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       LA MEMORIA DIMENTICATA

a cura di Teresa Maria Rauzino


 


Mario Freda ricostruisce la storia dell’Ordine ospedaliero fondato da San Giovanni di Dio nel 1539

 

Quando l'assistenza pubblica non esisteva, i frati di san Giovanni di Dio aprirono a Foggia un presidio ospedaliero. I Fatebenefratelli vi erano giunti nel 1597: l'Università (si chiamava così, allora, il Comune), concesse loro il convento e la chiesa di Santa Caterina. Seguendo le regole dettate dalle 'Costituzioni' del loro ordine, i monaci svolsero un attivo supporto infermieristico, senza mai derogare alla cura spirituale degli ammalati. Prima dell'accettazione, con dolci parole invitavano gli ammalati a confessarsi. Le litanie, cantate regolarmente ogni mattina, segnavano il lieto risveglio alla vita dei moribondi.

In quel tempo, Foggia era la seconda città del regno di Napoli. Transumanza, produzione granaria, commercio, una Fiera annuale ne connotavano l'economia. Una città popolosa, in cui la presenza della Regia Dogana richiamava numerosi forestieri, che avevano bisogno di assistenza medica. 
I primi dati parlano di ricoveri superiori alla dotazione di posti-letto: nel 1730 i 30 letti ospitavano 60 ammalati: ben 2 per letto. Nel 1742 i militari stanziati a Foggia, i cosiddetti 'Dragoni della Regina', stipularono con i frati una convenzione: ai soldati furono riservati 14 letti. Le rette erano di 17 grana al giorno per ogni malato, più 25 carlini per gli ammalati di sifilide e 5 carlini per ogni decesso. A fornire il mobilio, ci pensarono i militari: 14 letti completi di biancheria, materassi, cuscini. Soltanto 16 letti restarono a disposizione della popolazione 'civile' di Foggia e provincia.

Nel corso dell'Ottocento, i ricoveri toccarono punte massime: 2790 ingressi dal gennaio 1846 al settembre 1847; 3522 dall'ottobre 1851 al luglio 1852. Denotavano, talvolta, epidemie in atto: antraci, tifo petecchiale, febbri erano le malattie più frequenti, ma non mancavano i 'mali venerei'. Le prime statistiche post-unitarie del 1861 registrano una media di 150 ricoveri l'anno.

Per le spese di gestione ordinaria dell'ospedale, i frati utilizzarono le rendite dei loro beni mobili ed immobili: fitti annuali di terreni, di case, di 21 fondaci e di 7 Fosse nel Piano di Foggia. Per le spese di emergenza effettuavano la questua. Prima di chiedere l'elemosina, i monaci salutavano le persone con la nota frase: «Fate bene fratelli!». Un 'contatto' che predisponeva i fedeli ad essere generosi nelle loro offerte. Ma il danaro raccolto non bastava mai: le spese erano sempre superiori alle entrate. La situazione fu sempre critica. L'Università di Foggia stanziava una quota annuale di 280 ducati, ma non risolse mai il cronico deficit finanziario.

Un ospedale, nella città di Foggia, era ormai un'istituzione talmente importante che nel 1813, per consentirne l'autonomo funzionamento, gli assegnarono le rendite provenienti dall'affitto delle baracche e della taverna del Santuario dell'Incoronata, nonché i proventi delle sue elemosine. 

Nel maggio 1817 venne denunciata l'estrema fatiscenza della struttura ospedaliera: muri crollati, tetti pericolanti. La stabilità della struttura fu compromessa ancor di più dal terremoto del 1817. Nel dicembre 1819 dalle finestre dell'ospedale «entrava freddo, acqua e neve». I lavori eseguiti non risolsero il problema. Le condizioni strutturali migliorarono soltanto nell'aprile 1820: l'ispezione trovò tutto in ordine. Ma la deontologia medica era appena agli albori. Le lamentele erano all'ordine del giorno: carenza di medicinali, scarsa igiene, cibo stantio, mancanza di professionalità, furono segnalate alle superiori autorità.

LA DOPPIA SOPPRESSIONE DEI BENFRATELLI

Nel 1809 Gioacchino Murat soppresse gli Ordini religiosi in tutto il Regno di Napoli. Nonostante l'impegno sociale, anche i Fatebenefratelli di Foggia si videro notificare il provvedimento: il mobilio e gli arredi furono requisiti.

Ma la chiusura dell'Ospedale fu solo momentanea: le necessità erano forti ed esso continuò a funzionare come presidio 'civile'. L'assistenza era ridotta al minimo; nel 1811 il direttore, il canonico Michele de Luca, protestò con le superiori autorità: un solo infermiere e due ragazzi che non bastavano 'a servire' 12 civili ammalati cronici e 33 militari. Furono anni difficili, con poche risorse dirottate verso la guerra che opponeva le truppe di Napoleone al resto dell'Europa.

Il ritorno dei Borbone, dopo il Congresso di Vienna, non risolse gli annosi problemi. In realtà, l'ospedale foggiano 'scoppiava': 150 militari più 20 civili ricoverati, non si sapeva più dove metterli. Dall'aprile al settembre 1815, un'epidemia colpì alcuni militari austriaci e il 'Battaglione Regina'. Giunse un chirurgo tedesco che pretese 100 letti e 15 infermieri ogni 100 ammalati.

Nel 1820, finalmente, i Padri di San Giovanni di Dio riebbero tutte le loro proprietà, compreso il Santuario dell'Incoronata. Ma non finì il travagliato cammino del loro presidio ospedaliero: le difficoltà economiche si aggravarono. Pur di ricavare denaro, i frati misero in vendita 'i ferri' e le 'cortine' dell'ospedale. Chiesero fondi alle confraternite sparse in provincia, visto che gli ammalati affluivano da tutti i comuni. Il sovraffollamento divenne insostenibile. Si decise di 'accettare' soltanto gli ammalati 'febbricitanti' e di respingere gli ammalati cronici.

Il loro mantenimento era troppo costoso, specie quando venivano trasferiti agli Incurabili di Napoli: tutte le spese erano addebitate all'ospedale di Foggia. Ma il nosocomio napoletano rifiutò di ospitare tutti gli ammalati cronici del Regno: in mancanza di un ospedale distrettuale, i malati continuarono ad affluire presso i Fatebenefratelli, che non ebbero il coraggio di respingerli.

Nel 1865, dopo l'Unità d'Italia, fu presentato un progetto di legge, simile a quello francese, mirante a sopprimere gli Ordini religiosi del Regno. Il Consiglio Municipale di Foggia, riunito in seduta straordinaria l'8 marzo 1865, chiese che i frati 'ospedalieri' restassero in città: avevano dimostrato, in tanti anni di 'missione sul campo', una meritoria, totale dedizione al bene comune. Ma l'istanza non venne accolta. Il 7 luglio 1866 un Regio Decreto soppresse i Fatebenefratelli di Foggia: tutte le loro proprietà passarono al Demanio dello Stato. Il Comune, a questo punto, avvalendosi di un suo diritto, chiese la concessione della struttura; la riaffidò ai Fatebenefratelli, che la gestirono fino al 1883, data in cui morì Ottavio dell'Olio: era l'ultimo frate 'ospedaliero' rimasto in città.

La storia successiva è tutta laica: nel 1903 l'Ospedale, ormai denominato Civico, viene intitolato a Umberto I . è del 1928 la sua fusione con l'Ospedale Femminile: nascono gli 'Ospedali Riuniti Vittorio Emanuele II e Umberto I'. Segneranno la storia della sanità pubblica a Foggia.  

  

  

©2004 Teresa Maria Rauzino. Recensione del testo di MARIO FREDA, I Fatebenefratelli a Foggia, Claudio Grenzi editore, Foggia 2002, pp.100, Euro 14,00.

  


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