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di M. CARMELA LOLLINO

     

Qualunque fonte scritta, di qualunque forma essa sia, un libro – manoscritto o a stampa – un’epigrafe, un manifesto, una moneta, una lettera, un documento giuridico e ogni tipo di scritta estemporanea (a prescindere dal suo supporto e dalle tecniche di esecuzione), dalla nascita della scrittura sino a oggi, non è importante solo per il messaggio che essa veicola, ma in se stessa. La scrittura infatti ha il potere di trascinare con sé ciò che la produce diventando così un utile fonte storica per scoprire gli elementi della società a cui appartiene. Gli storici sono sempre stati interessati a ciò che un documento ha da raccontare, all’evento da ricostruire, ai dati che dalla fonte si possono ricavare; solo dopo si sono resi conto che avevano la stessa importanza anche gli strumenti utilizzati, il supporto, il tipo di scrittura e che tutti questi elementi costituivano la ricchezza della fonte stessa. Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del successivo si è cominciato a comprendere che la scrittura è in realtà un fenomeno complesso e dinamico, segnato da trasformazioni legate a fattori di varia natura (tecnica, culturale, sociale, politica, religiosa) e spesso difficilmente incasellabile nella rigidità di schemi e classificazioni.

Questa è la motivazione – a mio parere avvincente – della didattica sulle fonti scritte; questo è il presupposto dei giochi e laboratori di cui vi racconterò in questa pagina. Si tratta solo di alcune delle tante attività esistenti, che ho selezionato a mo’ di esempi tra attività che utilizzano tipi di fonti scritte diverse per forma e tipologia, appartenenti a periodi cronologici diversi.

Da quando Johann Gutenberg nel 1440 ha inventato la stampa a caratteri mobili il modo di “produrre” un libro ha conosciuto una vera e propria rivoluzione. Ma cosa accadeva prima? In quali luoghi avveniva la produzione di un libro? Chi se ne occupava? Su cosa si scriveva? A tutte queste domande tenta di rispondere il laboratorio Il libro prima della stampa. Archivio simulato sulle forme del libro: dalle tavolette al codice di pergamena [1] che approfondisce il tema dei supporti delle fonti scritte antiche: tavolette di legno e cerate, rotoli di papiro e codici di pergamena. Ideato per la scuola secondaria di primo e secondo grado, il laboratorio utilizza come fonti una raccolta di documenti iconografici che rappresentano i luoghi della scrittura, gli strumenti, i materiali. Ai ragazzi, divenuti specialisti e studiosi di paleografia, divisi in tre gruppi di lavoro, è affidato un tema su cui compiere l’indagine storica: il primo gruppo dovrà selezionare tutti i documenti inerenti le tavolette di legno e cerate, il secondo i rotoli di papiro, il terzo i codici di pergamena. La seconda fase è l’interrogazione dei documenti: scoprire i nomi dei vari strumenti utilizzati, il perché della loro forma, i luoghi di conservazione. Ogni gruppo riferisce poi agli altri “studiosi” le scoperte effettuate e l’interpretazione fatta. Ultima fase è la scrittura: dopo aver analizzato i documenti, gli storici devono scrivere un breve testo sull’argomento che è stato loro affidato e apporre al testo le note, cioè fare sempre riferimento alle fonti del loro archivio.

Assai interessante è anche la simulazione in classe di uno scriptorium: il docente vestirà i panni di un bibliotecario, i ragazzi diventeranno per un giorno copisti, miniaturisti e correttori. Ma come fare? Ecco le linee guida, proposte in un’attività dal titolo Scriptoria: creiamo insieme un libro prima della nascita della stampa [2].

Il laboratorio, da proporre sempre alla scuola secondaria di primo e secondo grado, prevede due brevi lezioni introduttive sul rotolo e sul codice, soffermandosi soprattutto sull'interazione tra fattori materiali e fattori culturali e sul passaggio da una forma di libro all'altra [3].

La classe è divisa in due gruppi principali: un gruppo dovrà confezionare un rotolo, l’altro un codice. I due gruppi si organizzano come altrettanti scriptoria: uno di età antica (rotolo) e uno medievale (codice). Si sceglie un unico testo da trascrivere (italiano per le medie, latino o greco per le superiori) e lo si produce in copie uguali: esso costituisce l'antigrafo dal quale i due gruppi trarranno le rispettive copie. Guidati ognuno da un master, i gruppi sono a loro volta divisi in piccoli sottogruppi ai quali si affidano i vari compiti:

1.      progettazione del lavoro: scegliere le dimensioni dei fogli in base alla tipologia e alla quantità del testo da trascrivere, presenza o meno di miniature, di iniziali miniate, di eventuali commenti. In tal caso il docente può fornire ai gruppi eventuali altre fotocopie nelle quali siano riportati cicli figurativi inerenti al tema del testo, o commenti al testo stesso; in quest'ultimo caso occorre considerare che nel codice, testo e commento possono trovarsi affiancati, nel rotolo no e pertanto il gruppo del rotolo deve confezionare due differenti libri, uno per il testo e l'altro per il commento. In origine, infatti, i commenti nascevano come libri a se stanti, che solo in seguito furono impaginati con i testi cui si riferivano a creare delle vere e proprie edizioni commentate.

2.      preparazione della materia scrittoria: usare per la pergamena un surrogato che si trova in cartoleria, per il papiro si può forse lavorare con una carta più sottile, magari un po' rugosa, morbida, credo che ce ne siano in commercio che possono fare al caso nostro;

3.      lavorazione della materia: per il papiro si riducono i fogli in strisce che vengono incollate tra loro a formare le “plagulae”, si incolla una plagula all'altra, sino a formare il foglio. Avremo in questo caso un effetto molto realistico, con un recto con le “fibre” orizzontali e un verso con quelle verticali. Successivamente si incolla un foglio all'altro sino a formare il rotolo; per la pergamena, dando per scontato ovviamente la sua lavorazione, si può far ritagliare i fogli secondo le dimensioni richieste dal progetto sino a creare i fascicoli. Entrambi i gruppi provvedono alla preparazione del supporto a ricevere la scrittura (foratura e rigatura dei fogli).

4.      scrittura: un team di copisti sceglie il tipo o i tipi di scrittura da adoperare (ad esempio, maiuscolo per i titoli, minuscolo per il testo), i colori, il modulo (in base a un calcolo dello spazio disponibile) e l'impaginazione (a colonne, a piena pagina), quindi intraprende il lavoro, considerando lo spazio da lasciare ai miniaturisti e ai copisti che dovranno inserire il commento ai margini.

5.      ornamentazione: i miniaturisti, sulla base dei modelli loro offerti, completano le pagine con l'inserimento di miniature (anche in questo caso si procede per fasi: prima il disegno, poi la colorazione) e di iniziali miniate (opportunamente guidati dalle indicazioni lasciate loro sui fogli dai copisti).

6.      correzione: un team di correttori procede alla correzione del testo sulla base di un raffronto sistematico con il modello.

Il laboratorio si conclude con la confezione del libro: il gruppo del rotolo appone il titolo alla fine, incolla le due estremità del rotolo agli umbilici e attacca il sillybos, ossia l'etichetta che riporta il titolo dell'opera, in modo tale che si possa controllare il contenuto del rotolo senza necessariamente svolgerlo; il gruppo del codice procede alla fascicolazione (sulla base di una precisa numerazione dei fascicoli o delle indicazioni offerte dai cosiddetti reclamantes), quindi alla rilegatura e alla creazione di una coperta rigida.

Non può mancare un debriefing finale, nel quale i due gruppi espongono i problemi che hanno incontrato, confrontano i metodi e il lavoro svolto, valutano i pro e i contro dei due differenti sistemi di produzione libraria. Emergono le differenze offerte dai due tipi di libri (maneggevolezza, praticità di lettura, capienza di testo, reperibilità dei passi, ecc., tutti elementi ovviamente a favore del codice), gli errori che sono stati commessi, operazione fondamentale per analizzare criticamente i sistemi di produzione e per scoprire quanto dal modello alla copia sia stato involontariamente o meno modificato (concetto di tradizione dei testi), quanto abbiano influito le scelte “editoriali” dei diversi gruppi, quanto differenti, in sostanza, appaiono i due testi, pur uguali nel contenuto.

Sapete che gli antichi romani scrivevano sui muri? Con questa domanda possiamo incuriosire e attirare l’attenzione dei nostri alunni su I graffiti romani [4], un laboratorio che utilizza come fonti storiche una raccolta di graffiti, che possono parlarci di una qualunque città romana prima o dopo l’istituzione dell’impero. I Romani, infatti, avevano l’abitudine di scrivere sui muri utilizzando un chiodo o un sasso appuntito. È un’idea divertente utilizzare questi graffiti rimasti sui muri di case, edifici pubblici e religiosi, sulle terme e sui muri dei negozi. Ci parlano della vita e delle persone che passavano di lì, che lì abitavano, che lì lavoravano o bighellonavano. Scoprire un mondo interrogando queste brevi iscrizioni è per i ragazzi molto meno noioso che leggere lunghe pagine di un libro.

I ragazzi simulano di essere un gruppo di storici; essi passeggiano tra le rovine di una città romana. Sono particolarmente colpiti dalle iscrizioni che qua e là sono incise sui muri degli edifici; le trovano interessanti e decidono di utilizzarle come fonti per le loro ricerche. 

La classe è divisa in gruppi. Ogni gruppo riceve un archivio che contiene le foto dei graffiti. Si comincia con la lettura e poi la selezione dei documenti. Gli alunni scopriranno che questi ultimi ci parlano dell’alimentazione, dei mestieri, della politica, dei rapporti sentimentali, dei luoghi di una città romana e che come storici potranno scrivere la storia di ognuno di questi argomenti proprio grazie a queste fonti. Dopo aver individuato i documenti relativi ad ogni tema, gli storici-ragazzi procedono all’interrogazione, tirando fuori da ogni documento tutte le informazioni possibili. Dopo si porranno delle domande di interpretazione: chi è l’autore del documento? Perché ha fatto questa scritta? In ultima fase si danno ai ragazzi dei testi con le note: essi dovranno trovare quali graffiti dimostrano la correttezza della frase che precede la nota.

Sulla scia di questo laboratorio voglio citarne altri due, che si fondano sullo stesso principio: uso della scrittura per studiare e conoscere la società a cui appartiene. Il titolo dei due laboratori trae ispirazione dal libro di Armando Petrucci sulle “ultime scritture [5] e sulle enormi potenzialità che esse hanno per uno storico. Il titolo del primo laboratorio è Le scritture esposte, quello del secondo è Aerosol [6]. Nella prima attività si utilizzano come fonti le iscrizioni o lapidi che possiamo trovare nelle nostre città: è interessante che la ricognizione di queste ultime sia fatta dai ragazzi stessi; nella seconda, documenti diventano quelle scritte fatte con le bombolette-spray che adornano i muri delle nostre città o i vagoni dei treni che ogni giorno ci portano a scuola, al lavoro o in qualche bel posto. Il fenomeno dei writers, originatosi a New York negli anni settanta, dopo aver contagiato centinaia di giovani, può dirsi oggi quasi del tutto concluso. Gli aerosol appartengono ad un mondo parallelo, dove vige un linguaggio comprensibile a pochi, a chi a quel mondo vuole appartenere. È questo uno dei “doppi” urbani [7], per citare le parole di Daniele Marchesini, nel senso che questi graffiti presenti in luoghi molto frequentati sono però di non facile comprensione; trasmettono un senso di protesta e lo fanno in un modo insolito, inverso rispetto a quello tradizionale: per protestare abbelliscono invece di sporcare. E come se i writers volessero dire “siamo qui” proprio mentre si nascondono. Il laboratorio non risulterà per nulla noioso ma servirà a far passare un concetto importante: il fatto che si tratta di documenti e che quello che ci circonda è sempre e indistintamente documento. Bene, se questo diventa per i nostri ragazzi consapevolezza, abbiamo raggiunto il nostro fine didattico.

Una fonte scritta davvero singolare sulla quale è stato creato un laboratorio e un gioco è l’Exultet [8]. Exultet è la prima parola del praeconium (annuncio) della Pasqua. Da qui deriva il nome di questi rotoli di pergamena formati da fogli cuciti insieme, utilizzati nella liturgia pasquale per la benedizione del cero. Nell’Italia meridionale il rotolo fu visto come il mezzo più adatto affinché si potesse meglio comprendere il significato e la forza della liturgia: le miniature furono così inserite capovolte rispetto allo scritto. Al canto si univa la rappresentazione visiva. Questa è la singolarità e peculiarità di questi rotoli e proprio questa è una delle finalità didattiche del laboratorio-gioco dal titolo Srotoliamo l’Exultet [9]. Siamo state sollecitate e sostenute nella ricerca e nella didattica di questo bene da don Gaetano Barracane, direttore del Museo Diocesano di Bari; cogliamo qui l’occasione per ringraziarlo vivamente.

La prima parte dell’attività è un laboratorio su documenti iconografici [10] e scritti; questi ultimi sono stati rimaneggiati ai fini didattici e sono serviti per creare delle descrizioni sui documenti iconografici.

Il laboratorio ha quattro fasi: scegliere, osservare, collegare, interpretare. I ragazzi, divisi in tre gruppi, vestono i panni di monaci dell’XI secolo con il compito di ricostruire un Exultet andato distrutto in un incendio. A ciascun gruppo sono affidati i documenti iconografici e le relative descrizioni. Dopo una prima visione e lettura dell’archivio, si chiede ai ragazzi cosa li ha maggiormente colpiti, cosa non hanno compreso, a quale periodo e a quali luoghi essi fanno riferimento. Poi ogni gruppo deve abbinare il documento iconografico alla sua descrizione; il master sollecita la classe a individuare tutti i temi emersi: cultura materiale, abbigliamento, architettura sacra e civile, piante e fiori, potere temporale e religioso. Si compie un’accurata ricerca su ogni tema, si ricostruisce l’Exultet e insieme ai ragazzi si scopre la singolarità delle immagini capovolte rispetto allo scritto: questa è la fase più interessante, perché si stimola la classe a fare ipotesi sul perché di questa scelta libraria. Viene poi consegnata a ogni gruppo una scatola contenente diversi oggetti (penna di plastica, foglio di pergamena, riproduzione di un calamo, carta, penna d’oca, colori a tempera): i ragazzi dovranno scegliere solo gli oggetti utili alla produzione dell’Exultet, tralasciando i distrattori. Nella scatola c’è anche una piantina di un monastero: dovranno segnare in quale ambiente del monastero è stato prodotto il rotolo. Trovano tutte le risposte nelle descrizioni che gli abbiamo fornito nell’archivio.

Grazie a questa attività [11] riusciamo a raccontare ai ragazzi l’organizzazione e il procedimento di confezione dell’Exultet: luogo di produzione (scriptorium), materiali e tecniche, protagonisti di questo evento (committenza-produttori-fruitori), aspetto iconografico (corredo di immagini creato ad hoc), funzione liturgica e politica del rotolo, conoscenza di questa originale forma libraria.

Raccontare la grande impresa, quella che condusse Guglielmo il Conquistatore alla presa dell’Inghilterra. Narrare le vicende della grande battaglia che vide scontrarsi Normanni e Inglesi sul campo di Hastings nel 1066. Guardare, come in una pellicola cinematografica, lo svolgersi degli eventi, immedesimarsi nei protagonisti che in un solo giorno cambiarono le sorti dell’Inghilterra. Leggere e sfogliare le pagine di un grande libro per riconoscervi il conquistatore e il re sconfitto, gli eserciti sul campo di battaglia, le strategie e gli inganni. Tutto in un solo oggetto, unico e straordinario: un arazzo, lungo settanta metri, finemente realizzato da centinaia di ricamatrici inglesi per ordine del fratello vescovo di Guglielmo il Conquistatore. L’arazzo oggi è conservato a Bayeux, in Normandia… e allora come fare a raccontare tutto ai nostri ragazzi, se non possiamo portarli in Francia? La risposta è L’arazzo di Bayeux [12], un laboratorio in cui le fonti sono i cinquanta quadri dell’arazzo e le didascalie in latino riportate sotto le immagini. Mentre nella prima fase del laboratorio i ragazzi lavorano su alcuni aspetti di cultura materiale (armi, vestiti, cibi, mezzi di trasporto, difese, edifici), nella seconda fase tentano di ricostruire un evento, proprio la battaglia di Hastings. Cercano di scoprirne le cause, i preparativi e la strategia bellica vera e propria. Utilizzando poi altre fonti sulla battaglia, tentano di verificarne l’attendibilità e di raccontare a proprie parole cosa è realmente successo.

Ci si può anche divertire e sperimentare presso i musei che conservano fonti scritte. Le iniziative sono varie e assai mutevoli nel tempo. Provare a scrivere come gli antichi Egizi, decifrare iscrizioni etrusche, scrivere e miniare pergamene come negli antichi scriptoria, tutto questo è possibile grazie ai laboratori e ai percorsi presso il Museo didattico sulla Civiltà della Scrittura del comune di San Miniato. Protagonisti di un intrigante racconto giallo, a Bassano del Grappa ci si può avventurare tra gli stemmi di alcune famiglie cittadine o giocare con i documenti in pietra e i monumenti della città. A Jesi lo Studio per le Arti della Stampa  organizza dal 2000 proposte didattiche alle scuole sull’evoluzione del libro a stampa, dagli incunaboli ai libri moderni. Grazie alle iscrizioni incise sulla pietra dei monumenti funerari e ad una serie di misteriosi indizi, al Museo Civico Etnologico-Archeologico di Modena si potranno conoscere alcuni personaggi di un’antica città romana, chi viveva nelle domus, chi si riposava alle terme, chi sperava di far carriera nell’esercito.


Bibliografia COMPLEta

Sitografia didattica. Portali e motori di ricerca


1 Il laboratorio è stato ideato da Corinna Drago e Paolo Fioretti per il Corso di perfezionamento in Didattica del territorio: storia, documenti, archeologia della Facoltà di Lettere dell’Università di Bari.

2 Idem.

3 Petrucci A., Breve storia della scrittura latina, Bagatto Libri, Roma 1992; Bertolo F.M., Cherubini P., Inglese G., Miglio L., Breve storia della scrittura e del libro, Carocci, Roma 2004.

4 Canali L., Cavallo G., Graffiti latini. Scrivere sui muri a Roma antica, Bompiani, Milano 1991; I graffiti romani, in Brusa A., Impellizzeri F., Il racconto delle grandi trasformazioni. Laboratorio 1B, Ed. scolastiche Mondadori, Milano 2001, pp.48-61. Brusa A., Bresil L., Laboratorio 1, ED. Sc. Mondadori. Milano 1994, pp. 99-109.

5 Petrucci A., Le scritture ultime. Ideologia della morte e strategie dello scrivere nella tradizione occidentale, Einaudi, Torino 1995.

6 Una versione di entrambi i laboratori è rintracciabile in Brusa A., Bresil L., Laboratorio 3, Ed. Sc. Mondadori, Milano 1994, pp. 164-186.

7 Marchesini D., Il bisogno di scrivere. Usi della scrittura nell’Italia monetaria, Laterza, Bari 1992.

8 Una completa bibliografia si trova nel Cd allegato al libro.

9 Il laboratorio e il gioco sono stati entrambi ideati da Maria Corallo e M. Carmela Lollino per l’Associazione Historia Ludens; sono stati sperimentati in diverse scuole primarie e secondarie della provincia di Bari sotto la supervisione del prof. A. Brusa.

10 I documenti sono tratti da diversi Exultet: Bari, Exultet 1; Bari, Benedizionale; Troia, Exultet 1- 2-3.

11 L’attività è propedeutica a un gioco che si svolge all’interno del Museo Diocesano di Bari, dove in una teca è conservato l’Exultet. Simulando un convegno di studiosi (botanici, paleografi, architetti, studiosi dell’abbigliamento, zoologi, i bambini hanno la possibilità di osservare dal proprio punto di vista il rotolo e di analizzarlo con delle schede da noi preparate.

12 L’arazzo di Bayeux, in Brusa A., Impellizzeri F., Il racconto delle grandi trasformazioni. Laboratorio 1B, Ed. scolastiche Mondadori, Milano 2001, pp. 108-119. Brusa A., Bresil L., Laboratorio 2, ED. Sc. Mondadori. Milano 1994, pp. 105-124.

            

   

©2007 M. Carmela Lollino.

   


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