. Ad ovest è addossata alle mura una torre con piombatoi, feritoie e merlatura coperta da tetto. Ai vertici meridionali del recinto sono disposte due torri cilindriche: una dei Manfredi ed una dei Fogliani, che rappresentano quanto rimane dei baluardi costruiti nel 1558 dal governatore di Albinea. Al castello si trova annesso un oratorio dedicato a San Luigi».

http://www.municipio.re.it/IAT/iatre.nsf/0/B35EE2280DCC9637C1256CAE0057DDBB


ARCETO (castello)

Dal sito www.terradelboiardo.it   Dal sito www.vallisneri.it

«Si tratta di un tipico esempio di castello medioevale ben conservato dove sono ancora leggibili i circuiti delle fosse e delle mura, con tracce del ponte levatoio, del rivellino e della torre pusterla. All’interno si trova il borgo, l’oratorio dedicato a San Rocco e la rocca vera e propria, cuore della difesa militare del castello. La costruzione del castello viene collocata nella seconda metà del X secolo per opera dei vescovi di Reggio. Dopo un lungo dominio della famiglia Fogliani, Arceto passa nel 1414 ai Boiardo. Durante il governo di questi feudatari la rocca, i fabbricati affacciati ad essa ed il torrione d’ingresso vengono sottoposti a massicci interventi di riassetto. Nel 1565 il castello diviene proprietà dei conti Thiene, cui si attribuisce l’edificazione dell’oratorio dedicato a San Rocco. Ai Thiene si avvicendano i Marchesi Bentivoglio, gli Este e infine, nel 1740, il marchese Giambattista de Mari che attuò numerosi lavori di consolidamento e restauro della rocca, ormai inagibile, modificandone l’intera forma. Egli eresse ex novo la torre d’ingresso, aggiunse edifici laterali, ornò e riorganizzò gli ambienti interni della residenza signorile. Altri interventi interessarono la sostituzione del fatiscente ponte levatoio con una costruzione di pietra, adibita a porta d’accesso, e la realizzazione, nel 1751, di un monumentale scalone ornato di cinque statue in terracotta di cui soltanto due sono superstiti. Attualmente l’amministrazione comunale è proprietaria di una porzione del castello comprendente il sontuoso scalone ed alcune sale attestate al piano nobile. Dopo un impegnativo restauro completato di recente, è possibile ammirare questi spazi riportati all’antica ricchezza decorativa settecentesca».

http://www.terradelboiardo.it/Sezione.jsp?idSezione=289&idSezioneRif=60


BAGNOLO IN PIANO (Torrazzo)

Dal sito www.campionatoallevamentosas.com   Dal sito www.comune.bagnolo.re.it

«Le prime notizie di una Rocca fortificata a Bagnolo datano all'anno 946. Infatti il vescovo di Reggio Adelardo, stendendo un elenco dei beni appartenenti al Monastero di San Prospero, cita una "Ecclesiam Sanctae Mustiolae, quae sita est prope castrum Baniolum". Questo documento è prezioso perché ci indica che già in quel periodo esisteva a Bagnolo un castello. Nel 1304 la rocca originaria venne distrutta. Nel 1354, con l'avvento dei Gonzaga, il conte Feltrino ordinò l'edificazione di un nuovo massiccio castello, addossando interamente al Comune l'onere della spesa e disponendo l'utilizzo di materiale di recupero proveniente dalle torri dei Tebaldi e dei Taccoli, dalle chiese di San Silvestro in Mancatale, Santa Mustiola e Santa Maria di Portiolo, nonché del Monastero di San Prospero. Sembra verosimile che Feltrino Gonzaga abbia qui soggiornato nel 1371, anno in cui dovette cedere a Bernabo Visconti il dominio di Reggio, ad eccezione di Novellara e Bagnolo, per cinquanta fiorini d'oro. Il 27 luglio 1702, durante la Guerra di Successione Spagnola, le truppe francesi del duca di Vendome, per rappresaglia, saccheggiarono orrendamente il Borgo, incendiarono e distrussero la Rocca, incenerirono e dispersero i preziosi documenti dell'Archivio della Comunità. Nel tentativo di salvare questi documenti, trovo, in quei giorni, una morte violenta Giovan Battista Borri, anziano della Comunità e Alfiere (non Sindaco, come alcuni erroneamente affermano). Del complesso, oggi è rimasto solo l'imponente ed isolato Torrazzo, l'antico torrione della Rocca, divenuto il simbolo del paese. Nella metà del 1800 fu restaurato e vi furono alloggiate una campana e l'orologio pubblico, il cui meccanismo è oggi conservato presso la Sede Municipale, nella Sala della Giunta Comunale. Il 15 ottobre 1996 il forte sisma che colpì Bagnolo danneggiò gravemente il Torrazzo, che è tuttora in fase di consolidamento e restauro. Il Torrazzo, che nel corso dei secoli ha visto la profonda evoluzione del paese, è stato altresì testimone muto del fatto di sangue più sconvolgente della comunità bagnolese: l'eccidio, più sopra ricordato, di dieci cittadini bagnolesi, che il 14 febbraio 1945 furono fucilati di fronte ad esso».

http://www.comune.bagnolo.re.it/Sezione.jsp?idSezione=18&idSezioneRif=3


BAISO (castello)

Dal sito www.latavoladibisanzio.it   Dal sito www.comune.baiso.re.it

«Il castello occupa la cima della collina a nord del paese; la forma allungata da nord-est a sud-ovest di questa ha determinato la particolare pianta del fortilizio. I riferimenti storici seguono quelli riportati per Baiso. Il primitivo castello della famiglia da Baiso, probabilmente risalente al XII secolo, passò nel 1256 ai Fogliani. Nel 1426 era in potere degli Estensi. Dapprima infeudato al ferrarese Ippolito Pagano (1561) pervenne solo alla metà del secolo successivo ai marchesi Levizzani. Nel 1796, all’epoca della soppressione dei feudi, il castello si trovava in rovina. Secondo la legge 23 agosto 1803 della Repubblica Italiana il castello venne restituito ai Levizzani. L’ultima proprietaria, Marchesa Elena, lo portò in dote quando sposò il nobile reggiano Francesco Cugini. Da questa famiglia il complesso fu acquistato nel 1903 dal Senatore e noto critico d’arte Adolfo Venturi che lo fece in parte restaurare. Divenne poi proprietà del Comune di Guastalla che lo adattò a colonia estiva per bambini ed infine in proprietà al sig. Pietro Bianchi (e suoi eredi) che ne ha curato il restauro e trasformato in signorile dimora. Nel castello era una chiesa dedicata a S. Nicola registrata nel 1302. All’epoca della visita Cervini nel 1543 la chiesa era gi quasi distrutta; dipendeva dalla Pieve di Baiso. Il castello comprende un vasto recinto delimitato da due cortine. L’edificio vero e proprio si innalza verso sud-ovest. è composto da più fabbricati, disposti attorno ai due cortili aperti, fra i quali risultano particolarmente importanti il mastio, di pianta quadrata, posto sull’angolo meridionale del complesso e l’edificio residenziale appoggiato con un frontespizio al mastio e con una delle fronti lunghe allineata con la cortina di sud-ovest. Tali costruzioni sono state erette con masselli di pietra appena squadrati e conservano il loro aspetto medievale malgrado qualche palese integrazione: nell’edificio residenziale le bifore, la scala esterna sul frontespizio di nord-est ed in entrambi i merli, di foggia ghibellina. Ancora nel lato di sud-ovest, quasi al centro, si trova il primitivo ingresso, costituito da un portale archiacuto in pietra. Da questo una scala porta alla quota del maggiore dei due cortili donde un’altra scala conduce alla quota pi alta del recinto. Il complesso costituisce, non soltanto nell’ambito emiliano, un eccellente esempio di fortificazione medievale, tra duecento e trecento, articolata in castello e recinto».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21374&ID=371700


BEBBIO (castello)

Dal sito www.repubblica.it   Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

«Il castello quattrocentesco di Bebbio è circondato da un giardino e cinto da mura merlate, da cui svettano tre torri cilindriche. L'esistenza di una costruzione fortificata è certificata da una carta del 1115. Si succedono al dominio del castello prima i Bebbi e poi i Fogliani. Subentra loro, nel dominio del feudo, il marchese Marliani che, agli inizi del XV secolo, commissiona l'innalzamento di un nuovo complesso ad un livello inferiore rispetto all'antico. La nuova costruzione assume l'aspetto di residenza. Nel 1707 i Marchisio, nuovi proprietari, provvedono ad arricchire il portale con lo stemma di famiglia, ancora visibile. L'ultima discendente della famiglia provvede al riassetto e all'abbellimento della costruzione, venduta nel 1954 al conte modenese Benedetto Pignatti Morano di Custoza e nel 1996 alla famiglia Prodi. L'attuale residenza, frutto di questa rielaborazione del castello, è adibita a dimora privata, pertanto è osservabile solo dall'esterno. La struttura consiste in un corpo rettangolare, con spigoli orientati sui punti cardinali, fiancheggiato da due alte torri a pianta circolare. In una terza torre, pure rotonda ma più bassa delle precedenti, è situata, sul lato maggiore di sud-est, una cappella a pianta ottagonale con ingresso esterno. Il castello è osservabile solo dalla strada perché è proprietà privata».

http://www.appenninoreggiano.it/Database/iat/iat.nsf/0/2A9C9C3A36119F07C125687C00597717?OpenDocument&com=Appennino%20Reggiano&


BIBBIANO (Torrazzo)

Dal sito www.comune.bibbiano.re.it   Dal sito www.tibethouse.net

«Del passato restano i ruderi del Torrazzo matildico, una casa-torre difensiva di notevole interesse storico e architettonico che presidiava il percorso da Barco a Quattro Castella, e poco distante l'antica Via della Fila, la più antica del paese. Proseguendo verso Sud si giunge alla Pieve di Bibbiano, menzionata prima del Mille in un diploma di Ottone II del 14 ottobre 980. La Pieve di Bibbiano, dall'esterno della cui parete Nord sono state tolte le sculture zoomorfe in arenaria, del X-XI secolo, conserva nell'interno una maestosa statua in terracotta della Madonna del '400, due altari barocchi, il coro intarsiato, l'organo settecentesco a canne ed alcuni dipinti che riproducono Opere di Mantegna e Tiziano. Un'Assunta di Lelio Orsi è stata venduta dalla chiesa nel 1707. Degno di menzione anche il campanile, la cui cuspide é stata rifatta più volte. A Piazzola, in località Sant'Eufemia, sorgeva un castello di cui resta una piccola cappella dalle mura corrose. Al Medioevo risale lo scavo del canale di Bibbiano, la più antica diramazione del fiume Enza, e al 1344 la concessione di Obizzo III d'Este ai Canossa per lo sfruttamento delle sue acque».

http://www.comune.bibbiano.re.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idArea=16754&idCat=18126&ID=18126&TipoElemento=categoria


BORAGO (torre)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it

«Nucleo disposto sui pendii a settentrione del Monte Valestra. Vi si evidenzia un oratorio ed un complesso rurale con torre. L'oratorio dedicato a san Luigi presenta una pianta ad aula con fronte a capanna; il portale architravato è sormontato da un concio riportante la data "1740" mentre al centro si apre una finestrella quadrilobata. La torre a pianta quadrangolare si sviluppa su tre livelli e la colombaia superiore, delimitata in gronda da un sottile cordolo in arenaria. Sul tetto a quattro falde si imposta un campaniletto a vela».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372130


BORZANO (castello)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito www.actaplantarum.org

«Si ritiene che il castello sia stato costruito verso la fine del XII secolo dai Manfredi. Le origini della fondazione del castello sono comunque quanto mai vaghe, anche se alcune sepolture sembrano datare l’occupazione del sito nel corso del VII secolo d.C. Nel 1243 era in possesso dei Fogliani ritornando poco dopo ai Manfredi; questi ne sono investiti nel 1367. Il Castello comprendeva le ville di Borzano, Lodola, Aiano, Fegno, Caselle, Pratobolso, Valle, Corsiano, Oliveto, Vergnano e Pratissolo. I Manfredi detennero il feudo fino al 1736. Nel 1738 ne fu investito il marchese Alessandro Frosini. Nel 1350 il complesso è distrutto dai Gonzaga. Nel 1461 Taddeo Manfredi ricostruisce il castello - l'intervento è ricordato dal Venturi che ne riporta le date - vi si trovava anche l'effige di Taddeo con l'arme della Contea. Nel XIV secolo il castello è in semi-abbandono. Nel 1950-58 sono eseguiti radicali restauri alla chiesa. Il castello sorge su una collina gessosa. Della antica struttura, ridotta a stalla, rimangono i muri perimetrali di tre lati. Sul prospetto di ponente è visibile la parte inferiore di una sequenza di beccatelli di sostegno alle merlature. Diverse sono le finestre, anguste con i caratteristici sedili laterali. Nell'interno sono anche visibili i resti di canne fumarie ed i frammenti di un bassorilievo con motivi ornamentali. La chiesa di S. Giovanni è ora in abbandono. Presenta una semplice facciata a capanna. Il portale architravato è sormontato da una oblunga finestra trapezoidale. Sulla copertura si imposta un campaniletto a vela».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21372&ID=371607


CAMPAGNOLA EMILIA (corte di San Bernardino)

Dal sito www.municipio.re.it   Dal sito www.mototurismo.mobi

«La Corte San Bernardino (conosciuta anche come Casa Folloni dal nome dell’attuale proprietario) è attestata già nel XII secolo con il nome di Villa dei Reatini. Successivamente diviene proprietà degli Augustoni, illustre famiglia correggese al servizio degli Estensi in importanti funzioni. Nella villa fu ospitato nel 1423 il celebre predicatore francescano San Bernardino da Siena, oratore straordinario e propagandista del nome e del monogramma di Gesù (il Santo è oggi venerato come protettore dei pubblicitari). La corte, in origine chiusa (è andata distrutta l'ala meridionale), risale all'epoca matildica e venne risistemata nel secolo XV con villa padronale a ponente, torre colombaia a settentrione, oratorio cinquecentesco dedicato al santo. La villa è l’edificio più importante, costituito da un corpo centrale e da due ali avanzate. La torre posta nel lato nord è molto antica, mostrando piccole colonne romaniche in cotto. Nel salone principale della villa recentissimi lavori di restauro hanno rilevato affreschi secenteschi di ottima fattura, con lo stemma degli Augustoni, prospettive architettoniche, nature morte e il ritratto di una dama con un gattino, di incerta identificazione. La corte è gestita dall’associazione culturale San Bernardino da Siena, che vi organizza manifestazioni in collaborazione con il Comune di Campagnola».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=792&IDSezione=4630&ID=94088


CANOSSA (castello)

Dal sito www.castellodicanossa.it   Dal sito www.froestl.at

«Le rovine del castello di Canossa con l'annesso Museo Nazionale "Naborre Campanini" sorgono su un'aspra rupe in arenaria bianca a balcone naturale per circa 60 metri a ridosso dell'abitato di Canossa tra il torrente Crostolo ed il fiume Enza con ampia vista alle valli sottostanti. Lo sfaldamento della rupe ha concorso a diminuire l'estensione della piattaforma su cui poggiava il castello. Secondo lo storico Aldo Settia sono "seimila i metri quadrati dell'originaria rocca di Canossa", mentre il Campanini, nell'Ottocento, riporta dettagliatamente: "la superficie della vetta misura nella massima lunghezza 80 metri e 30 nella larghezza media: il perimetro non supera i 200 e tutta l'area è stata calcolata poco più di duemila metri quadrati; minore di oltre un terzo dell'antica per le frane periferiche che, massime da mattino, da mezzogiorno e da ponente, hanno divorato la rupe". Il complesso fu costruito verso la metà del X secolo da Atto Adalberto, figlio di Sigifredo da Lucca, di stirpe longobarda. Infatti Donizone nei suoi versi, facendo parlare il maniero così scrive: "Prospiciens nudam silicem me stare Canossan. In proprium castrum me suscepit Comes Atto". Nel 950 Adelaide, vedova di Lotario Re d'Italia, si rifugia nel castello per sfuggire alla persecuzione di Berengario II, Marchese d'Ivrea che, volendola sposare al figlio Adalberto, assedia inutilmente Canossa. Ottone I, re di Germania, libera Adelaide e la fa sua sposa; favorisce quindi la fortuna di Atto Adalberto creandolo dapprima conte, poi marchese. Nel 1075 un decreto del papa, richiamandosi al Concilio del 1059, vieta le ingerenze delle autorità civili e dell'Imperatore nelle investiture episcopali. La risoluzione non viene tuttavia accettata da Enrico IV, re d'Italia e di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero. Alla Dieta di Worms del 1076 è decretata la deposizione del papa da parte del quale segue la scomunica e lo scioglimento dell'ubbidienza di quanti avevano prestato giuramento all'Imperatore. L'aspro contenzioso ha il suo momento culminante nell' incontro tra il papa, ospite di Matilde di Canossa, con Enrico IV, il 28 gennnaio 1077 presso il castello di Canossa. Dopo tre giorni di penitenze l'imperatore, tramite la mediazione della Contessa, chiede perdono al pontefice che lo assolve dalla scomunica. Le ostilità riprendono comunque dopo breve tempo e la lotta per le investiture termina solo nel 1122 con la pace di Worms concordata da Enrico V e da papa Callisto. Dopo la morte di Matilde e il dissolvimento del suo "stato", pur tra varie vicende, un ramo della famiglia "di Canossa" tiene il possesso del castello sino al 1449 anno in cui Canossa è acquistata da Lionello d'Este, marchese di Ferrara.

Distrutto nel 1255 dai Reggiani, durante le lotte tra guelfi e ghibellini, il Castello è ricostruito dai Canossa. Nuovamente rovinato dai reggiani nel 1412, viene restaurato dagli Estensi nel 1452. Lodovico Ariosto ne ebbe il comando del presidio negli anni 1502-1503. Le artiglierie di Ottavio Farnese lo smantellano nel 1557. In seguito è ridotto a dimora signorile dal conte Bonifazio Ruggeri di Reggio, che lo ottiene in feudo nel 1570 da Alfonso II, duca di Ferrara. Passa quindi ai conti Rondinelli nel 1593 e nel 1642 ai Valentini di Modena, che lo conservano fino alla soppressione dei feudi nel 1796; viene loro restituito nel 1819. Nel 1878 il governo acquista il complesso di Canossa dai conti Valentini e lo dichiara monumento nazionale. Nel 1877, sotto la guida dell'insigne archeologo e paletnologo prof. don Gaetano Chierici, sono iniziati gli scavi proseguiti poi sotto la direzione del prof. Naborre Campanini. Negli scorsi anni sono stati condotti importanti lavori di restauro e consolidamento della rupe, per opera del Provveditorato alle opere pubbliche. Con la costruzione della rocca, Atto Adalberto aveva fondato anche la chiesa di S. Apollonio, tempio ricco di arredi e reliquie, cui era annessa una abbazia retta da monaci benedettini. Spogliata del suo tesoro mandato a Roma dal papa nel corso della lotta contro Enrico IV, dopo la metà del sec. XIV è definitivamente abbandonata».

http://www.castellimatildici.it/canossa.htm


CARPINETI (castello delle Carpinete)

Dal sito www.comune.carpineti.re.it   Dal sito www.comune.carpineti.re.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Michele Montanari (https://www.facebook.com/michele.montanari.927)

«Il castello delle Carpineti, o Castello di Carpineti, è situato sulla vetta del monte Antognano (805 m sul livello del mare) dal quale domina le vallate del Tresinaro e del Secchia, a pochi Km dal centro di Carpineti. Dal centro del paese per raggiungerlo è necessario procedere lungo la via principale in direzione Baiso, lasciandosi sulla sinistra la piazzetta medioevale Matilde di Canossa. Dopo poche centinaia di metri da essa, superato un supermercato che si trova sulla destra, svoltare a destra per affrontare la ripida strada che s’inerpica sul monte Antognano. Sulla cima, in corrispondenza del valico, si trova uno spiazzo in cui è possibile parcheggiare il proprio mezzo e percorre l’ultimo tratto a piedi per raggiungere lo sperone roccioso sul quale sorge il castello delle Carpinete, con il suo piccolo borgo. La costruzione del primo fortilizio difensivo di quello che oggi è il Castello delle Carpinete viene fatta risalire dagli storici al X secolo per opera di Atto Adalberto, intraprendente avo di Matilde di Canossa. In seguito all’espansione dei possedimenti dei Canossa il castello venne a collocarsi al centro delle loro terre, e assieme ad altri fortilizi del reggiano era parte del sistema di protezione di un vastissimo territorio. I castelli dello scacchiere difensivo matildico, infatti, erano disposti su tre livelli d’altitudine e si differenziavano per la loro funzione. Sul primo livello si trovavano le fortificazioni nella zona fra Albinea e Casalgrande, le più importanti delle quali erano i 4 castelli di Bianello che avevano il ruolo di avamposto difensivo. Sul secondo livello, nella zona compresa fra Baiso e Canossa, i castelli di Canossa e Rossena erano i più importanti e costituivano un allineamento centrale d’estrema resistenza. Il terzo livello, il più sicuro, era costituito dal Castello delle Carpinete, arroccato a quota 805 m, robusto e di difficile accesso, fiancheggiato dai numerosi castelli limitrofi con cui era in contatto visivo. Durante il regno di Matilde, la rocca di Carpineti fu ulteriormente fortificata e divenne nel tempo la residenza preferita della contessa, che vi trascorse lunghi periodi amministrando i suoi territori dall’interno delle sue sicurissime ed inaccessibili mura. Dopo la morte di Matilde al controllo del castello si avvicendarono diverse famiglie signorili fra cui i Torelli, i Da Fogliano, per un breve periodo il famoso carpinetano Domenico Amorotti ed infine gli Estensi. Sotto il controllo di Nicolò III d’Este, nel XV secolo, il Castello delle Carpinete subì i primi interventi di restauro. Nel XVII secolo passò nuovamente di mano assieme al feudo di Carpineti, divenendo proprietà prima dei Giannini (1704) e poi dei Valdrighi (1775), che lo mantennero fino al XIX, quando lo abbandonarono in seguito ai numerosi cedimenti strutturali. Il castello fu ulteriormente danneggiato nel 1944, quando fu bersaglio di diversi colpi dell’artiglieria tedesca in quanto sospettato di essere un rifugio partigiano. Nel 1978 fu acquistato dalla provincia di Reggio Emilia che iniziò urgenti interventi per la conservazione ed il restauro, soprattutto della torre del mastio, con la collaborazione della Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali dell’Emilia e con le Sovrintendenze ai Monumenti e all’Archeologia di Bologna. Negli anni ’90 un secondo intervento si è occupato dell’esecuzione di scavi che hanno riportato alla luce numerose strutture e reperti, nascosti sotto pietre e terreno.

L’orientamento planimetrico è pressoché direzionato secondo le coordinate nord-sud, dove a nord è situata la vallata del fiume Tresinaro, in cui si estende l’abitato di Carpineti, mentre a sud si trova la valle del fiume Secchia con i suoi numerosi borghi e piccoli centri. Una prima cinta muraria percorre esternamente il perimetro scosceso che circonda la vetta del monte Antognano, adattandosi alla conformazione del terreno a scapito della regolarità, ma avvantaggiandosene a scopo difensivo. Sul lato ovest della cinta muraria del castello si notano tracce delle antiche cannoniere e degli apparati sporgenti che costituivano la difesa piombante. La difesa piombante era un sistema che permetteva di gettare pietre, pece o altri liquidi sui nemici che tentavano di scalare la cinta difensiva. L’ingresso per i visitatori è situato nel lato sud dove si trovava anche in epoca medioevale, attraverso di esso si accede, sotto un camminamento coperto, al cortile interno. Il recinto fortificato racchiudeva magazzini, orti, case e stalle, nonché diversi edifici disposti irregolarmente in conseguenza delle modifiche edilizie che apportarono i vari signori che presero possesso del castello in epoche diverse. Le edificazioni erano costituite da abitazioni d’artigiani e contadini, una cappella, il palatium (la residenza del signore) e magazzini. Il palazzo signorile era costituito da un edificio su due piani, ciascun composto di due ambienti divisi da murature, cui si accedeva attraverso un vestibolo al pianterreno. Il piano superiore era la vera e propria residenza del signore, mentre il pianterreno era utilizzato come ambiente di servizio. Sono visibili ancora oggi i segni delle scalinate che servivano per l’accesso ai piani superiori. Durante gli scavi archeologici eseguiti negli anni ’90 sono stati scoperti resti di stanze rimaste nascoste per secoli sotto il terreno, in seguito alla costruzione di livelli di riporto. Muri in pietra arenaria indicano la presenza di ambienti seminterrati, cui si accedeva attraverso una scalinata ancora oggi conservata. Vicino al palazzo signorile è stata recentemente riportata alla luce una piccola chiesa dedicata a S. Maria, edificata in epoca Matildica. I muri sono costituiti da grossi blocchi di pietra rettangolari. Nell’abside si aprono due feritoie. D’epoca matildica è pure il pavimento in lastre d’arenaria dalla forma irregolare, legate con calce al centro dell’edificio. In questa zona gli scavi hanno messo in luce anche un curioso masso circolare di 1,40 m di diametro, inserito nel pavimento. Adiacente alla piccola chiesa di S. Maria si trova una sagrestia.

Una seconda cinta muraria serviva per la protezione interna delle riserve d’acqua e della torre del mastio, estrema difesa per resistere ad attacchi nell’attesa di rinforzi. La torre del mastio è molto ben conservata anche se non sono più presenti i quattro piani interni, che sono riconoscibili solo grazie a tracce nei muri. Il pianterreno era adibito a magazzino e non aveva ingressi, quello attuale è stato ricavato in seguito. Il primo piano fungeva da deposito o ambiente di servizio, ma la presenza di due feritoie sui lati sud e ovest fa pensare che fosse usato anche per tenere sotto controllo l’interno del castello. Al secondo piano si apriva l’ingresso, accessibile attraverso una scala di legno che all’occorrenza poteva essere ritratta. A destra dell’entrata vi è una nicchia quadrata, che doveva fungere da latrina, mentre due finestre a tutto sesto si affacciano all’interno del cortile. La presenza della latrina, della porta e la minore altezza rispetto agli altri ambienti fa pensare che il secondo piano servisse come disimpegno o piano di servizio riservato alla residenza signorile. Il terzo piano era riservato alla residenza signorile vera e propria, e vi si accedeva dal locale sottostante mediante una scala interna. La cima della torre può essere raggiunta oggi attraverso un sistema di scale interne costruite durante i restauri. Essa offre un panorama mozzafiato: dall’alto del mastio è possibile, infatti, ammirare la vallata del Tresinaro a nord e quella del Secchia a sud, abbracciare con lo sguardo l’abitato carpinetano e gran parte del territorio comunale, scorgere verdi colline e morbidi pendii, piccoli borghi e campi coltivati. Spingendosi ad osservare oltre la valle del Secchia, nelle limpide giornate di primavera, si nota la cresta appenninica con il monte Cimone, il Cusna e il Prampa. Intorno al castello si sviluppava anche un piccolo borgo del quale sono rimasti intatti alcuni edifici, mentre di altri se ne sono conservate solo alcune tracce murarie. Di notevole interesse è la chiesa del borgo dedicata a S. Andrea, consacrata nel 1077, che ancora oggi ospita importanti funzioni religiose. Essa è situata esternamente al perimetro fortificato ma è strettamente legata al castello per le vicende storiche. Gli elementi più antichi (XI-fine XIV) sono la facciata ovest e alcuni tratti del lato sud. Per facilitare un’esauriente fruizione è stato allestito all’interno del castello un percorso didattico che si sviluppa attraverso 13 panelli di carattere esplicativo, con ricostruzioni e confronti dai quali è possibile comprendere l’evoluzione storica ed architettonica del complesso castellano».

http://potawatomi.netribe.it/carpineti/Sezione.jsp?idSezione=92


CASALGRANDE ALTO (castello)

Dal sito www.cronoscalatalariserva.it   Dal sito www.terradelboiardo.it

«Una relazione sui castelli del territorio scandianese conservata nell’Archivio Estense di Modena, forse stesa dal Governatore di Sassuolo Paolo Brusantini, così lo descrive: “Il terzo Castello di Casalgrande ove si trova una Rocca antica sita molto opportunamente per tirare innanzi una deliziosa abitazione per avere luogo capace di questo, di bellissima vista et buonissima aria …”. Per la data di costruzione si può fare riferimento a quanto riporta il Pagliani nella sua Storia di Aceto e ville limitrofe, nella quale afferma: “convien dire che siccome questo castello è ricordato in documenti del 1335, 1339, 1341, 1373, sorgesse un secolo e più dopo il mille”. Il Castello vide come primi padroni, se non anche fabbricatori, i Guidelli; nel 1335 passò in potere dei Fogliani;nel 1409 fu poi espugnato da Nicolò d’Este e donato da questi nel 1413 ad Alberto della Sala; nel 1452 passò nelle mani di Feltrino Boiardi, signore di Scandiano. Nel 1557 il Castello di Casalgrande scrisse gloriose pagine di storia, quando un pugno di uomini riuscì a resistere per giorni agli assalti degli Spagnoli cedendo soltanto quando un fatale incidente tolse loro i validi mezzi di difesa. Il castello fu allora distrutto e dato alle fiamme. Venne poi ricostruito a somiglianza dell’antico castello dai Tiene, a cui rimase fino al 1622; passò poi ai marchesi Enzo e Corrado Bentivoglio; nel 1643 tornò ai Principi Estensi; nel 1750 venne infeudato al Marchese Gian Battista de’ Mari e nel 1782 venne infine venduto in buona parte a privati del luogo. L’eroico episodio del 1557 venne descritto da Marco Guidelli, un casalgrandese che fu testimone e attore di tale vicenda. Questo racconto fu pubblicato nel Giornale Lett. Scientifico Modenese nel 1842 dal prof. G. Veratti. Lo stesso professore, nella prefazione al racconto, dava una descrizione del Castello di Casalgrande. Ciò che residua del Castello di Casalgrande Alto è una corte rurale quattrocentesca organizzata intorno alla residenza fortificata e munita di due torri quadrate, nonchè il torrione di ingresso, con resti di merlature e portale provvisto di fenditure per il ponte levatoio. Tradizione vuole che in una villa non molto distante dal Castello, la cosiddetta “casa del conte”, Matteo Maria Bojardo abbia dato vita a parte del suo Orlando Innamorato».

http://www.comune.casalgrande.re.it/storia/ilcastellocasalgrande.aspx


CASTELDALDO (resti del castello)

Complesso rurale a Casteldaldo, dal sito http://reggioemilia.bakeca.it   La chiesa di S. Apollinare a Casteldaldo, dal sito www.studioarlotti.com

«Il castello, di antiche origini, fu investito nel 1184 ai conti Sessi da parte di Federico Barbarossa. Diverse sono le denominazioni riportate tra le quali ricordiamo: Castellumdardum, Castridaldum, Castrum Retaldum. Il castello figura distrutto nel 1265 durante le lotte tra Guelfi e Ghibellini; probabilmente ricostruito fu successivamente travolto da una frana proveniente da Masereto. Vi si trovava la chiesa di S. Bartolomeo che a partire dal XIV secolo è unita a quella titolare di S. Apollinare e di cui espleterà poi le funzioni fino alla ricostruzione di questa nel XVII secolo. Dell'originaria struttura del castello rimangono solo poche tracce. Attualmente vi si trova un complesso rurale a corte con corpo principale lineare coperto a due falde ed interessanti rustici a fienile».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372237


CASTELLARANO (rocchetta, castello, borgo)

Dal sito www.ilrestodelcarlino.it   Dal sito www.comune.castellarano.re.it

«L'antico borgo e castello di Castellarano vive sopra un colle prospieciente il fiume Secchia. Per il loro carattere medioevale costituiscono una delle più singolari località della nostra provincia. Nella seconda metà del sec. XII Castellarano appartiene al comune di Reggio Emilia. Nel 1320, se ne impadroniscono i signori di Roteglia, ai quali rimane fino al 1419, quando passa a Nicolò d'Este; questi nel 1432 lo dà al suo segretario Jacopo Giglioli. La struttura urbana è formata da un Borgo superiore che racchiude la Rocca con la Torre Mozza, la Rocchetta, l'Aia del Mandorlo, la Torre dell'Orologio, la Chiesa Parrocchiale, alcune case di famiglia di antica origine locale - le caratteristiche case a corte con serraglio - ed il tessuto edilizio storico di base costruito da case in linea e case a schiera. Fuori dal Castello è riconoscibile il Borgo inferiore delimitato da alcune case edificate intorno alla chiesa di Santa Croce - ora Monumento ai caduti - e lungo Via Roma. Al Borgo superiore si accede ad est da Via Gatti, ad ovest da Via Migliorini, a sud dalla "Ratta" o Via di Porta Nuova. L'unica piazza di rilievo del nucleo superiore è l'Aia del Mandorlo, posta tra la chiesa e la Rocca. Nel Borgo inferiore all'antica Piazza Santa Croce si sono aggiunte in tempi recenti Piazza del Comune e Piazza XX Luglio. La viabilità interna del borgo si sviluppa secondo le due direttrici principali di Via Gatti e Via Toschi, che rappresentano il Cardo ed il Decumano dell'impianto romano. Ad esse si collega una rete di diramazioni ortogonali che disimpegna gli isolati.

Il complesso fortificato consiste di due parti attualmente così distinte: ai piedi della collina la cosiddetta "Rocchetta", un fortilizio dal esterno apparentemente lineare, risalente forse alla seconda metà del sec. XV costituente una sorta di enorme rivellino nei confronti del castello, posto invece sulla cima. Occorreva infatti entrare nella rocchetta ed attraversare l'angusto e ben controllabile cortiletto per salire a quello. Dalla Rocchetta chiamata anche nei vecchi documenti "Castelletto" o "Porta" partiva una cerchia di mura di difesa che cingeva la collina. La Rocchetta possiede in realtà una pianta irregolare, munita di tre porte un tempo con saracinesche; tuttora essa forma un ambiente di notevole interesse (ove la pietra prevale decisamente sul mattone), ma soprattutto costituisce un tipo a sé, forse senza paralleli altrove, comunque la parte più singolare e meglio conservata dell'intero sistema. Per altro il suo aspetto esterno, specialmente verso il piazzale antistante, non differisce molto da quello d'un comune castello rinascimentale di pianura in mattoni, con una torre al centro, in corrispondenza dell'ingresso archiacuto, con apparato a sporgere sull'intera sua estensione, costituito da beccatelli che reggono una vera e propria muratura a sbalzo forata da finestre ad arco scemo, con una torre a sinistra in posizione sbieca. Delle tre porte della rocchetta due sono "esterne", mentre la terza, munita di piombatoie, porta direttamente al castello. Un tempo la struttura difensiva era sovrastata da quattro torrioni. Di questi solo due sono arrivati ai giorni nostri. Le parti interne comprendono diverse costruzioni popolari spontanee, realizzate dopo il XVII secolo. Nella volta di Porta Cappellana, passaggio che immette in Via Mulino, sono ancora visibili i resti di un affresco del sedicesimo o diciassettesimo secolo. La parte dell'affresco raffigurante la "Madonna della Ghiara di Reggio", in gravi condizioni di deterioramento, è stata recuperata nell'anno 70 dalla locale Pro Loco. Il dipinto, staccato dalla volta e rimesso a nuovo, è ora conservato presso il centro culturale del Comune».

http://www.castellimatildici.it/castellar.htm


CASTELLO (torre)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

«Complesso rurale ad impianto articolato probabilmente riferibile al XVI-XVII secolo. Il corpo di fabbrica principale è connesso ad una torre colombaia con coperto a due falde e cordolo lineare spezzato; vi si aprono alcune finestrelle quadrate in cotto. Il vicino oratorio dedicato a S. Rocco è orientato a mezzogiorno. Presenta una facciata a capanna con portale architravato, sormontato da una nicchia affrescata ed, in vertice, da una finestrella trapezoidale. Una cornice di gronda a gola corre all'intorno».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372185


CASTELNOVO NE' MONTI (palazzo Ducale)

Dal sito www.comune.castelnovo-nemonti.re.it   Dal sito www.comune.castelnovo-nemonti.re.it

«Per qualche secolo, fino alla metà del XVI sec., con alterne vicende, il territorio di Castelnovo fu feudo dei Dallo da Bismantova, poi subentrarono gli Estensi che, per ribadire anche negli ultimi decenni della loro storia il proprio dominio, si costruirono un Palazzo Ducale di notevoli dimensioni nella zona di Bagnolo, all’ingresso da valle del capoluogo. Il Palazzo Ducale, sede oggi di sedi distaccate del comune, è immerso nel verde dei giardini di Bagnolo, piacevole sosta per bambini e adulti».

http://www.comune.castelnovo-nemonti.re.it/Sezione.jsp?titolo=Palazzo%20Ducale&idSezione=160&idSezioneRif=157


CASTELNOVO NE' MONTI (resti del castello)

Dal sito www.redacon.it   Dal sito www.appenninoreggiano.it

«I resti di una torre, appartenente all'antica rocca, controllano dall'alto le valli dell'Enza e del Secchia. Il toponimo, "Castrum Novum", era nato per differenziarsi dal "Castrum Vetus", situato sulla Pietra di Bismantova. I Canossa sono ritenuti i committenti del complesso fortificato eretto dal 1062 al 1110. L'anno seguente Matilde assegna il "Castrum Novum" al monastero di Canossa e rimane possesso ecclesiastico fino al 1156. Nel 1297 Bernardino Fogliani e Rolandino Canossa occupano Castelnovo ed il fortilizio. A Ettore da Panico, nominato Podestà a Castelnovo, fu ordinato di atterrare l'intero complesso fortificato, comprese le mura. Nel 1413 i Canossa intraprendono l'edificazione di un nuovo castello di cui, l'anno seguente, ottengono l'investitura dal marchese Nicolò III d'Este. Nel 1415 gli Estensi si appropriano del "Castrum Novum" e lo trasformano, nel 1521, in sede di podesteria. Di questa antica costruzione attualmente restano lembi della cortina muraria e la muratura capitozzata della torre, che si innalza di alcuni metri dal piano della campagna. La torre, di pianta quadrangolare, presenta un paramento in conci di arenaria rifinita mentre le strutture poste all'estremità sud di questo "campo trincerato" sono difficilmente interpretabili e forse appartenevano ad una cisterna».

http://www.appenninoreggiano.it/database/iat/iat.nsf/sottocategorie/37E8A4B5FFF69B31C1256897002E6BE6?...


CAVRIAGO (castello non più esistente)

Dal sito http://catacresi.wordpress.com; l'attuale biblioteca municipale, che si vuole corrispondere ad una delle torri del distrutto castello   Dal sito http://biblioteche.provincia.re.it; l'attuale biblioteca municipale, che si vuole corrispondere ad una delle torri del distrutto castello

«Cavriago viene menzionato per la prima volta in un documento dell'Archivio Capitolare di Parma datato 1 dicembre 996, attraverso il quale la contessa Rolenda, figlia illegittima di Re Ugo d'Italia donava il castello e la cappella di "Corviaco" a un certo Paulone. Certamente, però, Cavriago esisteva ben prima di questa carta bollata, che già cita costruzioni importanti come un castello. È probabile che la fondazione di Cavriago come agglomerato di case risalga addirittura all'epoca romana e alla costruzione della Via Emilia, anche se sfortunatamente non è possibile comprovare questa tesi. Quel che è certo è che il nome "Cavriago" deriva dal latino curvus ager, in riferimento al territorio collinare su cui si estende. Altre interpretazioni, meno plausibili, vogliono il nome derivare dal latino curviacum, oppure dall'espressione cuprum, in riferimento al colore del rame. Il medioevo. Paulone Bovini (Bruini secondo altri documenti), in virtù della donazione della contessa Rolenda, diventa quindi il primo feudatario di Cavriago, nonché capostipite della dinastia che dominerà il territorio del paese per quattro secoli. Fino al 1077, anno in cui l'imperatore Enrico IV si umiliò a Canossa, Cavriago restò nell'orbita dei possedimenti matildici. Poi, sul finire dell'XI secolo, i cavriaghesi si unirono ai reggiani nella lotta contro l'Impero, che culminerà, nel 1167, nella Lega Lombarda. La breve esperienza del libero Comune di Reggio corrisponde, però, a un periodo travagliato per Cavriago: la sua posizione, esattamente al confine tra le signorie di Parma e Reggio, è ritenuta strategica da entrambe le fazioni e fa del paese il teatro di continui scontri armati. Cavriago viene citato esplicitamente come teatro di una sanguinosa battaglia tra reggiani e parmensi nel 1215. Di questo periodo fanno parte, con ogni probabilità, i lavori che dotarono il castello di Cavriago di mura più spesse. Terra di confine, il paese diventa la meta preferita di briganti e criminali di entrambe le signorie. ... La distruzione del castello e il Rinascimento.

Uno degli eventi centrali della storia di Cavriago è certamente quello della distruzione del suo castello. Tutto inizia nel 1482: Cavriago è ancora sotto il dominio di Teofilo Calcagnini, ma Ercole I d'Este (duca di Ferrara, Modena e Reggio) è entrato in guerra con i veneziani, appoggiati dai conti Rossi della vicina Parma e da Guido Torello di Montechiarugolo. Proprio il Torello, approfittando di un errore strategico di Ercole I, conquista e saccheggia Montecchio, poi attacca Cavriago. I cavriaghesi, stanchi delle alte tasse imposte dagli Este, si consegnano spontaneamente al Torello, suscitando l'ira dei reggiani e della signoria di Ferrara. Il verdetto del piccolo senato reggiano, datato 7 dicembre 1482 è unanime: punire Cavriago con la distruzione del castello. Si trattava, quasi certamente, di una soluzione estrema già considerata, dal momento che Borso d'Este, predecessore di Ercole I, qualche anno prima aveva definito il paese "La bicocheta qui de Cavriaco...sempre ribelle e cagione di molti danni". Il 14 aprile 1486 il castello di Cavriago viene abbattuto a cannonate, ma gli Este non si fermano qui. La sete di vendetta è troppa e così, giorno dopo giorno, un migliaio di guastatori ferraresi rade al suolo ogni edificio del paese. Le poche costruzioni rimaste in piedi il 25 aprile 1486 vengono ribattezzate Villa Nova, con l'intenzione di cancellare per sempre il ricordo degli odiati traditori. Del castello non rimane granché. Il fossato è rimasto visibile, intorno alla chiesa di San Terenziano, fino al XVIII secolo, poi è scomparso. Oggigiorno, della costruzione medievale non restano che due torri, peraltro irriconoscibili a colpo d'occhio, a causa dei molti restauri che hanno subito nel corso dei secoli. Una è l'attuale biblioteca municipale (già sede del Municipio), l'altra è un edificio privato, conosciuto dagli abitanti di Cavriago come Il Mulino».

http://it.wikipedia.org/wiki/Cavriago


CERVAREZZA (resti del fortino dello Sparavalle)

Foto G. Bianchini, dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito www.unionecomuni.re.it

«Fanno guardia alla Strada Statale i resti di un piccolo fortino costruito per volontà del duca Francesco IV a seguito della realizzazione della strada del Cerreto, fra il 1828-1843. Nelle giornate di cielo sereno si ammira un vasto panorama in cui spaziare con lo sguardo dalle colline fino alla Pianura Padana. Sempre da questo punto di osservazione si può individuare, da ovest verso est, il Monte Ventasso, Cerreto, Cusna. Il fortino dello Sparavalle è ubicato tra la strada statale 63 e la provinciale per Ramiseto a poca distanza dall’abitato di Cervarezza Terme, su una piccola altura m. 985, che agisce da spartiacque tra i bacini del fiume Secchia ad oriente e del fiume Enza ad occidente della statale stessa. La struttura, che dispone di una muratura del tipo a secco, realizzata con pietra di provenienza locale, sorge, su terreno di proprietà del Comune di Busana, ed è accessibile da alcuni sentieri che si snodano sia dalla strada statale 63, che dalla provinciale per Ramiseto. Poco sotto le pendici del rilievo, su cui sorge il fortino, correva il vecchio tracciato della strada ducale, come del resto si rileva, anche dalla presenza di vecchi muretti, che testimoniano la presenza di un antico percorso ancora documentato dalle mappe catastali e denominato “strada vicinale del fortino”. L’originale costruzione risaltava in bella vista lungo la statale 63 fino a quando, il trascorrere del tempo, gli agenti atmosferici, l’incuria e lo stato di completo abbandono, hanno danneggiato i muri perimetrali causando squarci e lacerazioni dalla sommità alle fondamenta. Le condizioni del fortino, dal 1960 al 2000, sono notevolmente peggiorate con il crollo di ampie parti delle murature perimetrali e l’invasione di vegetazione all’interno del manufatto. Restauro conservativo del fortino: la Sopraintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici dell’Emilia nel 1980 ha inserito il Fortino dello Sparavalle, di proprietà del Comune di Busana, negli elenchi descrittivi prescritti dall’art. 4 della legge 1-6-1939 n. 1089, per il notevole interesse storico, artistico e ambientale che riveste e pertanto la struttura risulta soggetta a tutte le disposizioni relative al vincolo di cui alla legge medesima. Il Comune di Busana, e il Parco del Gigante, sono riusciti ad ottenere finanziamenti dal programma APE (Appennino Parco d’Europa) che consentono di predisporre un progetto (2002) per la esecuzione dei lavori di restauro conservativo del fortino dello Sparavalle. Nella primavera del 2003 sono iniziati i lavori, previsti dal progetto, finalizzati alla conservazione dei ruderi della roccaforte esistente, la ricostruzione di una sua leggibilità attraverso ricostruzioni di brani della muratura supportati da fotografie e documentazione certa. Completato l’intervento di consolidamento, il progetto prevede, con l’aiuto di altre risorse finanziarie, la realizzazione di una struttura tubolare in elevazione dotata di una piattaforma panoramica, con parapetto, alta 7 metri, che consentirà di raggiungere la sommità delle murature. L’inaugurazione del fortino dello Sparavalle è avvenuta il 10 aprile 2004. (Tratto da: Il Fortino dello Sparavalle, di Piergiovanni Ghinoi e Gianna Lorenza Galassi)».

http://www.unionecomuni.re.it/turismo/Il-Fortino-dello-Sparavalle/


CIGARELLO (torri)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito www.appenninoreggiano.it

«Nucleo rurale alla deviazione della fondovalle del torrente Tresinaro. Vi si evidenzia un complesso articolato a due caratteristiche case-torri. Queste sono a pianta quadrata sviluppate su tre livelli con colombaia superiore e concluse da un coperto a quattro falde. Le luci sono piccole e rade. Le colombaie sono delimitate da un corridoio lineare modanato su cui si impostano delle aperture a trifora. La torre verso nord, probabilmente rialzata presenta un soffittino di gronda modanato in mattoni con fori per rondoni; l'altra torre di dimensioni più ridotte mostra un soffittino di gronda a sguscio. Alla sinistra del torrente Tresinaro si trova il mulino del Cigarello ora completamente ristrutturato. L'antico impianto figura già esistente agli inizi del XIX secolo ed è censito nella Carta idrografica d'Italia del 1888. Era dotato di quattro macine azionate da ruote orizzontali a "ritrecine"».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372142


CORREGGIO (palazzo dei Principi)

Dal sito www.museoilcorreggio.org   Dal sito http://web.tiscalinet.it/agriturismoitaliano/castelli reggiani

  

«Costruito tra la fine del XV secolo ed il 1508 (data di ultimazione dei lavori dell’ala nord-ovest e di parte dell’ala sud), il Palazzo dei Principi fu dapprima residenza di Francesca di Brandeburgo, vedova del conte Borso da Correggio, e dei suoi figli Gian Francesco e Manfredo. Dopo la caduta del Principato correggesco, il Palazzo fu per oltre due secoli sede del Governatore Estense e degli uffici di governo (Provveditore Ducale, Cancelleria, Dogana, eccetera). Nel corso del XIX secolo, persa ogni prerogativa pubblica, il Palazzo andò incontro ad un rapido e grave degrado, finendo per essere utilizzato per usi differenti e sovente impropri. Alla metà del XIX secolo l’intera ala est venne demolita e ricostruita (su progetto dell’architetto Francesco Forti) in occasione della costruzione dell’adiacente Orfanotrofio Contarelli). Il grave stato di degrado indusse l’Amministrazione Comunale ad intervenire con un primo esteso restauro, curato dall’architetto Guido Zucchini tra il 1925 ed il 1927. Successivamente, dal 1966-67, iniziarono ulteriori e radicali interventi che hanno portato al completo recupero artistico e funzionale dell’intera struttura. Nel 1968 furono risistemati gli archivi storici (secondo piano), nel 1971 venne aperta la nuova biblioteca comunale (primo piano, ala est), nel 1973 fu la volta della fonoteca (piano terreno), nel 1989, infine, venne aperta la videoteca (piano terreno). Seguì, nel 1995, il Museo Civico, chiuso nel 1996 (come gli altri Istituti Culturali presenti nel Palazzo) a seguito del sisma che colpì la città nel mese di ottobre di quell’anno. I grandi lavori di restauro hanno portato alla riapertura nel 2003 della Biblioteca Comunale “Giulio Einaudi” (ora al piano terreno e all’ammezzato del Palazzo) e nel 2004 del Museo e degli Archivi Storici. Oggi, il piano terreno ospita i locali della Sala Conferenze “Arrigo Recordati” (con l’adiacente Sala dei Putti) e, come ricordato, la Biblioteca Comunale “Giulio Einaudi”. Al primo piano si trovano le sale del Museo “Il Correggio” e della Galleria Espositiva, mentre al secondo piano sono collocati gli archivi storici cittadini (Salone degli archivi) ed i fondi antichi della biblioteca (Salone della Capriate). L’elegante facciata in cotto, che prospetta sull’attuale Corso Cavour (già Piazza Castello), chiusa ai lati da due paraste marmoree con in cima scudi a testa di cavallo con gli stemmi dei da Correggio, è caratterizzata al centro dal portale istoriato, uno dei più splendidi del Rinascimento emiliano. ...».

http://www.museoilcorreggio.org/Sezione.jsp?idSezione=28


CORREGGIO (torre campanaria, resti del castello)

Foto di leochiodojeans, dal sito www.panoramio.com   Dal sito http://digilander.libero.it/sloper

«Uscendo dal Palazzo Municipale, si imbocca Via Antonioli, che corrisponde grossomodo al passaggio che in epoca medioevale collegava il Castello al Borgo, dove sorge l'elegante Palazzo Contarelli, costruito nel 1762. Si giunge in Piazza S. Quirino, ricavata dal riempimento dell'antico fossato di difesa, sulla quale nel 1880 fu posto un pregevole Monumento ad Antonio Allegri, opera dello scultore ticinese Vincenzo Vela. La Chiesa risale alla seconda metà del XVI secolo. ... La Torre campanaria (sec. XIV) addossata alla Chiesa è, in realtà, il baluardo superstite dell'antico castello di Correggio il cui perimetro giungeva, appunto, fino a quest'area. Immediatamente dopo ci si immette nel lungo Corso Cavour, l'antica Piazza Castello, che fu centro della vita cittadina fino al secolo scorso, quando l'arrivo della ferrovia a Correggio comportò la trasformazione della piazza in un viale d'accesso alla stazione. ...».

http://www.comune.correggio.re.it/servizi/menu/dinamica.aspx?ID=2938


DEBBIA (torre)

Dal sito http://mapcarta.com   Dal sito www.appenninoreggiano.it

«Si trova sulla ex SS 486 a 15 km dal capoluogo. La torre è osservabile costeggiando il corso montano del fiume Secchia. Dell'antico castello di Debbia rimane il torrione diroccato, con paramento in conci quadrati ed accessibile tramite un'apertura sopraelevata, collocata sulla facciata meridionale. Molteplici sono i feudatari che si sono avvicendati. La prima attestazione del feudo compare in un atto del 1144. Il castello appartiene ai Fogliani fino al 1451 quando viene venduto al duca Borso d'Este. Nel 1487 il duca Ercole concede a Giulio Tassoni l'investitura ed il titolo comitale di Debbia, Saltino e Levizzano. Gli ultimi signori di Debbia sono i Marliani di Modena che, succeduti ai Fontana ed ai Bianchi, acquistano nel 1707 il castello e mantengono la proprietà fino alla soppressione dei feudi avvenuta nel 1796».

http://www.appenninoreggiano.it/database/iat/iat.nsf/sottocategorie/38A42674846611A6C1256865005A5B2A?OpenDocument...


DINAZZANO (castello)

Foto di stefano.al, dal sito http://it.worldmapz.com   Foto di Romano Lo Conte, dal sito www.panoramio.com

  

«Nel 1810 il castello risulta assoggettato per la terza parte al Comune di Reggio, ai signori di Sassuolo e ad Agnese Montemagno e figli; a questa data vi si trovava anche un oratorio. Una nota delle entrate del Comune di Reggio del 1270 indica "in castro de Dinazzano una turris Comunis Regis propria cum tertia parte castri"; le altre parti erano dei signori di Magreta che nel 1275 le venderanno a Manfredo da Sassuolo. Nel secolo XIV figura in possesso dei Fogliani. Fin dal 1373, dipendevano dal castello: Dinazzano, Santa Maria del Piano, S. Antonio, Villalunga Salvatore, l'Isola di Secchia, Cereto e Monticello. Nel 1409 passò agli Estensi, che ne investirono dapprima (1422) Alberto delle Sale quindi, nel 1452, Feltrino Boiardo, seguendo successivamente le sorti di Scandiano. Del castello, già fortificato nel 1443, rimangono ora i muri di cinta diroccati e pericolanti e la torre snella, provvista di piombatoi e merli».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21384&ID=372316


FABBRICO (castello Guidotti)

Dal sito www.castellodifabbrico.it/   Foto di GiMi4552, dal sito www.panoramio.com

  

«Il complesso del Castello Guidotti, comprendente il primitivo borgo con il fossato di difesa, le mura ed i bastioni cinquecenteschi, risale al XIII secolo, seppur costruito su precedenti più antichi insediamenti e con successivi interventi. In epoca medievale la storia di Fabbrico si intreccia soprattutto con quella dei Della Palude, il cui personaggio più importante fu Arduino, condottiero di Matilde di Canossa, quindi con quella dei Gonzaga, dei Da Correggio e degli Estensi. L’importanza del borgo fortificato è testimoniata anche da una mappa del 1500 dipinta ad affresco in Vaticano. Nell’autunno del 1463 i Da Correggio, appaltano importanti lavori di rifacimento del “forte”, di pianta quadrangolare, con la costruzione di quattro torrioni angolari. Verso la metà del ‘500, l’Italia militarmente e politicamente ininfluente, ma strategicamente determinante diventa terreno di scontro tra le due grandi monarchie europee (Francia e Spagna). Ciò non salva il borgo di Fabbrico da pesanti devastazioni: le truppe estensi saccheggiano sistematicamente quanto rimane delle costruzioni del vecchio castello ed in particolare la residenza dei conti di Correggio (solo nel 1616 sarà loro concesso il titolo di principi), situata al suo interno. I lavori di ricostruzione delle fortificazioni di cinta dell’antico castello durano un decennio completandosi verso il 1567-1568. All’interno dell’area castellana viveva, fin da ‘500, una piccola ma dinamica comunità ebraica. Rimaneva la riedificazione del Palazzo dei Conti. Il 20 novembre 1580, Fabrizio da Correggio pone la prima pietra del Palazzo Nuovo costruito all’esterno del Castello in direzione del “Borgo Nuovo”. La residenza comitale ricostruita diviene sede stabile di Fabrizio da Correggio e soprattutto del figlio Cosimo. La fine del XVII secolo segna il definitivo passaggio di proprietà del Castello. Dopo l’assorbimento del Principato da parte degli Estensi, l’antico fortilizio ormai in rovina viene ridotto a magazzino e deposito finchè nel 1676 appare sulla scena una famiglia correggese, i Guidotti, destinata ad avere un ruolo determinante nella storia del Castello e dell’intero borgo, grande protagonista della vita fabbricese dell’ultimo scorcio del Seicento, tanto per ciò che concerne il centro urbano quanto per ciò che riguarda l’economia. ... Attualmente il castello, è stato restaurato dagli ultimi discendenti ed alcune ampie sale del periodo tardo-medievale (Sala della Caccia, Sala dei Gigli di Francia e Sala degli Armigeri) sono destinate a ricevimenti, convegni e matrimoni».

http://www.comune.fabbrico.re.it/index.php?option=content&task=view&id=53


FELINA (torre del castello o Salame di Felina)

Dal sito http://italypicgallery.com   Dal sito http://italypicgallery.com

«Il castello di Felina appare nei documenti dall'epoca altomedievale. Delle antiche strutture murarie rimane visibile soltanto il mastio in quanto tutta l'area ad esso circostante è stata destinata a parco-sacrario negli anni immediatamente successivi alla Prima Guerra Mondiale. La torre presenta una pianta circolare articolata su più livelli. La sommità è stata rimaneggiata in epoca recente. Il paramento murario è realizzato in conci di pietra arenaria distribuiti in corsi paralleli. All'altezza di alcuni metri dal piano di campagna è notabile uno stretto portale parzialmente tamponato a stipiti composti ed architrave rettangolare. In prossimità del piano terreno rimane una piccola feritoia tamponata. Avanzi di strutture murarie notevolmente rimaneggiate sono situati nell'estremità meridionale del pianoro su cui si innalza il mastio. Il complesso fortificato occupa la sommità di un colle di natura marnosa che si innalza in posizione isolata all'interno dell'ampia conca di Felina. Il colle ha avuto origine da fenomeni di erosione residuale che hanno interessato tutta la zona determinandone la caratteristica morfologia».

http://www.reappennino.it/database/iat/iat.nsf/sottocategorie/CADC00E519676DD2C1256897002DF34C?OpenDocument&com=Appennino%20Reggiano&


GOVA (resti del torrione)

Dal sito www.comune.villa-minozzo.re.it   Dal sito www.comune.villa-minozzo.re.it

«Scarsissime sono le notizie riguardanti il castello di Gova, che sorgeva su un poggio ad occidente del borgo. Della fortezza rimane solamente una massiccia torre a pianta quadrangolare realizzata in pietra secondo la tecnica dell'opus quadratum, con portale sopraelevato sormontato da un concio recante un'arma non più leggibile. Benché la prima documentazione del castello, elencato tra i possedimenti della famiglia Dalli, risalga al XV secolo, la fondazione del complesso è sicuramente da datare in un'epoca antecedente».

http://www.comune.villa-minozzo.re.it/turismo/pagina.php?id_sezione=2&id_pagina=116


GUALTIERI (palazzo Bentivoglio)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito www.paesionline.it

«Fu eretto tra il 1594 e il 1600 da Ippolito, che vi inglobò la “Casa Vecchia” del padre Cornelio. In origine l’edificio era costituito da quattro facciate in cotto lunghe 90 metri, uguali a quelle visibili oggi. Negli angoli della pianta quadrangolare si innalzavano quattro torri; si pensava che il palazzo potesse essere circondato da un fossato, ma la pavimentazione originaria della piazza, formata da mattoni posti di costa a spina di pesce e visibile in uno scavo nel giardino antistante il palazzo, smentisce questa ipotesi. Una stima del 1726 testimonia che il palazzo all’epoca era ancora integro; i mattoni dei tre lati oggi mancanti furono utilizzati per rinforzare e alzare gli argini del Po, durante la piena del 1751. La distruzione dei tre quarti del palazzo ha compromesso la stabilità del delizioso Teatro settecentesco di stile barocco (opera di G. B. Fattori, 1742-1790). È presente nell’ala superstite la struttura in ghisa che ha sostituito nell’Ottocento, dopo un incendio, quella originaria in legno. L’interno è a tre ordini di palchi e ha mantenuto una buona acustica. È ora inagibile. Al piano terra del palazzo si trova la Sala dei Falegnami, utilizzata in passato da artigiani del legno, ora adibita a spazio espositivo e sala conferenze. Al piano superiore troviamo Il Salone dei Giganti, la Sala dell’Eneide, la Sala di Icaro, la Sala di Giove e la Cappella Gentilizia. Il Salone dei Giganti. è la sala più rappresentativa del palazzo. Se ora vi si accede attraverso due ingressi nella parete a sud, originariamente si entrava, come si può notare dall’affresco, dalla porta principale sul lato orientale. 

Il ciclo di affreschi è suddiviso in tre fasce pittoriche. Subito sotto al soffitto corre una decorazione a dentello, delimitata da un cornicione, che inquadra una serie di figure allegoriche a monocromo racchiuse entro cornici ad angoli rilevati che alludono alle virtù, alla magnificenza, alle arti e alla cultura del marchese. La seconda fascia pittorica inquadra alcuni episodi tratti dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, posti all’interno di cornici, dipinte a monocromi nei colori verde, viola, ocra-giallo e amaranto, intervallate da figure di ignudi con funzione di telamoni che sporgono in posizioni differenti da un finto cornicione. Nella restante fascia pittorica sono illustrati altri episodi del poema, più ampi dei precedenti negli scomparti e che recano nella cornice sovrastante una targa che doveva contenere gli argomenti affrescati. Su queste ultime scene, nelle tre pareti nord, est e sud del salone, sembrano sovrapporsi con effetto tromp-l’oeil, grandi quadri con cornici dorate, che dovevano rappresentare i fasti della famiglia Bentivoglio. I principali artisti che curarono queste decorazioni furono Sisto Rosa (il Badalocchio) della scuola dei Carracci e Pier Francesco Battistelli della scuola del Guercino. Sala dell’Eneide. È l’attuale sala d’ingresso, al primo piano. Il fregio, raccordato al perduto soffitto da una finta cornice a modiglioni e scandito da mensole con figure di putti, è composto da sedici riquadri, quattro scene per parete, di cui le due laterali a monocromo viola e le laterali a monocromo ocra-giallo. Delle sedici scene originarie del fregio due sono andate perdute a causa dell’apertura delle finestre e quattro presentano solo deboli tracce di pittura o frammenti del disegno inciso. Da una ricognizione del fregio si evince che il soggetto è tratto dal libro VII al XII dell’Eneide. La presenza di un ciclo dedicato al pio Enea appare perfettamente consona a questa sala che fa da anticamera alla cappella privata e precede le storie romane delle altre due sale, ma al contempo può essere posta in relazione al perduto ma documentato ciclo dedicato all’Orlando e naturalmente alla Gerusalemme dipinta nel salone. ...».

http://www.comune.gualtieri.re.it/index.php?option=com_content&view=article&id=111&catid=42&Itemid=215


GUASTALLA (palazzo Gonzaga)

Dal sito www.comune.guastalla.re.it   Dal sito www.beniculturali.it

«Il Palazzo ducale, antica residenza dei Gonzaga, è uno dei principali fattori di identità di Guastalla e nelle sue sale accoglie il Museo della Città. L’edificio, in muratura di mattoni intonacata con due tonalità fortemente contrastanti, presenta, nel fronte principale, la parte centrale a tre piani fuori terra affiancata da due ali di altezza inferiore, articolate su due livelli. La sua costruzione si fa risalire ai Conti Torelli e fu portata a termine dai Gonzaga che assunsero la signoria di Guastalla nel 1539 con Ferrante (1507-1557), figlio terzogenito di Francesco II e di Isabella d’Este, famoso maresciallo di campo di Carlo V, duca di Ariano e principe di Molfetta. Il momento di maggior splendore della residenza è ascrivibile alla signoria di Ferrante II che, in prossimità delle proprie nozze con Vittoria Doria, volle “abbellire Guastalla, e specialmente il Palazzo”, curandone la sua decorazione in modo che risultasse splendido. Non è facile risalire alle forme originarie del fabbricato, profondamente alterato da successive manomissioni, ma è probabile che l’interno del Palazzo fosse organizzato intorno al grande cortile centrale quadrato, tutto porticato, che, verso est immetteva nel “gran giardino”, mentre gli uffici erano prospicienti la strada Gonzaga, il teatro e le “sale per la conversazione” nell’ala nord, e i fronti sud e est del cortile ospitavano gli appartamenti e gli ambienti di servizio. Dopo la morte dell’ultimo duca, alla fine del XVIII secolo, la cittadina passa ai Borbone di Parma, poi nel 1896, è acquistato dell’industriale Flavio Mossina che apporta all’immobile quelle modifiche che lo caratterizzano ancor oggi, frazionando gli spazi, e facendo decorare le antiche sale secondo lo stile Liberty allora in voga. Nel cortile centrale vengono girate alcune delle scene conclusive del film “Novecento - Atto I” di Bernardo Bertolucci (1976). Fra il 1997 ed il 1998, il Comune di Guastalla decide di acquisire la proprietà dell’immobile, facendone la sede del Museo della Città. Ente promotore: Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Guastalla».

http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html_72814982.html (a cura di Teresa Ferrari)


GUASTALLA (torre Civica o Campanòn)

Dal sito www.prolocoguastalla.com   Dal sito it.wikipedia.org

«Imboccando via Volturno si arriva a piazza Matteotti, dove sorge la settecentesca Torre Civica o "Campanone", nel luogo che un tempo fu dell'antica Rocca abbattuta dagli Spagnoli nel 1690. A testimonianza di ciò, nel 1723 iniziarono i lavori, affidati all'architetto di Parma Cristoforo Trivellino, di costruzione della Torre civica: una torre monumentale che ricordasse le antiche vestigia della città, infatti la sua altezza raggiunge i 42 metri ed è stata costruita utilizzando interamente i materiali della rocca».

http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-reggio-emilia/cartina-monumenti-guastalla/monumenti...


IANO (castello Dondena Bagnoli)

Foto di Roberto Federici, dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

«Il 'castello' sorge lungo la strada che conduce a Figno. I complessi furono realizzati dai Bagnoli, in gusto eclettico neo-medievale, nella seconda metà dell'Ottocento. Possiamo distinguere due edifici. Un primo fabbricato, a lato della strada, presenta caratteri più propriamente rustici e richiama, nella disposizione dei due torrioni angolari raccordati dal corpo centrale, l'analoga struttura della famiglia Alboni a Gelso. Il palazzotto vero e proprio rimane discosto un centinaio di metri. Sono notabili la torre a pianta quadrata annessa all'abitazione, coperta e coronata da merli, una torricella angolare ed una seconda torre circolare di servizio, pure conclusa da merlatura, scoperta. Nell'interno si conservano affreschi di Augusto Mussini e Cirillo Manicardi. Dai Bagnoli la proprietà è passata ai Dondena, ai Del Pozzo, ai Ferrarini ed ora della famiglia Giacobazzi di Formigine».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21411&ID=375174


LEGUIGNO (castello)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito www.castellodileguigno.it/

«Il Castello di Leguigno è una residenza fortificata che risale probabilmente al XIV secolo. Il luogo sul quale sorge è panoramico, gettando lo sguardo sul fondovalle del torrente Tassobbio.Sarzano è ben visibile; cercando con lo sguardo fra campi e boschi verso nord, sul fianco del monte Barazzone, si può scorgere la perduta chiesetta di Pianzo. Alte mura disposte a quadrilatero e dotate di torri angolari circondano l´edificio e circoscrivono un ampio cortile centrale abbellito da conifere. Il castello viene nominato per la prima volta nel Memoriale potestatum del 1198 in cui si certifica il suo assoggettamento al comune di Reggio. Nel Liber Focorum del 1315 i Fogliani figurano come fondatori e signori del castello: con alterne vicende, lo manterranno per molti anni. Nel 1468 il castello viene ceduto dai Fogliani al Conte Giangiacomo Bebbi. Nel 1512 verrà distrutto da un acerrimo nemico dei Bebbi, il crudele Domenico Amorotto. Oggi, restaurato, è visitabile: fra le sue mura funziona il ristorante "il Fantasma"».

http://www.castellodisarzano.it/database1/popup.php?popup=9&header=1


MANDRA (resti del castello)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.caiscandiano.it

«Interessante complesso dominante il corso del torrente Tresinaro sulle pendici del Monte Uccellara. Il castello è nominato in una carta del 1115 e fu per lungo tempo in possesso della famiglia che ne prese il nome. Nel 1184 Jacopo da Mandra cede al Comune di Reggio la sua parte del castello e della corte di Mandra, giurando fedeltà con i suoi uomini. Il castello figura poi, pare erroneamente, nella investitura del patrimonio Matildico a Salinguerra nel 1215; fu quindi espugnato nel 1348 dai Gonzaga, signori di Reggio, che tuttavia non riuscirono a prendere la Rocca. Nel trattato con Bernabò Visconti del 1373 è tra i castelli assegnati a Guido Savina Fogliani ma affidato in "gestione" a Matteo e Giorgio Cattani, forse discendenti della famiglia da Mandra. Si assogettò infine nel 1427 a Nicolò III d'Este Nel 1604 ne viene investito il Conte Alessandro Ariosti. Passò nel 1709 al Marchese Molza ed infine alla fine del Settecento come feudo della casa d'Ottone Chiodini della Lunigiana, comprendendo a questa data 191 abitanti. La chiesa di S. Martino di Mandra è nominata in una carta del Monastero di Marola del 1148. Una chiesa parrocchiale con il titolo dei SS. Fabiano e Sebastiano è elencata insieme a quella di Pianzano nelle Decime del 1302 quale dipendente della Pieve di S. Vitale; ora non rimane che un oratorio, in abbandono, indicato erroneamente dalla Bertolani con il titolo di S. Liberata e dedicato invece a S. Leonardo. Poche tracce rimangono dell'antico castello; sono visibili parte della cinta muraria e di un torrione quadrangolare adibito a fienile. L'unica emergenza è costituita dall'oratorio con gli edifici annessi. Presenta una semplice facciata a capanna con portale a tutto sesto e due finestrelle superiori. L'abside è semicircolare mentre sulla copertura si trova un campaniletto a vela. Sulla porta d'ingresso alla parte civile è visibile un concio datato "1810". Nel 2008 l’area è stata oggetto di una ricognizione archeologica che ha consentito di ripulire rinvenire i resti di parte delle strutture dell’antico castello».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372141


MINOZZO (rocca Minozzo o del Melocio)

Dal sito www.comune.villa-minozzo.re.it   Foto di Giuliano Bianchini, dal sito www.emiliaromagnaturismo.it

  

«Lo stemma comunale di Villa Minozzo raffigura l'antica rocca di Minozzo della quale rimangono pochi ruderi murari e gli avanzi di una torre. La fattura della malta e l'uso quasi esclusivo di pietre a forma di parallelepipedo, cementate a calce, ricordano costruzioni tipiche degli ultimi anni dell'Impero Romano. La frammentarietà delle fonti impedisce di stabilire con certezza la data di costruzione della rocca che costituiva un munito baluardo a difesa dell'alta valle del Secchia. Essendo proprietà ecclesiastica, la rocca viene adibita, nell'XI secolo, a residenza del preposto alla corte e del presidio di soldati stanziati dal vescovo di Reggio. Durante il governo estense, protrattosi fino alla Rivoluzione Francese, la rocca viene eletta a sede del podestà e del notaio. La rocca, occupata nella parte inferiore dalle carceri, era vigilata da due guardiole: una sul monte Castellino e l'altra in fondo alla borgata di Triglia. Nel 1521 la fortezza resiste all'assalto di Domenico Amorotto, dando prova di grande potenza. Quando, nel 1796, gli Este vengono spodestati, Minozzo cessa di ospitare il podestà e, nel 1815, la sede del comune viene trasferita a Villa. Lo stato di estremo degrado in cui versa la rocca, divenuta pericolosa per gli abitanti che ne denunciano i frequenti crolli, spinge il comune a decretarne l'abbattimento. Il mancato accordo sulle spese di distruzione ha annullato tale decisione, consentendo ai resti del fortilizio di sopravvivere».

http://www.appenninoreggiano.it/schede.asp?lang=it&d=rocca-di-minozzo


MONCHIO DEI FERRI O DI SARZANO (casa forte dei Ceccati)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Dal sito www.appenninoreggiano.it

«La casa ha un impianto a corte recintato da un muro ed articolato su due caratteristiche torri. Il cortile degrada verso sud. Le strutture, in pietra, sono attribuibili al XVI - XVII secolo. La prima torre, la più antica, si erge su quattro livelli e relativo coperto in coppi impostato su un soffitto di gronda a classico motivo in laterizio disposto a dente di sega sovrapposto in scansione a "T" intercalata dai fori per i rondoni. Un cordolo di colombaia, lineare e a dente di sega sovrapposto, corre all'intorno. Sui prospetti sud e ovest si trovano due finestrelle a mensola concave riquadrate ed architrave triangolari. Alla base vi è un concio che reca la data 1170. La seconda torre, più bassa e tozza, può essere riferita al XVII secolo. Anche in questa sono visibili i cordoli di colombaia. Sulla sommità è posta una intelaiatura metallica con la campana. Un sottopasso architravato conduce alla parte posteriore del complesso dove è possibile ammirare la compostezza volumetrica cinquecentesca. Il complesso presenta un'ampia facciata, a capanna, con il tetto a due spioventi. La corte interna presenta numerose tracce di luci ed arcate in seguito tamponati. All'interno della corte rimangono le linee di un loggiato tamponato. Un bel portale architravato si apre sul recinto del muro a ponente. Il lato orientale è occupato da antichi edifici di abitazione o servizio, riferibili anch'essi al XVI secolo, che proseguono sul lato meridionale. Un attento restauro da parte degli attuali proprietari ha salvato dal degrado uno dei più rappresentativi esempi architettonici dell'insediamento diffuso sul territorio. Tale insediamento, realizzato dalle famiglie nobili dopo l'affermazione della signoria estense, è caratterizzato dalla tipologia edilizia della casa a torre. Al complesso è annesso l'oratorio del XVIII secolo della famiglia Rossi dedicato alla Madonna della Ghiara».

http://www.appenninoreggiano.it/database/iat/iat.nsf/sottocategorie/AA066E30CA6A99DDC1256857004FDE50?OpenDocument&com=Appennino...


Montecchio Emilia (castello)

a cura di Elisa Delgrosso


MONTERICCO (castello)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito www.prolocoalbinea.it

«Nella località nel X secolo il Castello di Montericco era possesso del vescovo di Reggio. Nel 1243 figura occupato dai Fogliani. Passò successivamente ai Manfredi che ne furono investiti nel 1367. In tal periodo il castello comprendeva le ville di Caselle, Casematte, Borzano, Strada Corticelle, Razzola e Poiano. Nel 1618 conte Paolo Manfredi lo vendette parte al cardinale Domenico Toschi e parte al conte Francesco Vezzani. Al feudo Toschi dipendevano metà della villa di Fogliano, Borzano ed il Querciolese mentre al feudo Vezzani era soggetta la parte verso villa Canali. Il castello rimase alla famiglia Toschi fino al 1901 quando la contessa Matilde Cagliari, vedova del conte Antonio Toschi, vendette l'immobile ai conti Rinaldo e Giulia del fu conte Francesco Casoli con rogito del notaio Rubertelli del 2.1.1901. In seguito fu proprietà degli Arduini, dei Gallinari ed ora dei Bertani. La struttura del castello è riferibile alla fine del XIV secolo. Nel 1927 fu restaurato sotto la direzione dell'ing. Otello Siliprandi. Il complesso sviluppa una pianta irregolare con una torre merlata provvista di piombatoi nell'angolo di nord-ovest. L'accesso avviene attraverso una scala di pietra. La sala di ingresso è ampia e alta con soffitto a cassettoni; conserva una botola ferrata che porta ad un sotterraneo adibito a prigioni. Diversi sono gli ambienti con volta a botte. La vasta sala superiore è illuminata da quattro grandi finestre, vi è visibile il monumentale camino con cappa di scagliola ornata di stemmi ed un soffitto a cassettoni. Rimangono pure frammenti di fregio del XVII secolo. Nel XV secolo vi è segnalata l'esistenza di una cappella. Alla fine del XVIII secolo Montericco comprendeva 488 abitanti. Con la restaurazione la villa entrò a far parte del Comune di Scandiano e nel 1859 di Albinea».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21372&ID=371505


NOVELLARA (rocca)

Dal sito www.fondoambiente.it   Dal sito www.comune.novellara.re.it

«La Rocca che si erge nel centro cittadino è il monumento più significativo della Novellara gonzaghesca. I lavori per la costruzione dell’imponente fortezza dimora furono iniziati nel 1385 da Guido Gonzaga (figlio di Feltrino Gonzaga). È soltanto però oltre la metà del Quattrocento che la Rocca acquista consistenza di fortilizio. Agli inizi del 500 cominciò la serie di interventi che trasformarono gradatamente la fortezza in castello rinascimentale destinato più alla vita di corte che alla difesa. Sotto la direzione di Lelio Orsi, fra il 1561 e il 1566 furono infatti aggiunti il secondo piano e la loggia. Lo stesso Orsi affrescò gli appartamenti del piano nobile, la loggia, il teatro di corte e le sale d’onore al piano terra. In diverse sale (ora occupate dal Museo Gonzaga) vi sono soffitti a cassettoni e splendidi camini in marmo di Verona, decorazioni a festoni e grottesche. ... Sala del Consiglio. Si trova nel torrione a Nord-Ovest. Nel Cinquecento era una sala destinata a rappresentanza con il nome di Salone Gonzaga oppure delle Aquile o degli Specchi. Nella seconda metà dell’Ottocento fu trasformata in Sala del Consiglio e decorata con gusto scenografico da Cesare Cervi, lo stesso autore che, nei medesimi anni, decorò il Teatro Comunale. Sala del Fico. Particolarmente pregevole è il soffitto a grottesche della Sala del Fico, al piano terra della Rocca. Gli affreschi - particolari di carattere allegorico, naturalistico, bizzarro - attribuiti a Domenico Fredino e Giovan Battista Torbido sono della metà del Cinquecento. A metà della volta e nelle lunette vi erano riquadri rappresentanti Storie del Figliol Prodigo e Storie di Giuseppe, staccati nell’Ottocento.

Durante i lavori di restauro della Sala, sono stati scoperti affreschi dello stesso periodo anche alle pareti. Sala Civica. La prima domenica di ogni mese è aperta dalle 10,00 alle 12,30 e dalle 15,00 alle 18,30 la Sala Civica in Rocca ospita una raccolta permanente di quadri di A. Daolio. Ingresso libero. I sotterranei e le prigioni. I sotterranei, fino a poco tempo fa sede del museo della Civiltà Contadina, in seguito a lavori di scavo sono stati momentaneamente chiusi. Nei sotterranei erano un tempo collocate le antiche prigioni (mai ritrovate). Sono invece visitabili, in alcune occasioni, le celle che si trovano nella torre di ingresso della Rocca. Detta Torre fu innalzata nel 1670 per volere di Alfonso II. Sulla porta, oltre alla Torre sono visibili le tracce del ponte levatoio. Acetaia Comunale. La prima domenica di ogni mese (ad esclusione di agosto) puoi visitare l'acetaia comunale situata all'interno della Rocca. Orari: dalle 10,00 alle 11,30 e dalle 15,30 alle 17,00 le restanti domeniche su' richiesta (o in occasione di eventi rilevanti) durante la settimana solo nelle ore serali. Teatro della Rocca. Si trova nell’angolo Sud Est e vi si accede dal cortile interno della Rocca. Costruito dal 1862 al 1868 su progetto del reggiano Antonio Tegani, sostituisce i due teatri precedenti. Il primo Cinquecentesco dell’Orsi (distrutto all’inizio del Settecento), il secondo Settecentesco. È un delizioso classico teatro d’opera all’italiana, costruito su modello dei teatri di Reggio Emilia e Carpi . Il reggiano Cesare Cervi (lo stesso decoratore della Sala del Consiglio) ne decorò la sala e l’atrio».

http://www.comune.novellara.re.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=672&idCat=674&ID=674


PANTANO (casa torre)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Foto di stefano al., dal sito http://italia.indettaglio.it

«Complesso rurale ad impianto articolato probabilmente riferibile ai secc. XVI - XVII. Il paramento è di pietra con ricorsi angolari alterni. Il corpo centrale è connesso ad una torre colombaia con coperto a due falde e cordolo lineare spezzato; vi si aprono finestre quadrate in cotto. Il cordolo di colombaia è in laterizio a dente di sega e lineari sovrapposti, ad angolo retto. Il soffittino di gronda è definito sempre in laterizio sia a dente di sega che a "T". E' pure visibile una finestrella seicentesca in arenaria con davanzale modanato a gola. Nell'ampio prospetto a capanna del fabbricato adiacente rimangono due finestrelle tamponate a tutto sesto: una in cotto e l'altra ad elementi monolitici in arenaria. Verso levante si apre un bel loggiato a quattro luci ad arco sorrette da colonnine. Il vicino oratorio dedicato a S. Rocco è orientato a mezzogiorno. Esso presenta una facciata a capanna con portale architravato sormontato da una nicchia affrescata. L'oratorio è stato frequentato fin dopo la seconda guerra mondiale. "Castello" ed oratorio restano a testimonianza di un centro a convergenza di attività civili e religiose».

http://www.appenninoreggiano.it/database/iat/iat.nsf/sottocategorie/2A9DC09BD9C287F3C125687E0037EF73?OpenDocument&com=Appennino...


PIAZZOLA (castello non più esistente)

Piazzola, foto di iurim, dal sito www.panoramio.com   Piazzola, particolare della foto di iurim, dal sito www.panoramio.com

«...Nel 1089 la contessa Matilde di Canossa, in compenso per il tesoro di S. Apollonio spedito al Pontefice Gregorio VII per le opere di guerra, dona alla Chiesa di Canossa 6 cappelle, due in Felina e le altre 4 in Casale, Piazzola, Iano e Gorgo. In Piazzola sorgeva, probabilmente, l'antico castello di Bibbiano in cui si rifugiò Enrico IV quando nel 1092 fu sconfitto dopo il tentativo di impossessarsi di Canossa. Nel 1287 esso servì da nucleo di difesa per i bibbianesi durante le scorrerie compiute contro il marchese di Bianello dai guelfi scacciati da Reggio. Alcuni anni dopo, nel 1296, il castello venne dato alle fiamme dai parmensi. Del castello non resta più traccia. ...».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21375&ID=371766


POIAGO (torre)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it

«...Il borgo è costituito dall'antico complesso dei Cavalletti ora in parte ristrutturato, ampliato ed adibito a ricovero per anziani. Dietro alla palazzina padronale, articolata ai moderni edifici, si sviluppa una piccola corte dominata da un edificio rustico con casa a torre ed un oratorio. La torre riferibile al XVI secolo è impostata con una pianta quadrata su tre livelli e colombaia superiore, conclusa da un coperto a quattro falde. Particolarmente interessante il cordolo spezzato di colombaia, in laterizio a dente di sega e la cornice di gronda con elementi in laterizio disposti a "T" intercalati dai fori per i rondoni. ...».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372159


PUIANELLO (castello "Il più bello")

Foto di arzan, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.prolocoalbinea.it

«La villa è costruita alla fine del Settecento dal conte Antonio Re governatore di Reggio e fratello dell'agronomo Filippo Re. Fu realizzata nella forma neomedievale in una possessione detta "Il più bello" già dei Marchesi Scaltriti. Dopo i Re passò ai Cremona-Casoli che nel 1892 lo cedettero ai Cassoli-Tirelli, quindi ai Degola ed ora è in proprietà dei Ferrarini. Nella corte della villa si trovava anche un oratorio, dedicato a S. Giovanni in Laterano; una fotografia degli inizi del '900 ce lo mostra, pure in stile neo-medievale, con facciata a capanna tripartita da due lesene e coronamento ad archetti. Il complesso è a pianta quadrangolare sviluppata su tre livelli con quattro torriotti pentagonali angolari. Un elegante fregio in cotto corre all'intorno della cornice di gronda su cui si imposta il tetto a quattro falde. Di interesse è anche il rustico all'inizio della salita di accesso alla villa; anch'esso è realizzato in stile, con porta morta e luci ad arco ogivale».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21401&ID=373825


QUATTRO CASTELLA (castello di Bianello)

Dal sito www.comune.quattro-castella.re.it   Dal sito http://multimedia.quotidiano.net

«Nelle prime colline dell’Appennino reggiano, balcone naturale della pianura dove si possono scorgere le Alpi nei giorni sereni, il Medioevo conserva ancora, perfettamente integrate con la vita moderna e i suoi agi, le vestigia di un passato storico glorioso e affascinante. Quattro Castella, considerata luogo di villeggiatura sin dal XIV secolo per le sue caratteristiche naturalistiche, ospita quattro colli - da levante a ponente - di Monte Vetro, Bianello, Monte Lucio e Monte Zane, sui quali sorgevano altrettanti castelli. Il castello di Bianello è l'unico rimasto integro; forse già dalla prima metà del X secolo vi sorgeva una torre di avvistamento od apprestamenti difensivi. La sua storia si lega alle vicende del castello di Canossa, del quale fu coevo, e soprattutto agli eventi che hanno avuto come protagonista la Contessa Matilde di Canossa. Costruito in pianta poligonale, con basamento a scarpa, formata da un corpo principale quadrangolare con corte interna e da una appendice sul fronte nord-occidenale, la struttura evidenzia successivo sviluppo e aggregazione delle diverse parti a partire dal nucleo originario costituito dalla alta torre sul lato occidentale articolata su quattro livelli e sottotetto. Il contesto canossano, nel quale si colloca il sistema dei castelli della collina reggiana, è segnato da una mirabile integrazione tra forme del costruito medievale ed assetto geologico, che dà origine ad un insieme paesaggistico avente carattere di eccezionalità nel contesto paesaggistico regionale: uno stretto connubio tra valori naturalistico-ambientali ed intervento architettonico che ha prodotto nei secoli una immagine unica ed irripetibile. Nel suo insieme la proprietà, estesa per 1.337.696 mq. occupa una significativa porzione del Comune. Tutto il complesso, acquisito nel 2002 alla proprietà pubblica del Comune di Quattro Castella, è sottoposto a vincolo di tutela del vigente Codice dei Beni Culturali».

http://www.bianello.it/


QUATTRO CASTELLA (resti della rocca di Monte Lucio)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Dal sito www.comune.quattro-castella.re.it

«è il terzo colle verso ponente delle famose Quattro Castella. Già dei Canossa, non è escluso vi sorgesse fin dalla prima metà del X secolo una torre di avvistamento od apprestamenti difensivi come sulle cime vicine. Il castello fu venduto nel 1297 da Attolino da Canossa ai parmigiani. Nel 1307 dopo la sua distruzione ad opera di Azzo d'Este, signore di Reggio, il castello è ricostruito. Nel 1778 la casa gentilizia è descritta come composta da cinque camere, cucina, cantina, portico e stalla al piano terreno, un camerone ed un oratorio. Nella foto è possibile osservare parti dell'antico mastio della Rocca. Nel 2011 è partita un’importante operazione di scavo archeologico sul colle di Monte Lucio finalizzata alla futura realizzazione di un parco archeologico, grazie alla collaborazione fra Comune, Regione Emilia Romagna e Università di Bologna. ... La prima tranche di scavi ha riportato alla luce parte della cinta muraria del castello, l’abside di una chiesa dedicata a San Leonardo datata presumibilmente XIII secolo, il cimitero della chiesa, numerose testimonianze di epoca medievale tra monete, punte di lancia, chiavi, fibbie in metallo, vasi in ceramica grafita».

http://www.comune.quattro-castella.re.it/index.php?option=com_content&view=article&id=141%3Amonte-lucio&...


QUATTRO CASTELLA (resti della rocca di Monte Vetro)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it

«In un rilievo topografico ottocentesco di Monte Vetro, conosciuto anche come Montevecchio, è rappresentata una fortificazione complessa con una torre di notevoli dimensioni, alcuni manufatti, una ghiacciaia, un'ampia cinta difensiva a circuito pressoché triangolare compartimentata da torri perimetrali avanzate a forma di U. Lo stesso sistema di difesa è tuttora riscontrabile nella cinta superiore del castello di Rossena e in quello di Canossa, come si deriva da grafici secenteschi. è il primo a levante dei colli delle Quattro Castella. Dopo i Canossa il complesso passò probabilmente ai Fogliani cui era in possesso nel 1296 quando fu espugnato dai parmigiani. Nel 1344 Bonifacio del fu Guido Savina da Fogliano vendette un terzo del castello ad Albertino e Guglielmo da Canossa per 250 fiorini d'oro, ancora una seconda parte nel 1349, per 1200 fiorini, a Gabriotto figlio di Albertino da Canossa ed infine il terzo restante per 500 fiorini nel 1354 sempre a Gabriotto alla cui famiglia rimase fino all'estinzione. Montevetro è elevato in contea nel 1469. Nel 1472 Ercole d'Este ne concede l'investitura a Gabriotto di Canossa con titolo di Conte; la giurisdizione comprendeva parte di Salvarano e Calenzano, con Roncolo ed il territorio del Ghiardello. Alla fine del Settecento era sede del Pretorio. Il Balletti cita l'esistenza di un oratorio dedicato a S. Antonio di Padova, già ricordato dalla visita pastorale del vescovo Picenardi agli inizi del XVIII secolo. Della fortificazione di Montevetro rimangono, oggi, uno spezzone di muratura in elevazione del lato nord della torre, alcune tracce a piano di campagna che rimarcano la definizione perimetrale degli altri lati e, ancora, brevi tratti della cinta difensiva. Attualmente è in proprietà privata».

http://www.comune.quattro-castella.re.it/index.php?option=com_content&view=article&id=140%3Amonte-vetro&catid...


QUATTRO CASTELLA (resti della rocca di Monte Zane)

Dal sito www.comune.quattro-castella.re.it   Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it

«Monte Zane (Zagno) o Mon Giovanni è l'ultimo, a ponente, dei quattro colli. Sul versante del rio si sono rinvenuti frammenti di vasi e materiale della seconda età del ferro. In epoca matildica vi si trovava probabilmente la chiesa di S. Nicolò in cui furono stabiliti i patti dell'incontro di Canossa. La chiesa di Monte Zane figurerà poi nelle Decime del 1302 soggetta a quella di Bibbiano. Monte Zane è nominato più volte nelle carte del Monastero di Marola del 1147, 1155, 1163, 1181, 1204 e successive. Nel 1204 è riportata l'esistenza del palazzo in possesso di Corrado della Palude. Giovanni della Palude, occupato il castello, lo consegnò nel 1296 al Comune di Parma. Nel 1320 è dipendente dal Comune di Reggio e si danno disposizioni agli uomini di Caviano (S. Polo) e Bibbiano di restaurarne le mura. Nel 1339 Guglielmino Canossa ne ottenne l'investitura dai Gonzaga mantenendolo fino alla estinzione dela propria famiglia. Nel 1472 la sua giurisdizione comprendeva le ville di "Pergolini, Mangalano, Bibbiano, Regnolo, Bennoni, Caro, Salvarano, Calenzano, Rio di Corte e Salvarola". Sotto la direzione dell'ingegnere della cittadella di Reggio, Girolamo Casotti, nel 1497 vengono compiuti lavori alle mura, alla casa gentilizia ed a quella del Podestà, ma già nel 1609 rimaneva la sola torre bisognosa di riparazioni. In questo periodo nel sottostante borgo vi erano 147 persone e 11 case disabitate. Nel 1620 figurano nella torre "due camere, una sala e molti muri vecchi". Nel 1777 il feudo fu incamerato a Montevetro. La proprietà è attualmente della famiglia Cremonini-Cantelli. Rimane parte della antica torre diroccata con un caratteristico coronamento in fregio alla capuccina. Sono interessanti i riferimenti delle ricostruzioni d'impianto studiate dall'arch. F. M. Valli dimostranti le analogie dimensionali del mastio con quello di Montevetro. Nella cresta del colle a sud del castello, lungo il sentiero di accesso è visibile un fabbricato colonico ad elementi giustapposti di antica origine».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21401&ID=373858


REGGIO EMILIA (mura)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito http://space.comune.re.it

«...In età tardo antica lo spazio urbano si contrae ed un nuovo percorso murario ingloba soltanto il centro monumentale e lascia all’esterno un ampio settore già insediato, la civitas vetus. Costituisce una importante testimonianza della “città ridotta” il segmento di mura urbiche rinvenuto di recente in piazza Scapinelli (i materiali archeologici dal suo riempimento indicano una datazione posteriore al V secolo d.C.). In ambito suburbano sorge la chiesa cimiteriale extra moenia, dedicata a sant’Apollinare dal vescovo Prospero, anche essa riportata alla luce da recenti scavi della Soprintendenza archeologica. Nell’899 viene edificato il castrum episcopale per iniziativa del vescovo Pietro dopo le distruzioni degli Ungari. Il fervore edilizio conseguente alla affermazione del Comune, di cui è prova il cantiere della cattedrale, comporta la nascita di nuovi borghi nel suburbio, al di fuori dell’apprestamento difensivo vescovile. Fra il 1199 e il 1314 si intraprende la costruzione delle mura, determinando una nuova forma urbis. Delle nuove mura la mostra illustrerà il percorso, la struttura, le torri di difesa, le porte e il relativo funzionamento. Di queste ultime sono una straordinaria testimonianza le epigrafi conservate nel Portico dei Marmi del Museo. Un ruolo fondamentale è ricoperto dal podestà Guido Lambertini. Nel 1229 il corso del Crostolo viene deviato verso ovest, abbandonando l’antico alveo, poi ricalcato da corso Garibaldi. Fra 1298 e 1306 ha luogo la costruzione del castello di Azzo d’Este a S. Pietro e poi la sua distruzione, e nel 1315 l’escavazione del fossato extramurale. Restauri e migliorie interessano il circuito murario nel XV e prima metà del XVI secolo.

Le mura di Reggio si trovano a dover sostenere la sfida delle nuove armi da fuoco. Nel 1338 Feltrino Gonzaga intraprende l’abbattimento del quartiere di S. Nazario e promuove la costruzione della Cittadella. Nuove opere di difesa si adattano alle tecniche militari completamente trasformate: bastioni, tenaglie, forbici, rivellini, mentre si dà luogo ad una grandiosa quanto devastante impresa di trasformazione urbanistica con la “tagliata”, l’abbattimento dei borghi tutt’attorno alla cinta muraria per riservare un raggio di tiro alle armi da fuoco fino a un miglio dalla città, per iniziativa di Ercole II d’Este (1550). Ne consegue il forzato trasferimento degli abitanti dei borghi entro le mura della città. Un importante corpus di opere, fra i quali spiccano dipinti di Giovanni Soncini e di Biagio Spagni, raffigura la nuova forma della città. Ad essi si collega il plastico in legno e cartapesta di Reggio nel 1560, oggi custodito nel Portico dei Marmi. Dopo un lungo periodo di decadenza nel XVIII secolo, si avvia l’abbattimento dei terrapieni e delle mura, a cominciare dalla Cittadella (1848). Il programma di demolizione delle mura si attua fra il 1858 e il 1903, accompagnato da un acceso dibattito che accomuna Reggio ad altre città italiane. In questo contesto si leva, isolata, la voce di don Gaetano Chierici, futuro direttore del Museo, in favore della salvaguardia di Porta S. Croce. I fautori dell’abbattimento fanno leva su problemi sanitari e sociali, come l’esigenza di impiegare i braccianti agricoli durante l’inattività dei mesi invernali e sulle nuove esigenze create da infrastrutture come la rete ferroviaria. A finanziare l’impresa saranno Roberto e Ulderico Levi ed il barone Raimondo Franchetti. Uno straordinario corpus di fotografie, custodite nella Biblioteca “Panizzi” documenta tutte le fasi dell’opera di demolizione. Si impone un diverso sistema daziario, di cui rimane la testimonianza della gabella a Porta S. Pietro. I nuovi viali di circonvallazione e la cintura verde prenderanno il posto dell’antica cerchia, oltre la quale andrà ad insediarsi una nuova edilizia residenziale di pregio. Segmenti superstiti delle mura sopravvivono solo in corrispondenza di Porta Castello a Porta S. Croce, e con tracce meno evidenti a Porta S. Stefano».

http://www.teknemedia.net/pagine-gialle/musei/chiostri_di_san_domenico_reggio_emilia/dettaglio-mostra/20717.html


REGGIO EMILIA (palazzo del Capitano del Popolo)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

«Il Palazzo del Capitano del Popolo, luogo di cultura e di ospitalità, deve il nome a questa carica che tutelava la sicurezza della città, intratteneva i rapporti diplomatici con l'estero e amministrava la giustizia. La sua realizzazione risale al 1280, anno in cui il Comune acquistò due case nelle vicinanze del palazzo ove risiede il Podestà e, dopo averle demolite, edifica la residenza per il Capitano. Nel 1326 con la fine della carica di Capitano, la città cade sotto il dominio prima dei Gonzaga, poi dei Visconti e, infine, della famiglia Este. Al 1461 risalgono alcuni lavori di restauro, utili per accogliere degnamente la Duchessa Bianca Maria Visconti Sforza, sposa di Francesco I d'Este. Seguì un periodo di degrado che il Comune non riuscì a contrastare a seguito della mancanza delle risorse, per cui decide di venderlo ai fratelli Balburelli degli Scaruffi. A questi si devono la realizzazione delle botteghe, di una stalla per i cavalli e di una locanda che ha per insegna un cappello di ferro rosso, chiamata Osteria del Cappello Rosso. Quello che noi oggi possiamo ammirare è la destinazione ad albergo, frutto di una serie di passaggi di proprietà. Al 1928 risale il restauro globale ad opera del proprietario Eugenio Terracchini che ha consentito di riportare alla luce i segni del passato, basti pensare al salone principale,alla grande sala delle adunanze che un tempo era stata il fulcro della vita politica della Reggio Comunale. Il salone è decorato a fresco secondo lo stile orientale e arricchito con colonne sormontate da capitelli con fregio del 1300; sulla parete di fondo, mentre, spiccano due pavoni che si dissetano a una coppa recante al centro lo stemma di Reggio. Sulla parete vicina all'ingresso, è dipinta una Madonna con Bambino del ‘400 vestita di scuro e con il velo bianco. Esternamente si notano gli stemmi dei primi capitani e il sigillo della Società del Popolo e delle Arti di Reggio».

http://www.byitaly.org/it/EmiliaRomagna/ReggioEmilia/ReggionellEmilia/Palazzo_del_Capitano_del_Popolo


REGGIO EMILIA (palazzo del Comune)

Foto di alexsandro, dal sito www.minube.it   Foto di mattiak, dal sito www.panoramio.com

«Palazzo del Comune si trova in parte all'inizio di via Toschi e a mezzogiorno di Piazza Prampolini. Una data scolpita in un blocco di arenaria ricorda che la costruzione del Palazzo iniziò nel 1414. La parte prospiciente il lato sud della piazza fu completata nel 1417. Il Consiglio Comunale vi iniziò la sua attività nel 1434, dopo l'edificazione delle volte su via Farini e via Croce Bianca. Negli anni successivi l'istituzione comunale ampliò i propri uffici. La facciata del Palazzo, arricchita da un portico a tre arcate a pilastri binati, fu ricostruita nel 1774, su disegno di Ludovico Bolognini; sotto il cornicione del tetto vi è lo stemma del Comune. Alcune sale interne sono arricchite da affreschi settecenteschi e da dipinti ottocenteschi. Sala del tricolore. Progettata e realizzata dall'ingegnere bolognese Ludovico Bolognini nel 1774, fu concepita come archivio del Comune. Fu in questa sala che il 7 gennaio 1797 si riunirono i rappresentanti delle città libere di Reggio, Modena, Bologna e Ferrara per proclamare la Repubblica cispadana, adottando il vessillo nei tre colori verde-bianco-rosso assunti poi nel 1848 come bandiera nazionale (il cui prototipo era a bande orizzontali). La Sala del Tricolore rappresenta il simbolo dell'impegno civile della città. Attualmente è la sede del Consiglio comunale e vi è custodito anche il Gonfalone della città, fregiato di medaglia d'oro. Su un lato vi è raffigurata la Madonna della Ghiara coi santi Prospero, Crisanto e Daria, sull'altro lato lo stemma del Comune. Viene utilizzata anche per matrimoni, conferenze e altre manifestazioni culturali. Ogni anno, il 7 gennaio, la città festeggia l'anniversario della nascita del Tricolore, con manifestazioni civili, religiose e culturali alla presenza di alte cariche dello Stato».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/reggio_emilia/palazzo-del-comune-reggio-emilia/


REGGIO EMILIA (palazzo Ducale)

Foto di Paolo da reggio, dal sito eml.wikipedia.org   Dal sito www.giornatafai.it

«L’edificio sorge nelle forme odierne solo alla fine del XVIII secolo, sull’area ove si trovava il Convento delle monache di San Pietro Martire (fondato nel 1260 e soppresso nel 1783). è appunto del 1783 la decisione del duca di Reggio di far costruire a spese del Comune un Palazzo del Governo, residenza per il Governatore, il Comandante delle Armi e il Maggiore di Piazza. Dopo varie vicissitudini la scelta cadde sul soppresso Monastero ed esattamente sulla parte dell’attuale cortile centrale. Il progetto viene affidato a Pietro Armani. Come scrive Walter Baricchi: “Alla fine del 1786 il palazzo poteva considerarsi terminato e l’anno successivo vi entrava il Comandante delle armi. Con la conquista napoleonica, a partire dal Regno d’Italia (4 maggio 1802) il palazzo dell’Armani venne adibito a residenza dei Prefetti. La Restaurazione portò a un capovolgimento dell’uso del palazzo: infatti i delegati del Comune offrirono al duca il Palazzo affinché ne facesse la propria residenza durante i soggiorni reggiani. Il duca provvede a inglobare alcune abitazioni private e incarica l’architetto Domenico Marchelli (1817) di un progetto di ristrutturazione del palazzo con la formazione del giardino interno e il disegno di una nuova facciata fino alla via di San Pietro Martire. Tra il 1838 e il 1845 su progetto di Pietro Marchelli l’edificio subisce una serie di interventi, che confluiscono nell’attuale edificio, impostato su tre corti. Altri lavori importanti sono quelli del 1911, che danno all’edificio l’attuale sistemazione delle facciate esterne e interne”. La denominazione del palazzo è sempre stata quella di Palazzo Ducale, fino a che nel 1973 è stato approvata la proposta della Giunta di intitolare il palazzo al defunto presidente cileno Salvador Allende».

http://guide.travelitalia.com/it/guide/reggio_emilia/palazzo-ducale-palazzo-salvador-allende/


REGGIO EMILIA (porte urbane)

Foto di Paolo da Reggio, dal sito it.wikipedia.org   Foto di Paolo da Reggio, dal sito it.wikipedia.org

«Porta Santa Croce (Porta Santa Cròuš in dialetto reggiano) è una delle porte delle mura di Reggio Emilia, che corrispondono come perimetro agli attuali viali di circonvallazione. È l'unica tra le porte [con quella di Santa croce, quattro maggiori: Porta San Pietro sulla via Emilia in direzione di Modena, Porta Santo Stefano sulla via Emilia in direzione di Parma, Porta Castello verso la montagna] e le posterle di Reggio Emilia ad essersi salvata dalle demolizioni che interessarono le mura alla fine dell'800. Porta Santa Croce sorge all'estremità nord del centro storico di Reggio Emilia, al termine di via Roma, sull'antica via che portava a Reggiolo, avamposto costruito dai reggiani verso il confine con il comune di Mantova. La porta venne costruita nel 1199 su ordine del podestà di Reggio, il bolognese Guidone Lambertino, ed intitolata alla Croce. Venne interrata con la costruzione del bastione di Santa Croce nel 1551 e riaperta solo nel 1859, con l'abbattimento del bastione dovuto alla costruzione della ferrovia Milano-Bologna. Il restauro che ne seguì non fu dei più felici tanto che della costruzione originale vennero conservate solo le due arcate esterne. Oggi si presenta come una grossa costruzione in cotto, con due archi a tutto sesto al centro. I due archi sono sormontati dallo stemma del Regno d'Italia e dalla scritta RESTAURATA ANNO MDCCCLIX. Dopo un generale abbandono della porta e del quartiere retrostante, sul finire degli anni novanta del '900 entrambi vennero riqualificati con restauri e con varie iniziative, come ad esempio Viaromaviva, che hanno salvato la zona e la porta da un triste e squallido degrado».

http://it.wikipedia.org/wiki/Porta_Santa_Croce_%28Reggio_Emilia%29


REGGIO EMILIA (resti della torre dei Sessi)

Dal sito http://space.comune.re.it/scuolarivalta   Dal sito http://space.comune.re.it/scuolarivalta

«La Torre dei Sessi (famiglia di commercianti) è una tipica casa del tempo, sviluppata in altezza per mancanza di spazio. Nel sottosuolo c'era la cantina, al piano terra la bottega, al primo piano la cucina riscaldata dal focolare e all'ultimo piano la stanza da letto, utilizzata da tutta la famiglia». I resti della torre, datata secolo XIV, si trovano in vicolo Trivelli; la struttura medievale è stata profondamente rimaneggiata, in particolare negli ultimi anni.

http://space.comune.re.it/scuolarivalta/attivita/05_06/Medioevo/index.htm


REGGIO EMILIA (torre del Bordello)

Dal sito http://forum.lettori.net/modules.php   Dal sito www.trivago.it/reggio-emilia-45389

«Torre civica inaugurata nel 1489. La Torre del Bordello fu costruita nel 1489 ed era destinata anche ad archivio comunale. Prese il nome da un edificio vicino, "il castelletto" utilizzato come postribolo. Venne abbassata in seguito ai danni provocati dal terremoto del 1832. L’altezza di questo primitivo edificio era di 38 metri ed è tuttora facilmente riconoscibile nello spigolo nord-ovest caratterizzato da pietra arenaria di Canossa. Nel corso del XVI secolo la torre fu portata all’altezza attuale (51 metri) in due fasi successive; lo dimostrano le tracce di merlature riscontrabili poco al di sopra delle finestre maggiori. Il 28 novembre 1478 gli Anziani (corrispondono agli attuali consiglieri comunali) della Comunità Reggiana decisero di porre mano alla ristrutturazione di tutta l’ala orientale del loro palazzo. Vennero incaricati di studiare la cosa Opizone Ruggeri, Aliprando Arlotti, Paolo Tamaroni, Grisanto Scapoli, Ugolino Falconi e Prospero Pratonieri, i quali elaborarono un progetto che comprendeva la costruzione di una nuova torre destinata all’archivio. La già allora presente scarsità di risorse finanziarie e l’altrettanto presente celerità della burocrazia fecero si che i lavori venissero appaltati solamente nel 1489. Incaricato della costruzione fu l’architetto Girolamo Casotti che agli inizi del 1490 gettò le fondamenta alla profondità di nove braccia rispetto al piano della via. L’altezza di questo primitivo edificio era di 38 metri ed è tuttora facilmente riconoscibile nello spigolo nord-ovest caratterizzato da pietra arenaria di Canossa.

Nel corso del XVI secolo la torre fu portata all’altezza attuale (51 metri) in due fasi successive; lo dimostrano le tracce di merlature riscontrabili poco al di sopra delle finestre maggiori. Nel 1633 la campana maggiore dell’antica torre del Comune (attuale torre dell’orologio) venne trasferita nella torre dell’archivio. Nel 1677 la campana si ruppe e fu necessario rifonderla. L’operazione venne eseguita da Francesco Capelli e Dionigi Filippi. Lo stemma della Comunità ed i Santi Protettori Grisanto e Daria vennero modellati da Giacomo Carboni. Questa è la campana che esiste tuttora. La torre venne danneggiata da scosse multiple di terremoto l’11 e il 12 marzo 1832, per questo motivo la Comunità stabilì di abbassarne l’altezza di 12 braccia. Si oppose l’architetto Luigi Croppi che ritenne di poter conservare la torre in tutta la sua altezza. Il tempo ha dato ragione al ecnico. Nel caso dei due conflitti mondiali sulla torre furono collocati due osservatori antiaerei. Negli anni 1986-89 tutta la struttura fu completamente ristrutturata dall’ing. Daniele Pecorini. Resta da chiarire l’origine del nome di uso comune di “Torre del Bordello”. La spiegazione è assai semplice. Il primo gennaio 1469 gli Anziani comunicano al duca Borso I d’Este d’aver costruito “un casteleto nel quale avessero a stare ed habitare le meretrici”. L’area di detto edificio era contigua a quella poi occupata dalla torre. è curioso ricordare che la gestione di tale pubblico esercizio costituisce un poco glorioso monopolio del Comune. Il vicolo che congiunge via Toschi a Piazza Casotti mantenne ufficialmente il nome poco edificante di “Vicolo del Bordello” sino al 1851. In quell’anno l’arciprete della Cattedrale invitò l’amministrazione comunale a considerare quanto fosse inopportuno conservare alla viuzza un nome così disdicevole. La sua richiesta venne accolta e la via ottenne il nome assai più onorevole di “Vicolo Arcipretura”».

http://www.municipio.re.it/iat/iatRE.nsf/schede/0627880CE10D5701C1256949004E6F96?OpenDocument


REGGIO EMILIA (torre dell'Orologio)

Foto di ghigo65, dal sito www.trivago.it/reggio-emilia-45389   Dal sito www.comuni-italiani.it

«La Torre dell'Orologio del Palazzo del Monte di Pietà (oggi sede Banca Unicredit di Reggio Emilia) fu costruita nel 1216 (altezza m. 47). Nella cella campanaria vi sono tre campane antiche a forma di pera. Nella Torre Campanaria del Palazzo del Monte di Pietà, sono collocate tre campane, che secondo una antica usanza reggiana sono state fuse con metodo denominato "Nota a salto". Le due campane più piccole sono state fuse da "Jacobus de Regio" ed ambedue hanno lo stemma Estense. Nella campana più piccola vi è impressa una bella effigie di San Prospero in Cattedra. La campana più grande si chiama "Forcarola" perché suonava per avvisare dei condannati alla forca, cioè alla pena di morte. Palazzo del Monte di Monte di Pietà - Lato Sud – Piazza Prampolini. A destra del balcone prospiciente lato Sud del Palazzo del Monte di Pietà (ora sede Banca UniCredit) si può vedere un CALENDARIO SOLARE (francese). Il raggio di sole che alle ore 12 penetra nel FORO GNOMONICO segna il MESE corrispondente sul segno zodiacale riportato all’interno del dipinto».

http://www.municipio.re.it/iat/iatre.nsf/schede/5D6CE72BA810D2C8C1256949004E6F99?OpenDocument


REGGIOLO (rocca)

Dal sito www.comune.reggiolo.re.it   Dal sito www.modenainbici.it

«Nel centro storico di Reggiolo sorge l’imponente Rocca, creatasi intorno all’antica torre medievale (mastio) del 1242, su una modesta altura artificiale, detta “mota”, ora compensata dal rialzo della strada. La torre, circondata da un muro di cinta lungo 40 metri e che in origine non doveva superare gli 8 metri di altezza, risulta così essere il primo elemento di fortificazione del paese , eretto dai reggiani. Più tardi, quasi certamente nel XIV secolo ad opera dei Gonzaga di Mantova, l’assetto della Rocca subì sostanziali modifiche, configurandosi pressappoco come appare oggi ai nostri occhi. Sotto i Gonzaga infatti, il muro di cinta, detto “circhia”, venne innalzato fino a raggiungere i 14 metri e venne dotato di quattro torri angolari alte circa 20 metri, due delle quali, quelle rivolte a sud ovvero verso Reggio, sporgenti. L’ingresso della Rocca si apre al centro della facciata sud per mezzo di una stretta porta d’accesso, in corrispondenza della quale, si erge una quinta torre centrale; tutte le torri sono aperte verso l’interno per consentire più facilmente le manovre di mezzi e persone e sembra inoltre che fossero collegate e raccordate con il mastio centrale tramite “passerelle volanti o sospese”. Restano ancora tracce dell’antica merlatura, mentre tutt’intorno al perimetro murario correvano i camminamenti per le ronde di guardia dei soldati. La facciata sud risultava essere dunque la parte più importante e maggiormente strutturata per la difesa contro eventuali attacchi da parte dei reggiani. La sporgenza delle due torri d’angolo e la presenza di un’ulteriore torre a difesa della porta, consentivano infatti di tenere sotto tiro gli assalitori, sfruttando anche le numerose feritoie appositamente realizzate, aperte all’interno e più strette verso l’esterno. A nord invece, le torri erano in linea con le mura, protette dal fossato e rivolte verso la parte del territorio mantovano, cosa che le rendeva difficilmente attaccabili.

Da un disegno riprodotto, che ricostruisce graficamente le fattezze originarie dell’intera struttura, possiamo immaginare come doveva essere il complesso fortificato nella sua massima completezza, sotto il dominio mantovano nel corso del XV secolo. La Rocca col mastio aveva all’interno un vasto spazio nel quale trovavano posto gli ambienti per i soldati, le stalle, i magazzini delle derrate, qualche casa e la sede del Governatore o del Vicario. All’esterno, la Rocca era difesa da un profondo fossato che circondava anche la parte abitata a nord, denominata “castello”, anch’essa difesa da mura e collegata alla Rocca mediante un piccolo ponte levatoio; il fossato di difesa dunque, in cui scorreva l’acqua del vicino canale Tagliata, veniva così ad assumere la forma di un grande “otto” che circondava (e separava) in tutto il suo perimetro il complesso fortificato e quello abitato. Oggi, sono ancora visibili nelle torri angolari della facciata principale, le tracce (vedi i mattoni in verticale di colorazione diversa) di un ulteriore muro di recinzione che doveva fungere da sorta di anticamera tra il portone d’ingresso e il ponte levatoio più esterno, struttura che oggi non esiste più. Nel corso del 1700, furono demolite anche le mura e le torri presenti nella zona incastellata. Dai documenti, si hanno notizie dell’intervento, nel 1472, dell’architetto fiorentino Luca Fancelli, chiamato a Mantova dai Gonzaga come collaboratore dell’Alberti e come sovrintendente ai vari cantieri aperti in città. Qui a Reggiolo, gli fu affidata la sistemazione del cosiddetto “palazzo in rocca”, con la creazione di tre sale stuccate e decorate delle quali però oggi, non rimane che un solo salone spoglio situato nella parte est della struttura. Malgrado questi lavori di restauro e di risistemazione della Rocca ad ambiente abitativo e residenziale per i Duchi, i Gonzaga, nei loro soggiorni in zona, preferirono sempre al Castello, la vicina Villa Aurelia e in generale la Rocca non ricoprì mai veramente una funzione residenziale ma, piuttosto, mantenne la sua tipologia militare. Non è da escludere inoltre che i lavori realizzati dal Fancelli, abbiano riguardato anche la creazione di documentati “passaggi segreti” sotterranei; in alcuni carteggi si accenna infatti a ingressi/uscite dalla Rocca verso Gonzaga e verso la Villa Aurelia, attestati anche da recenti lavori di scavo.

Il mastio. Costruito nel 1242, è la parte più antica della Rocca. Ha un’altezza di 36 metri per una larghezza nelle pareti esterne di 11,30 metri; alla sua base, forma un barbacane di rinforzo alla struttura sporgente di circa un metro rispetto la linea delle pareti. Presenta una muratura massiccia, che parte da uno spessore di circa 2,30 metri nella parte più bassa, ma che via via si alleggerisce fino agli 1,80 metri della parte alta. All’interno vi sono sei piani, oltre al piano terra e all’ultimo piano a cielo scoperto, che possono essere risaliti mediante una scala a muro in marmo di 130 gradini, del 1400. Soprattutto nella parte interna, si possono ancora notare dei fori nella muratura che erano serviti per fissare i ponteggi nella costruzione dello stesso mastio. Inoltre, lasciate scoperte dal restauro, sono visibili, salendo la scala interna, le travi in legno di rovere che servivano per alleggerire e rendere più elastica l’intera struttura. La vita in Rocca. All’interno della Rocca, erano in genere ospitati tra i 10-15 soldati nei primi secoli, in periodo di pace. Quando la situazione si faceva critica, potevano essere una cinquantina i militari di guardia e, in caso di attacco imminente, si potevano accogliere anche 300 soldati per resistere ad un lungo assedio. Vi erano dapprima balestrieri e arcieri; poi, dal XV secolo, prevalsero gli archibugieri e i tiratori di fuoco. Pare che con il forno all’interno della Rocca, si scaldasse anche la pece, che veniva scaricata bollente sulle teste degli assalitori. Nei momenti di pericolo, vettovaglie, beni e animali, e la stessa popolazione dei borghi esterni, venivano ospitati dentro la Rocca. Quasi mai Reggiolo è stata sede di un Signore; fu infatti governata da Vicari e Commissari, che si trasferirono stabilmente qui e che a volte erano anche originari di Reggiolo. Proprio per questo motivo, la Rocca ha lasciato nella memoria, nel corso dei secoli, la tradizione non di un’oppressione, ma di una grande difesa e protezione. I restauri. Sono stati effettuati diversi interventi di restauro che hanno riguardato la Rocca. Tra i più importanti, ricordiamo quelli del 1976-1978 che hanno riguardato principalmente il mastio, e quelli del 1980-1983 che si sono occupati delle rimanenti strutture. Il terremoto del 1985, benché non avesse arrecato danni gravissimi, rese inagibile la Rocca per un periodo di circa dieci anni. Solo nel 1995 infatti, vennero intrapresi i lavori che portarono poi alla riapertura definitiva della Rocca al pubblico e ad un suo più attivo inserimento nella vita e nelle pubbliche manifestazioni della comunità».

http://www.comune.reggiolo.re.it/Sezione.jsp?idSezione=37


REGIGNO (torre)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Foto di Paolo da Reggio, dal sito it.wikipedia.org

«Nucleo di grande pregio situato su un rilievo alla sinistra del rio Riana. Alla deviazione della strada per Felina è visibile una maestà a pilastrino cuspidata. Il complesso, articolato a corte, comprende il palazzo signorile già dei Crovegli ed ora della famiglia Ovi, un oratorio dedicato a S. Lucia, come indicato nella Visita Picenardi del 1709 e diversi rustici. Il palazzo si erge imponente, con un volume compatto a pianta quadrangolare sviluppata su tre livelli. Sull'angolo a nord-est è connesso ad una bella struttura a torre che si innalza, rispetto all'edificio, con la parte superiore della colombaia; questa è delimitata da un cordolo lineare modanato e vi si apre un bel rosone a ruota in laterizio. Il tetto a quattro falde si imposta su una cornice di gronda a sguscio mentre a filo del prospetto è collocato un campaniletto a vela. Il paramento in pietra è a leggera scarpa. La facciata del palazzo è ampia e luminosa con luci regolari e simmetricamente distribuite. L'oratorio settecentesco presenta un prospetto a capanna, rivolto a sud, delimitato da lesene angolari con capitelli ionici e concluso in vertice da un frontespizio triangolare. Il portale architravato è sormontato da un rosone ottagonale. Nei fabbricati colonici rimangono elementi architettonici di interesse quali conci angolari scolpiti ed un portale in arenaria. Il palazzo pure se riferibile nelle forme attuali ad una probabile ristrutturazione settecentesca deriva da una più antica tipologia, forse del XVI secolo».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372161


RIVERZANA (borgo, casa-torre)

Il borgo e la torre di Riverzana secondo un progetto di ristrutturazione, dal sito www.appenninoproperties.com   Dal sito www.tuttacanossa.it

«Il borgo di Riverzana è situato quasi al centro del vasto anfiteatro che delimita la testata del Rio Vico; l'antica origine del sito è attestata dall'antica casa a torre che vi s'innalza, sormontando nettamente tutti i restanti fabbricati. A lato della torre venne, in epoca successiva, eretto un secondo massiccio edificio, con ampia superficie di pianta le cui caratteristiche artistico-compositive ne permettono la datazione al XVI-XVII secolo. Era questa una costruzione che originariamente possedeva un certo "rango architettonico", ricca d'ornati e di pregevoli finiture. Anche la casa a torre di Riverzana, analogamente alla maggior parte delle altre case a torre vicino a Canossa, costituiva con ogni probabilità una "difesa avanzata" nei confronti della Rocca stessa, eretta a presidio di una valle laterale. Più sotto, in direzione nord-ovest, è situato l'antico mulino del "Fontanino", che conserva elementi costruttivi di facciata risalenti al tardo medioevo; l'opificio idraulico aveva grande importanza nel medioevo, poiché era uno dei pochi presenti nelle immediate vicinanze della Rocca di Canossa. Per raggiungerlo è sufficiente percorrere, in discesa, la carrareccia che collega Riverzana al fondovalle del Rio Vico».

http://www.comune.canossa.re.it/Sezione.jsp?titolo=Riverzana&idSezione=106


ROMAGNANO (fraz. di Carpineti, borgo, case torri)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it

«Il borgo di Romagnano si innalza all'interno di una valle compresa tra i monti S. Vitale e Uccellara. L'abitato è mirabilmente inserito nell'ambiente ed i fabbricati, distribuiti scalarmente lungo il pendio, si integrano nel paesaggio. Il borgo ha una lunga storia testimoniata da alcuni suoi fabbricati del XV secolo. Gli angolari negli spigoli dei fabbricati, i portali, le finestre e gli architravi sono spesso decorati con motivi a zigrino, incisioni a losanga, a croce a spina di pesce ed a riquadri concentrici. Gli smussi d'angolo attestano la plasticità della pietra, ben lavorabile ed estratta dal vicino monte di Valestra. Nella estremità orientale del bosco si innalza un'antica casa a torre con portale a mensole concave di origine quattrocentesca. Al suo interno sono ancora conservati il pavimento originario, le pareti divisorie realizzate tramite un intreccio di legno di nocciolo ricoperto da un impasto di fango e gesso, una scala ad arco che introduce al piano superiore, strettissime ed essenziali finestre. Un adiacente fabbricato, forse anch'esso residuo di una antica torre, mostra in facciata un portale quadrangolare, ora tamponato. Gli stipiti sono composti e l'architrave reca incisa una croce che sormonta il millesimo "1430"».

http://www.appenninoreggiano.it/database/iat/iat.nsf/sottocatcomuni/7645200ADEDA3AE6C12568800056016C?OpenDocument&com=Carpineti&


ROSSENA (castello)

Dal sito www.dodecapoli.com   Dal sito matildedicanossa.galmodenareggio.it

«Nel borgo di Rossena si trovava un possente castello, forse tra tutti il più bello e meglio conservato dell'intera area matildica. Esso sorge su una rupe vulcanica dal particolare colore rossiccio dalla quale si domina un paesaggio unico e irripetibile, che abbraccia un ampio tratto della pianura e della dorsale appenninica tosco-emiliana. Nel secolo XI esso apparteneva a Bonifacio di Canossa, e nel XIII secolo fu incamerato dai Da Correggio che lo tennero fino al 1612, quando passò al ducato di Parma e nella prima metà del XIX secolo ospitò la duchessa Maria Luigia d'Austria, allora signora di queste terre. Parte della costruzione risale al X secolo: si tratta del mastio, tipologicamente simile alla vicina torre di Rossenella e con essa probabilmente destinato alla difesa del castello di Canossa posto più a monte. Esso mantiene invariato il proprio ruolo militare fino alla seconda metà del secolo XVIII, periodo nel quale fu trasformato in residenza; testimoniano questo passaggio le iscrizioni e l'apparato decorativo rinvenuti in alcuni ambienti in occasione del recente restauro. L'immagine austera del complesso fortificato è dovuta soprattutto al susseguirsi delle cinte murarie: la prima da cui tuttora si erge la parte rimasta del mastio, delimitata dalla piazza d'Armi; la seconda cinta con alte cortine murarie, realizzata per la difesa piombante e la terza con i bastioni, memoria dell'avvento delle artiglierie.

Il castello si sviluppa principalmente su tre livelli: la quota della "sala d'Armi" comprendente le prigioni, la sala d'Armi, il refettorio e la cisterna, collegati tra loro da percorsi irregolari di scalini in pietra e laterizio. La quota "piazza d'Armi" comprendente il nucleo originario del sistema difensivo, con la piazza delimitata a nord ed ad est dall'edificio. Gli ambienti che si sviluppano a questo livello sono ampi ed è riconoscibile l'ambiente interno del mastio al quale si accede attraverso un portale risalente al XIX secolo costruito in laterizio. In numerose sale, dopo in recente restauro, sono state rinvenute decorazioni su intonaco risalenti alla seconda metà del 1700. Il terzo livello, al quale si accedeva attraverso un passaggio ricavato nella muratura del mastio è meno ricco di testimonianze fatta eccezione del portale in pietra che conclude il passaggio verticale sopraccitato. Dirimpetto a Rossena, sorge isolata la quadrangolare Torre di Rossenella, su un picco roccioso che domina l'oasi di Campotrera, a conferma del gran sistema difensivo che circondava il più importante castello di Canossa. Essa costituisce, oggi, uno dei manufatti più interessanti dell'Appennino Reggiano perché, non alterata da successive integrazioni murarie riesce a denunciare la sua connotazione originaria. Immediatamente a valle della rocca, nel suo fianco orientale, è situato l'omonimo borgo, costituito da una duplice schiera di fabbricati eretti a lato della strada maestra; le molteplici ristrutturazioni non hanno impedito la conservazione di qualche traccia delle originarie vecchie costruzioni: si segnala una casa a torre capitozzata e un frammento di paramento murario realizzato con la tecnica medievale dei blocchi di pietra disposti in corsi paralleli».

http://www.comune.canossa.re.it/Sezione.jsp?idSezione=51


ROSSENELLA (torre)

Dal sito www.parks.it   Dal sito www.actaplantarum.org

«Di fronte a Rossena sorge isolata la quadrangolare Torre di Rossenella, raggiungibile da un breve cammino e visitabile, per ora, solo esternamente. La torre fu edificata su un picco roccioso che domina l'oasi di Campotrera e la sottostante vallata del Rio Cerezzola, ed era parte integrante del sistema difensivo che circondava il più importante castello di Canossa. Essa costituisce oggi uno dei manufatti più interessanti dell'Appennino Reggiano perché, non alterata da successive integrazioni murarie, mostra con evidenza la sua connotazione originaria, e permette di risalire anche alle condizioni di vita che si svolgevano in pieno medioevo all’interno delle torri difensive. La torre era articolata su tre piani: per motivi di sicurezza l’ingresso era sopraelevato di alcuni metri rispetto al piano di campagna e avveniva tramite una scala in legno, retrattile. All’interno tracce di focolari e una latrina aggettante indicano l’uso dei diversi vani. Il livello superiore era utilizzato per le segnalazioni e per colpire eventuali assalitori, mentre al piano di campagna vi era il deposito viveri, e all’esterno la cisterna per la raccolta delle acque piovane. Questi stessi elementi costruttivi, seppure con maggiori spazi, in particolar modo per le aperture, si ritrovano nell’architettura delle case a torre tardo-medievali, attestandone così la diretta emanazione dagli antichi “modelli” feudali. Rossenella è stata acquistata dal Comune di Canossa nel corso dell'anno 2000 in previsione di un suo restauro e recupero funzionale».

http://www.tuttocanossa.it/borghi_rossenella.htm


RUBIERA (Corte Ospitale)

Da un video nel web   Dal sito www.corteospitale.org

«Uno dei più importanti ospedali per pellegrini che sorgevano fra Secchia ed Enza, lungo il corso della Via Emilia, era proprio quello di Rubiera. Sorto all’incrocio fra la strada ed il fiume, l’ospizio fronteggiava il passaggio continuo di pellegrini e viandanti sulla Via Emilia, ma anche lungo l’altro importante asse viario che, correndo parallelo al corso d’acqua, portava a Sassuolo e a Frassinoro e, attraverso i passi appenninici, anche a Lucca e a Roma. Da Rubiera passavano in molti. Il più antico ospedale per pellegrini, gestito da una piccola comunità di benedettini, esisteva forse già nel 1179; sorgeva a ridosso del centro urbano, in direzione del fiume, fuori dalla porta orientale. In occasione però della tagliata imposta dal duca Alfonso I d’Este nel 1523, questa struttura venne distrutta. La nobile famiglia Sacrati, subentrata come patrocinatrice dell’ospedale, ne curò la ricostruzione, sopra un terreno di sua proprietà, a Nord del paese, vicino al fiume e dove il guado era più facile. Si progettò così un complesso rinascimentale di grande impatto, prestigioso per la committenza. L’incarico fu assegnato da Aldobrandino Sacrati a Giovanni Battista Carretti, con l’intervento di maestri costruttori reggiani e rubieresi. Così nel 1531 si diede inizio ai lavori che procedettero con alacrità. Nel 1535 cominciò la costruzione della chiesa, l’anno successivo il chiostro e nel 1539 fu la volta della copertura. Ad affrescare la chiesa fu chiamato Benvenuto Tisi detto il Garofalo, uno dei pittori più famosi della corte di Ferrara.

L’ospitale dedicato a S. Antonio era per l’epoca un edificio enorme e innalzandosi nella pianura era visibile anche da lontano. L’ospizio offriva l’ospitalità di una notte e di un solo pasto ai pellegrini e ai viandanti. Chi non poteva fermarsi riceveva un po’ di pane o qualche capo di vestiario. Per gli ammalati funzionava un’infermeria ed era fornita anche l’assistenza religiosa. Importante era poi la possibilità di attraversare il fiume: l’ospedale infatti deteneva i diritti sul "passo di Secchia" che funzionava giorno e notte e garantiva il passaggio gratuito solo ai poveri, ai pellegrini e ai religiosi. L’ospedale elargiva in giorni e periodi stabiliti elemosine che diventavano quotidiane in tempi di carestia. Tutto questo però terminò nel 1765 quando il duca di Modena, Francesco III, soppresse tutti gli ospedali del suo stato. I Sacrati offesi se ne andarono e cominciò la decadenza dell’edificio che, acquistato dal conte Greppi, venne trasformato in tenuta agricola. Passata di mano in mano, la Corte di Rubiera, così ormai viene chiamata, continuò a degradarsi, finché fu acquistata dal Comune che ne ha curato il restauro. Il 2 febbraio 2000, al termine dei lavori di recupero, il bellissimo ed importante complesso storico fu riaperto al pubblico. Il fabbricato del'Ospitale ha un impianto quadrangolare comprendente il corpo principale su due livelli ed i fabbricati di servizio. Presenta una facciata in laterizio ed un motivo ornamentale del cornicione in cotto di punta e martelletto, motivo molto diffuso nel XV e XVI secolo. Gli ambienti direttamente funzionali alle attività dell’ospizio sono disposti intorno all’ampio cortile centrale con porticato a crociera sostenuto da colonne. Di fronte all’ingresso principale si erge la snella torretta dell’orologio. I servizi collocati sul cortile di levante, verso il Secchia, sono delimitati da un muro di cinta con torrione e arco passante con cornice a colombaia. Il grande e bellissimo complesso è ora la sede di: Associazione Linea di Confine per la fotografia Contemporanea; Centro Teatrale La Corte Ospitale; Consorzio per la gestione dell'Area di Riequilibrio Ecologico della Cassa di espansione del fiume Secchia e delle aree contigue; Assessorato alla cultura».

http://www.comune.rubiera.re.it/Sezione.jsp?idSezione=439


RUBIERA (resti del forte)

Foto di arzan, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito it.wikipedia.org

«Il forte presentava un formidabile impianto fortificato dalla struttura compatta a pianta quadrangolare con cortile centrale, articolata ai vertici a quattro grandiosi bastioni dal paramento scarpato. L’epoca di origine di questo impianto è più propriamente da ricondursi ai lavori di fortificazione compiuti dopo il definitivo passaggio del paese sotto il dominio estense nel 1421, anche se nel 1200 il Comune di Reggio Emilia edificò il castello di Rubiera a difesa della via Emilia e del transito sul Secchia. Leonello d’Este diede inizio alla costruzione di alte mura che furono poi completate dal duca Borso in un periodo compreso tra il 1441 ed il 1471. Altri importanti interventi di sistemazione del forte furono condotti nel 1491 con la partecipazione dell’architetto Biagio Rossetti ideatore della “addizione erculea” ferrarese. Nessuna traccia rimane delle mura quattrocentesche. Secondo la pratica militare del tempo esse dovevano essere circondate da un fosso profondo, con alte cortine rettilinee in muratura intervallate da torri tonde o quadrangolari, tracciate secondo un disegno geometrico non molto complesso così come le vediamo rappresentate nella pianta delle fortificazioni di Rubiera disegnata nel XVII secolo. Un intervento di riforma dopo la metà del XVII secolo fu comunque compiuto dal duca Alfonso I per un adattamento più funzionale all’uso moderno delle artiglierie del tempo rinforzando le mura, costruendo baluardi, allargando i fossati e creando una zona di rispetto libera da costruzioni ed alberature intorno al borgo. L’unico intervento di ridefinizione del disegno delle fortificazioni è forse da riconoscere nell’ampio baluardo pentagonale eretto a protezione del forte verso occidente e di cui resta oggi il ricordo nell’area di forma triangolare suddivisa in due settori della via Emilia nell’accesso al centro storico. In questo luogo fu tenuto prigioniero e poi decapitato il 17 ottobre 1822 don Giuseppe Andreoli, primissimo eroe del Risorgimento italiano. Lo sviluppo urbanistico iniziato con la realizzazione della linea ferroviaria portò negli anni successivi all’alienazione delle fosse, alla cessione dell’area antistante il Forte e, nel 1922, all’abbattimento della parte centrale dello stesso Forte».

http://www.comune.rubiera.re.it/Sezione.jsp?idSezione=439


SACCAGGIO (torri)

Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it   Dal sito ww.appenninoreggiano.it

«La "contea" di Saccaggio e Pontone ha origini antiche seguendo le vicende storiche di quest'ultima località. Nel 1218 il comunello presta il giuramento di fedeltà al Comune di Reggi ed è ancora compreso con 46 fuochi comuni con Villaprara e Pontone nell'estimo del 1315. L'antica chiesa di S. Maria Maddalena, discosta dall'abitato, figura citata fin dal 1191. Il nucleo rurale, ad impianto indifferenziato, occupa le pendici digradanti verso il rio Spirola. Nonostante l'abbandono, il degrado e le profonde trasformazioni conserva un particolare valore tipologico ed ambientale. Le emergenze più significative sono rappresentate da due case-torre riferibili al XV-XVI secolo. L'edificio più antico presenta una pianta quadrata con struttura in pietra ad angolari rifiniti a ricorsi alterni. Si sviluppa su tre livelli con colombaia superiore delimitata da un cordolo lineare. La struttura probabilmente ribassata è coperta da un tetto a due falde. Al prospetto frontale era appoggiato un balchio ora completamente distrutto. Il portale d'ingresso è in arenaria ad arco ogivale. La seconda casa- torre è stata devastata al suo interno. Anche questa è a pianta quadrata su quattro livelli. Si evidenziano i ricorsi angolari alterni, il cordolo lineare di colombaia, una finestra a ruota in laterizio e le mensole di una bertesca. Pure a mensole è il coronamento di gronda mentre sulle spigolo di nord-ovest si aprono due feritoie. L'edificio adiacente conserva nella stalla un interessante solaio a travi lignee oltre a tracce di portali architravati sul prospetto frontale. è ancora inoltre rilevabile un complesso con ingresso al primo piano cui si accede per mezzo di una larga scalinata in cotto. Il portale di questo edificio, a tutto sesto, è in conci di arenaria».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21383&ID=372225


SALVATERRA (castello)

Dal sito www.cronoscalatalariserva.it   Dal sito it.wikipedia.org

«Il Castello di Salvaterra venne costruito prima del 1200. Se ne hanno notizie ufficiali quando il podestà di Reggio, nei primi tre mesi successivi al suo insediamento, dovette recarsi a Salvaterra per ispezionare il castello e darne dettagliata informazione al Consiglio per i provvedimenti del caso. Nel 1209 il castello di Salvaterra ebbe l'onore di ospitare l'imperatore Ottone mentre si recava a Roma per essere incoronato dal papa Innocenzo III, così come risulta dal Memoriale del podestà di Reggio. Nel 1310 Arriverio da Magreta occupò il castello togliendolo ai reggiani che, messo mani alle armi, se ne riappropriarono. Quasi completamente distrutto il castello venne ricostruito nel 1376 dai Fogliani che lo tennero fino al 1409. Cinque anni dopo il castello sarà infeudato ad Alberto della Sala, nobile ferrarese, con tutto il territorio di Salvaterra insieme a Casalgrande e Dinazzano. Il della Sala operò alcune fortificazioni al castello costruendovi anche un robusto ponte levatoio. Morto il della Sala nel 1444, la Casa d'Este infeuderà nel 1449 a Feltrino Boiardo conte di Scandiano la terra di Salvaterra con ciò che restava del castello ("fuit castrum de Salvaterra"). Da allora, e fino all'abolizione dei feudi (1796), il castello resterà assoggettato ai Feudatari di Scandiano, seguendone le sorti».

http://www.comune.casalgrande.re.it/storia/ilcastellosalvaterra.aspx


SAN MARTINO IN RIO (rocca Estense)

Dal sito www.eventiesagre.it   Dal sito http://comune.sanmartinoinrio.re.it

«Costruito dai Canossa nel secolo XI il castello fu distrutto nel 1157 dall’imperatore Federico Barbarossa. Fu poi ricostruito con torri poderose, mura e fosse piene d’acqua. Fu smantellato ancora nel 1353 dalle truppe dei Gonzaga. Sotto il loro dominio degli Estensi (1420-1752), la rocca è ancora sede di scontri tra i vari rami della famiglia che portano anche all’ennesima distruzione del castello nel 1557. Il castello ha pianta rettangolare con torre merlata in un angolo, l'unica rimasta delle due esistenti. Oltrepassando l'ampio portale d'ingresso si incontra la parte più antica della costruzione, contraddistinta da una pregevole cappella del 1395 dedicata a San Giovanni Evangelista. All'esterno della cappella si nota una croce in arenaria e lo stemma della famiglia Roberti. Nella rocca si apre un cortile di rappresentanza, con decorazioni rinascimentali e seicentesche. In questo cortile si possono notare pregevoli capitelli in pietra scolpita con ornamenti di ispirazione vegetale. All'interno del castello si presenta, oggetto di particolare cura, l'appartamento del feudatario che era ornato di stucchi ed aveva soffitti a cassettoni artisticamente dipinti: due di questi sono stati evidenziati in occasione dei restauri del 1926. Oggi il castello ospita la biblioteca civica e il Museo dell’Agricoltura».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=792&IDSezione=4630&ID=94084


SAN POLO D'ENZA (case torri)

Dal sito http://nigelvoak.blogspot.it   Dal sito www.appenninoreggiano.it

«La borgata è tra le più significative del territorio comunale. È caratterizzata da due slanciate case-torre quattrocentesche. La prima si affaccia su una piccola corte a lato dell'antica carreggiabile diretta al castello di Viano. Il fabbricato è costituito da una colombaia delimitata da un cordolo in laterizio recante, superiormente, un articolato soffittino di gronda in laterizio».

http://www.appenninoreggiano.it/database/iat/iat.nsf/sottocategorie/D883AFD250AE8246C12568940037C8A4?OpenDocument...


SAN POLO D'ENZA (rocca)

Dal sito www.comune.sanpolodenza.re.it   Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

  

«Il nucleo architettonico più rappresentativo è ancora oggi quello del Castello, attuale sede municipale. Il torrione, risalente al Quattrocento, è ancora integro. Sono visibili il portale maggiore che serviva per l'ingresso dei carriaggi e quello minore per i pedoni. Si notano le grandi fenditure nelle quali erano inserite le catene per il recupero del ponte levatoio. Sull'erezione del Castello non si hanno documenti ufficiali da cui dedurre con precisione la data della fondazione, ma tutto fa pensare che questa sia posteriore a quella della vecchia "plebs" di Caviano. Tutti gli storici concordano nell'affermare che l'imperatore Enrico IV sostò presso il castello di San Polo nell'ottobre del 1092 prima dello scontro con le truppe della contessa Matilde. La rocca risultava circondata da fosse molto profonde, era provvista di cinta, di torri, di ponte levatoio. L'area del castello raggiungeva dimensioni notevoli poiché oltre alla rocca vera e propria, entro le mura esterne vi erano diverse torri, abitazioni e la cappella Marchesi con l'attigua Chiesa del Santissimo Sacramento. Ben presto fu costruita all'interno del Castello una cappella dedicata a S. Paolo, che diede poi il nome al "Castrum Sancti Pauli". Nell'estate del 1978 l'Amministrazione Comunale si impegnò nel recupero dell'edificio, riconsegnando ai cittadini la sede del loro Municipio nel forse più prestigioso edificio del paese. Alla base della Rocca, inaugurato nel 40° anniversario della Liberazione, è un monumento di Graziano Pompili: Il Gigante Abbattuto. Proprio di fronte all'antica Rocca, sorge la chiesa parrocchiale del Castello, all'interno della quale si può ammirare un bel dipinto cinquecentesco opera di Niccolò dell'Abate e raffigurante l'Adorazione dei Magi. Negli immediati dintorni del capoluogo incontriamo il borgo di S. Matteo, vi si può notare una torre di probabile fattura cinquecentesca. In località Torlonia si è scoperto un villaggio dell'età del bronzo; vi si trova inoltre una interessante struttura ottocentesca in stile neo-medievale, richiamante un torrione, recentemente restaurata e affacciata sul Belvedere di Villa Albarelli (ex Villa Triglia). ...».

http://www.comune.sanpolodenza.re.it/Sezione.jsp?titolo=Visitare%20San%20Polo&idSezione=16&idSezioneRif=8&lookfor=rocca


SARZANO (castello)

Dal sito www.paesionline.it   Dal sito www.comune.casina.re.it

«Il Castello di Sarzano con il borgo annesso è uno dei centri più importanti del sistema territoriale matildico, collocandosi lungo la direttrice strategica Canossa (Castello) - Marola (Abbazia) - Carpineti (Castello) - Frassinoro (Abbazia) in collegamento con la Toscana. La prima citazione di Sarzano risale al 958. Nel 1116 abbiamo notizia del castello e di una cappella, riconosciuti dall'Imperatore Enrico V come possesso dei monaci di Sant'Apollonio di Canossa. Nel XIII secolo la famiglia dei Fogliani si instaura stabilmente nel castello. Nel 1427 Nicolò d'Este toglie ai Fogliani il castello, lo fà fortificare sotto la direzione di Beltramo Comastri e di Francesco da Salvaterra poi, nel 1434, lo restitusce ai Fogliani; a sovrintendere i lavori di fortificazione figura in questo periodo anche l'ingegnere militare bolognese Fieravante Fieravanti. I Fogliani tengono il castello fino al 1516 insieme ai Canossa ed ai Visdomini; questo condominio dura sino alla metà del XVI secolo quando vediamo infatti nel 1568 subentrare ai Canossa il ministro ducale Girolamo Graziani della Pergola. Nel 1694 con la morte dell'ultimo Visdomini il duca riunisce il feudo nelle mani di Paolo Carandini, marito della figlia del ministro Graziani. I Carandini tengono Sarzano fino alla soppressione dei feudi e vi intraprendono importanti restauri ristrutturandone la Rocca nel 1698. Nel 1796 il castello passa al comune, ritornando nel 1815 agli Estensi che nel 1839 ne fanno dono alla chiesa. Oggi è nuovamente in proprietà del Comune di Casina. Originariamente la struttura del castello era organizzata all’interno di tre cerchie di mura: una inferiore con tre porte di accesso (il cui perimetro è oggi ripreso dal tracciato stradale), che comprendeva la chiesa parrocchiale con canonica e una abitazione civile; due superiori concentriche così articolate: un piazzale a recinto come ricetto e difesa degli abitanti, delimitato internamente da un fossato con acqua davanti al portale di accesso con ponte levatoio, un cortile interno con il bastione merlato e i manufatti abitativi ed infine un cortile con la torre difensiva più alta. Restano l'alta torre, adibita a campanile, il mastio dalle rilevanti dimensioni, con merlatura guelfa provvista di piombatoi e coperta da tetto, infine i resti della cinta muraria. Notabile l'ingresso di cui rimane la porta, con massiccio architrave a mensole convesse. Vi si trovava murata una pietra arenaria, ora trafugata, scolpita con lo stemma gentilizio e siglata "Paolo Carandini Marchese di Sarzano e Marchesa Francesca Graziani Carandini Contessa di detto Feudo - Consorti Cremonini restaurarono questa Rocca - Anno 1698". Il Torrazzo costituisce l'elemento più interessante del complesso del castello di Sarzano. Le rilevanti dimensioni planivolumetriche resero questa struttura adatta non solo ad uso difensivo ma anche ad uso residenziale, probabilmente già in epoca feudale fu adibita a dimora signorile».

http://www.castellimatildici.it/sarzano.htm


SCANDIANO (rocca Boiardo)

Dal sito www.maitaiviaggi.it   Dal sito http://reggio24ore.netribe.it

«La Rocca dei Boiardo risalente al XII secolo, domina il centro storico ed è senza dubbio un monumento di grande valore storico e culturale; fatta costruire dalla nobile famiglia dei Da Fogliano, oggi prende il nome dalla famiglia Boiardo che l’abitò dal 1423 per 137 anni. Costruita inizialmente come luogo di difesa, fu per questo dotata di cinta muraria, fossato con annesso ponte levatoio e torri di vedetta. Divenne in seguito dimora rinascimentale, quando il governo di Scandiano passò nelle mani della famiglia Boiardo e fu allora che Nicolò dell’Abate vi dipinse gli affreschi del Camerino, con scene dell’Eneide, trasferiti alla fine del 1700 a Modena alla Galleria Estense. Successivamente vi abitarono i Thiene dal 1565 per 58 anni che apportarono modifiche molto significative all’edificio e lo portarono alle forme attuali, affidando il progetto a Giovan Battista Aleotti. A lui si deve l’elegante scalone che introduce al piano nobile, l’imponente facciata sud e l’ultimazione del torrione a ovest. Nei secoli XVII e XVIII i Bentivoglio prima e i marchesi d’Este poi, introdussero a loro volta decorazioni di gusto barocco. Le numerose modifiche che il castello ha subito nel corso dei secoli rendono difficile la comprensione e la lettura della struttura; in essa convivono diversi stili: medioevale, rinascimentale, barocco e moderno: Le stanze al piano terra, risalenti al periodo cinquecentesco, formano il cosiddetto appartamento estense modificato nella sua veste attuale agli inizi del settecento dai marchesi d’Este; qui si susseguono in tutta la loro bellezza la sala del Camino, in stile rococò e la stanza del Drappo denominata così per un drappo che circonda la volta del cielo del soffitto. La sala delle Aquile, del Festone, e quella dell’Alcova. Uscendo dall’appartamento si attraversa un breve tratto del cortile interno e si arriva al monumentale scalone, opera dell’arch. Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta. A sinistra dello si trova una porta che conduce ai sotterranei del castello, sede delle vecchie prigioni.

Il cortile della Rocca presenta molti elementi architettonici che testimoniano le stratificazioni artistiche succedutesi nei secoli. La parete sud mostra ancora una colonna (dell’originario portico quattro-cinquecentesco) con il caratteristico capitello, di gusto tardo medievale, “a foglia d’acqua” . La parte ovest evidenzia (al di sotto dell’ultima cortina muraria settecentesca) diversi stili e consente di riconoscere, sotto gli archi acuti delle finestre, alcune tracce di affreschi monocromi cinquecenteschi. La maggior parte delle pitture della ultima sala, detta “dell’Alcova” risalgono probabilmente al XVIII sec. L’evento narrato sulle quattro pareti ha forse a che fare con una qualche campagna militare Estense. Sulle due pareti lunghe sono raffigurate: la preparazione della campagna militare (secondo moduli stilistici che richiamano “La scuola di Atene” di Raffaello) e la discesa in campo dell’esercito (secondo modi che si rifanno stilisticamente a Nicolò dell’Abate); sulle pareti corte: una divinità guerriera, lo scompiglio nella città vinta e la consegna della città i vincitori. Il percorso di visita prende avvio dall’appartamento Estense, che vede succedersi le stanze di origine cinquecentesca, modificate così come le vediamo allo stato attuale, agli inizi del ‘700 dai marchesi d’Este. Questo percorso si snoda attraverso le diverse sale, che traggono il nome dal motivo dominante nella decorazione. La “Sala dei Gigli”, ricca anche degli affreschi con vedute di Scandiano, di autore ignoto, la “Sala del Camino” in stile rococò e la “Sala del Drappo” dal prezioso drappo che circonda la volta del cielo sul soffitto, la “Sala dell’Alcova”, che presenta affreschi del ‘700 con scene di battaglia, ed infine la “Sala delle Aquile”, situata nel corpo della torre, dove sono raffigurati i busti di Luigi, Borso, Foresto e Rinaldo d’Este. Le decorazioni di queste sale sono poera del Castellino, noto scultore modenese. Lo scalone monumentale della Rocca è stato concepito nella sua formulazione originaria da Giovan Battista Aleotti all’inizio del 1600. la scalinata a “tenaglia” è successiva di qualche anno e fu probabilmente voluta dalla famiglia Bentivoglio. Le statue in terracotta raffigurano molto probabilmente personaggi della famiglia Thiene e furono realizzate nel 1619 dallo scultore genovese Giovan Battista Pontelli. Sono quattro le statue superstiti che raffigurano, probabilmente, Marcantonio, Ottavio I, Giulio e Ottavio II Thiene.

Cantiere didattico "Sala del Paradiso". Il feudo di Scandiano, governato dal 1423 al 1565 dai conti Boiardo, si afferma tra le corti padane del XV e XVI secolo, grazie al “buon governo” dei suoi signori raggiungendo un livello elevato di vita sociale e culturale. In particolare Giulio Boiardo, proseguendo i lavori avviati dal padre Giovanni, dà inizio alla trasformazione del paese e all’abbellimento della rocca: l’edificio, da primitivo fortilizio medievale destinato alla difesa, si trasforma in sontuoso palazzo rinascimentale ornato di pitture, sculture, arredi e preziose suppellettili. Nell’ambito di questa fase di rinnovamento assume grande rilievo la commissione a Nicolò dell’Abate di eseguire diversi cicli di affreschi, all’interno e all’esterno della Rocca stessa. Questi ultimi, posti sulle pareti del cortile d’onore, sono oggi completamente perduti. La presenza di Nicolò a Scandiano è documentata tra il 1540 e il 1543 e a questo periodo è riferibile la decorazione dei due ambienti detti “Camerino dell’Eneide” e “Sala del Convito o del Paradiso”, ubicati nell’appartamento del conte al primo piano dell’edificio. Nel 1772 le decorazioni del Camerino vengono staccate e fatte trasportare a Modena per ordine del duca Francesco III d’Este. Ignota era pure l’ubicazione della “Sala del Paradiso”, che solo studi recenti hanno identificato nella camera posta sopra la torre d’ingresso. Di questa sala sono conservati alla Galleria Estense di Modena numerosi frammenti, tutti ricavati dalla demolizione della volta e dei pennacchi sui quali si impostava la volta stessa: la parte sinistra del soffitto con il “Convito di Amore e Psiche” e le vele con i “Musicanti”. Non si ha notizia del periodo in cui questi furono staccati: probabilmente anch’essi nell’ultimo quarto del Settecento. I frammenti di pitture recentemente ritrovati, sorprendentemente affini con quelli conservati a Modena, completano l’apparato architettonico e decorativo della “Sala del Paradiso” e consentono di confermarne l’ubicazione all’interno della Rocca. Grazie all’intervento dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, si è proceduto inizialmente al completo restauro di una delle lunette, intervenendo su questa come su un “oggetto pilota” per mettere a punto una metodologia che diventasse un modello di lavoro valido per tutto il ciclo, in modo da giungere alla redazione di un progetto di recupero di tutte le lunette e dell’intera stanza. Per valorizzare il ritrovamento della Sala e l’opera di restauro è nata l’idea di un “Cantiere didattico”, di un percorso cioè che consenta al pubblico, anche durante lo svolgimento dei lavori, di visitare la Sala e di immaginarne, mediante una ricostruzione virtuale, il suo volto originario».

http://www.terradelboiardo.it/Sezione.jsp?idSezione=29&idSezioneRif=5


SCANDIANO (torre Civica o dell'Orologio)

Dal sito www.comune.scandiano.re.it   Dal sito www.confraternitaacetobalsamico.it

«Da via Magati si giunge alla Torre Civica o dell'Orologio. In origine essa era la porta d'ingresso dell'antico borgo, fatta costruire da Feltrino Boiardo nella prima metà del sec. XV. Nel 1548 l'Orologio era già sistemato sulla torre e si poteva ammirare dalla vicina piazza del mercato. La campana che scandisce le ore fu benedetta nel 1543 dal papa Paolo III. Di particolare interesse il quadrante delle ore che si affaccia su via Magati, dotato di una sola sfera e con il perno a forma di sole. Sotto il quadrante, in una nicchia, era raffigurata santa Caterina d'Alessandria patrona di Scandiano. L'affresco si trova ora nella sede del Municipio. All'interno della torre è conservato un terzo orologio databile ai primi del 1700».

http://www.municipio.re.it/IAT/iatre.nsf/schede/58977894CE063A3BC125695F002FA17E?OpenDocument


SOLOGNO (borgo, resti del castello)

Dal sito http://digilander.libero.it/icvillaminozzo   Dal sito www.redacon.it

«Il borgo di Sologno, uno dei piu antichi del nostro Appennino, è diviso in due parti: Villa di Sopra o Castello e Villa di Sotto, chiamata piu semplicemente "La Villa". è nominato in un documento del 1022, in cui si dice che dipendeva dal Castello di Piolo ed era sottomesso alla famiglia dei Da Dallo. Nel 1373 fu assoggettato ai Fogliani per poi passare agli Este nel 1427, da quel periodo in poi restò sotto la giurisdizione di Minozzo. La parte piu interessante è il "Castello" (Villa di Sopra), esso si snoda in posizione assolata ed è arroccato, a 785 m s.l.m., su una linea spartiacque a nord del monte Stetta e a sinistra del torrente Lucola. Costituisce un esempio di antico insediamento difensivo che sfrutta sapientemente la struttura aspra e inaccessibile del luogo essendo su tre lati attorniato da rupi e dominando parte della valle del Secchia. L'impianto urbanistico è di tipo lineare a striscia percorso longitudinalmente da una stretta strada, affiancata da caseggiati disposti scalarmente, che risale 1'abitato creando un percorso obbligato, facilmente difendibile in caso di assalto. Molto probabilmente per accedere all'antico abitato si doveva passare sotto ad una torretta, posta a presidio nel lato settentrionale del borgo, avente un ampio arco a tutto sesto, ora tamponato. Uno stretto sottopasso sovrastato da una trama lignea sorretta da mensole quattrocentesche e fiancheggiato da antiche mura che si innalzano direttamente sulla roccia, introduce all'area anticamente occupata dal Castello. Queste stradine strette, gli slarghi, gli edifici, alcuni presenti solo allo stato di rudere, colpiscono 1'osservatore e riportano ad atmosfere lontane quando la laboriosità, la comunione degli abitanti, la vita scandita dal ritmo delle stagioni e le grida gioiose dei bambini rendevano questo paese vivo e unico nel suo genere. Sulle vecchie case e sui muri, tracce di un lontano passato: finestrelle riquadrate a zigrino cinquecentesche, altre piccole architravate tipiche del 1300-1400; portali in arenaria finemente scolpiti, maestà inserite nei muri a propiziare la benevolenza divina, vecchi forni, aie che si aprono all'improvviso, muri che si ergono direttamente sulla roccia, tetti in parte ancora coperti a "piagne", tanti sottopassi a sottolineare il bisogno di riparo e protezione dai venti e dalle intemperie, ma purtroppo troppe rovine: muri, pietre, caseggiati chiusi, abbandonati, restaurati in modo improprio con prodotti industriali che nulla hanno a che vedere con le pietre locali e con gli inconfondibili intonaci rosati caratteristici del luogo. La vecchia chiesa dedicata a S. Martino si diceva essere tra le piu belle del nostro Appennino, menzionata nel 1456, sorgeva nei pressi della Rocca, ma fu distrutta da una frana e venne ricostruita a valle in localita "La Villa" nel 1822, ecclesiasticamente dipendeva dal plebanato di Minozzo».

http://digilander.libero.it/icvillaminozzo/borghi/sologno.htm


SOLOGNO (torretta)

Dal sito http://digilander.libero.it/icvillaminozzo   Dal sito http://digilander.libero.it/icvillaminozzo

«Questa torre risalente al XVI secolo era posta a presidio dell'ingresso settentrionale del borgo. Presenta un ampio arco a tutto sesto ora tamponato e una finestra trilitica riquadrata con blocchi di arenaria. Il paramento murario in pietrame è rinforzato con conci angolari. Il tetto presenta una copertura a quattro falde con lastre di ardesia. Lateralmente è ben visibile sia la copertura con lastre di ardesia (piagne), che l'archetto di scarico usato per alleggerire il peso dei massi sull'architrave. Sotto lo sporto di gronda i fori rimasti dalle impalcature lignee di costruzione. Venivano volutamente lasciati per far nidificare i passeri e trarne carne da alimento».

http://digilander.libero.it/icvillaminozzo/borghi/torre.htm


STIANO (casa forte dei Ceccati)

Dal sito www.corneto.it   Dal sito www.camministorici.it

«Dopo l’epoca canossiana, già dal 1300 la piccola nobiltà di montagna si era fatta costruire la Casa-Forte per difendersi dai fenomeni di banditismo. Simili alle torri dei castelli, di rado superavano il secondo piano, al quale si accedeva attraverso una scala di legno interna. Le finestre erano costituite da piccole aperture, non esistevano camini, forse continuava l’uso del focolare aperto o di bracieri posti al centro della stanza. I muri erano di pietre di arenaria squadrate a martello e perfettamente combacianti. A partire dal 1400 e fino a tutto il 1600 furono costruite Case a Torre, di pianta quadrata e più ristretta, sommità caratterizzata dalla colombaia, sviluppo interno su tre piani, collegati da stretta e ripida scala in legno. Alcuni esempi di Case a Torre sono a Manno nella Corte Ghirardini, a Casa Guglio, a Cisana, a Montebiotto. Il borgo di Stiano è particolarmente ricco di manufatti di interesse storico ed architettonico. Tra questi è particolarmente notabile la Casa dei Ceccati, caratterizzata da elementi architettonici di antica origine. Si è sempre pensato che la Casa dei Ceccati fosse una Casa a Torre, convinzione recentemente smentita dall’architetto reggiano Giuliano Cervi: si tratta di una Casa-Forte Medievale Appenninica, ascrivibile al XIV-inizi XV secolo. Uno degli elementi che ha chiarito la derivazione della struttura è la finestrella archiarcuta sulla facciata settentrionale, simile a quelle delle torri del XIII secolo erette a presidio del territorio circostante la Rocca di Montefiorino».

http://www.comune.toano.re.it/?page_id=317


TORLONIA (torrione ottagonale)

Foto di Luigi Prandi, dal sito www.comune.sanpolodenza.re.it   Foto di Luigi Prandi, dal sito www.comune.sanpolodenza.re.it

«...A breve distanza, nel sito "Torlonia di Sotto", si sono riscontrate tracce di stazione dell'età del bronzo. Vi si trova inoltre una interessante struttura ottocentesca, già dei Magnavacchi, in stile neo-medievale, richiamante un castello o torrione; è situata in bella posizione panoramica in vista dello sbocco della valle dell'Enza nella pianura. Presenta un impianto a base ottagonale, con struttura in pietra e laterizio, a lati lunghi e corti alternati; ha una copertura piana con soffittino di gronda a motivo decorativo in laterizio a 'T'. Le si affianca un torriotto cilindrico contenente la scala a chiocciola. Nell'interno, completamente rovinato, rimangono tracce delle primitive disposizioni».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21409&ID=375059


VENTOSO (castello del Gesso)

Uno degli edifici del borgo del Gesso, dal sito www.bottegagastronomica.it   Uno degli edifici del borgo del Gesso, dal sito www.bottegagastronomica.it

«...Al 1034 si riferisce probabilmente la costruzione della chiesa d S. Michele, che sorgeva entro il castello del Gesso, dipendente dalla Pieve di S. Eleucadio (S. Valentino). Nel 1134 il castello è investito ad Alberto dè Malapresi da parte del Vescovo di Reggio. Ancora nel 1178 si confermano ai Canonici della Cattedrale di Reggio "Mansum positum in Castellinculo prope Castrum Gypsi". Il castello appartenne ai Malapresa fino al 1283 quando ne furono infeudati i Fogliani. Ritornò ai Malapresa nel 1289 ma fu poi riconquistato dai Fogliani. Nel 1422 cadde in potere di Nicolò III d'Este che lo concesse a Feltrino Boiardo. Non rimane più traccia del complesso fortificato. Anche la chiesa figura già atterrata nel 1543. Alla metà del XVI secolo ne dipendevano le ville di S. Ruffino, Cà dè Caiti e Cà dè Vecchi con 64 case, 1 chiesa e 264 'bocche'. Attualmente nella località rimangono alcuni edifici rustici di antica fattura, con strutture in pietra e basamento a scarpa, forse residui del vecchio borgo. ...».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21411&ID=375165


VENTOSO (castello della Torricella)

Dal sito http://passionealfaromeo.forumfree.it   Dal sito www.municipio.re.it

«Il castello è di proprietà privata e pertanto è visibile solo dall'esterno. ... Sulle colline di Ventoso, a pochi chilometri da Scandiano, la Torricella fu edificata, dopo il 1335, dalla famiglia de Da Fogliano. I Boiardo divenuti signori di Scandiano, la trasformarono in dimora estiva e qui tradizione vuole che Matteo Maria Boiardo abbia composto parte del suo poema. Il castello, ormai ridotto ad una torre diroccata con una casupola di fianco, fu poi vennduto dalla comunità, nel 1861 al N.H. Prof. Prospero Cugini. Il nuovo proprietario avviò i lavori di ricostruzione nel 1864 affidandoli all'arch. Cesare Costa (Pievepelago 1801 - Modena 1876), il quale riconsegnò la costruzione alle sue originarie sembianze di fortificazione medioevale, come dimostra il portale d'ingresso che si conclude con un apparato sporgente a beccatelli. A fianco del portale sono ancora visibili le profonde scanalature del ponte levatoio e una piccola feritoia. Il corpo del castello si sviluppa su tre livelli ed è completato dalla torre costruita con merlature ghibelline. Il castello è, come quello di Canossa, monumento nazionale».

http://www.municipio.re.it/IAT/iatre.nsf/schede/BDB1A9FEB0C97ECBC125695F0032B8D1?OpenDocument


VIANO (castello)

Foto di arzan, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

«...Il castello di Viano, di origine incerta e comunque posteriore al 1000, diventò il nuovo e più importante centro amministrativo del territorio e, attraverso alterne vicende, rimane n possesso di Fogliani sino alla fine del sedicesimo secolo. Vi si trovava l'antica chiesa di S. Salvatore, probabilmente esistente nel 1187 e rovinata nel 1582, il castello era posseduto dai Fogliani già nel 1335, secondo l'Artioli una lapide proveniente dal Castello riporta la sua costruzione a poco dopo il 1370. Nel 1426 Viano si sottomise agli Estensi, ma fu riconfermata ai Fogliani dal Marchese Nicolò III (1433) insieme al castello di Piagna. Rimarrà ai Fogliani fino al 1589; a tale epoca la rocca si presenta in cattive condizioni e parte in rovina. Nel 1596 ne è infeudato il conte Pompeo Aldrovandi di Bologna ai cui discendenti Aldrovandi Marescotti rimase fino alla abolizione dei feudi. Un diroccamento nella muraglia è segnalato nel 1793. Dopo un periodo di abbandono è stato restaurato negli anni '70 dal proprietario di allora dott. Eusebio Corti. La torre di Guardia del castello è di proprietà comunale. ... Quanto rimane del castello è frutto dei restauri compiuti nel 1970 dal proprietario. Rimane qualche rudere delle antiche mura diroccate nel 1793. Nel 1335 i Fogliani risultano come primi proprietari del maniero, punto strategico dei loro domini di zona. Nel 1370 viene attribuita l'edificazione di un nuovo castello, forse in seguito alla distruzione della precedente fortificazione, come è testimoniato da una lapide. Il castello, salvo una breve sottomissione agli Estensi, rimane dei Fogliani fino al 1589. Nel 1596 il castello passa al conte Pompeo Aldrovandi di Bologna e rimane ai discendenti fino all'abolizione dei feudi».

http://www.comune.viano.re.it/Sezione.jsp?idSezione=38&idSezioneRif=32 - http://www.comune.viano.re.it/Sezione.jsp?idSezione=217...


VICO (borgo, case-torri)

Dal sito www.appenninoreggiano.it   Dal sito www.tuttacanossa.it

«Nel catasto di Maria Luigia del 1821 è indicato con il termine di "Cianello" mentre la denominazione "Vico" è riferita al nucleo di case situato oltre il rio omonimo, verso S. Polo d'Enza. Il borgo conserva in parte la struttura urbanistica originaria pur nella alterazione continua dei caratteri ambientali. In particolare presenta un interessante rustico con torre colombaia secentesca della famiglia Giovannini. La torretta è molto sobria, con struttura in pietra e copertura a quattro falde; vi si riscontrano un breve cordolo di colombaia ed un soffittino di gronda in laterizio con motivi lineari ed a dente di sega. Nel complesso della abitazione sono pure visibili due feritoie per avvistamento. Dalla lettura del catasto del 1821 figura una ampia ala di fabbricato a sud racchiudente un cortile interno. Del vecchio impianto rimangono pochi ruderi ed una pietra siglata "FE. A. D. I... ". Fin dalla fine del secolo XVII un oratorio dedicato a S. Antonio affiancava l'abitazione; successivamente demolito è stato ricostruito ad alcuni metri di distanza e "restaurato" nel sec. XX, dopo avere subito danni dagli eventi bellici. Nell'abitato è presente un'altra struttura a torre, in pietra, con copertura a due falde e tracce dei posatoi di colombaia».

http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it/page.asp?IDCategoria=2949&IDSezione=21382&ID=372723


VILLA MINOZZO (torre dell'Amorotto)

Dal sito www.comune.villa-minozzo.re.it   Foto Lucia e Willer Barbieri, dal sito www.civago.it

«Percorrendo la provinciale che da Villa Minozzo porta a Civago, e giunti in corrispondenza della galleria che permette l'accesso a questo abitato, si può scorgere sulla sinistra il rudere di una torre che la tradizione ha consacrato al nome dell'Amorotto. Questa torre, pesantemente danneggiata dal terremoto del 1920, sorge sullo strapiombo della gola del torrente Dolo, all'altezza di 86 metri dal torrente stesso. Era un avamposto (ed è l'unica struttura rimasta) del castello delle Scalelle, una fortezza probabilmente eretta attorno al 1250 ed ubicata nel territorio di Gazzano allora denominato con il nome di "territorio delle Scalelle". II nome compare sul Dizionario topografico-storico degli Stati Estensi di Girolamo Tiraboschi: "Castrum delle Scalelle" dove si legge di un testamento fatto da Bartolomeo Dalli nel 1383, in cui si parla del castello e del Comune delle Scalelle e della rocca del Predario che, assieme ad altri feudi, vennero lasciati ai figli di Veltro da Vallisnera, fratello di sua moglie. Proprio con il nome "rocca del Predario" probabilmente si intende la torre in esame in quanto ancora oggi nelle vicinanze vi è una grossa lastra di pietra chiamata appunto "sasso di Pradarea". Ritornando al castello delle Scalelle possiamo dire che appartenne alla famiglia Dalli, casata a volte chiamata anche "da Dallo", che ha preso il nome dal luogo di provenienza situato in Garfagnana. Fra il XII e il XV secolo questi feudatari dominarono gran parte dell'Appennino ed in particolar modo la valle del Dolo. Cacciati i Dalli dalla popolazione nel 1426, quella zona dell'alto Appennino divenne teatro di scorrerie dei banditi che si prefiggevano di controllare il traffico sui valichi ed in particolar modo verso la Garfagnana.

Per quanto riguarda la struttura di questa torre, possiamo basarci su quanto hanno scritto Andrea Balletti e Giulio Ferrari. Il primo ci dice che "vi si giunge per un sentiero largo tre spanne [sentiero proveniente dalla mulattiera Novellano-Cervarolo-Civago e che passa 22 metri sotto la torre ed è oramai surrogato da arbusti e vegetazione] che si divincola sopra un precipizio di 64 metri, dopo il quale arrampicandosi per schegge di macigno ci si può entrare carpone nella torre per un buco che basta ad una persona". Continua la descrizione dicendo che "La torre è rotonda del diametro di 5 metri, che lo spessore dei muri riduce di tre all'interno: ora è senza tetto, alta 8 metri e divisa in due piani, al secondo dei quali si saliva con uno scaletto, immesso nella torre mentre si fabbricava, e tirato poi su di piano in piano da chi voleva là ricoverarsi senza essere sorpreso". Questa descrizione del Balletti ce la conferma pure Giulio Ferrari, aggiungendo inoltre che "a un terzo dell'altezza si apre una finestra sbarrata che da luce al piano sottostante. L'interno è in pessimo stato. Il piano superiore è sostenuto da un volto a crociera, in parte crollato, pauroso a vedersi: più sicuro appare, s'intende, il piano di sotto". Pure il Ferrari ci definisce questo "nido d'aquila" un ricovero momentaneo di "uomini di ferro" dove, dopo esser saliti con una scala a pioli al piano superiore, potevano così immergersi "in un sonno da banditi, ristoro a tante scorribande e a tante fatiche". Questa torre, nei primi decenni del XVI secolo divenne luogo di rifugio di un temuto brigante, Domenico Amorotto, dal quale prese poi il nome. ...».

http://www.civago.it/da-fare-da-vedere-da-sapere/la-torre-dellamorotto.html (a cura di Alessandro Gaspari)


VOTIGNO (borgo)

Dal sito http://casadeltibetroma.it   Foto di G. Bianchini, dal sito http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it

«Proseguendo da Cavandola in direzione est si giunge a Votigno, quasi al confine con il Comune di Casina. Il borgo di Votigno risale probabilmente al XVI secolo, ed era in origine sormontato da un’unica casa a torre, alla quale furono successivamente affiancati altri corpi di fabbrica, alcuni dei quali con struttura fortificata. Attualmente il borgo, oggetto nel recente passato di numerosi interventi edilizi, ospita un centro di attività e scambio culturale, legato anche a problematiche internazionali (”Casa del Tibet”). Votigno è punto di partenza per percorrere il sentiero escursionistico di Bergogno-Votigno, interessante per aspetti naturalistici e culturali, che percorre ad anello la valle del Torrente Campola».

http://www.tuttocanossa.it/borghi_votigno.htm


  

 

 

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