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       LA MEMORIA DIMENTICATA

a cura di Teresa Maria Rauzino


 


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Stemma della Compagnia del cavallo Ghibellino.

 

Un cavallo forse unico al mondo

La situazione migliora un poco quando al nord, nel 1979, un gruppo di privati spinti soprattutto da chi scrive che aveva a sua volta “scoperto” il cavallo grazie ad un quasi ventennale soggiorno in Puglia, si organizzano nella "Compagnia del cavallo Ghibellino" (così denominata in omaggio all’imperatore Federico II di Svevia, capo del partito ghibellino e, verosimilmente, fondatore della razza). La situazione era allora drammatica. Nella stessa Puglia non c’era un solo murgese montato, a parte uno stupendo stallone, Racconigi, forse il più bello dell’epoca, strappato al macello per puro caso dall’avvocato Ferdinando Bruni di Bisceglie (comunque fu poi rubato e sicuramente finì lo stesso in spezzatino) e un altro paio di soggetti a Martina Franca in mano ad un altro avvocato, Giuseppe Marangi. Tutta la produzione insomma finiva in carne.

Lo stallone Racconigi (foto M. Aurigi).

Anche la sua terra dunque rifiutava il murgese e preferiva fare ricorso a cavalli “di pregio” d’importazione. è sintomatico che il primo agriturismo equestre proprio in Murgia adottasse i quarter horse texani (le cui gambe ovviamente furono letteralmente distrutte dal duro calcare locale affiorante ovunque). A dire la verità sia in Puglia che nel resto del mondo si ignorava addirittura l’esistenza di questo cavallo. Inutile cercarlo nella letteratura specializzata o chiederne agli esperti di settore. La Compagnia ha quindi il grande merito di avere ri-svelato le grandi doti del murgese. Altro che cavallo spregiativamente agricolo e da carne come pensavano i pochissimi che sapevano della sua esistenza, o cavallo da tiro come lo classificava l’Istituto di incremento ippico di Foggia! Era invece un sontuoso e fortissimo cavallo rinascimentale con tutte le caratteristiche tipiche: aspetto magnifico, docilità assoluta anche negli stalloni (anzi, gli stalloni perfino più docili all’addestramento delle femmine), muscolatura imponente su un telaio osseo di grande sostanza, zoccoli così duri da poter lavorare sferrati, rusticità senza pari per la secolare usanza di vivere all’aperto senza protezione alcuna in qualsiasi stagione e senza vaccinazioni né assistenza veterinaria, e poi infine un lucente mantello nero corvino quasi unico al mondo. Ma è soprattutto la docilità, l’addestrabilità e il coraggio che contraddistinguono la razza: uno stallone indomito è pronto in due mesi, dopodiché può essere utilizzato anche nel caos del traffico delle nostre strade come nei sentieri più impervi del nostro interno oppure, con un addestramento specifico, nell’equitazione di scuola. E infatti nel novembre del 1990 la Compagnia del Cavallo ghibellino si presenta alla Fiera Cavalli di Verona con dieci stalloni dai tre ai sette anni, montati da un maestro e da 9 dilettanti, per lo più ragazzi (sul mio Trovatore Alessandra Misciattelli, una bambina di 11 anni), che nelle tre serate del Gran Gala si esibiscono fianco a fianco in carosello e equitazione di scuola: sicuramente lo spettacolo più entusiasmante di quella edizione. è grazie a quel battesimo del fuoco se oggi finalmente e per la prima volta nella storia un’enciclopedia equestre inglese annovera anche la murgese tra le altre razze e se un murgese può esibirsi nel maneggio reale di Stoccolma.

Tuttavia la strada rimane in salita. Nonostante una storia (nessun’altra razza al mondo probabilmente ne ha una così prestigiosa ed avventurosa) che da sola è già una certificazione di caratteristiche fisiche e psicologiche di assoluto pregio e forse insuperabili, questo cavallo rimane sostanzialmente del tutto trascurato e emarginato. Su 100 cavalli da diporto (che in Italia sono forse mezzo milione) sì e no una decina saranno di razza straniera nati in Italia, mentre gli altri sono tutti di importazione. I murgesi, completamente assenti dalla sella fino all’arrivo della Compagnia del cavallo ghibellino, oggi saranno presenti nel rapporto forse di 1 su 1000.  

Lo stallone Trovatore (foto M. Aurigi).

 

Fare del cavallo ghibellino il Cavallo nazionale italiano

Eppure il Cavallo della Murgia, proprio perché unica razza italiana sopravvissuta in purezza, merita di essere elevato alla dignità di Cavallo Nazionale Italiano. è ciò che ha fatto il governo spagnolo col Cavallo dell’Andalusia, per molti versi simile al murgese (ha certamente origini rinascimentali) che ora si chiama ufficialmente Cavallo di Pura Razza Spagnola e, sostenuto anche da una forte azione promozionale, si è conquistato un importante mercato internazionale (è tra i cavalli da diporto più importati in Italia) ed è diventato uno dei cavalli più famosi del mondo.

Ma più o meno la stessa cosa è avvenuta in tutti i Paesi dove forte è il senso nazionale: in Francia come in Spagna, in Inghilterra, negli USA, in Portogallo, in Brasile, in Argentina, in Irlanda, in Germania ecc. In Spagna o negli USA, come negli altri paesi, i corpi armati montati cavalcano esclusivamente il cavallo nazionale, menandone gran vanto. In Italia invece succede, somma vergogna, che i Granatieri vadano fieri dei loro irlandesi, la Polizia dei polacchi, i Carabinieri dei portoghesi (montano anche i lipizzani, cavalli austriaci finiti in Italia per il trattato di pace dell’ultima guerra). Unica e modesta eccezione, le Guardie Forestali che in qualche caso usano i murgesi. E non c’è paese al mondo dove il turismo equestre si faccia con cavalli di altri paesi, tranne in Italia dove si fa esattamente l’opposto, montando solo cavalli di tutte le origini, tranne che italiani.

Spetta ovviamente alla Puglia l’onere e l’onore di un’iniziativa analoga a quella spagnola: fare del murgese il Cavallo nazionale italiano. Non c’è bisogno di spendere troppe parole per spiegare cosa ciò comporterebbe: l’uso ufficiale del murgese da parte dei nostri corpi montati provocherebbe un eccezionale rilancio della sua immagine non solo nazionale (si pensi ad un intero squadrone di carabinieri in alta uniforme su stalloni morelli) con immediate ripercussioni sul mercato. E un mercato vivace è la sola speranza di sopravvivenza per qualsiasi produzione, senza contare cosa comporterebbe un allargamento della base produttiva in termini di ripresa della selezione sia di modello che funzionale. Sembrerebbe, e in effetti è, un’impresa di facile realizzazione, ma con poche speranze, perché ancora una volta i problemi vengono proprio dalla Puglia che sembra muoversi nella direzione opposta. Per far posto all’Università si sta infatti smontando l’Istituto regionale di incremento ippico, l’IRIIP (in Italia ce ne sono solo otto) cacciandolo dalla sua prestigiosa sede di Foggia in chissà quale riposto angolo della regione. La cosa ha sollevato una saggia e vivace reazione a Foggia, che si spera riesca a bloccare tale sciagura. La Regione non sembra rendersi conto che l’esistenza di una specialissima razza di cavalli non può che portare prestigio e visibilità alla cultura e al colore locali. Si pensi ai bianchi cavalli di Vienna, a quelli del west, agli arabi, agli andalusi, mentre i Land tedeschi, se una razza locale non l’hanno, se la inventano di sana pianta derivandola da altre. Si pensi che da noi, invece di valorizzare le nostre pregiatissime razze tipiche autoctone, si è fatto e si fa il possibile per eliminarle (anche l’Istituto incremento ippico della Campania a S.Maria Capua Vetere minaccia la dispersione di quel pochissimo che è rimasto di antiche e prestigiose razze italiane come la “salernitana” e la “Persano”).

Se quel progetto non viene bloccato Foggia subirà un danno irreversibile sul piano urbanistico (cosa di cui Foggia non aveva assolutamente bisogno: chi conosce le caratteristiche architettoniche e urbanistiche dell’IRIIP sa di cosa parlo), ma ancor peggio sarà il danno inferto alla razza. è il cuore stesso del patrimonio genetico del Cavallo della Murgia che viene emarginato, quei cinquanta stalloni murgesi dell’IRIIP che rappresentano il vertice della selezione e che sono autorizzati a fecondare le circa mille fattrici in razza e dai quali dovrebbe discendere (il condizionale è ormai d’obbligo) tutta la futura progenie. Anche se non ci fossero contraccolpi sul piano tecnico (ma ci saranno: non esistono altri siti in Puglia adatti ad accoglierli decentemente, perché 50 stalloni hanno esigenze che possono essere soddisfatte solo in un ambiente che abbia il fascino, le superfici e le attrezzature che ci sono solo a Foggia), ce ne saranno sicuramente in termini d’immagine. E l’immagine è tutto soprattutto per un prodotto come il cavallo: senza immagine non si ha mercato e senza mercato non rimane che una destinazione, il macello. Oppure l’estinzione, ma non vedo la differenza. E così la Puglia, e con essa il Paese, rischia di perdere un patrimonio unico nella sua specie che non è solo materiale ma anche e soprattutto culturale.

Ecco come, con un finale all’italiana o, se si vuole, con un crimine culturale all’italiana, potrebbe concludersi una bella storia durata quasi mille anni. Ai Pugliesi e solo a loro il compito di impedirlo.

  

SCHEDA: COS’E’ IL CAVALLO DELLA MURGIA

La razza non si presta a facili catalogazioni. Vi sono contemporaneamente presenti tipi mesomorfi, decisamente a sangue caldo, insieme ad altri più imponenti e di nevrilità più contenuta: le stature variano dai 140 ai 160 cm. per le femmine e dai 145 ai 165 per gli stalloni (il castrato è praticamente inesistente), ma qualche soggetto raggiunge e supera i 170 cm. Stature quindi anche di buon rilievo se si considera che il murgese ha un garrese poco o nulla pronunciato (5-10 cm. meno degli altri cavalli). Lo standard ufficiale elimina dalla selezione i soggetti inferiori ai 150 cm. nelle femmine e i 155 nei maschi, ma è un errore frutto di miopia: la razza è quella che è e tutti gli interventi tesi a modificarla producono solo danni (che qui sarebbe troppo lungo analizzare): un cavallo va valutato prima di tutto sul piano funzionale, cosa che non si fa nelle razze italiane (da qui il loro basso livello qualitativo) e poi per il modello.

Comunque le caratteristiche che seguono, riferite ad uno stallone medio, sono comuni a tutta la razza.

Aspetto generale: è quello di un cavallo di grande nobiltà e di grande scena, dal portamento sontuoso, il tutto esaltato da una smagliante livrea nera corvina: nel complesso è estremamente gradevole a vedersi tanto che lo si sente spesso definire come il cavallo più bello del mondo.

Mantello: morello zaìno (esiste una limitatissima varietà grigio ferro con testa, arti e crini neri, frutto, pare, della riimmissione di sangue lipizzano in epoca recente). L’epidermide forte e spessa, più vicina alla canapa che alla seta dei purosangue arabi e inglesi, è responsabile della grande resistenza del murgese non solo ai rigori invernali e alla vampa estiva, ma anche agli insetti e alla ruvidità della macchia mediterranea.

Conformazione:

-         testa in genere piuttosto pesante, stretta ed allungata, talvolta montonina, con ganasce cariche (non mancano però soggetti con teste più leggere e rettilinee);

-         collo ampio, muscoloso ed arcato, fornito di abbondante criniera, innestato piuttosto in alto in modo da assorbire il garrese, già di per sé poco pronunciato;

-         tronco possente e muscoloso esente da insellature, con torace alto e profondo, petto largo, spalla giustamente obliqua, groppa corta e rotondeggiante, talvolta spiovente: termina con una coda ben attaccata e fornita di peli lunghi e abbondanti;

-         arti esenti da tare, muscolosi ed asciutti, stinco piuttosto corto e grosso (supera spesso i 22 cm.) con tendini staccati e ben sviluppati; giunture larghe e secche, pastorale di giusta lunghezza e direzione, gambe lunghe e dritte con accentuata apertura del garretto tanto da determinare un’altezza della groppa superiore al garrese;

-         il piede del murgese possiede qualità eccezionali: di proporzioni regolari, è rivestito da un corno nero durissimo (frequente è l’uso di cavalli sferrati) che si conserva esente da qualsiasi tara quali setole, cerchiature ecc., ma al contempo sufficientemente elastico tanto che è molto difficile riscontrare incastellature.

Costituzione: la selezione provocata dal difficile ambiente dove viene allevato brado e la totale assenza di qualsiasi intervento sanitario (vaccinazioni, sverminature), gli ha conferito una costituzione ed una resistenza alle malattie notevoli. Le affezioni organiche quali la bolsaggine e le malattie intestinali sono pressoché sconosciute in questi cavalli.

Temperamento: il murgese è un cavallo docilissimo (lo stallone addirittura è normalmente più docile della femmina e si monta regolarmente senza problemi anche in presenza di altri maschi o femmine): il fatto che la sua origine risalga ad un periodo in cui si selezionavano anche qualità particolari di temperamento che permettessero di educare facilmente i cavalli al duello in battaglia e ai complessi esercizi d’alta scuola, spiega questa particolare qualità. Difficilmente questo cavallo (stiamo parlando di uno stallone) fa uso di difese, mentre si abitua con grande facilità all’uso della sella e dei finimenti.

Rusticità: il clima delle Murge, sano ma torrido d’estate e rigido d’inverno per l’indifesa esposizione ai venti dei Balcani, che tempra il suo organismo, e l’abitudine di nutrirsi in pascoli poveri e dissetarsi con acqua che malamente altri cavalli si adatterebbero a bere, hanno conferito a questo cavallo la grande rusticità che gli ha consentito, dopo il passaggio avvenuto nella seconda metà del 1800 dagli allevamenti nobiliari, ormai orientati verso il cavallo nord-europeo, a quelli popolari (traino e aratro e poi la carne), di sopravvivere all’ecatombe di tutte le altre razze italiane.

Nel complesso, dunque, un cavallo da alta scuola equestre, ma anche eccezionalmente vocato all’escursionismo in ambienti difficili. A questo proposito non possiamo sottacere che l’eccezionale sviluppo dell’agriturismo di questi ultimi anni ha fortemente acuito la necessità di cavalli da campagna, soddisfatta, al solito, con cavalli d’importazione di qualità largamente inferiore al murgese.

     

       

©2005 Mauro Aurigi. L’articolo e la scheda sono stati pubblicati sulla rivista mensile «Sudest», numero 9 del 2005, pp 37-51.

   


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