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URAGO D'OGLIO, CASTELLO, BORGO

a cura di Stefano Favero

scheda    cenni storici


La parte interna del castello nel borgo di Urago. Sotto: a sinistra, polifore degli edifici abitativi del castello di Urago; a destra, il portale turrito d’ingresso al borgo.

 

 

Particolare del portale turrito d’ingresso al borgo di Urago  Il passaggio pedonale e di guardia alla porta d’Urago  Primo piano della porta d’accesso a Urago  L’interno dell’ingresso turrito di Urago d’Oglio

Il sistema meccanico della saracinesca all’ingresso del borgo  L’edificio municipale all’interno del borgo  Una torre perimetrale al borgo  Le strutture abitative del castello di Urago  Un’edicola angolare colonnata a mo’ di gazebo posta all’interno del fabbricato abitativo del Castello


Epoca: borgo medievale, X secolo; castello, ‘400 circa.

Posizione geografica: Urago d'Oglio è situato nella pianura occidentale della provincia di Brescia, fra Chiari e Calcio. Dista 38 chilometri dal capoluogo provinciale e 81 da Milano.

Conservazione: il centro storico è in buono stato di conservazione. Ampiamente rimaneggiati i resti del castello. Rimane la quadripartizione quattrocentesca.

Come arrivarci: per chi percorre l'autostrada A4 Milano-Venezia, vi sono due altrenative per raggiungere Urago d'Oglio. Si può uscire al casello di Ospitaletto oppure a quello di Rovato. In entrambi i casi seguire poi le indicazioni per Chiari e Calcio. Il paese si trova lungo la SS11 fra queste due località.

Come visitarlo: a piedi.

         

Cenni storici.

Nel decimo secolo Urago d'Oglio viene citato in un documento come proprietà del vescovo di Cremona. Una bolla pontificia del 1187, che fa riferimento al castrum Uradi conferma tale possedimento. Ma furono i monaci benedettini cremonesi a creare qui, tra il 1100 ed il 1200, una grangia (fattoria) cui fa riferimento anche il toponimo “Montagnina dei frati”. Tale fattoria fu gestita dai religiosi fino al 1364. Alla fine del tredicesimo secolo Urago, il cui nome deriverebbe dal basco ura (acqua) o dal gentilizio romano aurius, viene citato in una lista di “aree desolate” per le conseguenze di carestie, guerre o epidemie. Questo diffuso disagio è accentuato dal fatto che il luogo, bonificato solo nel 1300 con le rogge Molina e Vescovada, è boscoso e paludoso.

Nel 1380 il paese passa dalla proprietà di Gabriolo Aliprandi alla Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti, ai Martinengo che lo conservarono per secoli.

Nel 1427, anno della battaglia di Maclodio, i Martinengo persero il castello per mano dei Visconti, che lo rasero al suolo. Analoga sorte subì la ricostruzione del maniero nel 1438, questa volta ad opera del Piccinino. L’ingresso del castello, un tempo munito di un ponte levatoio, è sovrastato da una torre quadrata i cui muri raggiungono, in alcuni punti, i due metri di spessore. All'interno vi sono loggiati e portici di periodo rinascimentale.

Anni di pace e benessere giungono col dominio dei veneziani. Nel 1512 sopraggiunge l'occupazione francese e, nel 1560, l'apice della contesa fra Cremona e Brescia per il controllo del fiume Oglio. Questa si risolverà a favore di Brescia grazie alla mediazione del podestà Domenico Bollani, successivamente nominato vescovo.

Verso l'inizio del diciassettesimo secolo, gli abitanti di Urago d'Oglio vivevano fuori dal castello, riuniti in piccoli borghi di case, e coltivavano i terreni sassosi. Lo dice una cronaca del capitano veneto Giovanni da Lezze. Con la guerra di successione spagnola i Francesi seminarono per due volte la distruzione a Urago, nel 1701 e nel 1705.

Venne l'anno 1777 e Venezia, accogliendo la domanda di Urago e Calcio, sostituì al sistema di trasporti con traghetto un ponte in muratura che portò ad un forte sviluppo economico del luogo. Ciò è confermato dal notevolissimo aumento di impieghi nell'area. Nel 1790 i lavoranti delle campegne erano 755 contro i 340 di trent'anni prima. Nello stesso periodo i bottegai passarono da 10 a 21, i carrettieri da 38 a 122 e gli artigiani da 9 a 25. Al tempo erano operativi anche due telai da tela, tre ruote di mulino, una macina per le olive, due fornaci e due fucine.

         

    

©2011 Stefano Favero.

   


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