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       REPORTER - «DENTRO» LA PUGLIA

a cura di Marco Brando


 


Lontano dalle spiagge affollate una montagna coperta di foreste. Le attrazioni? Panorami mozzafiato ed escursioni in fuoristrada.

Il Gargano in un'antica mappa.

   

L’acqua, quando piove, scende dal bosco, trascinando rami e terra. Qui s’incanala in un terrapieno, verso una vasca: terra e rami si fermano. L’acqua fluisce, pulita, verso una cisterna sotterranea. Lui la raccoglie, per sé e per l’abbeveratoio, usando un antico sistema idraulico: un secchio legato ad un lungo palo, con una grossa pietra fissata all’altro capo. Il signor Paolo ha superato i 67 anni e fa il pastore quassù: ha parecchie capre, quasi trecento. Il suo mezzo di trasporto normale («Questo qui il vostro fuoristrada lo frega», dice, orgoglioso) è un vecchio trattore. Poi ha una Panda, piuttosto provata, con la quale ogni tanto scende a valle. Vive in una casetta fatta di pietre, accanto all’ovile e alle cucce dei suoi due cani.

Nella casetta la luce entra solo dalla porta e per guardare, col suo permesso, bisogna prima abituare gli occhi, abbacinati dal sole, alla penombra. Di notte l’illumina con una lampada ad olio. Dentro ci sono un letto, un tavolo, un fornello, il gancio cui appendere il pentolone con cui lavora il latte per fare ricotta e cacioricotta, una credenza. Paolo sta quasi sempre quassù, ogni tanto viene trovarlo il figlio, che abita a Vieste. Ma per lui là c’è troppo caos. «E poi qui sto bene: guardo il panorama, non mi prendo mai neppure un raffreddore. Cosa mi manca?». Sorride, mentre scende dal trattore con cappellino e canottiera. Ci pare che non voglia farsi fotografare, non insistiamo. Poi se ne va, lasciandoci liberi di guardare il suo regno. Quassù. A seicento metri d’altezza, nei pressi della Foresta Umbra, con una vista mozzafiato che giunge fino a Vieste e al mare.

Quelli che stanno laggiù (i turisti e ormai pure le nuove generazioni locali) non immaginano mica che - a pochi chilometri da villaggi e spiagge - in alternativa al rito delle vacanze si celebra ancora il rito della pastorizia e della vita nella natura. Perché di solito si pensa al Gargano come sinonimo di vacanza di mare (d’altra parte tutta la Puglia subisce un po’ questo torto) mentre pochi sanno che questa montagna coperta di foreste ha una sua vita anche nell’entroterra. Quelli che lo sanno, spesso non hanno voglia di «sacrificare» un paio di giorni del proprio soggiorno per esplorare l’interno, anche se le agenzie turistiche e il Parco nazionale del Gargano promuovono, giustamente, quest’esperienza. Alcuni in bici o in auto raggiungono la vetta, servita da strade asfaltate, dove c’è un laghetto e dove ci sono gli uffici del parco, con recinti in cui vivono daini e mufloni. Sono meno, per ora, gli esploratori del mondo di Paolo e degli altri suoi rari, ormai, compagni di lavoro.

Paolo ci è stato presentato da Pinuccio Fasanella, titolare con la moglie, dell’«Agrifoglio Tour» di Peschici. Da alcuni anni propone, tra l’altro, il «Jeep Safari» nel Parco nazionale del Gargano. Vasto 121.118 ettari, il Parco, presieduto da Giandiego Gatta, tutela una grande varietà di habitat: dalle coste alte e rocciose ai valloni caldi, ricchi di specie rare ed endemiche di piante e animali, dalle faggete centrali alle pinete di pino d’Aleppo, con esemplari d’oltre 500 anni d’età, fino alle splendide varietà di orchidee. La fauna? Ci sono, ad esempio, i caprioli (uno dei rari nuclei autoctoni d’Italia) e varie specie di picchi. La Foresta Umbra è l’ambiente più affascinante. Malgrado le devastazioni e i dissennati disboscamenti degli ultimi tre secoli, ha conservato quasi intatto il suo maestoso e imponente patrimonio. Per alcuni il nome Umbra deriverebbe da antiche popolazioni di Umbri (tribù preistorica del ramo celto), abitanti della foresta, che facevano dannare, con le loro scorrerie, i pastori nomadi; per altri, semplicemente significa «luogo ombroso».

Peppino, con il fuoristrada, ci ha offerto l’opportunità di conoscere i segreti del parco, percorrendo i secolari tratturi, usati un tempo dai pellegrini che andavano a Monte Sant’Angelo: tra frotte di maiali semiselvatici; tracce di volpi, cinghiali, gatti selvatici, tassi, rapaci; e mandrie di vacche podaliche. Queste - sul punto di estinguersi, poi poste sotto tutela - sono più piccole di quelle ma il loro quel latte è eccezionale, tanto che Slow Food ha tra i suoi «presidi» il prelibato caciocavallo podolico (sarà dal 16 al 19 settembre a Bra, in Piemonte, in occasione di «Cheese 2005»). Le escursioni posso durare da un giorno a una settimana, con pernottamenti e tappe nelle masserie (come la Masseria Sgarrazza, risalente al 1860, dove abbiamo fatto una gradevolissima tappa). «Il promontorio è così vario che riesce sempre a stupirmi per la sua bellezza aspra e selvaggia, anche se sono nato qui. Spesso da solo, a piedi, mi avventuro in questi boschi. Un’esperienza unica», dice Peppino.

Imbocchiamo il sentiero di Tacca del Lupo, tra agrifogli, macchia mediterranea e pini d’Aleppo. Vi s’incontrano i «cutini», caratteristiche vasche realizzate in pietra per la raccolta dell’acqua piovana. Sarebbe bello se, ad esempio, il Parco trasformasse in veri rifugi le vecchie case forestali restaurate e poi mai utilizzate. È un mondo che sarebbe piaciuto a Dino Buzzati (1906-1972), lo schivo scrittore bellunese, giornalista al «Corriere della Sera», che in romanzi e racconti raccontò la magia delle Dolomiti. Così per raccontare la magia del Gargano meno noto, con i suoi boschi che sembrano fuggiti quaggiù dalle Alpi, prenderemo in prestito le parole che egli usò in una nota a Il segreto del bosco vecchio (1935). Scrisse Buzzati: «In certe notti serene, con la luna grande, si fa festa nei boschi. È impossibile stabilire precisamente quando, e non ci sono sintomi appariscenti che ne diano preavviso. Lo si capisce da qualcosa di speciale che in quelle occasioni c’è nell’atmosfera. Molti uomini, la maggioranza anzi, non se ne accorgono mai. Altri invece l’avvertono subito. Non c’è niente da insegnare in proposito. È questione di sensibilità: alcuni la posseggono di natura; altri non l’avranno mai, e passeranno impassibili, in quelle notti fortunate, lungo le tenebrose foreste, senza neppur sospettare ciò che là dentro succede». E nel cuore magico della Foresta Umbra finisce il nostro lungo viaggio «dentro la Puglia».

        

    

©2006 Marco Brando; articolo pubblicato su «Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno» nell'agosto 2005.

      


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