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       REPORTER - «DENTRO» LA PUGLIA

a cura di Marco Brando


 


Un'immagine di Vieste

 

«È per la mancanza quasi assoluta di strade che il Gargano è rimasto da parecchi secoli indietro nei progressi della civiltà».

«Siamo riusciti ad arrivare fin dove siamo arrivati senza porti, senza aeroporti, con strade sgarrupate... La prima affermazione è datata 1906 e porta la firma di Francesco Dell'Erba, di origini viestane, corrispondente da Napoli del «Corriere della Sera» e redattore del «Giornale d'Italia». La seconda affermazione è stata sottoscritta nel 2004 da Luigi Manzionna, pioniere del turismo a Vieste (sette strutture, tra alberghi e villaggi, con trecento dipendenti fissi), nonché presidente del «Consorzio operatori turistici pugliesi». Aggiunge: «Una volta in Puglia si prediligevano i petrolchimici. Noi abbiamo sempre ritenuto che l'unica vera industria locale è quella del sole: agricoltura e turismo. Ed eccoci qua».

Sono passati novantotto anni da quando Dell'Erba scrisse quelle righe; e le cose sono molto cambiate. In agosto a Vieste, capitale - sul fronte della qualità e della quantità - del turismo pugliese, c'è stato il pienone, pur con qualche defezione da parte dei cari tedeschi, latitanti in tutta Italia. Nella cittadina s'incontrano pullman di turisti svizzeri, olandesi, boemi: in giro anche molti russi. Un abisso da quando, come raccontava quel giornalista, l'arrivo a Vieste di un forestiero, dopo sedici ore di diligenza da Foggia, diventava un grande evento, di cui si parlava per giorni. Era il paese più isolato del Gargano, tanto da essere soprannominato «La Sperduta»; un lembo d'Italia così irraggiungibile che ancora si usa dire, da queste parti: «Accidi u re e scapp' a Vieste», «Uccidi il re e scappa Vieste». Finché nel 1964 la Snam inaugurò, grazie ad Enrico Mattei, il villaggio di Pugnochiuso. Fu il boom, che sconvolse un'economia fino ad allora basata sull'agricoltura e la pesca.

Oggi il Gargano è un efficiente "divertimentificio", paragonabile alla riviera romagnola ma con un mare e una costa assai più belli (per non parlare del Parco del Gargano, della Foresta Umbra e delle isole Tremiti). «I tedeschi sono stati i primi a scoprirci, addirittura negli anni '60, quando gli italiani manco sapevano bene dove fosse la Puglia», ricorda oggi Manzionna. In alta stagione solo a Vieste la popolazione passa dai 15.000 residenti ad oltre centomila. E i turisti "estivi" sono, lungo la costa garganica, più di due milioni. Oltre il doppio, secondo alcune stime che riguardano anche l'ospitalità sommersa. Nella regione è l'area con la maggiore "densità" di turisti. «Una volta la stagione durava venti giorni, ora quattro mesi», afferma l'assessore al Turismo Carlo Nobile, artefice di una serie d'iniziative che hanno portato il paese al centro dell'attenzione (il «Viestefilmfest», la riqualificazione del centro storico, il premio giornalistico «Il Trabucco»).

Nel 2004 il problema consiste nel riuscire a stanare i turisti anche durante la bassa stagione: «Farli venire in agosto è più semplice. Ma, ad esempio, senza un aeroporto vicino in grado di accogliere i charter perché mai un milanese dovrebbe venire qui per una settimana a giugno, quando da Milano può andare più facilmente sul Mar Rosso? E perché un tedesco dovrebbe sobbarcarsi due giorni d'auto?», aggiunge Manzionna. E dice: «Oggi l'aeroporto civile più vicino è quello di Bari: a quasi duecento chilometri e senza collegamenti. Non possiamo essere noi imprenditori a costruire le grandi opere necessarie. Ci devono pensare lo Stato e la Regione». Tutti problemi che non si notano mentre si prende il sole sulle spiagge - curate e pulite come Dio comanda, con tutti i servizi che un turista esige in cambio di conti altrettanto esigenti - e si passeggia nel centro storico di Vieste, ricco di ristorantini con le luci soffuse e di negozi di artigiani. Basta spostarsi verso Nord-Ovest, doppiando la punta estrema del Gargano, per notare che quei problemi si fanno più evidenti, in maniera direttamente proporzionale al calo dell'intraprendenza dei servizi turistici.

Da Vieste a Peschici s'attraversa un pineta bellissima, dalla quale partono lunghe strade private: percorrono quelli che erano vasti feudi agricoli, conducono fino al mare, raggiungendo spiagge incantante come Cala Lunga. Il parcheggio - 3 euro al giorno (più 13 per l'ombrellone in prima fila) - è curato da un signore di mezz'età che, come leggiamo su un cartello, si chiama Islam. «Nome o cognome?». «Nome, nome ... - dice - Ho avuto un papà arabo». è nato qui, parla con l'accento di qui. E al ritorno ci restituisce i tre euro («Vi siete fermato poco. Mica siamo attaccati ai soldi»). Grazie. Peschici per certi versi è più genuina di Vieste anche se un po' meno organizzata, almeno dal punto di vista "romagnolo". E poi siamo arrivati lì nel primo giorno del "black-out idrico" d'agosto su questo lato del Gargano: termine tecnico, che - dal punto di vista della gente - è sinonimo di un'incazzatura terribile. Il centro è caratterizzato dalle lampie, cupole grigie che sovrastano case bianche, nello stile delle casbah arabe. Nel libro Il cafone all'inferno Tommaso Fiore, descrivendo l'ansia di giungere fino alla cittadina durante il suo viaggio, si chiede: «Come sarà Peschici? Tante volte ne abbiamo sognato, tante volte ce l'han dipinta, pittori, disegnatori, poeti, una bellezza nuda e primitiva che si crogiola al sole». Poi: «Ecco, dietro ai pini, l'apparizione sospirata: un dolce biancore, una soavità di grigio…».

Fiore pubblicò queste parole nel 1955. All'epoca era ancora una «terra di grandi proprietari, tre o quattro famiglie che … posseggono terre a non finire, e non le coltivano». Di turisti non c'era neppure l'ombra. Oggi, se a Vieste nel centro ci sono solo ristorantini trandy, a Peschici hanno capito che conti da 30 euro in su per un pranzo sono per pochi eletti: cosicché in Piazza IV Novembre - attorno alla roccia con l'orma pietrificata di un dinosauro in ferie da queste parti alcuni milioni d'anni fa - tra le 12,30 e le 15,30 le panchine sono presidiate non solo da prevedibili gruppi di ragazzi ma anche da classiche famiglie con prole: addentano pizze, panini e tramezzini. I commercianti si sono adeguati e in ogni angolo c'è un negozio che fornisce quel tipo di materia prima. Deserti i ristoranti. La bruschetteria con tovaglie di carta ci offre antipasto, primo, secondo, acqua, vino sfuso, frutta e caffé a 22 euro. Una famiglia-tipo (quattro persone) ne avrebbe spesi cento. Ecco scoperta la ragione per cui vengono preferite le panchine accanto al dinosauro.

Dopo Peschici la strada s'arrampica fino al belvedere del Monte Pucci, accanto all'omonima torre: ospita un venditore di verdure essiccate e sott'olio. Sotto una scaramantica treccia d'aglio un cartello con scritto a pennellate: «Affittasi appartamenti con i prezzi modici». Sano avvertimento. In basso, la spiaggia dove finisce la ferrovia circumgarganica, con la stazione di Peschici - Catenella. Un vagone dipinto dai graffitari è fermo sotto il sole: tocco di modernità per questa caratteristica ferrovia che parte da San Severo. Nata nel 1931, è stata la prima a trazione elettrica in Italia. Oggi è più utile per scopi turistici che per chi ha fretta. Sempre Fiore ricorda che «quando venne inaugurata non mancò un poeta che scrisse…: "Miracolo si compie per volere di Dio, nel nome di Benito Mussolini"». Nel progetto originale il percorso doveva essere di 168 chilometri, mentre dal 1931 la ferrovia s'è fermata a 79: è rimasto il nome, circumgarganica, ma non la funzione. Per fortuna da tempo la società «Ferrovie del Gargano» ha puntato, sensatamente, sui pullman.

Man mano che si procede verso Rodi Garganico il look da turismo internazionale si squaglia: Rodi è una tipica cittadina meridionale frequenta da un turismo meno elitario, con lidi più spartani. Il Gargano da qui in poi rinuncia alle sue asprezze mediterranee per regalarci lo spettacolo dei laghi di Varano e di Lesina: sembra d'essere piombati di colpo nella laguna veneta, con paesi dai nomi strani - come Largolungo - che s'affacciano su specchi d'acqua vastissimi e inattesi, protetti da una riserva naturale. La strada provinciale 41 percorre l'istmo tra il lago di Varano e il mare, pochi accessi conducono ad una "vera" spiaggia tropicale, una volta superate pinete e dune. Poca gente, che predilige la natura agli svaghi dei centri maggiori.

Dopo, il tratto tra Torre Mileto e il Lido omonimo attrae decine e decine di camper, tra ragazzi che pattinano e tedeschi che provano sui prati gli «aquiloni» dei loro surf. L'erba raggiunge persino i bordi della spiaggia di Cala del Principe e gli ombrelloni paiono piantati in un campo da golf.

Ed ecco il lago di Lesina, lungo e stretto. La Marina di Lesina, semplice ma decorosa, con spiagge analoghe a quelle di Varano, è all'estrema frontiera settentrionale del Parco del Gargano. Intorno campi sterminati di pomodori, proprio nel periodo della raccolta. Cosicché Lesina, affacciata come una piccola Grado sulla sua laguna, sembra pure una piccola Harem: ci sono decine di ragazzi neri e gruppi più piccoli di arabi e di slavi. La gente del posto pare non vederli, vivono un po' a compartimenti stagni. Quei ragazzi lavorano nei campi. E lo spettacolo di una masseria diroccata, alle porte del paese, in cui sono ammassati molti africani, tra panni logori stesi e barattoli usati come pentole, fa pensare a quanto lontani, seppur vicini, siano altri "accampamenti" di lusso destinati ai turisti del Gargano.

Marina di Lesina dista dall'ultimo lido pugliese 15 chilometri in linea d'aria, 26 di strada, perché s'aggira la foce del Fortore. Marina di Chieuti è una piccola frazione. Ci fa davvero sembrare d'essere tornati all'esordio di questo viaggio d'ottocento chilometri lungo le coste pugliesi: pare una versione liofilizzata di Marina di Ginosa. C'è una strada statale che l'affianca a monte, la ferrovia che attraversa il centro abitato; poi ci sono le pinete e una spiaggia, con lo stabilimento balneare; un hotel e appartamenti in affitto; una «Bandiera blu» per l'acqua pulita. è meta soprattutto della gente dell'entroterra. Ancora un chilometro e mezzo sulla Statale Adriatica 16 e, dopo un campo in cui pascolano centinaia di oche, un breve ponte attraversa il torrente Saccione. Al di là inizia il Molise. Per accorgersene bisogna saperlo, perché nessun cartello segnala il confine, se non quello che comunica la fine delle competenze dell'Anas pugliese e l'inizio dei quelle molisane (è importante saperlo?). Più rassicurante un cartello all'antica: «Arrivederci a Marina di Chieuti».

Arrivederci, Puglia. Abbi cura di te.

    

    

©2006 Marco Brando; articolo pubblicato su «Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno» nell'agosto 2004. Le immagini sono tratte dai siti www.marinadiginosa.net e www.interaziendalegolf.it.

      


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