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Il canto delle sirene

a cura di Sante Asse


Premessa

L'autorità che attribuiamo all'opera di René Guénon ha indotto a trattare questo argomento, che dai suoi scritti emerge solo trasversalmente, non avendo egli compilato nessuno studio specifico sull'Ordine del Tempio (ma sul quale tracce sono estrapolabili praticamente in ogni suo lavoro). Quel che ne dovrebbe derivare è anche la concezione del quadro storico del secondo millennio per questo autore così atipico del panorama culturale occidentale. Prendiamo le mosse iniziando da quello che considero il più emblematico tra i frammenti di discorso templare da lui intrapresi. Ci riferiamo al Capitolo VII del testo Autorità spirituale e Potere temporale dal titolo «Le usurpazioni della regalità e le loro conseguenze». Queste pagine ci sembrano delineare l'epopea templare in una dimensione "provvidenziale"; senza fermarsi al fatidico 1312, anno della bolla Vox in excelso che li soppresse. Per giungere a queste considerazioni, Guénon si era già negli anni precedenti preparato il terreno con un'opera quale L'esoterismo di Dante e contestualmente con lo studio su san Bernardo, che qui trattiamo quasi come un'appendice, dato l'esplicito richiamo che ne viene fatto nel paragrafo iniziale. Nelle conclusioni abbiamo invece voluto riprendere un articolo sul significato estensivo del termine Terra Santa, che segna in modo preciso i termini connessi ad una funzione quale esplicata nel loro tempo da certi ordini cavallereschi.

§ 1 - Da Autorità spirituale e Potere temporale (1929)

Per abitudine, Guénon non cerca mai di supportare le sue tesi riferendole a specifiche fonti documentali o anche solo a misteriose fonti segrete o trasmissioni orali di particolari consorterie, la qual cosa ha sempre costituito fonte di disagio per il grande pubblico; sembra perlomeno, da parte nostra, debbasi sottolineare come questa opera sia l'ultima compilata, nel 1929, prima del suo definitivo abbandono d'Europa e conseguente domiciliarsi al Cairo, come fosse un testamento spirituale.

L'incipit del capitolo è costituito da considerazioni di ordine generale che verranno utili nel prosieguo (tutte le sottolineature sono nostre):

«... non vi possono essere nell'universo due esseri o due avvenimenti che siano rigorosamente simili sotto tutti gli aspetti; se lo fossero, non sarebbero più due ma, coincidendo in tutto, si confonderebbero in modo puro e semplice, così che non sarebbero se non un solo e medesimo essere o avvenimento ...non meno falsa è l'altra opinione ... la quale sostiene che i fatti storici siano completamente dissimili e che tra essi non vi sia nulla in comune; la verità è che esistono sempre differenze sotto certi aspetti e rassomiglianze sotto certi altri … non vi è mai identità tra differenti periodi della storia, bensì corrispondenze e analogie come tra i cicli cosmici o gli stati molteplici di un essere; esseri differenti possono passare attraverso fasi comparabili nei limiti delle modalità proprie alla natura di ciascuno di essi: lo stesso accade dei popoli e delle civiltà … Esiste, nonostante le differenze notevoli, un'analogia incontestabile… tra l'organizzazione sociale dell'India e quella del medioevo occidentale; anche se tra le caste dell'una e le classi dell'altro vi è soltanto corrispondenza e non identità… Non pensiamo che similitudini molto precise possano spiegarsi in modo del tutto soddisfacente senza una trasmissione regolare ed effettiva; e anche perché incontriamo nel medioevo molti altri indizi concordanti, che dimostrano abbastanza chiaramente come a quell'epoca esistesse ancora in Occidente, almeno perqualcuno, un legame cosciente con il vero "Centro del mondo", origine unica di tutte le tradizioni ortodosse, mentre, al contrario, nell'epoca moderna, non vediamo più nulla di simile».

Il tono di questo incipit permette a Guénon di affermare, a cornice di quanto avrebbe subito dopo espresso circa gli avvenimenti storici dell'epilogo templare, una "necessità" insita nel ciclo storico in questione, che doveva portare secondo le sue tesi non solo il caos nell'organizzazione sociale dell'Occidente, ma anche il segno evidente di quel che in concreto si debba manifestare in un'epoca quale questa terminale del Kali-yuga. Questa necessità si connette ad una rigenerazione che Guénon doveva ritenere si attualizzasse alla radice degli stessi avvenimenti storici. Osserviamo questo, perché altrimenti non si capirebbe come mai, per introdurre un discorso, Guénon abbia voluto partire da considerazioni sugli aspetti generali di quella che lui definiva manifestazione in quanto possibilità universale; e inoltre da ciò poter legare, come da lì a poco farà, la rivolta degli Kshatriya (casta guerriera) in India a quella contro il regime feudale europeo. è evidente qui la tesi tradizionale secondo cui, nella possibilità universale, che è la traccia di fondo di ogni ciclo di manifestazione cosmica, le cosesi esplicitano su un doppio piano: quello temporale e quello spirituale. è tenendo presente questa connessione che credo meglio si comprenderà, e a fondo, le argomentazioni con le quali introduce la discussione sull'Ordine del Tempio rapportata agli accadimenti del loro tempo. Ecco il cuore espositivo della trattazione:

«... In Europa troviamo … sin dal medioevo, qualcosa di analogo allarivolta degli Kshatriya; lo troviamo specialmente in Francia con Filippo il Bello, il quale deve essere considerato come uno dei principali artefici della deviazione caratteristica dell'epoca moderna; a partire da Filippo il Bello la regalità fu quasi costantemente impegnata a rendersi indipendente dall'autorità spirituale, pur conservando, per una sorta di curiosa illogicità, il segno esteriore della sua dipendenza originaria, poiché, come abbiamo spiegato, la consacrazione dei re altra cosa non era. I "legisti" di Filippo il Bello sono già, molto prima degli "umanisti" del Rinascimento, i precursori dell'attuale "laicismo"; ed è a quell'epoca, cioè all'inizio del secolo XIV, che bisogna far risalire la frattura del mondo occidentale con la sua propria tradizione. Per motivi che sarebbe troppo lungo esporre qui e che abbiamo del resto indicato in altri studi (cfr., in particolare, l'Esoterismo di Dante) riteniamo che il punto di partenza di questa frattura fu caratterizzato in modo nettissimo dalla distruzione dell'Ordine del Tempio; ricorderemo solamente che quest'ultimo costituiva in qualche modo un legame tra l'Oriente el'Occidente, e che nello stesso Occidente era, per il suo duplice carattere religioso e guerriero, una sorta di mediatore tra lo spirituale e il temporale; anzi, tale duplice carattere si potrebbe addirittura interpretare come il segno di un rapporto più diretto con la fonte comune dei due poteri ( Cfr. a questo riguardo il nostro studio su Saint Bernard)…. Segnalammo allora che le due nature del monaco e del cavaliere si trovavano riunite in san Bernardo, autore della regola dell'Ordine del Tempio, da lui qualificato "milizia di Dio"; ciò spiega la funzione, che svolse costantemente, di conciliatore e di arbitro tra il potere religioso e quello politico».

L'affermazione perentoria che connette «…questa frattura…» alla distruzione dell'Ordine,e che rimanda ai significati nascosti dell'opera dantesca, probabilmente mira a definire ambienti islamici quali depositari di verità connesse a modi e tempi della distruzione dell'Ordine; considerato che  l'opera citata su Dante non fa altro che analizzare i collegamenti stringenti tra l'impianto della Commedia e certi scritti di autori Sufi di poco anteriori. Affermare il carattere del monaco-guerriero come il segno di un rapporto più diretto con la fonte comune dei due poteri è significativo per una riabilitazione storica della funzione e della stessa esistenza di un Ordine siffatto in quel tempo. Se questa fosse una concessione di credito a certi ambienti cristiani, la cosa non è dato azzardare; certo è che nel prosieguo Guénon suggerisca una innocenza di fondo circa il ruolo del Papato del tempo in quelle vicende; infatti così si esprime:  

«Si potrebbe forse essere tentati di obiettare che questa distruzione, anche se fu voluta dal re di Francia, fu nondimeno attuata d'accordo con il Papato. La verità è che essa fu imposta al Papato, il che è ben diverso; in tal modo, capovolgendo i rapporti normali, il potere temporale cominciò da allora a servirsi dell'autorità spirituale, per i suoi fini di dominio politico. Si dirà anche che se l'autorità spirituale si lasciava soggiogare a tal punto, non era più quella che avrebbe dovuto essere e i suoi rappresentanti non avevano più la piena coscienza del suo carattere trascendente; ciò è vero, e del resto spiega e giustifica, già a quell'epoca, le invettive talvolta violente di Dante; ma rimane il fatto che, nei confronti del potere temporale, la Chiesa era nonostante tutto l'autorità spirituale, e il potere temporale riceveva la sua legittimità proprio da essa ... I rappresentanti del potere temporale non sono qualificati, in quanto tali, a riconoscere se l'autorità spirituale della forma tradizionale da cui dipendono possieda o no la pienezza della sua realtà effettiva; anzi, ne sono incapaci per definizione, poiché la loro competenza si limita a una sfera inferiore; qualunque sia questa autorità, se essi disconoscono la loro subordinazione nei suoi confronti, compromettono con ciò la loro legittimità.

 Occorre dunque distinguere accuratamente quel che può essere una autorità spirituale in se stessa, in tale o talaltro momento della sua esistenza, e i suoi rapporti con il potere temporale; il secondo problema é indipendente dal primo, che riguarda soltanto coloro i quali esercitano funzioni d'ordine sacerdotale o sarebbero normalmente qualificati per svolgerle; e anche se l'autorità spirituale, per colpa dei suoi rappresentanti, avesse perduto interamente lo "spirito" della sua dottrina, il solo fatto di conservare il "deposito" della "lettera" e delle forme esteriori nelle quali tale dottrina è in qualche modo contenuta, continuerebbe ad assicurarle la potenza necessaria e sufficiente per esercitare validamente la supremazia sul temporale; tale supremazia infatti è insita nell'essenza stessa dell'autorità spirituale e le appartiene finché essa sussiste regolarmente, per quanto sminuita possa essere: la minima particella di spirituale sarà ancora incomparabilmente superiore a tutto ciò che appartiene all'ordine temporale.

Ne risulta che l'autorità spirituale, mentre può e deve sempre controllare il potere temporale, non può, almeno esteriormente, essere controllata da nessuno; per quanto una simile affermazione possa apparire sorprendente alla maggior parte dei nostri contemporanei, non abbiamo nessuna esitazione a dichiarare che essa non è se non una verità incontestabile.

Ma ritorniamo a Filippo il Bello, il quale costituisce un esempio tipico di quanto ci proponiamo di spiegare qui: dobbiamo anzitutto notare che Dante gli attribuisce, quale movente delle sue azioni, la "cupidigia", la quale è un vizio, non degli Kshatriya, ma dei Vaishya; si potrebbe dire che gli Kshatriya, quando si ribellano, in qualche modo si degradano e perdono il proprio carattere per assumere quello di una casta inferiore. Si potrebbe anche aggiungere che la degradazione deve essere inevitabilmente accompagnata dalla perdita della legittimità: se gli Kshatriya, per loro colpa, sono decaduti dal diritto normale all'esercizio del potere temporale, è perché essi non sono veri Kshatriya: intendiamo dire che la loro natura non è più tale da renderli adatti a svolgere la funzione di "regolatore" che a tale titolo gli appartiene, perde quel che costituisce la sua ragion d'essere essenziale e, nello stesso tempo, si oppone alla nobiltà, di cui non era che l'emanazione e l'espressione più completa.

Vediamo così la regalità, nell'intento di "centralizzare" e assorbire i poteri appartenenti alla nobiltà nel suo insieme, entrare in lotta contro quest'ultima e dedicarsi con accanimento alla distruzione del feudalesimo, dal quale era tuttavia nata; ma una tale lotta le sarebbe stata impossibile se non si fosse appoggiata al "terzo stato", che corrisponde appunto ai Vaishya; per questa ragione vediamo pure, precisamente a partire da Filippo il Bello, i re di Francia circondarsi quasi costantemente di borghesi, soprattutto quelli che, come Luigi XIe Luigi XIV, più svilupparono quell'opera di "centralizzazione", di cui la borghesia doveva poi cogliere il frutto quando, con la rivoluzione, si impadronì del potere».

Nulla della dignità rivendicata da Guénon nei suoi scritti all’Ordine del Tempio viene compromessa da eventuali degenerazioni interne all'Ordine. Questo perché, e sembra attestato da quanto sinora riportato, Guénon sottolinea il ruolo dei Templari come una funzione definita, organica e imprescindibile dalla regolare tradizione di una civiltà; indipendente, quindi, da difetti emersi in singoli componenti. Anche in altri riferimenti di altre opere, egli smonterà ogni possibile equivoco circa le pratiche o simulacri templariritenuti blasfemi, es.: il Baphomet, inteso come rappresentazione di Giano (cfr. Simboli della scienza sacra) o l'ancorché presunto sputare sulla croce all'atto della investitura (cfr. Il simbolismo della croce).

§ 2 - Dalla plaquette su San Bernardo (1929)

Contemporaneamente all'opera appena trattata, Guénon fu invitato, dal suo editore di allora, a produrre un breve saggio sull'opera di Bernardo di Chiaravalle, alla cui funzione sembra volersi scientemente ricollegare quanto a comportamenti intellettuali. In detta opera Guénon dimostra come l'apologia della cavalleria europea si legga in duplice ambito, che è lo stesso della Piccola guerra santa e della Grande guerra santa degli islamici. In tutto ciò traspare, a mio parere, una traccia di fondo che tende a mostrare come negli avvenimenti dell'epoca in cui scrive, Guénon si accorga delle risultanze di ciò che l'azione ispiratrice di Bernardo mirava, ed in primis il tentativo di usare le strutture della società feudale di allora come scrigno per quel lascito di conoscenze sacre che la chiesa di Roma non poteva più efficacemente veicolare (in tal senso evidenzierà Guénon il rifiuto di Bernardo ad accettare l'innalzamento al seggio di Pietro, ed anche l'oscura vicenda legata tempo dopo all'abiura di Celestino V).

In questo stralcio dello studio su San Bernardo si evidenzia, a scapito dell'opinione avversa di alcuni, l'intento di Guénon di collegare in maniera indissolubile l'opera dell'ultimo dottore della chiesa cattolica romana con le vicende che portarono alla creazione e accettazione dell'Ordine Templare. Guénon afferma come la Chiesa Cattolica, fino a quel momento, avesse al suo interno sicuramente una frangia importante che deteneva precisi e operativi legami con la Tradizione; ed in secondo luogo che il nodo dei rapporti fra Cristianità ed Islam erano e si mantengono, per l'Occidente, un fattore determinante ai fini del dispiegarsi della evangelica "fine dei tempi".

« ... L'abate di Chiaravalle aveva avuto la gioia di vedere ascendere al trono pontificale uno dei suoi vecchi monaci, Bernardo da Pisa, che aveva preso il nome di Eugenio III e che mantenne sempre, con lui, le più affettuose relazioni; fu questo nuovo papa che, all'inizio del suo pontificato, lo incaricò di predicare la seconda crociata. Fino a quel momento, la Terra Santa aveva occupato un posto molto limitato fra le preoccupazioni di San Bernardo, almeno in apparenza; tuttavia sarebbe un errore credere che egli sia rimasto del tutto estraneo a ciò che era ad essa relativo, e la prova la si ha da una vicenda sulla quale generalmente si insiste molto meno di quanto ad essa converrebbe.

Ci riferiamo alla parte da lui svolta nella costituzione dell'Ordine del Tempio, il primo Ordine militare per data e per importanza e che servì da modello a tutti gli altri. Fu nel 1128, circa dieci anni dopo la sua fondazione, che quest'Ordine ricevette la sua regola, al concilio di Troyes, e fu Bernardo, in qualità di segretario del concilio, che venne incaricato di redigerla o, quantomeno, di fissarne i primi lineamenti, poiché sembra che solo più tardi venne chiamato a completarla, e riuscirà a farlo solo nel 1131. Egli commentò poi questa regola nel trattato De laude novae militiae, ove espose, con una magnifica eloquenza, la missione ideale della cavalleria cristiana, che egli chiamava la "milizia di Dio".

Questi rapporti fra l'abate di Chiaravalle e l'Ordine del Tempio, che gli storici considerano solo come un episodio alquanto secondario della sua vita, ebbero sicuramente ben altra importanza agli occhi degli uomini del Medioevo, e noi abbiamo indicato altrove che essi costituiscono, senza dubbio, la ragione per cui Dante scelse San Bernardo come guida negli ultimi cerchi del Paradiso. ...

… Se lo scopo immediato della crociata non era stato raggiunto, se ne deve concludere che una tale spedizione era del tutto inutile e che gli sforzi di San Bernardo non erano serviti a niente? Noi pensiamo di no, malgrado quello che ne possono pensare gli storici, che si attengono solo alle apparenze, poiché in questi grandi movimenti del Medioevo, a carattere politico e contemporaneamente religioso, vi erano delle ragioni più profonde, di cui una, la sola che vogliamo qui far notare, era quella di mantenere in seno alla Cristianità una viva coscienza della sua unità. La Cristianità si identificava con la civiltà occidentale, fondata allora su basi essenzialmente tradizionali, come ogni civiltà normale, ed essa raggiunse il suo apogeo nel XIII secolo; alla perdita di questo carattere tradizionale doveva necessariamente seguire la rottura dell'unità stessa della Cristianità. Questa rottura, che nel dominio religioso fu portata a termine dalla Riforma, nel dominio politico fu causata dalla instaurazione delle nazionalità, preceduta dalla distruzione del regime feudale; e a quest'ultimo proposito, si può dire che colui che inferse il primo colpo all'edificio grandioso della Cristianità medioevale fu Filippo il Bello, lo stesso che, per una coincidenza che sicuramente non è affatto fortuita, distrusse l'Ordine, attaccando così, direttamente, l'opera stessa di San Bernardo».

è notorio come Guénon fosse uno strenuo difensore e apologeta del mondo medioevale, periodo che esplicitamente in altra opera fa terminare con la distruzione dell'Ordine del Tempio. In questo brano che segue, il richiamo al culto della Vergine Maria va inteso come annuncio di una nuova epoca in cui la Sophia eterna si riafferma nella storia del mondo:  

«... Un tratto della fisionomia di San Bernardo, importante da segnalare, è il posto che, nella sua vita e nelle sue opere, occupa il culto della Santa Vergine, e che ha dato luogo al fiorire di tutta una serie di leggende, le quali, forse, sono quelle che lo hanno reso popolare nel tempo. Egli amava dare alla Santa Vergine il titolo di "Notre-Dame", l'uso del quale si è diffuso a partire dalla sua epoca e senza dubbio, grazie per lo più, alla sua influenza; il fatto è che egli era, come è stato detto, un vero "cavaliere di Maria", che egli considerava veramente come la sua "dama", nel senso cavalleresco del termine. Se si accosta questo fatto al ruolo che giuoca l'amore nella sua dottrina e che giuocava anche, sotto forme più o meno simboliche, nelle concezioni proprie degli Ordini cavallereschi, si comprenderà facilmente perché ci siamo preoccupati di parlare delle sue origini famigliari. Divenuto monaco egli rimase sempre cavaliere, come lo erano tutti quelli della sua stirpe; e, per lo stesso motivo, si può dire che fosse, in qualche modo, predestinato a svolgere, come fece in tante circostanze, il ruolo di intermediario, di conciliatore e di arbitro fra il potere religioso ed il potere politico, in forza del fatto che portava in sé come una partecipazione della natura dell'uno e dell'altro. Monaco e cavaliere, questi che erano i due caratteri dei membri della "milizia di Dio", dell'Ordine, furono anche, fin dall'inizio, i caratteri dell'autore della loro regola, del grande santo che è stato definito l'ultimo Padre della Chiesa, e nel quale molti hanno inteso vedere, non senza ragione, il prototipo di Galaad, il cavaliere ideale e senza macchia, l'eroe vittorioso della "cerca del Santo Graal" >>.

 

§  3 - dall'Esoterismo di Dante (1925)

Se teniamo presente che le prime opere di Guénon, scritte tra il 1922 ed il 1924, si indirizzino principalmente verso il panorama dottrinale indiano o verso la polemica agli pseudo-spiritualismi euro-americani, l'uscita di un libretto come questo lascia presagire che egli al tempo abbia già completato l'esperienza di approccio col mondo culturale islamico. Quella dell' analisi esoterica delle opere di Dante è sempre stato un tabù per gli ambienti culturali italiani, accademici e non (non ostante o forse malgrado la Lettera Apostolica Altissimi cantus di papa Paolo VI a lui dedicata il 7 dicembre 1965 in occasione del 7° centenario dalla nascita).

All'inizio del secondo capitolo dell'opera citata, intitolato “la fede santa”, Guénon scrive:

«L'associazione della fede santa, di cui Dante sembra sia stato uno dei capi, era un terz'ordine di filiazione templare…. Ed i suoi dignitari portavano l'appellativo di Kadosh, termine ebraico che significa santo o consacrato, e che si è conservato fino ai nostri giorni negli alti gradi della Massoneria. Si vede per tal fatto come non sia senza ragione che Dante prende per guida, per la fine del suo viaggio celeste, San Bernardo, che stabilì la regola dell'Ordine del Tempio; e Dante sembra aver voluto indicare in tal modo come soltanto per mezzo di questo fosse reso possibile, nelle condizioni proprie alla sua epoca, l'accesso al supremo grado della gerarchia spirituale».

Nel capitolo seguente, Guénon chiarisce:

«Comunque, all'epoca di Dante, l'ermetismo esisteva molto certamente nell'Ordine del Tempio, come pure la conoscenza di certe dottrine d’origine sicuramente araba, che Dante stesso non sembra aver ignorate, e che gli furono senza dubbio trasmesse anche per questa via».

Il monumento recentemente innalzato ad honorem dei Templari nella cittadina spagnola di Ponteferrada

Conclusioni

Con questo brano tratto da uno studio del 1926 (oggi reperibile nella raccolta postuma dal titolo Esoterismo cristiano del 1954), si può dire completal'esposizione del pensiero guenoniano circa le varie sfaccettature della funzione dell'Ordine Templare. è quella che determinaanche, a mio modo di intendere, la constatazione di come ogni epoca, in base alle sue più o meno rigide strutture sociali e culturali, debba esprimere un ente o delle personalità atte allo svolgimento di dette funzioni.

   «I guardiani della terra santa

Fra gli attributi degli Ordini cavallereschi, ed in particolare dei Templari, uno dei più conosciuti, anche se in generale non dei meglio compresi, è quello di guardiani della Terra Santa. Sicuramente, se ci si attiene al significato più esteriore, si trova una immediata spiegazione di ciò nel nesso che esiste fra l'origine di questi Ordini e le Crociate, poiché per i Cristiani, come per gli Ebrei, sembra che la “Terra Santa” non indichi altro che la Palestina. Tuttavia, la questione diviene più complicata allorché si consideri che diverse organizzazioni orientali, di indubbio carattere iniziatico, come gli Assassini e i Drusi, avevano parimenti assunto lo stesso attributo di guardiani della terra santa. Qui,in effetti, non può più trattarsi della Palestina; d'altronde, è da notare che queste organizzazioni presentano un gran nunmero di tratti in comune con ordini cavallereschi occidentali e, per di più, alcune di esse sono state, anche in termini storici, in relazione con quest'ultimi.

Cosa bisogna intendere, dunque, con il termine Terra Santa e a cosa corrisponde esattamente questo ruolo di guardiani, il quale sembra collegato con un particolare tipo di iniziazione che è possibile chiamare “cavalleresca”, dando a questo termine un’estensione più ampia di quanto si faccia ordinariamente, ma che comunque è ampiamente giustificato dalle analogie esistenti fra le differenti forme di cui stiamo trattando?

Altrove, ed in particolare ne Il Re del Mondo, abbiamo indicato che l’espressione Terra Santa ha un certo numero di sinonimi: “Terra Pura”, “Terra dei Santi”, “Terra dei Beati”, “Terra deiViventi”, “Terra d’Immortalità”, e che queste designazioni equivalenti si riscontrano nelle tradizioni di tutti i popoli e che si applicano essenzialmente ad un centro spirituale la cui localizzazione in una determinata regione può essere intesa, a seconda dei casi, sia in senso letterale che simbolico, oppure in entrambi i sensi. Ogni “Terra Santa” è anche designata con espressioni come “Centro del Mondo” o “Cuore del Mondo" …

…L'uso della stesso simbolismo si ritrova presso altri popoli che possiedono anch'essi una Terra Santa, cioè un luogo ove era posto un centro spirituale che per essi aveva un ruolo paragonabile a quello del tempio di Gerusalemme per gli Ebrei. Sotto questo profilo, la "Terra Santa" è l'equivalente dell'Omphalòs, che era, anch'esso l'immagine visibile del "Centro del Mondo" per il popolo che abitava la regione in cui era posto.

Il simbolismo in questione si riscontra in particolare presso gli antichi Egizi; infatti, secondo Plutarco, "gli Egizi danno alla loro regione il nome di Chémia e la paragonano ad un cuore…

…Si può concludere che vi sono tante "Terre Sante" particolari, per quante sono le forme tradizionali regolari, poiché esse ne rappresentano i centri spirituali corrispondenti; ma il motivo per cui lo stesso simbolismo si applica uniformemente a tutte le "Terre Sante" è che questi centri spirituali hanno tutti un'analoga costituzione, spesso fin nei minimi particolari, poiché essi sono altrettante immagini di uno stesso centro unico e supremo, che è, esso solo, il vero "Centro del Mondo", ed è da esso che tutti gli altri traggono i loro attributi, in quanto partecipano della sua natura per mezzo di una comunicazione diretta, nella quale trova fondamento l'ortodossia tradizionale; mentre, al tempo stesso, essi lo rappresentano effettivamente, in maniera più o meno esteriore, in determinati tempi e luoghi. In altri termini, esiste una "Terra Santa" per eccellenza, prototipo di tutte le altre; centro spirituale a cui sono subordinati tutti gli altri centri; sede della Tradizione primordiale da cui tutte le tradizioni particolari sono derivate per adattamento a tali o tal'altre condizioni definite, quali quelle di un popolo o di un'epoca. Questa "Terra Santa" per eccellenza è la "contrada suprema", secondo il significato del termine sanscrito Paradesha, da cui i Caldei hanno derivato il Pardes e gli Occidentali il Paradiso; essa è in effetti il "Paradiso terrestre", che è esattamente il punto di partenza di tutte le tradizioni, avente al suo centro la fonte unica da cui si dipartono i quattro fiumi che scorrono verso i quattro punti cardinali, ed è anche il "soggiorno d'immortalità", come ci se ne può facilmente rendere conto dai primi capitoli della Genesi.

Non possiamo ritornare qui su tutte le questioni riguardanti il centro supremo, che abbiamo già trattato altrove, più o meno esaurientemente: la sua conservazione, in una maniera più o meno nascosta, a seconda dei periodi, dall'inizio alla fine del ciclo, cioè dal "paradiso terrestre" fino alla "Gerusalemme celeste" che ne rappresentano le due fasi estreme; i molteplici nomi con i quali è indicato, come Tula, Luz, Salem, Agartha; i diversi simboli che lo raffigurano, come la montagna, la caverna, l'isola e molti altri ancora, che in maggioranza hanno una relazione immediata col simbolismo del "Polo" o dell'"Asse del Mondo".

Qui, a queste raffigurazioni, possiamo aggiungere quelle che ne fanno una città, una roccaforte, un tempio o un palazzo, a seconda dell'aspetto sotto cui lo si considera in maniera più particolare; e con l'occasione, ricordiamo anche, oltre al Tempio di Salomone che si ricollega più direttamente al presente argomento, la triplice cinta di cui abbiamo parlato recentemente come di una rappresentazione della gerarchia iniziatica di certi centri tradizionali; nonché il misterioso labirinto che, sotto una forma più complessa, si ricollega ad una concezione similare, con la differenza che, nel suo caso, viene soprattutto evidenziata l'idea di un "cammino difficoltoso" verso il centro nascosto.

A questo punto dobbiamo aggiungere che il simbolismo della "Terra Santa" ha un duplice significato: che la si riferisca al Centro supremo o ad un centro subordinato, essa rappresenta non solo questo stesso centro ma per associazione, d'altronde del tutto naturale, anche la tradizione che da esso emana o che in esso è conservata, vale a dire, nel primo caso la Tradizione primordiale, e nel secondo una certa particolare forma tradizionale. Questo duplice significato si ritrova parallelamente, ed in maniera molto netta, nel simbolismo del "Santo Graal", che è, ad un tempo, un vaso (grasale) ed un libro (gradale o gradulae); quest'ultimo aspetto indica chiaramente la tradizione, così come l'altro concerne più direttamente lo stato corrispondente al possesso effettivo di questa tradizione, e cioè lo "stato edenico" allorchè si tratta della Tradizione primordiale; e colui che è pervenuto ad un tale stato è, per ciò stesso, reintegrato nel Pardes, per cui è possibile dire che la sua dimora è ormai nel "Centro del Mondo". Non è senza motivo che accostiamo qui questi due simbolismi, giacchè la loro stretta similitudine dimostra che quando si parla della "cavalleria del Santo Graal" o dei "guardiani della Terra Santa", con queste due espressioni bisogna intendere esattamente la stessa cosa. Rimane da spiegare, nei limiti del possibile, in che consista propriamente la funzione di questi "guardiani", funzione che fu, in particolare, quella dei Templari.

Per comprendere bene il significato, occorre distinguere fra i detentori della tradizione, che hanno la funzione di conservarla e trasmetterla, e coloro che, per gradi diversi, ne ricevono solamente una comunicazione e, potremmo dire, una partecipazione. I primi, che sono i depositari ed i dispensatori della dottrina, rimangono alla fonte, che è propriamente il centro stesso; da qui la dottrina si comunica e si distribuisce gerarchicamente ai diversi gradi iniziatici, secondo le correnti rappresentate dai fiumi del Pardes, oppure, se ci si vuol riferire alla figurazione che abbiamo esaminato, secondo i canali che, dall'interno verso l'esterno, collegano fra loro le cinte successive che corrispondono a questi diversi gradi. Tutti coloro che partecipano della tradizione, dunque, non sono pervenuti allo stesso grado, né svolgono la stessa funzione. E altresì necessario distinguere fra queste due cose, le quali, benché generalmente corrispondano in una certa misura, non sono tuttavia strettamente solidali, poiché può accadere che un uomo sia intellettualmente qualificato per raggiungere i gradi più elevati ma non per questo sia adatto a svolgere tutte le funzioni presenti nell'organizzazione iniziatica.

Qui noi prenderemo in considerazione solo le funzioni e, da questo punto di vista, diciamo che i "guardiani" rimangono al limite del centro spirituale, inteso nel senso più ampio, o all'ultima cinta tramite la quale questo centro è, nel contempo, separato ed in contatto col "mondo esterno". Di conseguenza, questi "guardiani" hanno una doppia funzione: per un verso sono propriamente i difensori della "Terra Santa", nel senso che ne interdicono l'accesso a coloro che non possiedono le qualificazioni richieste per potervi accedere, costituendo così ciò che noi abbiamo chiamato la sua "copertura esterna", nel senso che essi la nascondono agli sguardi profani; per l'altro verso essi assicurano, tuttavia, alcune regolari relazioni con l'esterno, così come spiegheremo più avanti.

è evidente che il ruolo di difensori è, per esprimersi nel linguaggio della tradizione indù, una funzione da Kshatriya, e precisamente ogni iniziazione "cavalleresca" è essenzialmente adattata alla natura propria degli uomini che appartengono alla casta guerriera, cioè degli Kshatriya. E da ciò che derivano i caratteri speciali di questa iniziazione, il particolare simbolismo che essa usa e, in modo peculiare, l'intervento di un elemento affettivo, indicato in modo esplicito con il termine "Amore"… . Ma, nel caso dei Templari vi è qualcosa di più da prendere in considerazione: benchè la loro iniziazione fosse essenzialmente "cavalleresca", come conveniva alla loro natura ed alla loro funzione, essi avevano un duplice carattere, ad un tempo militare e religioso; ed è così che doveva essere se essi erano, come per diverse ragioni noi pensiamo, dei guardiani del Centro supremo, ove l'autorità spirituale ed il potere temporale sono riuniti nel loro comune principio, ed ove l'impronta di tale riunione viene trasmessa a tutto ciò che gli è direttamente collegato».

 

«...Nel mondo occidentale, ove lo spirituale ha assunto una forma specificamente religiosa, i veri "guardiani della Terra Santa", fino a quando ebbero un'esistenza in qualche modo "ufficiale", dovevano essere dei cavalieri che fossero al tempo stesso dei monaci, ed è questo che in effetti furono i Templari.

Ciò ci conduce direttamente alla seconda funzione dei "guardiani" del Centro supremo, funzione che consiste, come abbiamo detto, nell'assicurare alcune relazioni esterne, e soprattutto nel mantenere i legami tra la Tradizione primordiale e le tradizioni secondarie e derivate. Perché ciò sia possibile è necessario che, per ogni forma tradizionale, si abbia una o più organizzazioni costituite in base a questa stessa forma, secondo tutte le apparenze, ma composte da uomini che abbiano coscienza di ciò che è al di là di tutte le forme, vale a dire della dottrina unica che è la fonte e l'essenza di tutte le altre, la quale non è nient'altro che la Tradizione primordiale. In un mondo a tradizione giudaico-cristiana una tale organizzazione doveva, in un modo del tutto naturale, avere per simbolo il Tempio di Salomone; questo, d'altronde, avendo cessato d'esistere materialmente ormai da lungo tempo, non poteva avere allora che un significato del tutto ideale, essendo solo un'immagine del Centro supremo, come lo è ogni centro spirituale subordinato: la stessa etimologia del nome Gerusalemme indica abbastanza chiaramente che essa è solo un'immagine visibile della misteriosa Salem di Melchisedec. Se tale fu il carattere dei Templari, per ricoprire il ruolo loro assegnato, che era relativo ad una determinata tradizione, quella dell'Occidente, essi dovevano rimanere collegati esternamente alla forma di questa tradizione, ma, al tempo stesso, l'aver coscienza della vera unità dottrinale li rendeva capaci di comunicare coi rappresentanti di altre tradizioni: è questo che spiega le loro relazioni con certe organizzazioni orientali e soprattutto, com'è naturale, con quelle che altrove svolgevano un ruolo simile al loro.

Ciò posto, si può comprendere, peraltro, come la distruzione dell'Ordine del Tempio abbia comportato per l'Occidente la rottura delle regolari relazioni col "Centro del Mondo"; ed è proprio al XIV secolo che occorre far risalire la deviazione che inevitabilmente doveva comportare una tale rottura, deviazione che gradualmente è andata accentuandosi fino ai nostri giorni».

 

In queste ultime poche righe si può cogliere quanto per l'Autore fosse significativo, fino ai massimi livelli, ogni accadimento connesso all'Ordine del Tempio e alla sua distruzione, nella prospettiva storica dei due millenni di civiltà cristiana. è ipotizzabile, a questo punto, come la sua opera si svolgesse nell'intento di "proteggere" il giusto intendere delle vicende crociate in rapporto con le urgenze della storia politico sociale che in quel momento stava per compiersi in Europa. Non sembra un caso, infatti, che Guénon abbandoni la Francia proprio alla vigilia della salita al potere del nazional-socialismo in Germania, con conseguente rapida annessione dei paesi continentali più prossimi, (Francia in primis); e soprattutto col sorgere in ambito nazista di una organizzazione come le SS che proprio sul mito degli ordini monastico-cavallereschi medioevali dovevano strutturarsi. A vicende belliche ultimate, in Guénon traspare visibilmente l'amarezza derivante dalla constatazione che vincitori e vinti siano entrambe agli antipodi del tentativo di ripristino di una società basata su strutture realmente tradizionali. In conseguenza di ciò, nella sua ultima opera prodotta (non come collezione di studi o articoli vari), ovvero Il regno della quantità e il segno dei tempi, del 1945, si attuerà un richiudersi verso problematiche meno impegnative, potremmo dire quasi sociologiche, che non di respiro dottrinario o propriamente esoterico, argomenti evidentemente ritenuti ormai esauritisi.

«...Tuttavia, non è possibile affermare che ogni legame sia stato reciso d'un sol colpo; per molto tempo ancora fu possibile, in una certa misura, mantenere delle relazioni, ma solo in maniera nascosta, per mezzo di organizzazioni come la Fede Santa o i "Fedeli d'Amore", o come la "Massenia del Santo Graal" e senza dubbio molte altre ancora, tutte eredi dello spirito dell'Ordine del Tempio e per la maggior parte ad esso collegate a mezzo di una filiazione più o meno diretta. Coloro che conservano vivo questo spirito e che ispirarono queste organizzazioni, senza mai costituire essi stessi alcun organismo definito, si chiamano Rosacroce; ma venne un giorno in cui gli stessi Rosacroce dovettero lasciare l'Occidente, le cui condizioni erano divenute tali da impedire che la loro azione potesse ancora esercitarsi, e si dice che a quel punto essi si ritirarono in Asia, riassorbiti in qualche modo nel Centro supremo di cui erano come un'emanazione. Per il mondo occidentale non vi è più una "Terra Santa" da custodire, poiché la via che conduce ad essa è ormai interamente smarrita; quanto tempo ancora durerà una tale situazione? … Solo ritornando alle normali condizioni e ritrovando lo spirito proprio della sua tradizione, se ne ha ancora in sé la possibilità, l'Occidente potrà vedere riaprirsi la via che conduce al "Centro del Mondo"».

   

   

©2003 Sante Asse

   


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