Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


 


    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


5.4.4 IL TIFO

    

Il "tifo" è stato certamente, per la frequenza delle sue epidemie, uno dei flagelli più gravi dei secoli passati, nonostante fosse molto meno letale della peste. Le ricorrenti epidemie nel Medioevo furono spesso associate a gente affollata nel sudiciume, al freddo, in povertà; rifugiati, prigioni e fame; guerre e carestia, ma di quale patologia si trattò in realtà?

Furono sempre ben identificate le caratteristiche mediche patognomoniche?

Ovviamente no, prevalentemente a causa delle carenti tecniche metodologiche e di indagine. Oggi ne possiamo distinguere almeno tre varietà (che qui di seguito vengono brevemente delineate: A-C) e sicuramente esse si avvicendarono o si sovrapposero.

   

A) Febbre tifoide (tifo addominale) - Salmonella typhi

   

è una malattia batterica sistemica. Dopo un’incubazione da 3 giorni a 3 mesi (generalmente 1-3 settimane), insorgono febbre elevata, cefalea, malessere generale, inappetenza, rallentamento delle pulsazioni, esantema papuloso localizzato al tronco, tosse secca e disturbi gastrointestinali (stipsi o diarrea). Sintomi non sempre presenti sono quelli relativi al coinvolgimento cerebrale, ovvero delirio e ottundimento psichico, che può aumentare fino a coma profondo.

è provocata da un batterio, la Salmonella typhi, appartenente ad un genere numerosissimo di cui fanno parte le Salmonelle paratyphi A e B, responsabili dei paratifi e anche le cosiddette Salmonelle minori, responsabili di infezioni e tossinfezioni a trasmissione alimentare.

Salmonella typhi

La febbre tifoide rientra nell'ambito delle febbri enteriche perché viene trasmessa per via oro-fecale (i batteri vengono eliminati con le feci dall'uomo malato, contaminano l'ambiente, l'acqua, gli alimenti, e contagiano nuovi individui quando introdotti con gli alimenti o l'acqua).

Può quindi essere contratta in seguito all'ingestione di acqua o alimenti (mitili, frutta, verdura, latte non pastorizzato) contaminati da materiali fecali contenenti Salmonelle che possono persistere per mesi nei liquami e nel fango e resistono a lungo anche nell'acqua e nel ghiaccio.

Gli insetti, in particolar modo le mosche, possono fungere da vettori passivi dei germi patogeni, avendo come ulteriore condizione favorevole il caldo umido.

L'uomo, malato o portatore (nella cistifellea). è l'unica sorgente di infezione [35].

   

IGIENE

Nel Medioevo, il vaso da notte che aveva fatto la sua comparsa in epoca romana, era ancora usato, e si facevano i propri bisogni anche davanti a tutti.

Nelle città il senso dell'igiene personale era vivo e l'usanza di fare il bagno era diffusa. Esistevano bagni pubblici o sale termali che permettevano agli uomini di incontrarsi e rilassarsi. Nella sola Parigi, nel 1292, ne sono state censite 25 per 250.000 abitanti. La moda del bagno e la costruzione di latrine, segno dell'eredità culturale romana, sono all'epoca più o meno diffuse in tutta Europa. Però i bagni pubblici medievali diventarono poco alla volta ambienti equivoci.

L’igiene delle strade non sembrava la preoccupazione principale: si gettava tutto fuori dalla porta e ci si muoveva tra pozze e rivoli di acqua sporca e liquame dove navigavano escrementi.

    

Precauzioni disattese

A livello individuale, per la prevenzione della malattia: il rispetto delle comuni norme igieniche era fondamentale; necessaria la corretta igiene personale specie dopo la defecazione, specie il lavaggio delle mani prima, durante e dopo la manipolazione dei cibi.  

Inoltre, doveva essere evitata, per non contrarre la malattia, l’ingestione di cibi potenzialmente infetti:

·        carne e derivati della carne, pollame e derivati del pollame crudi o cotti in modo inadeguato;

·        uova crude (guscio compreso) e preparati a base di uova, pesce e frutti di mare crudi o non completamente cotti.

A livello collettivo la prevenzione delle malattie a trasmissione fecale-orale si realizzava attraverso corretti smaltimento e allontanamento dei rifiuti solidi e liquidi oltre alla disponibilità di acqua sicura e controllata per l’uso umano.

   

B) Tifo esantematico (tifo petecchiale o europeo)

   

Il tifo esentematico (detto anche dermotifo) è una malattia di tipo epidemico, molto frequente soprattutto a seguito di guerre o carestie che compromettano le condizioni igienico-sanitarie delle popolazioni. La malattia, caratterizzata da febbre elevata ed esantema maculo-papuloso petecchiale il cui agente patogeno è la Rickettsia prowazeki, è trasmessa all'uomo dal pidocchio (Pediculus humanus).

Pidocchio

La malattia riguarda esclusivamente l'uomo; non esistono infatti serbatoi animali. La trasmissione da un individuo all'altro avveniva quando il pidocchio dopo aver assunto il sangue di un individuo infetto, depositava le feci sulla pelle o sulle mucose di un individuo sano. La rickettsia presente nelle feci penetrava nell'individuo sano attraverso le lesioni da grattamento o, più raramente, attraverso le mucose.

Dopo un periodo di incubazione di circa 2 settimane la malattia esordisce bruscamente con febbre, brivido, cefalea, perdita di appetito, congestione congiuntivale, dolori muscolari e ossei, malessere, dolori lombari, rachialgia, vertigini, vomito, grave prostrazione, vertigini ed eruzione di tipo petecchiale.

Vi è un rapido aumento della temperatura con febbre, brividi, nausea, stato stuporoso fino al coma, delirio, tremori, meningismo. Quattro-sei giorni dopo l’inizio appare una caratteristica reazione cutanea (esantema a piccole macchie) su gran parte del corpo (vengono risparmiati solo volto e regioni palmo-plantari) che dopo qualche giorno evolvono in petecchie (esantema a piccole macchie) dal tronco agli arti.

La temperatura corporea raggiunge un massimo alla fine della prima settimana e si mantiene fino a circa il 12° giorno quando generalmente cala abbastanza rapidamente. La depressione e la debolezza permangono e la convalescenza è lenta.

Nei casi benigni la febbre cessa dopo un paio di settimane e l'esantema scompare. Nei casi gravi si possono avere complicazioni neurologiche, polmonari, cardiache o renali, gangrene alle estremità.

La malattia si trasmette da uomo a uomo.

Le epidemie di tifo petecchiale [36] scoppiarono principalmente d’inverno, quando la gente si lavava meno, o a seguito dei periodi di carestia. Il tifo era favorito dal sovraffollamento negli ambienti chiusi e dalla mancanza di igiene. I pidocchi infettano le persone ed esse “restituiscono il favore” infettando altri pidocchi: le ricketsie si riproducono enormemente nel loro intestino. La mortalità si avvicinava al 100% nel caso di epidemie.  

Epidemia di tifo

   

I pidocchi proliferavano nelle vesti sporche che le persone indossavano generalmente. Inoltre le campagne militari del XIV secolo coinvolgevano armate abbastanza piccole, ma la pratica militare poteva ugualmente essere devastante per le popolazioni locali. Tali gruppi armati comunque portavano malattie nei loro spostamenti: in particolare tifo (chiamato anche “febbre di guerra”) e dissenteria. I cicli di fame, epidemie e guerra spesso si accompagnavano [37]. Le condizioni della guerra erano infatti ottimali per la diffusione: povertà, sovraffollamento, migrazioni di massa, abitazioni inadeguate e malnutrizione.                                                               

  

C)  Tifo murino (tifo endemico)

Il tifo murino, detto anche tifo endemico da pulci, è una malattia con decorso relativamente benigno, causata da un germe: la Rickettsia typhi (mooseri) veicolata dalla pulce del ratto (Xenopsylla cheopis) e di altri roditori. L’organismo umano è ospite occasionale in seguito alla puntura di tali pulci. La malattia poteva interessare con casi sporadici ogni Paese e colpiva soprattutto coloro che vivevano in abitazioni o in ambienti di lavoro infestati da ratti [38].

Dopo un periodo di incubazione variabile tra 1 e 3 settimane insorgeva  con brividi, cefalea e febbre molto alta che durava circa 12 giorni. I sintomi comprendevano anche dolori muscolari e alle articolazioni, eruzioni cutanee (anche dopo una settimana: macule rosse, come papule ad inizio dal tronco e diffuse a tutto il corpo per la durata di anche solo poche ore), nausea, vomito, tosse, alterazione del sensorio e dolori addominali.

I fattori di rischio includono il contatto con le pulci o le loro feci, o la vicinanza con altri animali (topo casalingo, gatti, opossum, procioni, puzzole e ratti).


35  Tra le complicanze della febbre tifoide, poiché il batterio si diffonde attraverso il sangue in ogni parte del corpo, la più comune era l'emorragia gastrointestinale o la perforazione come risultato dell'ulcerazione intestinale. Altre complicanze potevano essere la colecistite, l’epatite o la polmonite. Una complicanza più a lungo termine è quella che segue la malattia acuta, circa il 10% dei pazienti continuano ad eliminare batteri attraverso le feci fino a tre mesi successivi e tra il 2 e il 5% diventano portatori cronici del batterio. La probabilità di diventare portatori cronici aumenta con l'età ed è più comune nelle donne. Gli animali non sono infettati.

36  Se il decorso del tifo petecchiale è favorevole, la febbre e i segni della pelle scompaiono dopo due settimane. Le complicanze più gravi sono quelle cardiache, polmonari, renali (nefrite), otiti, flebiti, gangrene alle estremità. Pidocchi, acari e zecche possono trasmettere varie forme di tifo e anche altre malattie. Nei casi fatali la prostrazione è progressiva, e possono seguire delirio e coma. L’insufficienza cardiaca può essere la causa di morte improvvisa. Il tifo petecchiale venne meglio conosciuto dalla fine del '400. Il concetto stesso di malattia infettiva e diffusiva era ancora lontano dall’essere concepito e dall’affermarsi. Sarà Girolamo Fracastoro (1478-1553), alla metà del Cinquecento, con il suo libro De contagione et contagiosis morbis, ad ipotizzarlo timidamente, nel corso di un’epidemia di tifo. Trascorreranno ancora più di tre secoli perché esso trovi una piena accoglienza nella comunità medica. I principali progressi contro la malattia vennero dopo il 1909 ad opera del medico francese Charles Nicolle.

37  H. Zinsser, Rats, lice and history, Routledge, London 1934: «… an invading army can introduce disease (typhus) to a defending army and the surrounding communities or populations…». «In 1566, Maximillian II of Germany led 80,000 soldiers to attack the Sultan Soliman in Hungary. Before any battlefield action occurred, a devastating typhus epidemic broke out in camp, and the campaign against the Turks had to be called off….». «Typhus had come to be the inevitable and expected companion of war and revolution; no encampment, no campaigning army, and no besieged city escaped it».

38  La pulce, dopo aver punto il ratto infetto, deposita le feci sulla pelle dell'individuo sano il quale a sua volta si infetta inoculandosi il germe attraverso le lesioni da grattamento. Più raramente l'infezione si verifica per ingestione o inalazione di prodotti inquinati da feci infette di ratti o di pulci. La malattia avviene prevalentemente nei mesi estivi, quando i ratti e le loro pulci sono più attivi ed abbondanti e dura tipicamente due o tre settimane. La malattia è piuttosto comune ed è clinicamente simile al tifo epidemico, ma meno grave, con una mortalità massima del 2%. La malattia in genere ha un andamento benigno. Solo in casi rari possono verificarsi complicazioni quali encefaliti, malattie cardiovascolari o renali.

   

   

   

©2006 Raimondo G. Russo

         


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