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       LA MEMORIA DIMENTICATA

a cura di Teresa Maria Rauzino


 


La storia e la gente di Puglia narrate da un protagonista. Fu podestà di Bari ma senza servilismi verso il regime. Dal 1900 al 1943 fu artefice delle grandi realizzazioni che coinvolsero la provincia e l’intera regione: l’Università, l’Acquedotto, la Fiera del Levante, l’aeroporto di Palese, la Pinacoteca, il Consorzio di bonifica del Locone. Intellettuale e giornalista, le sue carte sono ora alla Fondazione Di Vagno.

         

è la storia di Castellana. Ma Castellana, nel racconto e nelle cronache proposte da questo libro, è il perno attorno al quale ruota la storia di tutta la regione. La storia raccontata e in gran parte vissuta da Michele Viterbo (1890-1973): nella cittadina nacque 117 anni fa e, partendo da lì, entrò a pieno titolo nel club dei maggiori testimoni dell’evoluzione di quella che chiamava «la Patria Puglia».

Il volume Dagli ultimi re borbonici alla caduta del fascismo - proposto dalla casa editrice Schena di Fasano, ricco di fotografie e appena offerto pure come strenna natalizia dalla Cassa Rurale e Artigiana-Bcc di Castellana - è dunque dedicato alla storia locale. L’autore ne è pure il protagonista, dai primi del ’900 al 1943; artefice delle grandi realizzazioni che hanno coinvolto la provincia di Bari e l’intera regione in quegli anni difficili, dinamici e controversi. Nacque l’Università di Bari, nacque l’Acquedotto pugliese, nacque la Fiera del Levante. Nacquero pure, col suo contributo, il campo di aviazione di Palese, la Pinacoteca provinciale, la Camera di commercio italo-orientale, il Consorzio per la bonifica del Locone. Egli s’impegnò pure per il restauro di Castel del Monte.

Cosicché Viterbo, nel leggere la storia di queste e altre avventure, emerge con la sua poliedrica personalità e con le sue eclettiche attitudini: scrittore, giornalista, pubblicista, politico, attentissimo alle vicende della «Gente del Sud». Nella sua vita - utilizzando spesso lo pseudonimo di Peucezio - scrisse una sessantina di libri e opuscoli, oltre 1500 articoli di carattere storico o economico-sociale. E, pur essendo stato un esponente del fascismo (tra l’altro, podestà di Bari), durante gli anni del regime la sua firma sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» fu una delle poche in grado di sfuggire al conformismo mussoliniano; con lui, Wanda Gorjux e Luigi De Secly.

Anticonformista rimase anche quando per il fascismo le cose si stavano mettendo male. E dopo. «Non ho mai fruito di gettoni di presenza - scrisse riferendosi al periodo fascista -, non ho mai appartenuto a società anonime o finanziate dallo Stato, non ho mai salito, come scrittore politico, le scale del ministero della Cultura popolare. Ebbene: questa sorta d’intransigenza morale e l’orgoglio, che giustamente sentivo, di dover tutto a me stesso, mi hanno danneggiato invece di giovarmi. Quando è scoccata l’ora delle calunnie e delle persecuzioni, mi sono trovato solo, tra la preconcetta ostilità degli avversari e la gelida indifferenza degli amici di ieri, in parte solo preoccupati di travestirsi alla svelta da antifascisti».

Poi: «A me quasi nessun torto è venuto dai vecchi antifascisti... e invece tutti i torti mi sono venuti da ex iscritti al partito di Mussolini, ora in affannosa ricerca di una nuova verginità politica».

Guarda caso, la famiglia di Viterbo ha affidato alla Fondazione «Giuseppe Di Vagno» (conversanese, primo deputato socialista vittima nel 1921 dello squadrismo) il suo vastissimo archivio. L’archivio sarà organizzato e pubblicato come «Archivio Viterbo», distinto dall’Archivio storico dei socialisti in corso di realizzazione.
       
        

   

©2007 Marco Brando; articolo pubblicato su «Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno» del 18/1/2007.

      


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