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Premessa I protagonisti Lo Stato secondo Ruggero I La Katabba Bibliografia
I
Normanni, popolazione nota nell'alto Medioevo con il nome di Vichinghi, erano
agguerrite bande di avventurieri che dalla terra di Scandinavia si diffusero,
con una diaspora impressionante, in tutta Europa. Uno di questi avventurieri,
Rollone, si insediò in Normandia fin dall'896, e divenne, per meriti di
guerra, vassallo del re di Francia, ottenendo, nel 911, il riconoscimento dei
suoi possedimenti. è
da questo ducato che, ormai cristiani, latinizzati nella lingua e in parte nel costume, i Normanni muovono per le più importanti imprese.
è
da qui che Guglielmo "il
Bastardo", conosciuto poi come "il Conquistatore", approda in Inghilterra, mentre altri gruppi di mercenari - per lo più figli cadetti dell'aristocrazia feudale in cerca di fortuna - penetrarono nell'Italia meridionale all'inizio dell'XI secolo. Scesi come mercenari, i Normanni ben presto riuscirono ad inserirsi nelle contese che opponevano i pontefici romani, i duchi longobardi di Benevento e di Salerno, i saraceni di Sicilia, i bizantini di Puglia e di Calabria. Protagonisti delle più importanti imprese furono i Drengot, dei quali Rainulfo divenne conte di Aversa, ma soprattutto i membri della famiglia di Tancredi di Altavilla (Hauteville). Sbarcati nel 1035, iniziarono al servizio di Rainulfo la loro straordinaria carriera, destinata a concludersi con la conquista di tutta l'Italia meridionale e della Sicilia e con la costituzione di un regno che divenne il più potente ed importante
dell'epoca.
è giusto ricordare i protagonisti più famosi dell'impresa: Guglielmo Braccio di Ferro, che divenne conte di Puglia, Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e Calabria, Ruggero il Bosso, conte di Calabria e Sicilia, e Ruggero II, primo re di Sicilia.
«Era
tipico dei Normanni che le persone, visto che non possedevano un cognome,
venissero chiamati dai loro visibili segni somatici: il Conte Ruggero, ad
esempio, fu detto “Bosso” perché
robusto e prestante d’aspetto, il
duca Roberto fu chiamato il “Guiscardo” perché astuto e veloce di mente,
Guglielmo d’Inghilterra fu chiamato il “Conquistatore” perché aveva
conquistato l’Isola d’Inghilterra, ecc.» (Di Blasi nella Storia di
Sicilia).
Ruggero
"il Bosso", ultimogenito di Tancredi, inizia la sua carriera in
sordina, all'ombra del fratello Roberto. Insieme si lanciano alla conquista dei
principati longobardi di Benevento, Capua e Salerno, dei ducati, nominalmente
ancora bizantini, di Napoli, Sorrento, Amalfi e Gaeta, del catapanato di Puglia
e di Calabria e dell'emirato arabo di Sicilia. Le conquiste degli Altavilla
turbano non poco il papa ma la loro ascesa è incontenibile anche a causa
dell'appoggio dei principi locali che, ciecamente, continuano a considerarli dei
semplici soldati di ventura. I rapporti tra il papa e gli Altavilla non saranno
mai tranquilli, ma in virtù della loro supremazia militare (il Guiscardo era
persino riuscito a catturare papa Leone IX ed a tenerlo prigioniero per nove
mesi, nel 1053) con l'accordo di Melfi (1059) gli Altavilla ottengono il
"privilegio" di considerarsi vassalli del pontefice, guadagnandosi il
riconoscimento dei diritti feudali sull'Italia meridionale e sulla Sicilia,
ancora da conquistare.
Roberto
viene riconosciuto duca di Puglia e di Calabria e Ruggero, come suo vassallo,
ottiene il castello di Mileto, in Calabria, dove stabilisce la sua residenza e
si circonda di una corte del Gran Contado sul modello bizantino. Ruggero farà
di Mileto la sua capitale ed è in questa corte che egli esplica un'attività di
potenziamento della propria strategia militare e politica e tesse una fitta
trama di rapporti internazionali con capi di Stato e pontefici.
A Mileto nel Natale del 1061 si celebrano le nozze con la normanna Giuditta d’Evreux, si celebreranno le seconde nozze con la longobarda Eremburga e, infine, nel 1089, le terze nozze con Adelasia del Vasto, della famiglia degli Alemarici, marchesi del Monferrato.
Robert de Grandmesnil celebra le nozze di Ruggero e Giuditta
d'Evreux (dalla Tapisserie du Château de Pirou, Normandia)
Affermata la loro supremazia nel Meridione d'Italia, i fratelli Altavilla sbarcano in Sicilia chiamati dall'emiro di Catania ,impegnato in una sanguinosa guerra con il califfo di Girgenti. L'aiuto all'emiro di Catania è solo un pretesto per iniziare la conquista della Sicilia ed essere, nel contempo, considerati i "liberatori" delle residue popolazioni cristiane ancora presenti nell'isola dopo due secoli e mezzo di dominio musulmano. Nel febbraio del 1061 Ruggero organizza uno sbarco a Messina con poco più di un migliaio di soldati. Messina cade senza opporre resistenza per cui i Normanni arrivano facilmente fino a Castrogiovanni e Girgenti. Questo è solo l'inizio, perché la spedizione vera e propria viene organizzata nella primavera del 1062, quando Ruggero, con truppe fresche, torna in Sicilia con l'intento di occupare l'intera isola.
Gli
anni della conquista sono duri. Un feroce scontro avviene a Cerami, a ovest di
Troina. Il cronista Goffredo Malaterra riporta che le forze normanne erano
esigue. Né il papato, né Pisa, né Genova, che tanto vantaggio trarranno dalle
conquiste normanne, forniscono aiuti. Ma Ruggero riesce egualmente a mettere in
fuga i nemici. I Normanni controllano ormai una vasta zona, da Messina a Troina,
dove Ruggero pone la sua capitale isolana. Con una serie di faticose battaglie
che vedono cadere una ad una le più importanti città, nonostante i rinforzi
saraceni arrrivati dall'Africa, nell'agosto del 1071 egli giunge alle porte di
Palermo.
L'assedio
dura fino al gennaio del 1072, quando Ruggero con l'aiuto del Guiscardo riesce a
penetrare nella città fortificata e la capitale cade. Una messa solenne viene
celebrata nell'antico Duomo, che per 240 anni era stato una moschea. A poco a
poco cadono anche Castrogiovanni, Butera ed infine, nel 1091, Noto. Occorreranno
trenta anni a Ruggero per conquistare l'intera Sicilia e le isole di Malta e
Pantelleria, il cui possesso renderà sicuri i traffici nel canale di Sicilia e
consentirà di avviare scambi commerciali con i paesi che si affacciano sul
Mediterraneo.
Ruggero
inoltre, profittando della lotta per le investiture tra il papato e l'impero
germanico, concede alcuni favori al papato, appoggiando papa Urbano II contro
l’impero, ma pur mostrandosi generoso con le diocesi che egli stesso fondò e
fece aderire a Roma non restituirà mai l’ingente patrimomio siciliano
confiscato da Bisanzio. Urbano II scende personalmente in Sicilia, a Troina, per
ratificare il suo operato, ma quando, più tardi,si permetterà di nominare il
vescovo di Troina suo legato, Ruggero imprigionerà il vescovo, farà annullare
al papa la sua nomina ed infine, nel 1098, con la scusa di aver liberato
dall'Islam la Sicilia, otterrà il titolo di Gran Conte di Sicilia e di Calabria
e la prerogativa di "legato apostolico" (l'apostolica legatia), che
riconosce al Gran Conte e a tutti i suoi successori giurisdizione su tutte le
faccende ecclesiastiche, purché non si infranga il dogma di fede o la salute
dell'anima, e per la quale tutti i vescovi siciliani (tranne quello di Lipari,
la cui diocesi è successiva) erano direttamente nominati dal re di Sicilia. Per
la gestione di tale privilegio viene creato un apposito istituto giuridico, il
tribunale della monarchia, dove con il termine "monarchia" si intende
unità di comando amministrativo ed ecclesiastico.
Con Ruggero, mentre la maggior parte dell'Europa è ancora feudale, si gettano nel Meridione d'Italia le basi di uno Stato "moderno". Il re non governa più tramite i suoi potenti feudatari, ma tramite i suoi funzionari (burocrati dello Stato e non potenti signorotti). Diversamente dal resto d'Europa che diventa sempre più intollerante, egli è tollerante con i costumi e le tradizioni greche, latine ed arabe che in quel periodo coesistono nel Meridione, lasciando le proprietà e la libertà di culto.
Non di bontà d’animo si tratta: quel rozzo guerriero ha capito che è più conveniente sfruttare i collaudati sistemi bizantini e musulmani piuttosto che imporre un sistema feudale di tipo europeo, e per questo ha bisogno di funzionari che certamente non può trovare tra le sue truppe. Egli riesce a fondere i rapporti aristocratici feudali con il concetto orientale secondo il quale un capo non è “primo tra eguali”, ma è sovrano quasi “divino”. Per non indebolire il suo potere tiene per sé la maggior parte dei territori e quando concede terre ad altri si riserva l’uso delle miniere, delle saline e delle foreste, revocando le terre in mancanza di eredi e in caso di infedeltà.
Se da un lato egli rispetta lingua e religione di bizantini e saraceni, di cui si serve per l’organizzazione dello Stato, dall’altro si dedica alla ricristianizzazzione e rilatinizzazione delle diocesi della Calabria, della Puglia, della Basilicata, già soggette al patriarcato di Costantinopoli, e della Sicilia, che per oltre 200 anni è stata musulmana, attraverso l'istituzione di numerosi monasteri latini, primo tra tutti la Santissima Trinità di Mileto. Fa costruire cattedrali come quella di Troina, prima capitale normanna, e di Catania, istituisce nuove diocesi (grazie al legato apostolico di cui gode), e favorisce l'immigrazione di famiglie dall'isola britannica, dai territori franco-normanni e dall'Italia settentrionale, per ripopolare le sue terre in seguito alle guerre, alle carestie e all’espatrio dei musulmani.
Con Ruggero d'Altavilla la Sicilia ritorna a far parte del mondo occidentale ma contemporaneamente non taglia i legami con l'Oriente, mantenendo il Gran Conte armate musulmane e rapporti di amicizia e di commercio con tutto il bacino del Mediterraneo. A tal proposito, secondo un'ipotesi suggerita dallo storico musulmano Ibn al-Athìr (XII-XIII secolo), la conquista della Palestina è dovuta essenzialmente a una questione di equilibri geopolitici e di interessi economici tra sovrani e feudatari franco-normanni e potentati arabi. Essa sarebbe suggerita proprio dal Gran Conte Ruggero ai Franchi per distoglierli dalla conquista dell'Africa mediterranea, che interromperebbe o renderebbe più difficili i suoi traffici con le regioni musulmane dell'Africa.
Narra
infatti Ibn al-Athìr che giunse a Ruggero un'ambasciata da parte dei Franchi
che chiedevano un'alleanza militare e un appoggio logistico in Sicilia per la
conquista dell'Africa. Ruggero radunati i suoi consiglieri, favorevoli al
disegno, manifesterebbe, invece, in maniera plateale e… rumorosa la sua
disapprovazione, scoreggiando sonoramente («levata
una gamba fece una gran pernacchia dicendo: “Affé mia, questa vale più di
codesto vostro discorso"»), spiegando che egli non guadagnerà nulla
dall'impresa, qualunque sia l'esito: «se
conquistano il paese quello sarà loro e l'approvvigionamento dovranno averlo
dalla Sicilia, venendo io a perderci il denaro che frutta qui ogni anno il
prezzo del raccolto; e se invece non riescono, faranno ritorno qui al mio paese
e mi daranno degli imbarazzi, e Tamim [l'emiro di Tunisi]
dirà che l'ho tradito e ho violato il patto con lui, e si interromperanno i
rapporti e le comunicazioni fra noi». Per cui Ruggero risponde no
all’alleanza, ma suggerisce un'alternativa: «Se
avete deciso di far la guerra ai Musulmani, la cosa migliore è di conquistare
Gerusalemme, che libererete dalle loro mani e di cui avrete il vanto».
A sinistra, il sarcofago di Ruggero; a destra, quello della seconda moglie Eremburga (oggi entrambi nel Museo di Mileto)
Ruggero
muore a Mileto il 22 giugno del 1101, all'età di settanta anni. Fu un capo
ricco e potente ma al suo Stato mancava ancora il senso della stabilità; egli
era un nomade, come i suoi antenati vichinghi (e, purtroppo, come i suoi
successori) e passò la sua vita viaggiando con la sua corte, la sua
amministrazione ed il suo tesoro. Rimase reggente la sua terza moglie, la gran
contessa Adelasia, dalla quale aveva avuto due figli: Simone e Ruggero. Simone,
il primogenito, morì fanciullo, lasciando erede il piccolo Ruggero che a 10
anni divenne Gran Conte di Sicilia e che sarebbe divenuto il primo re di
Sicilia. La figura e la personalità di Ruggero I, che insieme al fratello
Roberto il Guiscardo aveva realizzato la conquista normanna nel Mezzogiorno
d'Italia, rimane un punto di riferimento essenziale nella storia del Medioevo
europeo. Il rude guerriero protagonista di aspre e dure battaglie si era
rivelato un saggio uomo di Stato tanto da essere considerato il personaggio più
autorevole dell'Italia continentale.
La
Katabba di Monforte San Giorgio
In
Sicilia la saga dell'arrivo di Ruggero d'Altavilla è stata raccontata in tanti
modi da cantastorie, pupari, pittori… ma particolare è il modo con cui gli
abitanti di un paesino sui monti Peloritani ancora oggi la raccontano: con
campane e tamburo. Per venti giorni, dal 17 gennaio al 5 febbraio, alle sei del
mattino ed alle sette di sera, risuona nella valle la tammuriniata e la campanata di Sant'Agata che con 25 ritmi diversi
(prima erano molti di più) affidati all'estro degli esecutori inerpicati sul
campanile, rappresenta l'arrivo del messaggero che annuncia l'arrivo degli
Altavilla, il trotto dei cavalli, il passo felpato del cammello su cui, secondo
la leggenda, avanzava Ruggero, e la fuga dei Saraceni.
Questa inusuale serenata ha un nome anch'esso curioso: Katabba. Le etimologie proposte per questo termine sono numerose ma due sono particolarmente interessanti: la derivazione dal greco katabasis (discesa) o dall'arabo qataba (adunata), o da entrambi. Una sorta di sincretismo linguistico che si riflette anche nella compresenza del tamburo, retaggio saraceno, e delle campane, retaggio cristiano.
Bibliografia
(cui si rimanda per ulteriori indicazioni)
Ruggero
il Gran Conte e l'inizio dello Stato normanno
[Atti delle seconde giornate normanno-sveve, Bari 1975], edizioni Dedalo, Bari
1991 (ristampa); |
M. Amari, Storia dei musulmani di Sicilia, Firenze 1854 (è stata adoperata una ristampa); |
E. Di Blasi, Storia di Sicilia, Palermo 1864; |
D. Mack Smith, Storia della Sicilia medievale e moderna, Laterza, Bari; |
L. Natoli, Storia di Sicilia, Flaccovio Editore, Palermo 1979; |
J.J. Norwich, I Normanni del Sud, Milano 1972; |
I. Peri, La Sicilia normanna, Vicenza 1962 |
G. Quatriglio, Mille anni in Sicilia, Marsilio, Padova 1996; |
S. Tramontana, I Normanni in Italia, Messina 1970. |
©2003 Fara Misuraca