Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


 


    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


5.4.3 IL COLERA

I. STORIA (IL COLERA E L’ACQUA)

Il colera sembra essere esistito da almeno due millenni. Il colera asiatico probabilmente ebbe origine in India, dove è ora endemico. Ci sono scritti di autorevoli scrittori indiani e greci fino alle soglie dell’era cristiana. Una patologia che noi possiamo riconoscere come colera è stata descritta da Ippocrate.

Con la decadenza dell'Impero romano, venne meno anche la manutenzione degli acquedotti che assicuravano il rifornimento idrico collettivo delle città.

   

I monasteri utilizzavano le antiche tecniche per l’approvvigionamento idrico, quali tubazioni in argilla inserite in una gettata di malta (2° quarto del XIII secolo). L’acqua doveva arrivare nelle fortezze e nei castelli anche in caso di assedio. Per questo motivo prevalgono i pozzi a carrucola (per l’acqua delle falde), cisterne per l’acqua piovana e condutture per le acque naturali o di sorgente. Tale approvvigionamento era affidato ai Comuni o poteva esistere un sistema privato. Solo pochi privilegiati avevano il permesso di attingere alle tubature pubbliche e trasportare l’acqua era un lavoro svolto da donne e servitori.

Bagno, Tristano, 1494

I lavori che producevano sporcizia dovevano essere fatti a pozzi secondari. Con il degrado progressivo delle opere pubbliche scomparve l'erogazione del servizio pubblico. Per tutto il Medioevo e poi fino al termine del XVIII secolo l'Europa vivrà un lungo periodo di scarsa disponibilità di acqua potabile nei centri urbani, mentre malattie come il colera, legato all'uso di acqua non potabile e al permanere di acque stagnanti, diventeranno endemiche in molte zone.

   

II. DIFFUSIONE NELLE CITTà

Nel Medioevo sempre più gente cominciò a trasferirsi nelle città, contribuendo così allo spopolamento delle campagne. Fu così che le città si riempirono di gente e anche ovviamente di rifiuti.

Nelle città i pozzi individuali e l'acqua conservata a cielo aperto facevano aumentare i rischi igienici della popolazione, aggravati dalla diffusa credenza medica che il bagno non fosse salutare, tanto che gli stessi ricchi, i nobili e perfino i re si lavavano assai raramente.

   

L'avversione per il bagno nel Medioevo occidentale fu influenzata anche dalla convinzione della Chiesa cristiana che la nudità dei corpi nei bagni pubblici fosse occasione di peccato, tanto che lo stesso battesimo non venne più praticato come in origine sulle rive dei fiumi ma in appositi battisteri chiusi.

Il bagno

Le fontane rimasero solo come oggetto decorativo, mentre rifiuti ed escrementi riversati nelle strade avrebbero insudiciato, infettato e reso maleodoranti le città europee fino al XIX secolo.  

Chi sporcava i pozzi nel Medioevo veniva punito duramente. L'accusa di aver avvelenato i pozzi nel XIV e XV secolo diede luogo ad atti di violenza contro gli ebrei e i lebbrosi.

Il Colera è una malattia proveniente dal Medio Evo», lasciò scritto Hugo Blanco sul bi-settimanale "Sozialistische Zeitung”. «Il fatto che riappaia nelle terre molto povere ove l’acqua potabile è contaminata da  germi lo dimostra», ed inoltre: «Chiunque sia sufficientemente nutrito non muore di colera. Ma chi muore è denutrito. Per cui: il Colera è una malattia dei poveri».

Risorse idriche non tutelate, acque nere non adeguatemente gestite, assenza di servizi igienici, mancanza di igiene alimentare e sovraffollamento, furono (e sono) tipicamente le condizioni socioambientali favorevoli ad una epidemia di colera.

Gli appartenenti al genere Vibrio sono comuni abitanti delle acque superficiali (sia marine che dolci) di tutto il mondo. Alcune specie vivono in stretta relazione od associazione con la fauna acquatica. In particolare Vibrio Cholerae è associato allo zooplankton.

Il medico-poeta veronese italiano Gerolamo Fracastoro (1478-1553) [32] suggerì in De contagione et contagiosis morbis (1546) l'esistenza di vettori di contagio: egli aveva infatti osservato che la malattia si trasmetteva sia per contatto diretto tra i soggetti (contactu), sia attraverso corpi (per fomitem), sia a distanza (ad distans). Egli introdusse così l'idea di «germi di contagio», piccoli germi vivi, cioè microrganismi capaci di causare le malattie.

Fino alla scoperta degli agenti patogeni la scienza non ha dato molta importanza all'acqua come veicolo di infezioni. Il consumo di acqua limpida e buona per il palato era ritenuto assolutamente innocuo. Gli interventi di risanamento si limitavano spesso a combattere i sintomi (ad es. eliminazione degli odori). Fu  il collegamento in rete idrica dei sistemi di approvvigionamento a diffondere gli agenti patogeni.

   

III. PATOLOGIA

Il colera è una malattia infettiva acuta gastroenterica grave, causata dal ceppo tossigeno di Vibrio cholerae [33], batterio che vive nell’acqua attaccato ad alghe o a piccoli crostacei. Da questo ambiente, in particolari condizioni, il germe può essere trasmesso all’uomo attraverso l’acqua o il cibo contaminati. Si tratta di una malattia a trasmissione oro-fecale (il batterio viene eliminato con le feci dall'uomo, contamina l'ambiente, l'acqua, gli alimenti, e contagia nuovi individui quando introdotto con gli alimenti o l'acqua). Il vibrione può sopravvivere a lungo, fino a 14 giorni, in alcuni cibi (crostacei).

Un soggetto in buona salute può presentare ipotensione entro un'ora dalla comparsa dei sintomi e morire entro 3 ore.

Il genere Vibrio è costituito di batteri gram-negativi dalla forma di cilindro diritto od incurvato. Tali batteri sono mobili grazie alla presenza di un “flagello polare”.

Vibrione del colera

La malattia, dopo un periodo di incubazione di 1-5 giorni, si manifesta con diarrea acquosa improvvisa con scarsi dolori addominali, causata dall’ enterotossina che è attiva contro l'epitelio intestinale, con scariche sempre più liquide e incolori, e quindi con enormi perdite di liquidi, calcio e potassio e grave prostrazione generale. Segue il vomito che aggrava lo stato di disidratazione. Il paziente è ipoteso, tachicardico e con diuresi ridotta o addirittura assente (anuria). Se non interviene la cura reidratante, si ha shock irreversibile e morte.

La caratteristica del colera è la diarrea acquosa che può essere di vario grado, da lieve a gravissima e può causare in questo caso una disidratazione estrema: nei casi gravi i malati potevano perdere anche un litro di liquido per ora e la morte poteva verificarsi entro poche ore, con un tasso di letalità di oltre 50%.

Gli alimenti a maggior rischio sono i frutti di mare o comunque il pesce, ingeriti senza adeguata cottura; la verdura, la frutta, l'acqua da bere e le bevande prodotte con acqua inquinata.

La trasmissione si verifica perché il vibrione, eliminato con le feci, non viene distrutto, per carenze del sistema di depurazione dei liquami o di potabilizzazione dell'acqua, per cui può arrivare all'uomo sano, attraverso gli alimenti e le bevande. è più rara, ma possibile, la trasmissione da malato a sano nelle condizioni di scadente igiene personale.

La perdita di fluidi ed elettroliti porta a: disidratazione, anuria, acidosi e shock. Le feci sono definite come aventi l'aspetto di acqua di riso in quanto contengono flocculi di muco e cellule epiteliali (ed anche vibrioni colerici in elevata quantità). 

La perdita di potassio (elettrolita) può determinare alterazioni della contrazione cardiaca. La sintomatologia è costituita da diarrea acquosa non dolorosa e vomito.  

Nel 1973 l'assemblea dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ha eliminato dai regolamenti internazionali la possibilità di richiedere la vaccinazione anticolerica per l'ingresso in una nazione.

      

SALVIA (Salvia officinalis)

Gli antichi botanici e medici Greci (Teofrasto Dioscoride e Ippocrate) avevano ben note le qualità terapeutiche della salvia. Dioscoride riportava la efficacia medica nella cura degli occhi e delle emorroidi. Le infusioni di salvia erano ritenute in grado di far tornare la memoria ed aumentare il tempo della vita. Per i Romani la salvia era una pianta sacra, usata anche come antidoto per le morsicature dei serpenti. Carlomagno ne incoraggiò la coltivazione sistematica in Germania. Nel Medio Evo la salvia era usata comunemente contro il colera, la febbre alta e l’epilessia. Ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che gli acidi fenolici nelle sue foglie offrono una protezione antisettica e antibatterica. Inoltre in Grecia e nei Balcani, l’olio di salvia era estensivamente usato come medicina popolare contro cefalea, ulcere buccali, tonsilliti ed anche per massaggi sulla regione addominale, per lenire il dolore. Le infusioni di salvia potevano essere utilizzate per il raffreddore e come digestivo.

   

L’epidemiolgia [34] è stata utilizzata per meglio identificare e catalogare le varie malattie.

I Paesi più soggetti (2002)

    
La malattia è attualmente diffusa in molti paesi (Africa: Angola, Benin, Burkina Faso, Burundi, Cameroun, Capo Verde, Ciad, Comore, Congo Brazzaville, Costa d'Avorio, Gibuti, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Kenia, Liberia, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Mozambico, Niger, Nigeria, Repubblica Centro Africana, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Sao Tomè e Principe, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sud Africa, Swaziland, Tanzania, Togo, Uganda, Zambia e Zimbabwe; America: Brasile, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Nicaragua, Perù e Venezuela; Asia: Afghanistan, Bhutan, Cambogia, Cina, Filippine, India, Iran, Iraq, Laos, Myanmar , Nepal, Sri Lanka, Viet-Nam).

   


32  Dal De contagione et contagiosis morbis (1546) di Gerolamo Fracastoro: «Esistono, a quanto pare, tre tipi fondamentalmente diversi di contagio. Il primo infetta solo per contatto diretto. Il secondo opera nello stesso modo, ma lascia inoltre "fomiti", e questo contagio può spandersi per mezzo di tali fomiti, come ad esempio la scabbia, la tisi, le macchie maligne, l'elenfantiasi e simili (parlando di fomiti intendo indumenti, oggetti di legno e cose di tal sorta che, pur non essendo corrotte di per se stesse, possono nondimeno preservare i germi originali del contagio, e infettare per mezzo di essi). In terzo luogo, esiste un tipo di contagio che non solo si trasmette per contatto diretto o per mezzo di fomiti, ma anche infetta a distanza; ad esempio le febbri pestilenziali, le etisie, certi generi di oftalmia, l'esantema del genere detto variolae [il tifo], e simili. Questi differenti contagi sembrano ubbidire a una certa legge; invero quelli che portano il contagio ad un oggetto distante, infettano sia per contatto diretto che per mezzo di fomiti; quelli che sono contagiosi per mezzo di fomiti lo sono anche per contatto diretto; non tutti sono contagiosi a distanza...».

33  Filippo Pacini (1849-1883), allievo della Scuola Medico-Chirurgica di Pistoia e poi professore di Anatomia ed Istologia presso l'Istituto di Studi Superiori di Firenze, scoprì nel 1854 il vibrione del  colera.

34  L'epidemiologia può essere definita come lo studio delle malattie di qualsivoglia origine a livello di insiemi di individui (ovvero a livello di popolazioni). Tale studio riguarda la popolazione nella quale insorge la malattia oggetto di studio. Essenzialmente l'epidemiologia si occupa di raccolta di dati, della loro elaborazione con opportuni metodi matematico-statistici, della valutazione dei parametri ed indicatori così ottenuti ed infine della loro analisi. Tale analisi vuole identificare i vari possibili fattori eziologici ed il loro peso ed apporto nel determinare la comparsa, la diffusione, la distribuzione, la frequenza, l'evoluzione di una data malattia.

I fattori possono essere di tipo medico ma anche di tipo geografico, economico, sociopolitico. Risulta evidente che le epidemie e le malattie infettive sono uno dei campi principali di indagine per l'epidemiologia. Si suddivide usualmente l'epidemiologia in due settori: descrittiva ed analitica. Alcuni degli indicatori più frequenti sono: 
- Tasso di mortalità (annua, per classe di età, per sesso e per età, per causa).
- Prevalenza (numero di casi di una data patologia nella popolazione).
- Incidenza (numero di nuovi casi).
   

   

   

©2006 Raimondo G. Russo

         


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