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       REPORTER - «DENTRO» LA PUGLIA

a cura di Marco Brando


 


L’eredità delle potenti monache di Conversano (senza dimenticare Gramsci e D’Annunzio).

Il cocchio  «parcheggiato» a Gioia del Colle, cittadina vegliata da un putto (foto sotto).

   
Può capitare di raggiungere un paese come Conversano - sulle Murge baresi - stando in coda dietro un plotone di ciclisti. Anzi, di cicloturisti tedeschi; di tutte le età, dai ragazzini agli anziani. Con pullmino al seguito. Perché le strade interne della Puglia sono care ai cicloturisti di tutto il mondo. Ma è più facile incontrare francesi, tedeschi e persino australiani piuttosto che italiani. Anche se, a onor del vero, ci sono eroiche associazioni pugliesi come Ruotalibera e Cicloamici.

«In Puglia servono infrastrutture, servizi e interventi di promozione e incentivazione. E qualcuno che ci creda. Al momento siamo ancora in pochi», ci ricorda Lello Sforza, presidente di Ruotalibera Bari. Intanto ci sono tour operator, nazionali e internazionali, che offrono assistenza, studiano tappe di marcia, prenotano ristoranti i e hotel di charme. Non a caso i cicloturisti che abbiamo incontrato alle porte di Conversano poco dopo erano in coda davanti alla reception della Corte Altavilla Relais & Charme, uno dei rari esempi italiani di «albergo diffuso»: attici, sottani e suite sono disseminati lungo un vicolo a fondo chiuso, nel borgo medievale. Tempo fa c'è stato anche il regista statunitense Francis Ford Coppola, che ha radici nella vicina provincia di Matera, a Bernalda.

C’è da dire che Conversano di charme ne ha molta per vocazione. Ad esempio, dietro la bella cattedrale c’è un quadrivo, dominato dalla statua di San Benedetto. Poco più avanti c’è l’omonimo convento, nascosto dalle mura di cinta: davanti all’ingresso, due signori a torso nudo, intenti a pulire con spazzole e ramazze. Ebbene, quello è stato un centro di potere tale da meritarsi, fino ad «appena» 195 anni fa, un anatema tipo: «Deleatur hoc monstrum Apuliae », ovvero: «Che questo "Monstrum" (cioè fenomeno terrificante e meraviglioso assieme, ndr) delle Puglie venga distrutto». Perché? Beh, lì il potere per quasi seicento anni lo hanno avuto le donne. Donne? Esatto. Erano le «badesse mitrate», «monstrum» più unico che raro nel mondo cristiano di tutti tempi: portavano la mitra e il pastorale come i vescovi (maschi) e a loro era dovuto il baciamano, privilegio incredibile se attribuito a una donna. Cosicché proprio con i vescovi furono in conflitto per seicento anni.

Dunque, nel 1266 giunsero a Conversano alcune monache cistercensi guidate da Dameta Poleologo. Il monastero era già protetto dal Papa (dal 1110) ma in più ricevette il potere abbaziale: Dameta e le sue sorelle diventarono «Abbatissae infulatae», «Badesse Mitrate». Dato che erano spesso parenti dei nobili della zona, fu difficile per i vescovi di Conversano piegarle. Alla fine questi ultimi ottennero ragione, ironia della sorte..., proprio da un figlio della Rivoluzione francese, Gioacchino Murat (cognato di Napoleone e Re delle Due Sicilie dal 1808 al 1815): nel 1810 inviò a monsignor Carelli, vescovo di Conversano, un dispaccio nel quale dichiarava l’abolizione del potere delle badesse e il passaggio del convento sotto il suo vescovado. Fine del «femminismo» delle tenaci monache.

Da Conversano si prosegue per Turi, cittadina nota per le ottime ciliege «ferrovia». Eppure anche Turi nasconde un segreto, legato a fatti storici più recenti: nel massiccio carcere ottocentesco fu detenuto dal 19 luglio 1928 al 19 novembre 1933 Antonio Gramsci, uno dei padri del Pci, che condivise quelle sbarre con altri antifascisti, come Sandro Pertini. Gramsci vi cominciò a scrivere, l’8 febbraio 1929, i suoi trentatrè Quaderni del carcere, immenso patrimonio di idee pubblicato da Einaudi solo nel 1948. Una lapide, sulla facciata, lo ricorda così: «In questo carcere visse in prigionia Antonio Gramsci / maestro liberatore martire / che ai carnefici stolti annunciò la rovina / alla patria morente la salvazione / al popolo lavoratore la vittoria». È scritta con caratteri un po’ tremanti e porta la data del 27 aprile 1945. Non abbiamo potuto fotografarla, un agente della polizia penitenziaria ci ha detto che non è possibile; infatti la casa di reclusione funziona ancora, sessant’anni dopo, e minacciosi cartelli insistono: «Limite invalicabile», «Vietato fotografare o produrre rilievi a vista».

Da Turi la strada corre verso Sammichele di Bari (patria della «zampina», prelibata salsiccia locale, e sede di un interessante Museo della civiltà contadina, tel. 080/8917297) e poi verso Acquaviva delle Fonti, La cittadina deve il nome ad una falda acquifera perenne; e ha dato il suo nome alla «cipolla rossa di Acquaviva», raro e dolce ortaggio che Slow Food conta tra i suoi «presidi». «Vuolsi notare che fra i ricolti, onde maggiormente si avvantaggia la classe agricola è quello delle cipolle, ricercatissime anche da lontane regioni», si legge nella Storia della Chiesa Palatina di Acquaviva delle Fonti dal 1779 al 1875. La prima domenica di ottobre la cipolla rossa è protagonista di una festa organizzata dalla Pro Loco.

Poi via verso Gioia del Colle. Tra le città pugliesi ha uno dei centri storici conservati meglio, col suo splendido castello federiciano. Tutto lindo, ordinato e pulito (potrebbe fare scuola). Qui, nella calura estiva, è pure possibile imbattersi in un antico cocchio funebre trainato da quattro cavalli bianchi: visione quasi onirica, che sarebbe piaciuta allo scrittore Dino Buzzati. Per chi desidera emozioni meno metafisiche, c’è a disposizione anche il vicino aeroporto militare, sede del 36esimo Stormo (caccia e caccia bombardieri). Anche qui le foto sono vietate. Ma è possibile vedere i jet decollare e atterrare. E, tanto per restare sul filo della storia, forse non tutti sanno che l’aeroporto è ricordato per un’impresa memorabile, portata a termine da Gabriele D’Annunzio nel 1917: partendo da qui verso il calar della sera, con una formazione di quindici velivoli Caproni da bombardamento, col buio e senza strumenti di navigazione, attraversò l’Adriatico e raggiunse la Dalmazia, dove bombardò la flotta austriaca. I Caproni rientrarono tutti alla base seguendo una «strada» di fuochi accesi, da Bari fino all’aeroporto di Gioia. D’annunzio festeggiò l’epica impresa proprio nel castello di Federico II. Mentre noi, osservando nel nostro specchietto retrovisore un caccia in atterraggio, prendiamo la strada per Mottola, nel Tarantino.

    

    

©2006 Marco Brando; articolo pubblicato su «Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno» del 30/7/2005.

      


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