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Il canto delle sirene

a cura di Sante Asse


pag. 2

  

7) San Leonardo e Castel del Monte 

Tra San Leonardo e Castel del Monte, costruzioni quasi coeve, vi sono poche decine di chilometri di distanza. All’epoca della loro costruzione la mater domus (sede del Priore) dell'Ordine Templare per l’Italia meridionale (Apulia) era a Barletta [21], di enorme importanza strategica, militare ed economica, almeno fino agli anni 1250 - 1260, periodo in cui i templari e gli altri ordini monastico - guerrieri cominciarono a perdere interesse per la loro missione di redenzione planetaria attraverso l'istituto dell' Impero ... o forse presagi della fine di un'epoca, come scrive J. C. Pichon [22], in cui il Dio d'Amore (il Cristo) veniva destituito dalla ragione, dall'Uomo-Dio, fase indicante nelle dottrine indù l'epilogo di un ciclo di manifestazione cosmica, ovvero il Kali-Yuga traducibile come "era delle tenebre", e mitologicamente iniziante con la rivolta della casta guerriera degli Kshatrija contro quella sacerdotale dei Brahmani, con conseguente perdita della conoscenza dei Grandi Misteri, quelli connessi alla conoscenza di Dio e della manifestazione tutta. Che l'ipotesi templare della costruzione di Castel del Monte [23] sia accertabile o meno, non è dubbio che questo "Castello" costituisca simbolicamente un continuum con altre costruzioni coeve disseminate per la Puglia.

 

8) San Leonardo e il vangelo secondo Tommaso

Quello che ora  vorremmo suggerire è che nella nostra abbazia di San Leonardo in Lama Volara di Siponto architetti e costruttori medioevali abbiano posto in opera espliciti riferimenti al vangelo apocrifo secondo Didimio Tommaso (che consta di 114 detti attribuiti direttamente al Cristo), discepolo di Gesù che nei suoi scritti, come si riscontra in tutti gli altri vangeli "rigettati" dalla chiesa di Roma, opera precisi richiami a dottrine gnostiche. L' idea ci è venuta alquanto istantaneamente, allorchè abbiamo letto i detti n. 7 e n. 8, che così recitano:

 

7. Gesù disse, "Fortunato è il leone che verrà

mangiato dall'umano, perché il leone diventerà

umano. E disgraziato è l'umano che verrà

mangiato dal leone, poiché il leone diventerà

comunque umano."

 

8. E disse, "L'uomo è come un pescatore saggio

che gettò la rete in mare e la ritirò piena di

piccoli pesci. Tra quelli il pescatore saggio scoprì

un ottimo pesce grosso. Rigettò tutti gli altri

pesci in mare, e poté scegliere il pesce grosso

con facilità. Chiunque qui abbia due buone

orecchie ascolti!"

 

è sin troppo evidente il richiamo iconografico del portale nord, con il leone a destra che divora l'omuncolo e quello a sinistra che divora il grosso pesce. Ma oltre questo, vi sono altri riferimenti, anche se più sottili; la cosa non può che essere stata congegnata volutamente e probabilmente vuole velare un qualche legame tra ordini di cavalleria crociati cristiani e  comunità orientali.

Riportiamo di seguito altri detti del vangelo secondo Tommaso e il riferimento iconografico che ad essi riteniamo attribuibile:    

 2. Gesù disse, "Coloro che cercano cerchino finché troveranno.

    Quando troveranno, resteranno turbati.

    Quando saranno turbati si stupiranno,

    e regneranno su tutto."

Pensiamo qui al gesto del cavaliere (o San Giacomo) sulla lunetta di fronte a S. Leonardo. Un altro riferimento al Giacomo del portale si può trovare nel detto seguente:  

12. I discepoli dissero a Gesù, "Sappiamo che tu ci

     lascerai. Chi sarà la nostra guida?"

    Gesù disse loro, "Dovunque siate dovete andare

    da Giacomo il Giusto, per amore del quale

    nacquero cielo e terra."

 

Osservate che al detto n. 10 di seguito riportato si può associare proprio il rosoncino equinoziale a dieci archetti, che "appicca il fuoco" (…Luz) nell'absidiola sede all'epoca di una icona raffigurante il Cristo bambino mostrato dalla Madre. Al detto n. 11, tal quale il numero degli archetti del rosoncino solstiziale, il "diventaste due" parrebbe indicare i due pilastri in cui la macchia di luce si forma al solstizio d'estate, che vuol anche adombrare il senso della caduta nel mondo della manifestazione in quanto mondo della dualità:

   10. Gesù disse, "Ho appiccato fuoco al mondo, e

        guardate, lo curo finché attecchisce."

    11. Gesù disse, "Questo cielo scomparirà, e quello

         sopra pure scomparirà. I morti non sono vivi, e i

         vivi non morranno. Nei giorni in cui mangiaste

         ciò che era morto lo rendeste vivo. Quando

         sarete nella luce, cosa farete? Un giorno eravate

         uno, e diventaste due. Ma quando diventerete

        due, cosa farete?"

 

Nei detti seguenti il numero due si associa alla Montagna, che si potrebbe intendere come riferimento alla Montagna sacra garganica che domina sulla vallata dell' abbazia:  

  47. Gesù disse, "Un uomo non può stare in sella a

       due cavalli o piegare due archi. E uno schiavo

       non può servire due padroni, altrimenti lo

       schiavo onorerà l'uno e offenderà l'altro.

       Nessuno beve vino stagionato e subito dopo

       vuole bere vino giovane. Il vino giovane non

       viene versato in otri vecchi, altrimenti si guasta.

       Non si cuce un panno vecchio su un abito

       nuovo, perché si strapperebbe."

 

 48. Gesù disse, "Se due persone fanno pace in una

      stessa casa diranno alla montagna 'Spostati!' e

      quella si sposterà."

 

 104. Gesù disse, "Quando farete dei due uno

        diventerete figli di Adamo, e quando direte

        'Montagna, spostati!' si sposterà."

 

Come tutto questo possa, ancora una volta, dare aggancio con la presunta attribuzione ai Templari della costruzione dell'abbazia, basterà intendere il seguente passo [24], tenendo presente il mito gemellare di cui i Templari si resero "tutori", conprova il sigillo di cui si dotarono:

«Gemello, in aramaico, si dice TAUMÀ, cioè Tommaso. Gemello, in greco, si dice DÌDUMOS. Non ci sono dubbi, è una duplice conferma che l'autore del QUINTO VANGELO è il gemello spirituale di GESÙ e non il suo fratello gemello carnale. TAUMÀ è dunque il custode delle parole segrete. Ascoltiamolo. Il Vangelo secondo Tommaso è vicino alla tradizione della prima Chiesa cristiana, ma differisce dai Vangeli sinottici per la sua natura esoterica... ...la salvezza giunge soltanto ai pochi che vorranno comprendere queste verità nascoste [...] a noi è chiara la distinzione: c'era un culto pubblico ed ufficiale e uno segreto e condannato. Ambedue facevano risalire il loro credo alla predicazione di Gesù. [...]».

9) Il baussant dei Templari a San Leonardo?

Più volte, nelle visite al sito, mi ero interrogato sul tipo di significato che potessero avere le due stranissime mensolette affiancate sul lato nord, sopra la prima monofora a destra della facciata. Non rinnego che la prima cosa che viene in mente a chi l’osservi sia proprio quella che alla fine dovrebbe condurre alla comprensione dell’artificio scenico, utilizzando i tradizionali metodi della cabala fonetica e, soprattutto, dell’analogia alchemica. Sono debitore di questa particolareggiata analisi ad uno scritto reperito via internet (sito dell’Università di Perugia, dipartimento di Matematica, l’autore si firma con lo pseudonimo di Sante Anfiboli, titolo: A proposito del Vexillum Templi, e altra simbolica templare...).

«Lo stendardo templare - il famoso e misterioso gonfanon baussant - venne descritto da Mathieu Paris nel 1254 come "d'argent au chef de sable". Era dunque bianco e nero; [da] un'immagine tratta da una miniatura medievale (1245), si vede che esso è - almeno in qualche versione - molto semplicemente bipartito, con il riquadro nero che sovrasta quello bianco il quale - a sua volta - è grande il doppio del primo. Ci si domanderà ora se - in una figura di tale semplicità - possa essere contenuto un qualche significato esoterico e, nel caso, quale esso sia.

Nell'Opera alchemica il mercurio (bianco) deve appunto essere il doppio in peso del solfo: questo nel baussant è chiaramente indicato. Inoltre, alla fine della Prima Opera il solfo - completamente annerito (caput mortuum, scorie) - sovrasta il mercurio, esattamente come nel baussant, che si rivela così una sintetica rappresentazione figurata della Prima Opera.

Ciò è confermato chiaramente dal nome stesso che i Templari davano al loro vessillo. Di fronte al termine baussant chi conosce la cabala fonetica, la lingua degli uccelli, non può non scoppiare a ridere, incantato dalla sottile concettualizzazione che esso esprime e che contrasta assai argutamente con la volgarità da caserma tramite la quale è espressa.

Beau séant, il belsedente: eufemismo buffonesco che non riesce affatto ad alleviare la volgarità del riferimento anatomico! Beau séant è infatti anche beau chiant, il belcagante. Vogliamo concluderne che gli inquisitori avevano visto giusto sospettando rituali blasfemi e pratiche perverse? Niente di tutto ciò: Torniamo ora al risultato della Prima Opera alchemica, così come è efficacemente schematizzato dallo stendardo stesso. Esso è costituito da una parte nera che sta sopra, che siede su una parte bianca, questo ci da già una prima indicazione. La parte nera era detta caput mortuum, o più comunemente foeces, feci, perché la si considerava come un escremento del mercurio filosofico. Ora foeces, in francese fèces, gioca cabalisticamente con fesses, natiche. È quanto si può vedere scolpito in un motivo - segnalato da Eugène Canseliet - che orna la facciata del palazzo Kaiserworth a Goslar, in Prussia.

Vi si vede un povero essere deforme e sgraziato che espelle faticosamente dalle fesses nientemeno che un ducato d'oro. Così gli alchimisti esprimevano - simbolicamente ma molto precisamente - che l'oro filosofico proviene dalle foeces.

Ma vi è un'altra ragione - altrettanto importante - per questa bizzarra denominazione per un cavaliere che passa le giornate pattugliando le vie di comunicazione. Dalle condizioni del suo belsedente dipende tutta la sua possibilità di stare in sella. Ora, il conforto del belsedente è una buona sella, una sella che ne assecondi la conformazione, che ne porti in qualche modo l'impronta. L'idea che i milites templi si facevano del baussant era proprio quella di poggiare su una sella che ne riproduceva la conformazione. In effetti, l'interfaccia tra le foeces e il mercurio filosofico sottostante presenta una configurazione assai particolare, una specie di impronta stellata comune alle due parti, come il positivo e il negativo.

Si tratta della medesima concezione espressa nel quadro di Lorenzo Lotto comunemente noto come Amore che incorona un teschio, segnalato dal Baldini da cui riprendiamo il seguente brano:

"[In esso si vede] un teschio in posizione [stranamente!] orizzontale, mollemente adagiato su un cuscino sul quale lascia - esattamente come farebbe il capo di un qualunque dormiente - un'ampia impronta stellata: sopra di esso un putto dall'espressione tra il pensoso e l'ammiccante sostiene una corona d'alloro. Il contrasto è particolarmente forte e tale da far riflettere: perché l'alloro - albero sacro ad Apollo e simbolo notorio di immortalità, come d'altra parte tutte le piante che rimangono verdi in inverno - è imposto al teschio, che è invece il rappresentante per eccellenza del suo contrario, ossia la morte? E perché questa strana postura da vivente del teschio sul cuscino? Aggiungiamo che quest'ultimo, a causa dell'assenza della mascella e della strana posizione, sembra sorriderci beffardamente. [ ] A nostro avviso [...] Lotto adagia il cranio orizzontalmente sul cuscino, [proprio per suggerire] l'impronta che vi lascerebbe la testa [appunto caput mortuum] di un qualunque dormiente: che essa abbia una forma visibilmente stellata conferma - secondo noi in modo inequivocabile - quanto abbiamo detto. Ma la composizione ci dice ancora qualcos'altro, ossia che la materia simboleggiata dal cranio non è morta come sembra bensì dorme, e ciò è rafforzato dall'alloro dell'immortalità con cui il putto - in questa accezione simbolo dello spiritus mundi - si prepara a incoronarlo".

Ciò significa precisamente che le foeces o caput mortuum risorgeranno - o si risveglieranno - nel corpo glorioso dell'oro filosofico. Si tratta dello stesso concetto espresso - assai più sinteticamente - nel baussant del Templari. Esso era detto così, belsedente, proprio come il teschio del Lotto potrebbe essere denominato beldormiente.

I Templari andando in battaglia inalberavano dunque l'insegna del loro rango iniziatico, che poteva essere compreso da chi - nelle file avversarie - possedeva lo stesso genere di conoscenze.

Ancora, il baussant nella cabala fonetica è anche il baisant, il baciante o copulante (baiser in francese gergale), allusione precisa al fatto che la Prima Opera è detta anche coniunctio sive coitus, e che al termine di essa il mercurio filosofico - dopo avervi copulato - bacia le natiche, le fesses, le foeces del solfo che sta seduto su di lui, proprio come fa una sella con il posteriore di chi vi è seduto. Ed è in tal modo che un innocente seppur rude calembour sapienziale di iniziati-soldati ha finito per alimentare quelle imputazioni di sodomia e baci sul posteriore che concorsero a perderli, stante l'ignoranza e il fanatismo di coloro che - in ogni epoca - non trovano di meglio che disprezzare, umiliare e distruggere ciò che non è loro concesso comprendere.

Passiamo adesso a qualche considerazione sul Sigillum Templi, il più noto - e meno compreso - dei simboli templari. In esso si vedono due cavalieri che stranamente montano lo stesso cavallo, il quale tenta di impennarsi ma non vi riesce a causa dell'eccessivo peso che sostiene.

La prima cosa che vi è da considerare è che noi ritroviamo qui lo stesso rapporto di uno a due che abbiamo già visto nel baussant. Tuttavia, la posizione è, rispetto a prima, rovesciata. Qui l'uno (solfo) sta sotto e il due (mercurio) sopra.

Alchemicamente, si tratta di un riferimento molto preciso alla situazione operativa della Seconda Opera. In essa si tratta di ricongiungere i due attori minerali e metallici nelle stesse proporzioni di peso della Prima. Tuttavia è assolutamente necessario che il solfo venga mantenuto in basso, sul fondo del crogiolo, e che questa volta sia il mercurio a sovrastarlo, cosa nient'affatto semplice, perché il mercurio è più pesante del solfo e tenderà fatalmente a scendere - come è attestato dal Cosmopolita nel suo Novum lumen chemicum (Trattato del sale, cap. VI). Occorre qui necessariamente conoscere un artificio operativo tale da realizzare questa condicio sine qua non. Con il loro strano sigillo i Templari dichiaravano di conoscere perfettamente la soluzione, di detenere la chiave della Seconda Opera. Infatti il cavallo (solfo) tenta disperatamente di impennarsi disarcionando i cavalieri ma non vi riesce e questi rimangono saldi in sella».

 

 

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Antonio Ventura, I possedimenti del monastero di San Leonardo..., in Biblioteca di Foggia.



1  è curioso notare come una forte credenza popolare legata al santuario di San Michele sul Gargano riporti l’usanza per le giovani mogli di strofinarsi alle pietre della grotta per propiziare una maggiore fertilità…

2 Antonio Ventura, in I possedimenti del monastero di San Leonardo..., vedi bibl., data al 1127 il documento più antico sull'abbazia, quindi sul finire del predominio normanno nella regione.

3 I simboli della scienza sacra, vedi bibl.

4 Il guscio della mandorla protegge il seme fino al momento della nascita, così come la Vergine-Terra nella gestazione (nelle tenebre ...) del seme divino-Cristo permette all'uomo di diventare Dio; la metafora è espressa da Guénon, op. cit.

5  Il gran libro della natura, vedi bibl., nota n. 1, pag. 55.

6  Testi attinenti alle dottrine specifiche della casta sacerdotale dei Brahmani; per la casta guerriera degli Kshatrija i testi di riferimento sono  i libri intitolati Baghavad Gita.

7  Qui il termine di "eroi" andrebbe inteso diversamente dal senso romantico e letterario con cui oggi viene adoperato, e che ricaviamo dal Guénon (Considerazioni sulla via iniziatica, op. cit.) come anche da Evola (cfr. Cavalcare la tigre, vedi bibl.), in cui "eroico" è l'atto supremo con cui l'uomo iniziato, e perciò qualificato dal sacrificio delle sue illusorie prerogative mondane, "conquista" la dimensione primigenia dell'Essere, rinunciando alla sua transitoria "individualità" per riconnettersi al "tutto" cosmico di cui si sente parte.

8  Da Fulvio Bramato (Storia dell'Ordine dei Templari in Italia, vedi bibl.) apprendiamo (tomo II, cap. 1) come, in sede di inquisizione, alcuni templari del Regno di Sicilia deposero rivelando che i loro iniziatori li esortarono a credere al dio dei saraceni, che era più in alto della trinità cattolica che loro intendevano come tre divinità distinte ed inferiori. Fa riflettere, in merito all'importanza del meridione d'Italia nelle vicende latomistiche, il fatto che:

- alcuni degli inquisitori dell'Italia meridionale abbiano indicato in un Gran Priore napoletano intorno al 1167 l'iniziatore dell'Ordine verso queste forme di gnosi ereticale (sempre da Bramato);

- Michelet (op. cit.) abbia definito Napoli come la sede in cui Jacques de Molay (ultimo  maestro dell'Ordine) prima del rogo abbia inteso insediare la base della nuova struttura occulta (per gli affari d'Oriente) che doveva perpetuare l'ideale templare (le altre città dovrebbero essere state Edimburgo per l'Occidente, Parigi per il meridione e Stoccolma per il nord).

Questo, per noi, indica inoltre scenari ben connettibili con le vicende di Raimondo di Sangro, iniziato perseguitato e vilipeso dallo status quo del suo tempo (sec. XVIII), la cui "templarità" è stata dimostrata dalla L. Sansone Vagni (vedi bibl.).

9 L'Archeometra, op. cit., nota n. 45 a pag. 49.

10 La grande Triade, vedi bibl., pag. 59 e segg.

11 Si attesta la presenza di un tempio romano dedicato al culto del dio Giano ove oggi sorge il paese garganico di San Giovanni Rotondo, sede in questo secolo del monastero francescano dove operò Padre Pio da Pietrelcina, e vicinissimo sia a Monte Sant'Angelo che alla nostra abbazia di San Leonardo; Giano, riferisce Guénon, era per i romani il dio delle iniziazioni, ed egli, con Michelet ed altri, attribuisce questa rappresentazione dualistica del dio come la più affine al Baphomet templare (N. d. A.).

12 Da una nota di Michele Guglielmi (inserto SEAT 1992 Foggia e prov.) si riferiscono notizie, tratte da: Camobreco, Regesto di San Leonardo di Siponto, 1913, in cui si attribuisce ad epoca federiciana tutta l'elaborazione del ricco portale settentrionale della chiesa. Ciò farebbe supporre come la sua simbologia fosse più pertinente all'ordine teutonico, per regola composto solo da nobili tedeschi. Da qui forse deriverebbe la particolare volontà di rappresentare l'ascesi come superamento dei vizi e degli istinti brutali della persona, se è vero come riporta Michelet (op. cit., pag. 52) che i templari pretesero che i teutonici non portassero il mantello bianco, il loro colore dovendo essere quello nero, rappresentante le "ombre cimmerie", le tenebre dell'istinto, e quindi "araldicamente" e perciò simbolicamente più confacente ai popoli germanici. Il papa Innocenzo III risolse la questione annerendo la croce del blasone teutonico, ma conservando il mantello bianco. Resti di pitture murarie di questi stemmi nerocrociati sono ancora visibili sulla parete sud  all'interno della nostra chiesa abbaziale.

13  Il Mistero del Graal, op. cit.

14 "Salmon of Wisdom", letteralmente "salmone della sapienza", e notate il fonema praticamente identico tra il salmone e il Re Salomone.

15 Vedi C. Miccinelli, op. cit.

16  Simboli della scienza sacra, Adelphi, 1992, pag.151.

17 Intitolato «Il mistero di Orione», tratto da «Speciale Mistero», n. 1, ottobre 1996, pag. 25.

18 Cit., pag. 36.

19 Custode del segreto del Graal e detentore sia degli attributi della regalità terrena che di quella celeste, come il biblico MelKiTsedeq, quindi "qualificato" per consacrare altri Re.

20 Il Re del Mondo, nota 13 di pag. 45.

21 Per evitare confusioni, è opportuno rammentare che, nell'epoca in questione, il Regno di Sicilia comprendeva l'Isola, sede regale, e l'Apulia, nome che intendeva buona parte del Mezzogiorno continentale. La regione che oggi ha conservato il nome di Puglia fu, all'epoca delle crociate, quella più importante e su cui restano più evidenti i segni della storia tardo-medioevale. Anche a Barletta la chiesa principale della Domus Templi era dedicata a San Leonardo.

22 L'altra storia, vedi bibl.

23  Riferita da Aldo Tavolaro, op. cit.

24  Mario Pincherle, Il primo Vangelo: Vangelo di Tommaso. Sintesi introduttiva tratta da Tommaso apostolo, il quinto Vangelo di Mario Pincherle, Edizioni Filelfo.

   

   

   

©2003 Sante Asse

    


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