Sei in: Mondi medievali ® Storia insegnata |
Qualunque fonte
scritta, di qualunque forma essa sia, un libro – manoscritto o a stampa –
un’epigrafe, un manifesto, una moneta, una lettera, un documento giuridico e
ogni tipo di scritta estemporanea (a prescindere dal suo supporto e dalle
tecniche di esecuzione), dalla nascita della scrittura sino a oggi, non è
importante solo per il messaggio che essa veicola, ma in se stessa. La scrittura
infatti ha il potere di trascinare con sé ciò che la produce diventando così
un utile fonte storica per scoprire gli elementi della società a cui
appartiene. Gli storici sono sempre stati interessati a ciò che un documento ha
da raccontare, all’evento da ricostruire, ai dati che dalla fonte si possono
ricavare; solo dopo si sono resi conto che avevano la stessa importanza anche
gli strumenti utilizzati, il supporto, il tipo di scrittura e che tutti questi
elementi costituivano la ricchezza della fonte stessa. Tra la fine del XIX
secolo e l'inizio del successivo si è cominciato a comprendere che la
scrittura è in realtà un fenomeno complesso e dinamico, segnato da
trasformazioni legate a fattori di varia natura (tecnica, culturale,
sociale, politica, religiosa) e spesso difficilmente incasellabile nella
rigidità di schemi e classificazioni.
Questa è la
motivazione – a mio parere avvincente – della didattica sulle fonti scritte;
questo è il presupposto dei giochi e laboratori di cui vi racconterò in questa pagina. Si tratta solo di alcune delle tante attività esistenti, che ho
selezionato a mo’ di esempi tra attività che utilizzano tipi di fonti scritte
diverse per forma e tipologia, appartenenti a periodi cronologici diversi.
Da quando
Johann Gutenberg nel
Assai interessante è anche la simulazione in classe di uno scriptorium: il docente vestirà i panni di un bibliotecario, i ragazzi diventeranno per un giorno copisti, miniaturisti e correttori. Ma come fare? Ecco le linee guida, proposte in un’attività dal titolo Scriptoria: creiamo insieme un libro prima della nascita della stampa [2].
Il laboratorio, da proporre sempre alla scuola secondaria di primo e secondo grado, prevede due brevi lezioni introduttive sul rotolo e sul codice, soffermandosi soprattutto sull'interazione tra fattori materiali e fattori culturali e sul passaggio da una forma di libro all'altra [3].
La classe è
divisa in due gruppi principali: un gruppo dovrà confezionare un rotolo,
l’altro un codice. I due gruppi si organizzano come altrettanti scriptoria:
uno di età antica (rotolo) e uno medievale (codice). Si sceglie un unico
testo da trascrivere (italiano per le medie, latino o greco per le superiori) e
lo si produce in copie uguali: esso costituisce l'antigrafo
dal quale i due gruppi trarranno le rispettive copie. Guidati ognuno da un
master, i gruppi sono a loro volta divisi in piccoli sottogruppi ai quali
si affidano i vari compiti:
1.
progettazione
del lavoro: scegliere le dimensioni dei fogli in base alla tipologia e alla
quantità del testo da trascrivere, presenza o meno di miniature, di iniziali
miniate, di eventuali commenti. In tal caso il docente può fornire ai gruppi
eventuali altre fotocopie nelle quali siano riportati cicli figurativi inerenti
al tema del testo, o commenti al testo stesso; in quest'ultimo caso occorre
considerare che nel codice, testo e commento possono trovarsi affiancati, nel
rotolo no e pertanto il gruppo del rotolo deve confezionare due differenti
libri, uno per il testo e l'altro per il commento. In origine, infatti, i
commenti nascevano come libri a se stanti, che solo in seguito furono impaginati
con i testi cui si riferivano a creare delle vere e proprie edizioni commentate.
2.
preparazione della materia scrittoria: usare per la pergamena un surrogato che si trova in cartoleria, per il
papiro si può forse lavorare con una carta più sottile, magari un po' rugosa,
morbida, credo che ce ne siano in commercio che possono fare al caso nostro;
3.
lavorazione della materia: per il papiro
si riducono i fogli in strisce che vengono incollate tra loro a formare le “plagulae”,
si incolla una plagula all'altra, sino a formare il foglio. Avremo in questo
caso un effetto molto realistico, con un recto con le “fibre” orizzontali e
un verso con quelle verticali. Successivamente si incolla un foglio all'altro
sino a formare il rotolo; per la pergamena, dando per scontato ovviamente la sua
lavorazione, si può far ritagliare i fogli secondo le dimensioni richieste dal
progetto sino a creare i fascicoli. Entrambi i gruppi provvedono alla
preparazione del supporto a ricevere la scrittura (foratura e rigatura dei
fogli).
4.
scrittura:
un team di copisti sceglie il tipo o i tipi di scrittura da adoperare (ad
esempio, maiuscolo per i titoli, minuscolo per il testo), i colori, il
modulo (in base a un calcolo dello spazio disponibile) e l'impaginazione (a
colonne, a piena pagina), quindi intraprende il lavoro, considerando lo
spazio da lasciare ai miniaturisti e ai copisti che dovranno inserire il
commento ai margini.
5.
ornamentazione:
i miniaturisti, sulla base dei modelli loro offerti, completano le pagine con
l'inserimento di miniature (anche in questo caso si procede per fasi: prima il
disegno, poi la colorazione) e di iniziali miniate (opportunamente guidati dalle
indicazioni lasciate loro sui fogli dai copisti).
6.
correzione:
un team di correttori procede alla correzione del testo sulla base di un
raffronto sistematico con il modello.
Il laboratorio
si conclude con la confezione del libro: il gruppo del rotolo appone il titolo
alla fine, incolla le due estremità del rotolo agli umbilici e attacca
il sillybos, ossia l'etichetta che riporta il titolo dell'opera, in
modo tale che si possa controllare il contenuto del rotolo senza necessariamente
svolgerlo; il gruppo del codice procede alla fascicolazione (sulla base di una
precisa numerazione dei fascicoli o delle indicazioni offerte dai cosiddetti reclamantes),
quindi alla rilegatura e alla creazione di una coperta rigida.
Non può
mancare un debriefing finale, nel quale i due gruppi espongono i problemi che
hanno incontrato, confrontano i metodi e il lavoro svolto, valutano i pro e i
contro dei due differenti sistemi di produzione libraria. Emergono le differenze
offerte dai due tipi di libri (maneggevolezza, praticità di lettura, capienza
di testo, reperibilità dei passi, ecc., tutti elementi ovviamente a favore del
codice), gli errori che sono stati commessi, operazione fondamentale per
analizzare criticamente i sistemi di produzione e per scoprire quanto dal
modello alla copia sia stato involontariamente o meno modificato (concetto di
tradizione dei testi), quanto abbiano influito le scelte “editoriali” dei
diversi gruppi, quanto differenti, in sostanza, appaiono i due testi, pur uguali
nel contenuto.
Sapete che gli
antichi romani scrivevano sui muri? Con questa domanda possiamo incuriosire e
attirare l’attenzione dei nostri alunni su I
graffiti romani
[4],
un laboratorio che utilizza come fonti storiche una raccolta di graffiti,
che possono parlarci di una qualunque città romana prima o dopo l’istituzione
dell’impero. I Romani, infatti, avevano l’abitudine di scrivere sui muri
utilizzando un chiodo o un sasso appuntito. È un’idea divertente utilizzare
questi graffiti rimasti sui muri di case, edifici pubblici e religiosi, sulle
terme e sui muri dei negozi. Ci parlano della vita e delle persone che passavano di lì, che lì abitavano, che lì
lavoravano o bighellonavano. Scoprire un mondo interrogando queste brevi
iscrizioni è per i ragazzi molto meno noioso che leggere lunghe pagine di un
libro.
I ragazzi
simulano di essere un gruppo di storici; essi passeggiano tra le rovine di una
città romana. Sono particolarmente colpiti dalle iscrizioni che qua e là sono
incise sui muri degli edifici; le trovano interessanti e decidono di utilizzarle
come fonti per le loro ricerche.
La classe è
divisa in gruppi. Ogni gruppo riceve un archivio che contiene le foto dei
graffiti. Si comincia con la lettura e poi la selezione dei documenti. Gli
alunni scopriranno che questi ultimi ci parlano dell’alimentazione, dei
mestieri, della politica, dei rapporti sentimentali, dei luoghi di una città
romana e che come storici potranno scrivere la storia di ognuno di questi
argomenti proprio grazie a queste fonti. Dopo aver individuato i documenti
relativi ad ogni tema, gli storici-ragazzi procedono all’interrogazione,
tirando fuori da ogni documento tutte le informazioni possibili. Dopo si
porranno delle domande di interpretazione: chi è l’autore del documento?
Perché ha fatto questa scritta? In ultima fase si danno ai ragazzi dei testi
con le note: essi dovranno trovare quali graffiti dimostrano la correttezza
della frase che precede la nota.
Sulla scia di
questo laboratorio voglio citarne altri due, che si fondano sullo stesso
principio: uso della scrittura per studiare e conoscere la società a cui
appartiene. Il titolo dei due laboratori trae ispirazione dal libro di Armando
Petrucci sulle “ultime scritture
[5] e sulle enormi potenzialità
che esse hanno per uno storico. Il titolo del primo laboratorio è Le
scritture esposte, quello del secondo è Aerosol
[6]. Nella prima attività si utilizzano come fonti le iscrizioni o lapidi che
possiamo trovare nelle nostre città: è interessante che la ricognizione di
queste ultime sia fatta dai ragazzi stessi; nella seconda, documenti diventano
quelle scritte fatte con le bombolette-spray che adornano i muri delle nostre
città o i vagoni dei treni che ogni giorno ci portano a scuola, al lavoro o in
qualche bel posto. Il fenomeno dei writers, originatosi a New York negli anni
settanta, dopo aver contagiato centinaia di giovani, può dirsi oggi quasi del
tutto concluso. Gli aerosol appartengono ad un mondo parallelo, dove vige un
linguaggio comprensibile a pochi, a chi a quel mondo vuole appartenere. È
questo uno dei “doppi” urbani [7],
Una fonte
scritta davvero singolare sulla quale è stato creato un laboratorio e un gioco
è l’Exultet [8].
Exultet è la prima parola del praeconium (annuncio) della Pasqua. Da qui deriva
il nome di questi rotoli di pergamena formati da fogli cuciti insieme,
utilizzati nella liturgia pasquale per la benedizione del cero. Nell’Italia
meridionale il rotolo fu visto come il mezzo più adatto affinché si potesse
meglio comprendere il significato e la forza della liturgia: le miniature furono
così inserite capovolte rispetto allo scritto. Al canto si univa la
rappresentazione visiva. Questa è la singolarità e peculiarità di questi
rotoli e proprio questa è una delle finalità didattiche del laboratorio-gioco
dal titolo Srotoliamo l’Exultet [9].
Siamo state sollecitate e
sostenute nella ricerca e nella didattica di questo bene da don Gaetano
Barracane, direttore del Museo Diocesano di Bari; cogliamo qui l’occasione per
ringraziarlo vivamente.
La prima parte
dell’attività è un laboratorio su documenti iconografici [10]
e scritti; questi ultimi
sono stati rimaneggiati ai fini didattici e sono serviti per creare delle
descrizioni sui documenti iconografici.
Il laboratorio
ha quattro fasi: scegliere, osservare, collegare, interpretare. I ragazzi,
divisi in tre gruppi, vestono i panni di monaci dell’XI secolo con il compito
di ricostruire un Exultet andato distrutto in un incendio. A ciascun gruppo sono
affidati i documenti iconografici e le relative descrizioni. Dopo una prima
visione e lettura dell’archivio, si chiede ai ragazzi cosa li ha maggiormente
colpiti, cosa non hanno compreso, a quale periodo e a quali luoghi essi fanno
riferimento. Poi ogni gruppo deve abbinare il documento iconografico alla sua
descrizione; il master sollecita la classe a individuare tutti i temi emersi:
cultura materiale, abbigliamento, architettura sacra e civile, piante e fiori,
potere temporale e religioso. Si compie un’accurata ricerca su ogni tema, si
ricostruisce l’Exultet e insieme ai ragazzi si scopre la singolarità delle
immagini capovolte rispetto allo scritto: questa è la fase più interessante,
perché si stimola la classe a fare ipotesi sul perché di questa scelta
libraria. Viene poi consegnata a ogni gruppo una scatola contenente diversi
oggetti (penna di plastica, foglio di pergamena, riproduzione di un calamo,
carta, penna d’oca, colori a tempera): i ragazzi dovranno scegliere solo gli
oggetti utili alla produzione dell’Exultet, tralasciando i distrattori. Nella
scatola c’è anche una piantina di un monastero: dovranno segnare in quale
ambiente del monastero è stato prodotto il rotolo. Trovano tutte le risposte
nelle descrizioni che gli abbiamo fornito nell’archivio.
Grazie a questa
attività [11]
riusciamo a raccontare ai ragazzi l’organizzazione e il procedimento di
confezione dell’Exultet: luogo di produzione (scriptorium), materiali e
tecniche, protagonisti di questo evento (committenza-produttori-fruitori),
aspetto iconografico (corredo di immagini creato ad hoc), funzione liturgica e
politica del rotolo, conoscenza di questa originale forma libraria.
Raccontare
la grande impresa, quella che condusse Guglielmo il Conquistatore alla presa
dell’Inghilterra. Narrare le vicende della grande battaglia che vide
scontrarsi Normanni e Inglesi sul campo di Hastings nel 1066. Guardare, come in
una pellicola cinematografica, lo svolgersi degli eventi, immedesimarsi nei
protagonisti che in un solo giorno cambiarono le sorti dell’Inghilterra.
Leggere e sfogliare le pagine di un grande libro per riconoscervi il
conquistatore e il re sconfitto, gli eserciti sul campo di battaglia, le
strategie e gli inganni. Tutto in un solo oggetto, unico e straordinario: un
arazzo, lungo settanta metri, finemente realizzato da centinaia di ricamatrici
inglesi per ordine del fratello vescovo di Guglielmo il Conquistatore.
L’arazzo oggi è conservato a Bayeux, in Normandia… e allora come fare a
raccontare tutto ai nostri ragazzi, se non possiamo portarli in Francia? La
risposta è L’arazzo di Bayeux
[12],
un laboratorio in cui le fonti sono i cinquanta quadri dell’arazzo e le
didascalie in latino riportate sotto le immagini. Mentre nella prima fase del
laboratorio i ragazzi lavorano su alcuni aspetti di cultura materiale (armi,
vestiti, cibi, mezzi di trasporto, difese, edifici), nella seconda fase tentano
di ricostruire un evento, proprio la battaglia di Hastings. Cercano di scoprirne
le cause, i preparativi e la strategia bellica vera e propria. Utilizzando poi
altre fonti sulla battaglia, tentano di verificarne l’attendibilità e di
raccontare a proprie parole cosa è realmente successo.
Ci
si può anche divertire e sperimentare presso i musei che conservano fonti
scritte. Le iniziative sono varie e assai mutevoli nel tempo. Provare a scrivere
come gli antichi Egizi, decifrare iscrizioni etrusche, scrivere e miniare
pergamene come negli antichi scriptoria, tutto questo è possibile grazie ai
laboratori e ai percorsi presso il Museo
didattico sulla Civiltà della Scrittura del comune di San Miniato.
Protagonisti di un intrigante racconto giallo, a Bassano del Grappa ci si può
avventurare tra gli stemmi di alcune famiglie cittadine o giocare con i
documenti in pietra e i monumenti della città. A Jesi lo Studio
per le Arti della Stampa organizza
dal 2000 proposte didattiche alle scuole sull’evoluzione del libro a stampa,
dagli incunaboli ai libri moderni. Grazie alle iscrizioni incise sulla pietra
dei monumenti funerari e ad una serie di misteriosi
indizi, al Museo Civico
Etnologico-Archeologico di Modena si potranno conoscere alcuni personaggi di
un’antica città romana, chi viveva nelle
domus, chi si riposava alle terme, chi sperava di far carriera nell’esercito.
Sitografia
didattica. Portali e motori di ricerca
1 Il laboratorio è stato ideato da Corinna Drago e Paolo Fioretti per il Corso di perfezionamento in Didattica del territorio: storia, documenti, archeologia della Facoltà di Lettere dell’Università di Bari.
3 Petrucci A., Breve storia della scrittura latina, Bagatto Libri, Roma 1992; Bertolo F.M., Cherubini P., Inglese G., Miglio L., Breve storia della scrittura e del libro, Carocci, Roma 2004.
4 Canali L., Cavallo G., Graffiti latini. Scrivere sui muri a Roma antica, Bompiani, Milano 1991; I graffiti romani, in Brusa A., Impellizzeri F., Il racconto delle grandi trasformazioni. Laboratorio 1B, Ed. scolastiche Mondadori, Milano 2001, pp.48-61. Brusa A., Bresil L., Laboratorio 1, ED. Sc. Mondadori. Milano 1994, pp. 99-109.
5 Petrucci A., Le scritture ultime. Ideologia della morte e strategie dello scrivere nella tradizione occidentale, Einaudi, Torino 1995.
6 Una versione di entrambi i laboratori è rintracciabile in Brusa A., Bresil L., Laboratorio 3, Ed. Sc. Mondadori, Milano 1994, pp. 164-186.
7 Marchesini D., Il bisogno di scrivere. Usi della scrittura nell’Italia monetaria, Laterza, Bari 1992.
9 Il laboratorio e il gioco sono stati entrambi ideati da Maria Corallo e M. Carmela Lollino per l’Associazione Historia Ludens; sono stati sperimentati in diverse scuole primarie e secondarie della provincia di Bari sotto la supervisione del prof. A. Brusa.
10 I documenti sono tratti da diversi Exultet: Bari, Exultet 1; Bari, Benedizionale; Troia, Exultet 1- 2-3.
11 L’attività è propedeutica a un gioco che si svolge all’interno del Museo Diocesano di Bari, dove in una teca è conservato l’Exultet. Simulando un convegno di studiosi (botanici, paleografi, architetti, studiosi dell’abbigliamento, zoologi, i bambini hanno la possibilità di osservare dal proprio punto di vista il rotolo e di analizzarlo con delle schede da noi preparate.
©2007
M. Carmela Lollino.