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Il canto delle sirene

a cura di Sante Asse


pag. 1

 

1) Monaci, cavalieri e costruttori medievali

«I costruttori di cattedrali hanno inscritto l'eco della Parola perduta nel silenzio secolare della pietra, affinché i predestinati la ascoltino »

                                                                                Victor Emile Michelet

 

Evocativi libri in pietra sono, come osservano Fulcanelli, René Guénon o il Michelet summenzionato, le costruzioni cultuali medievali. Austere se conventi o abbazie, sovraccariche di motivi simbolici  iconografici se chiese cattedrali.

Tra le due tendenze dovremmo annoverare quelle attribuite o presunte all’intervento diretto dei Templari, monaci e cavalieri con regole e insegnamenti forse in parte segreti che l’Argot di scalpellini, decoratori e architetti medioevali in alcune occasioni possa aver manifestato per scopi ormai difficilmente indagabili. è con questo presupposto che abbiamo studiato la nostra abbazia, cercando di dimostrare che all’origine agostiniana comunemente accettata vada sovrapposta una “mano” di matrice crociata importata da gruppi di maestranze legate ai cavalieri Templari, prima che a loro subentrassero i Teutonici (in via definitiva solo dal 1261 e fino al 1475) nel vasto feudo agricolo di San Leonardo in Lama Volara di Siponto.

Sarà utile qualche notizia sul santo cui questa abbazia è dedicata; all’epoca titolazione ricorrente in territori a forte presenza crociata (rimaneggiamo queste note dal Dizionario dei Santi).

     «S. Leonardo è uno dei santi più popolari dell'Europa centrale. In suo onore furono erette non meno di seicento chiese e cappelle, e il  suo nome ricorre frequentemente nella toponomastica e nel folklore. Particolare devozione riscosse all'epoca delle crociate, e tra i devoti si segnalò il principe Boemondo d'Antiochia che, preso prigioniero dagli infedeli nel 1100, attribuì la sua liberazione nel 1103 al santo e, tornato in Europa, donò al santuario di Saint-Leonard-de-Noblac, come ex voto, delle catene d'argento simili a  quelle di cui era stato caricato durante la prigionia».

S. Leonardo di  Noblac (o di Limoges) è un santo "scoperto" all'inizio del secolo XI, ed è a  quel periodo che risalgono le prime biografie, piuttosto leggendarie, che  poi hanno ispirato anche il culto verso di lui. I Bollandisti hanno dichiarato  «fabularum plena», piena di favole, la Vita sancti Leonardi che uscì anonima  poco dopo il 1030:  

    «Leonardo nacque in Gallia al tempo dell'imperatore Anastasio, e cioè tra il 491 e il 518. Essendo i suoi genitori, oltre che nobili, anche intimi amici di Clodoveo, il grande capo dei Franchi, questi volle fare da padrino al battesimo del bimbo. Divenuto giovanotto, Leonardo non volle intraprendere la carriera delle armi e preferì mettersi al seguito di S. Remigio, divenuto arcivescovo di Reims. Poiché S. Remigio, avvalendosi della sua amicizia col re, aveva ottenuto il privilegio di poter concedere la libertà a tutti i prigionieri nei quali si  fosse imbattuto, anche Leonardo chiese ed ottenne un potere analogo, che  esercitò ripetutamente. Il re si sentì in diritto di offrirgli anche qualcos'altro, la dignità vescovile. Ma Leonardo, che non aspirava a glorie  umane, preferì ritirarsi dapprima presso S. Massimino a Micy e poi nei  pressi di Limoges, nel bel mezzo di una foresta denominata Pavum. La sua solitudine fu interrotta un giorno dall'arrivo di Clodoveo che era a  caccia insieme a tutto il suo seguito. Con il re era anche la regina, che  proprio allora venne sorpresa dalle doglie del parto. Le preghiere e le cure  di S. Leonardo propiziarono un parto felice [1], e allora il re fece col santo  un patto singolare: gli avrebbe fatto dono, per edificarvi un monastero, di  tutto il territorio che sarebbe riuscito a delimitare percorrendolo a dorso  d'asino. II Santo costruì un oratorio in onore della Madonna e dedicò un  altare in onore di S. Remigio; scavò poi un pozzo che si riempì  miracolosamente d’acqua e al luogo diede il nome di nobiliacum in ricordo  della donazione di Clodoveo. Il Santo sarebbe morto il 6 novembre di un anno  imprecisato del sesto secolo».

A queste mi sembra interessante aggiungere questa breve nota dell’amico Domenico Migliaccio di Roma:

«Mi è capitato sotto gli occhi un "santino" del Nostro: dalla finestra ferrata di una cella  filtra  della luce e Leonardo, mentre tiene l’indice sinistro alzato verso i  raggi solari, con la mano destra indica la porta di uscita dal carcere. Questa immagine mi ha ricondotto alla piazza di S. Lorenzo in Lucina a Roma, facendomi  pensare alla famosa storia "Ad Digitum Solis". Una antica leggenda romana narra infatti che ivi si ergesse una statua con  il braccio e l'indice destro tesi, e sul dito la scritta "Percute hic", ossia "Batti qui". Dopo che molti avevano eseguito l'ordine della statua senza che nulla accadesse, vi provò Gerbert d'Aurillac (che divenne Papa col nome di Silvestro II, il Papa del passaggio dell'anno 1000, detto anche il Papa mago) ma  in un modo del tutto particolare: attese il Mezzogiorno e segnò il punto dove cadeva l'ombra dell'indice, poi, la notte stessa, assistito da un servitore, aprì con un sortilegio la terra e si trovò in una reggia d'oro, piena di ricchezze e di statue di re, di dignitari e di altri personaggi celebri, anch'esse d'oro e poste a guardia dell'immenso tesoro. I due avendo  tentato di sottrarre i gioielli e gli altri beni facilmente trasportabili, si videro circondati dalle statue, improvvisamente animate, e furono costretti alla fuga, non potendo portare con sé nulla. Il tesoro da loro visto era quello dell'imperatore Augusto, che naturalmente non fu più  rinvenuto».

 

2) Il complesso di Lama Volara e i due eventi eliotropi

Al suo nascere nel XII secolo [2] San Leonardo di Siponto dunque era affidata all’ordine religioso degli agostiniani. Ma, oltre a dover considerare che proprio la regola agostiniana fu adottata dall’ordine Templare all’inizio della sua storia (dal 1118 e fino al concilio di Troyes del 1128 che ne elaborò una specifica sotto l’ispirazione di S. Bernardo da Clairvaux), è da particolari richiami simbolici e da alcune tipicità costruttive di cui andremo a parlare che, per noi, la scelta del sito, il progetto e il cantiere siano da attribuire all’Ordine del Tempio.

In primis osserviamo la semplice composizione della facciata Ovest: l’arco sul portale si presenta con piccola cornice a lunetta semicircolare scolpita di figurazioni vegetali, come il tondino proprio sopra l'ingresso; in alto a sinistra un rosoncino decorato internamente da dieci archetti secanti inscrivono un foro circolare al centro; infine, più in alto sul portone, una finestra a losanga senza fregi. Incidentalmente notiamo come nell'insieme i tre punti luce a occidente ricordino le tre vie di realizzazione spirituale dell'Induismo, cioè la "via larga", la "via stretta " e la "via di diamante". A tal proposito è curioso notare le due lesene, sporgenze del muro addossate ai lati del portone, che raggiungono il cornicione (in stile pisano) con la losanga al centro: la colonnina di sinistra larga almeno il doppio di quella di destra; è arduo pensare che la cosa derivi da imperizia.  La via “larga” è il  portone, l’accesso comune. La via “stretta” è rappresentata dal rosoncino a dieci arcate: è circolare perché in perfetta sintonia col sole (che infatti proprio da lì passa per compiere l'evento equinoziale), dove la circonferenza maggiore rappresenta la manifestazione cosmica, il puntino o il cerchio più piccolo al centro rappresenta Dio centro e cuore della Creazione. Da Guénon [3] rileviamo come ai dieci raggi della circonferenza andrebbe aggiunto come undicesimo quello che vi penetra centralmente nell'equinozio  e che va a delineare una macchia di luce a forma di noce o mandorla (il seme di immortalità, in ebraico 'luz'...) nella absidiola posta alla sinistra guardando l'altare, dove pare vi fosse un'icona della Vergine Madre di Dio [4]. Il Cap. VII del libro di René Guénon "Il Re del Mondo", intitolato "'Luz' o il soggiorno d'immortalità" sembra scritto apposta per spiegare la simbologia connessa con l'evento equinoziale:

«Le tradizioni riguardanti il 'mondo sotterraneo' si ritrovano presso moltissimi popoli... il 'culto delle caverne' è sempre connesso all'idea di 'luogo interiore' o 'luogo centrale', e il simbolo della caverna e quello del cuore... sono assai vicini l' uno all' altro. Fra le tradizioni... ve n'è una che presenta un interesse particolare: la troviamo nel Giudaismo e con­cerne una città misteriosa chiamata Luz. Questo nome, in origine, era quello del luogo dove Giacobbe ebbe il sogno in seguito al quale lo chiamò Beith-El, cioè "casa di Dio"... è detto che l'"Angelo della Morte" non può penetrare in questa città e non vi ha alcun potere... Vicino a Luz vi è, si dice, un mandorlo (chiamato luz in ebraico) alla base del quale si trova una cavità attraverso cui si penetra in un sotterraneo; e questo sotterraneo conduce alla città, che è completamente nascosta. La parola luz... sembra peraltro derivare da una radice che designa tutto ciò che è nascosto, ... segreto; è da notare che anche le parole che designano il Cielo hanno in origine lo stesso significato... Tali parole possono significare 'ciò che nasconde' ... ma anche 'ciò che è nascosto', e quest'ultimo significato è duplice: ciò che è nascosto ai sensi, il regno sopra­sensibile; e, nei periodi di occultamento... la tradi­zione che cessa di essere manifestata ... allorché il "mondo celeste" diviene il "mondo sotterraneo"... La parola luz è il nome che viene dato a una particella corporea indistruttibile, rappresentata simbolicamente come un osso durissimo, particella alla quale l' anima rimarrebbe legata dopo la morte e fino alla resurrezio­ne. Come il nocciolo contiene il germe, e come l' osso contiene il midollo, questo luz contiene gli elementi virtuali necessari alla restaurazione dell' essere; essa si opererà sotto l'influsso della "rugiada celeste", rivivificando le ossa disseccate; a questo alludono le parole di san Paolo: "Seminato nella corruzione, risusciterà nella gloria". Anche qui, come sempre, la gloria si riferisce alla Shekinah, considerata nel mondo superiore. La 'rugiada celeste' è in stretta relazione con essa...».

Infine la via di “diamante” è quella di chi è liberato dai lacci della manifestazione materiale; la forma a rombo suggerisce proprio questa facoltà di aver riunificato gli opposti. Nella cultura indù queste tre vie designano il cammino di perfezionamento competente ad ognuna delle tre caste fondamentali (da vedersi anche in senso allegorico) di cui si compone la società, ovvero quella del popolo attivo (via larga), dei guerrieri (via stretta) e infine la casta sacerdotale (via di diamante), suddivisione tradizionale che era oggettivamente presente in Occidente fino a tutto il Medioevo. Tornando a delineare meglio la simbologia legata alla "via breve ma stretta" rappresentata dal rosoncino a dieci raggi osserviamo che, acclarato il significato ciclico e cosmologico, fa riflettere come la "noce di luce" venga formata dall'undicesimo raggio; numero 11 che cabalisticamente significa forza, luce, e designa, come si può evincere da questo breve passo di Vincenzo Soro [5], un attributo specifico di Cristo:  

«Profondo è l' esoterismo del nome Gesù, che racchiude in sé la sintesi di tutta la dottrina segreta. Infatti questo nome nella sua forma originale ebraica suona Jehoshua, e si ottiene mettendo la lettera SHIN (fuoco, verbo) in mezzo alle quattro lettere formanti il Nome Indicibile YHVH (yod-he-vau-he): sommando così i valori numerici di queste 5 lettere, si ottiene il numero 11 che nella riduzione teosofica diventa 2, numero corrispondente alla lettera ebraica Beth. Ora questa lettera significa La Luce ed è il simbolo geroglifico della GNOSI. Il nome del Rabbi di Nazareth insegna quindi che dal fuoco dell'Amore divino nasce nel nostro cuore la GNOSI, il figlio di Dio in una stalla fra due animali, cioè la Luce della Sapienza e della Conoscenza diretta di Dio in noi, che nascendo in mezzo alle nostre passioni e ai nostri istinti brutali (la stalla e i due bruti) illumina l' anima e compone l'apparente antitesi tra materia e spirito, tra la Scienza e la Fede».

Sempre da Guénon apprendiamo come, nei libri induisti dei Veda [6], un ciclo temporale di manifestazione, approssimativamente quantificato in 12.000 anni terrestri, ovvero le metà del tempo occorrente a compiere una intera precessione degli equinozi per il nostro pianeta, porti alfine a selezionare una casta di "Eroi" [7]  cui spetterà la parte di principali "messaggeri di Dio" o "Déi" nel successivo ciclo di manifestazione, che dopo ogni "Apocalisse" si riforma incessantemente nel cosmo. Per completare la simbologia occorre connettersi al simbolo solstiziale: il rosoncino sul tetto ha undici raggi, mette in scena una “discesa”  nella manifestazione cosmica; il Sole penetrandolo costituisce il dodicesimo raggio [8]. Leggiamo da Guénon [9]:

 

«...al solstizio d' Estate, il segno del Cancro, domicilio della Luna (in fondo alle Acque), è la porta delle migrazioni discendenti delle anime (dal polo Sud); si può dire che è la porta degli inferi (stati inferiori), mentre il Capricorno è la porta dei Cieli (stati superiori). Il conduttore delle anime che ascendono e che discendono è Ermete psicopompo, Anépu (Anubis) egizio, "la guida dei cammini d'oltre tomba" ».

     

 

è appena il caso di aggiungere che nell’area abbaziale si possono rilevare nove pozzi, sparsi in un raggio di poche decine di metri dal tempio. Considerando che il Monte Aquila (o Aquilone) dove sorge il complesso, è un enorme blocco di pietra corallina, non sorprenderebbe verificare che, al tempo, si siano agevolmente costruiti sotterranei con qualcuno di questi pozzi a camuffare delle prese d’areazione; cosa al momento non rilevata.

 

3) Il lato del Nord

Sul portale monumentale nord, colpisce l’immagine di S. Leonardo con l'indice alzato rivolto al cavaliere che di fronte pare lo ascolti deferente alzando le mani. Le due figure incuriosiscono proprio perché è palese il gesto riprodotto sulla pietra: ma il monaco cosa deve ammonire in merito? Per indagare questa simbologia connessa al gesto del monaco (che è praticamente la stessa del santino sopra descritto…), sarà utile riferirsi alla seguente esposizione  tratta sempre da Guénon [10], che ci serve anche da necessario corollario alla simbologia dei due eventi solari prima raccontati: 

« ... la tradizione cristiana chiama il "potere delle chiavi"; infatti, anche questo potere è duplice, comportando sia il potere di "legare" che quello di "sciogliere" ...  

« ... è noto che la raffigurazione più comune del potere in questione è quella di due chiavi, una d'oro e l'altra d'argento, che si riferiscono rispettivamente all'autorità spirituale e al potere temporale, o alla funzione sacerdotale e alla funzione regale, e anche, dal punto di vista iniziatico, ai "grandi misteri" e ai "piccoli misteri", ed è a quest'ultimo riguardo che, per gli antichi Romani, esse erano uno degli attributi di Giano bifronte [11] ... In rapporto al ciclo annuale, di cui è nota la stretta relazione con il simbolismo di Giano, il primo di questi due assi è un asse solstiziale e il secondo un asse equinoziale; qui, l'asse verticale o solstiziale si riferisce alla funzione sacerdotale, e l'asse orizzontale o equinoziale alla funzione regale».

Se partiamo dal fatto che questo è il monastero del "Forte Leone" - traduzione dall'etimologia nordica del nome "Leonhard" - parrebbe come se il monaco ammonisca severamente su come i cavalieri custodiscano il feroce leone; ovvero di come esercitino il "potere" che la casta sacerdotale sola è in grado di legittimare alla casta guerriera. I due grifoni (testa d'aquila su corpo di leone, marcatamente in stile mesopotamico) che sorreggono la scena guardano languidamente i due come a indicare qualcosa: poco più sopra si erge il Cristo in Gloria benedicente raffigurato col Libro aperto. A proposito di questi grifoni occorre dire che essi furono inventati, come simbolo del potere civile, presso la dinastia iranica degli Achemenidi e largamente ripresi con eguale significato durante il basso medioevo in occidente. è da notare come storicamente proprio il regno achemenide (700 - 330 a. C.) venga considerato il primo esempio di Impero Universale; ciò quindi si connette a perfezione con le aspirazioni della cattolicità medioevale. Completa il quadro del portale settentrionale i soliti due leoni presenti in gran parte delle chiese pugliesi romaniche e normanne. Insolitamente questi leoni, simbolo fra l'altro delle passioni brutali da dominare se si vuole accesso al mondo dello spirito, sono intenti l'uno a divorare un omuncolo ignudo (l'uomo dannato dalle sue stesse passioni che non è riuscito a dominare?) l' altro un pesce o mostro marino [12].

A proposito di "mangiare un pesce", J. Evola riporta [13] la notizia di una leggenda celtica che forse fa proprio al caso nostro. In essa si parla del miracoloso Pesce della Sapienza [14]  in grado di dare la Conoscenza, avendo però l'accortezza di non maneggiarlo con le mani, che altrimenti verrebbero ustionate (del resto, riti iniziatici praticati con  infilati dei guanti è la prassi ad es. in Massoneria). Se il salmone "ustiona le mani", esso non è destinato a nutrire l'uomo comune, bensì l' uomo pieno del coraggio del leone, che sempre dominando gli istinti brutali della carne vuole e può, fuor di metafora, cibarsi dalla Vera Fonte di Sapienza, senza restare servo delle fatue ambizioni materiali, ovvero "divorare gli altri uomini" per i propri esclusivi vantaggi.

Da un altro punto di vista, che più avanti definiremo, le allegorie del lato settentrionale potrebbero invece connettersi al calcolo dei tempi mitici dell’umanità: dopo i falliti tentativi medioevali di costruire un Impero come immagine terrestre della Gerusalemme Celeste, non sarebbe rimasto che occultarsi nell'ombra sempre pronti; e difatti Raimondo di Sangro, nel suo testamento spirituale, si rivolge loro chiamandoli "Quelli che Vegliano, i Quali Vivono..." [15].

Quindi il leone in positivo esprime il coraggio del "combattente" e il suo Vigilare, in negativo la brutalità delle passioni sempre in agguato per Annientare.

4) Il lato dell' Est

Ad oriente, nell’abside centrale, un cornicione con varie figurazioni  antropomorfe e grottesche.

Una statuina, oggi molto deteriorata nei tratti, che cavalca un altrettanto irriconoscibile animale (per il Guglielmi si tratterebbe di un grifone) in direzione del sole nascente si può scorgere poco sotto questo cornicione, e resti di un' altra scultura si trovano un po' più in basso sulla destra:  una figurazione molto simile e di identica collocazione notiamo nella chiesetta templare di Ognissanti a Trani. Una delle due lesene esterne  riporta in graffito la scritta "GUILIELMUS SACERDOS" composta da caratteri richiamanti sia simboli alchemici che astrologici (Es. la "G" formata dal simbolo della costellazione del Leone ruotato in senso antiorario di 90', o la seconda "I" simbolo della Bilancia con stessa rotazione). Rilevando una scritta di medesimo tono in altra costruzione coeva di Puglia ("Nicolaus Sacerdos et Magister") sull' ambone della cattedrale di Bitonto in terra di Bari, ritenuta firma dell'autore dell'opera, si potrebbe ritenere questo Guglielmo connesso alla costruzione della nostra abbazia. Curiosamente notiamo che in uno degli affreschi superstiti all’interno, in corrispondenza dell’absidiola a destra, è dipinta una panoramica di una chiesa coeva, che ricorda molto proprio la summenzionata cattedrale di Bitonto, con l’immagine di un celebrante che pare percuotere (percute hic…) col piede il basamento di una colonna.

Un  segno della probabile ascendenza templare nella costruzione della abbazia è l’Omphalos che si può rinvenire  scolpito su una pietra ora del muretto di recinzione prospicente lo spigolo del lato nord col lato est. Trattasi del segno dei tre quadrati concentrici riuniti dalle mediane dei lati, già individuato dalla letteratura templare corrente in numerosi manufatti dell’Ordine. In Puglia se ne trovano tracce presso la chiesa di Sovereto e all’esterno della cattedrale di Vieste. Guénon in “Simboli della scienza sacra” spiega il simbolo come un riferimento all’individuazione del punto di massima concentrazione delle forze telluriche di un luogo, e implicitamente una riproduzione della triplice cinta muraria della Gerusalemme Celeste, ma ancor prima del cristianesimo era segno della triplice cinta druidica dei Celti, ovvero il recinto del segreto luogo cui si custodivano le conoscenze divine presso la casta sacerdotale.

 

 5) Interno del Tempio

All’interno vi sono almeno tre componenti che richiamano la nostra attenzione: la colonna d’entrata destra; l’oblò sulla parete sud e il protome della cupoletta sovrastante l’altare.

La colonna destra, con ampio basamento quadrato visibilmente sovradimensionato, ha posto una serie di interrogativi cui cercheremo di dare soluzione. Per prima cosa, lo spigolo in alto del basamento in direzione dell’ingresso nord presenta scolpito un piccolo catino a modo di acquasantiera; dall’osservazione abbiamo constatato che circa una decina di giorni dopo l’evento solstiziale del 21 Giugno, il raggio di sole che filtra dal rosoncino del tetto si rifrange perfettamente nell’acquasantiera, e il riflesso si stampa proprio sotto la pietra d’angolo dell’archetto che separa, nella navata nord, lo spazio d’ingresso dall’area sovrastata dal rosoncino equinoziale. Nello spazio di giorni che separano il solstizio da questo evento di inizio Luglio, si è potuta osservare un’altra curiosa immagine di luce formarsi sul lato della colonna più interno: si tratterebbe della sagoma di una figura alata a grandezza naturale.  Si potrebbe leggere in sequenza la scena e ricavarne una pregevole rappresentazione sacra simbolica, che dalla “discesa” del solstizio nel Cancro, passa all’ “apparizione” dell’angelo e si conclude con la vivace scheggia luminosa che si riflette sotto l’arco. Il capitello presenta un bassorilievo nel lato nord molto particolare, e richiamante simboli diffusi nella iconografia di matrice celtica, la stessa cioè di provenienza di San Leonardo e credo dei costruttori dell’opera. Vi notiamo un cinghiale femmina alla base che volge indietro il muso a indicare un vecchio con barba e stempiato, con abiti forse cerimoniali, che impugna un’ascia nell’atto di sferrare un colpo. Leggiamo da Guénon [16]:

«…All’origine, l’autorità spirituale e il potere temporale non erano separati… ma uniti nel loro principio comune, e si ritrova un vestigio di questa unione nel nome stesso dei druidi (dru-vid, ‘forza-saggezza’); questi due termini erano simboleggiati dalla quercia e dal vischio); a questo titolo, e anche in quanto rappresentavano più particolarmente l’autorità spirituale, alla quale è riservata la parte superiore della dottrina, essi erano i veri eredi della tradizione primordiale, e il simbolo essenzialmente ‘boreo’, quello del cinghiale, era loro proprio. In quanto ai cavalieri, che avevano come simbolo l’orso (o l’orsa di Atalanta), si può pensare che la parte della tradizione a essi più specialmente destinata comportasse soprattutto gli elementi derivati dalla tradizione atlantidea…».  

Ecco un altro punto a favore della ipotesi “Templare” nella costruzione di San Leonardo in Lama Volara: dal Protome della cupoletta dell’altare, scarsamente visibile ad occhio nudo, si notano fattezze già notate in allocazioni analoghe in Castel del Monte: volto con barbetta divaricata e i due famosi bernoccoli di Mosè: se sia o no riferimento al Baphomét templare, certo le assonanze sono notevoli. 

Quello che visitando l’interno veramente lascia perplessi è l’oblò della parete sud: è senza archetti interni, profondo e scuro, anche perché i teutonici sbarrarono il piano sulla cui parete si trova, che serve anche da accesso al tetto. Eppure, il sagittario del portale si può dire proprio indichi verso questa direzione. Ecco perché riporteremo ora un occhiello (dalla rivista «I Misteri», n. 21, luglio 1997) che ci sembra ad hoc per spiegare la simbologia del Sagittario (segno zodiacale dove il sole entra nel mese di Novembre, in cui il giorno 6 la chiesa festeggia proprio San Leonardo Abate) e dell’oblò. è un modo certamente inconsueto di entrare nel “calcolo dei tempi”. L' articolo (a pag. 11 dell' inserto centrale che ha per argomento l'Atlantide) si intitola I Maya e le catastrofi cicliche; l'autore è Antonio Bonifacio:

«I Maya, come è noto, fondavano il loro calendario e la loro mitologia sul pianeta Venere. Questa scelta sarebbe dovuta ad un fatto particolare: come eredi di conoscenze della "civiltà ancestrale", essi sapevano che, in realtà, le catastrofi che periodicamente affliggono il nostro pianeta, provocando la scomparsa di intere culture, non sono legate soltanto a remoti avvenimenti galattici (i quali semmai possono configurare delle aggravanti), ma dipendono da un ciclo radicato nel nostro sistema solare.

Ogni 12.000 anni, all' incirca, avverrebbe una particolare combinazione cosmica: un periodo di perturbamento delle macchie solari, una particolare posizione di Venere e un allineamento astronomico ben preciso, il cui effetto combinato provocherebbe grandi sconvolgimenti climatici. Questo evento si ripeterà, la prossima volta, nel solstizio d'inverno del 2012, quando il Sole si troverà a sorgere sullo sfondo della costellazione del Sagittario, intersecandosi la Galassia. L'incrociarsi della Galassia con l'eclittica al solstizio è un evento astronomico assai raro e singolare, e per la mentalità degli antichi assumeva come significato l'aprirsi delle porte del cielo. Il fatto ancor più particolare è che questa "lacerazione cosmica" (l'effetto della freccia del Sagittario) verrà ad aprirsi su un punto oscuro della Via Lattea (…l’oscuro oblò della parete sud, N.d.A.), nel quale la cintura di stelle appare interrompersi perché velata da nubi interstellari. Questa nera fessura era interpretata dai Maya come l'utero della Dea Madre ancestrale, che genera ad ogni ciclo una nuova epoca».

 

Non c’è più “tempo” per aggiungere altro, suppongo. E i due simboli non possono essere più espliciti di così in questa abbazia.

 

 6) Il Forte Leone

 

« Gli animali non sono altro che le figure dei nostri vizi e delle nostre virtù che errano davanti ai nostri occhi »

                                                                                             Victor Hugo

In un articolo a firma Vittorio Di Cesare [17] viene riportata la tesi del tedesco Rudolph Gantenbrink secondo la quale le piramidi egizie di Giza furono progettate e costruite ad "imitazione" della costellazione di Orione. In pratica si evidenzia una corrispondenza tra l’allineamento delle tre stelle della cosiddetta cintura di Orione e quello delle tre piramidi, col fiume Nilo fluente di fianco come fa la nube allungata della Via Lattea che lambisce nel campo visivo la costellazione. Prendendo le mosse da tale ipotesi vi associamo una notizia tratta da Louis Charpentier in cui si affermava che Bernardo di Chiaravalle (estensore delle regole templari) diede indicazione di costruire le principali cattedrali di Francia dislocate ad imitazione delle stelle della costellazione della Vergine. L'autore spiegava la scelta con la particolare devozione cui i Cistercensi e la Cavalleria medioevale erano portatori nei confronti della "Vergine Madre di Dio". Alla luce di questo riferimento, abbiamo verificato come sul mappamondo terrestre la dislocazione Francia - Egitto corrisponda con relativa approssimazione a quella sul mappamondo celeste proprio delle costellazioni Vergine - Orione. A quel punto era conseguenziale trovare, se possibile, una costellazione che "definisse", se pur approssimativamente, la posizione dell'Italia sul mappamondo celeste. Spingendoci dunque verso Sud-Est dalla Francia - Vergine, sulla direttrice che porta all'Egitto - Orione, ci siamo imbattuti  guarda caso nella costellazione del Leone. Un'ulteriore notizia traemmo sulla stessa rivista da un articolo di Alberto Cesare Ambesi [18]  in cui, trattando di altre cattedrali medioevali, citava le "quattro stelle regali" che sono le stelle alfa delle costellazioni Toro, Scorpione, Leone e Acquario. Soffermandoci in particolar modo su alfa del Leone, chiamata anche Regulus, venne automatico il collegamento a Federico II, che "scippò" i beni dei Templari in Capitanata, tra cui il nostro monastero, per donarli (intorno al 1226, pur se in via provvisoria) ai "suoi" cavalieri di Santa Maria dei Teutonici. Dal libro di Julius Evola già citato abbiamo appreso di una novella medioevale in cui il Prete Gianni [19] mandò dei suoi emissari per interrogare Federico onde accertarsi se egli potesse essere degno di venir "iniziato" alla regalità ultraterrena e all'Impero universale. Per farla breve, il responso fu negativo: Federico possedeva la "misura" (regulus…) del governo delle cose terrene ma non pose la fatidica domanda ("Che uso devo farne?") che lo avrebbe qualificato per la conoscenza dei Grandi Misteri.

Da quanto sinora sviluppato, per noi tutta l’iconografia espressa dalla nostra abbazia inerisce a tre entità simboliche ben distinte e tra loro correlate: il Sole, il Leone, la Regalità; ognuno con valenza terrena e ultraterrena. A proposito, riportiamo qui un breve passo di Guénon [20]:

«Il simbolo ... [riferito all' accostamento tra Re del Mondo e il Sole o Figlio del Sole, N.d.A.] è esattamente quello che la liturgia cattolica attribuisce a Cristo quando gli dà il titolo di Sol Justitiae; il Verbo è effettivamente il "Sole spirituale", cioè il vero "Centro del Mondo"; inoltre, l'espressione Sol Justitiae si riferisce direttamente agli attributi di MelkiTsedeq. Bisogna notare poi che il Leone, nello Zodiaco, è il domicilio proprio del Sole. Si può intendere che il Sole a dodici raggi rappresenti i dodici Aditya [nel Brahmanesimo sono le principali qualificazioni-emanazioni del Dio-Uno, N.d.A.]; da un altro punto di vista, se il Sole raffigura Cristo, i dodici raggi sono i dodici Apostoli (la parola Apostolos significa "inviato" e i raggi sono anch'essi 'inviati' dal Sole). Del resto, nel numero dei dodici Apostoli si può scorgere un segno, fra altri, della perfetta conformità del Cristianesimo in origine con la tradizione primordiale».

   

©2003 Sante Asse

   


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